Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
giovedì 8 aprile 2010
ASPETTANDO SI MUORE - Federico D'Orazio - Stazione MIR
Per me parlano i fatti, non voglio essere più polemico. Mi piacerebbe che l’Italia potesse una buona volta riflettere.
52.000 aquilani assistiti dalla Protezione Civile al 6 Aprile 2010. Sono gli sfollati.
14.000 di loro, sono nelle case che tutta Italia conosce. E che una bella fetta d’Italia forse invidia.
2.000 nelle casette di legno, diventeranno 4.000 quando avranno finito di costruirle.
30.000 aquilani prendono 200€ al mese(quando gli vengono versati), e se la cavano da soli. Fate voi i conti.
Gli altri 6.000 sono in albergo da un anno, 4.500 di loro lontano dalla loro città, perché qui è già tutto pieno.
Ogni mese, tutto questo, costa allo Stato una barca di soldi. E se li spendiamo così, abbiamo paura che non ce ne saranno più per ridarci la città, e per ricostruire i 59 comuni compresi nel cratere, che si estende su un’area nel raggio di circa 50 Km a partire da L’Aquila.
Ora sta a voi credere ciò che volete. Potete pensare che c’hanno dato tanto (anche troppo,se vi va): è vostra facoltà dirci che siamo ingrati, che non lo meritiamo.
Ho creduto fosse vostro diritto sapere la verità. Ma dopo un anno che noi ci proviamo, è diventato un vostro dovere.
Il centro storico dell’Aquila è un’opera molto complessa cui mettere mano; per ora, non si è deciso da dove cominciare, c’erano altre priorità. E mi sta anche bene. Per il centro, vorrei che si lavorasse con un’idea chiara, e con scrupolosità. Quindi, ok. Niente fretta. Dico solo, adesso incominciamoci a pensare. La struttura tecnica di missione, che se ne deve occupare, però ha solo 4 membri di 30 che devono essere nominati, e non ha ancora una sede. Se vi pare normale.Intanto l’architetto Fontana, che la presiede ci risponde: ” diamoci dieci anni” Di questo passo, possiamo darcene anche 100. Mi pare si parta male.
Ma L’Aquila ha una grande periferia. Ha condomini come il mio, che da un anno assistono, impassibili, alle 12.000 scosse che si susseguono a quella delle 3e32.
Anche quelli sono fermi così. I tecnici non hanno dal Governo, le necessarie indicazioni: non sanno cosa richiede lo Stato per approvare un progetto di ristrutturazione. E dunque, non possono fare altro che aspettare. Tanto è vero ciò che vi dico, che i termini per presentare quei progetti, per i condomini inagibili, sono alla loro terza proroga. Adesso la scadenza è stata appena posticipata al 31 Dicembre 2010.
Dare un tetto nel Progetto C.A.S.E. alle 18 famiglie del mio condominio, è costato 2700 Euro al metro quadro per ogni famiglia. Con i soldi spesi per darci un tetto provvisorio il Condominio dove abitavo, sarebbe stato ristrutturato circa due volte, e sarebbe stato definitivo. Sarebbe significato ridarci la casa per la quale da Luglio ripagheremo il mutuo, con gli interessi per le rate sospese. Vi pare una scelta furba? Per le banche, è senz’altro una genialata.
E ve lo dico nel vostro interesse, più che altro. A me, un tetto, l’hanno dato comunque. Ma i vostri soldi, vengono spesi male. E prima o poi dovranno ristrutturarmi pure la casa dove devo tornare, ed allora saranno stati spesi male due volte.
Di fronte a queste realtà dei fatti, non delle opinioni, una buona fetta d’Aquilani, ha rialzato la testa,ed ha fatto casino.
E continuerà a farlo, per essere ascoltata: bastano 2400€ una tantum per le attività produttive rimaste chiuse? In che modo si fa ripartire una città, se non dal lavoro?
Non diteci che i soldi non ci sono. Finora li avete spesi per darci queste case,questi alberghi(580.000€ al giorno!!!), queste caserme.
2.000 nuclei familiari non hanno ancora i container che il Governo anche qui aveva ritenuto di dover piazzare.
Altrove almeno sono riusciti a darglieli. E se dopo due anni che è in carica, questo Governo sa che sono ancora lì, mi viene da dirgli: OCCUPATEVI DI LORO, SONO IN FILA PRIMA DI NOI!
Ma soprattutto, quelle C.A.S.E. resteranno cattedrali nel deserto, quando da qui ce ne andremo tutti via a cercare lavoro. E saranno soldi spesi male per la terza volta.
Capita poi, che l’aquilano Bruno Vespa ci chieda in diretta: ” ma allora preferivate i container?”
E lo so che lo pensate un po’ tutti. Mi cadono le braccia, nemmeno mi arrabbio più.
L’alternativa non è tra C.A.S.E., casette di legno e container.
C’è una quarta variabile, ed è casa mia. Sta lì, fuori dal centro storico, fuori dalla zona rossa. Ed aspetta come me, di tornare a vivere.
L’alternativa non è tra dare 2.400€ ad un negoziante o non dare nulla e vedere che succede. Dovrebbe esserci una zona franca vera. Fu ideata anche per il terremoto del 1703 (in quel caso durò dieci anni) e mise tutti in condizioni di lavorare, guadagnare, senza pagare tasse per riprendersi da mesi di inattività. Quei negozianti esistono ancora, ma non ce la fanno, specie quelli che ad Aprile, avevano appena aperto. Anche loro, aspettano di tornare a vivere.
I disoccupati creati dal terremoto si sommano ai molti presenti in città già prima di un anno fa. Gli uni sommati agli altri, rendono sempre più improbabile la ripresa. Tutti in cassa integrazione, ad aspettare. Di tornare a lavorare e quindi a vivere. Se però da quì ce ne incominciamo ad andare, non lavorerà nessuno, perché non ci sarà nessuno per cui lavorare.
Un anno dopo, vorrei fermare il mondo e scendere. Il fulgido miracolo aquilano è qualcosa che rischia di mandarmi al manicomio. Perdonateci se fischiamo qualcuno, ma ci viene da dentro. Perdonateci se sembriamo ingrati. Sappiate che non è così.
Abbiamo solo capito che quanto fatto nell’anno scorso, getta le basi per farci tacere per i futuri dieci, vent’anni. E la voce il Governo vorrebbe che foste voi, a togliercela, definendoci ingrati. E voi altri, che vi aspettavate che votassimo tutti a sinistra per la Provincia, che ora siete offesi con noi. In altri articoli, vi ho spiegato casa è successo, e non torno a farlo. Avete avuto la vostra occasione di capire.
A questo, ci ribelliamo. All’attesa senza prospettiva. All’attesa di non si sa che cosa. All’arroganza di chi crede di poter giudicare, da casa sua.
Mi ribello a chi mi dice ” aspetta, e poi si vedrà” allo stesso modo con cui mi ribello a chi mi dice “ma in un anno, cos’altro volevi?”
La mia casa, come migliaia, aspetta di tornare a vivere. Il lavoro, le aziende, aspettano di tornare a vivere. Gli Aquilani aspettano di tornare a vivere. E L’Aquila centro, aspetterà ancora a lungo. Ancor di più, aspetteranno i centri intorno L’Aquila, che (Onna a parte) non beneficiano della visibilità del centro città.
Aspettiamo.
Ma aspettando si muore.
http://stazionemir.wordpress.com/2010/04/08/aspettando-si-muore/
Prossimamente su questi SCHERMI ???...MAGARIIIIII...!
le “camicie rosse”
scacciano il governo
Irruzione dei sostenitori dell’ex primo ministro in Parlamento: il governo di Bangkok dichiara lo stato d’emergenza. politici in fuga su elicotteri
Kirghizistan, governo in fuga
Scontri e decine di morti
BISHKEK- La situazione nella capitale del Kirghizistan è degenerata ieri, in mattinata, quando il governo ha dato ordine alle forze di sicurezza di aprire il fuoco sui dimostranti (circa 5mila) che chiedevano le dimissioni del presidente Kurmanbek Bakiev. Il governo parla di 40 morti e 400 feriti, l’opposizione dice che le vittime sono almeno 100. I manifestanti però non si sono fermati: hanno occupato il Parlamento e la televisione di stato. Secondo alcune fonti, nel caos sarebbe stato ucciso o ferito in modo grave il ministro dell’Interno.
Luigi Morsello, autore de "La mia vita dentro" intervistato a "uno mattina"
mercoledì 7 aprile 2010
Chiesa e pedofilia: in troppi salvati dalla prescrizione
di Vania Lucia Gaito
L’agghiacciante vicenda dell’Istituto Provolo per sordi, di Verona, sfociata nella testimonianza pubblica di 67 ex allievi che denunciano le violenze sessuali subite, rievoca il caso americano di padre Murphy, venuto recentemente alla ribalta delle cronache. Testimonianze precise, che coinvolgono 25 sacerdoti e un vescovo, tutti citati per nome. Il vescovo è monsignor Giuseppe Carraro, vescovo di Verona morto nel 1981, per il quale è in corso un processo di beatificazione. Dagli anni ’50 fino al 1984, una sequenza di orrori. Eppure non ci saranno indagini e processi per i sacerdoti coinvolti, neppure per quelli ancora in vita: è intervenuta la prescrizione e i reati non sono più perseguibili. La legge italiana prevede infatti tempi precisi entro i quali i procedimenti per abusi sessuali ai danni di minori possono essere perseguiti: 10 anni.
Come nel caso dei bambini sordi dell’istituto Provolo, come per i bambini delle scuole irlandesi del rapporto Ryan, come per i casi americani, trascorrono spesso anni. Molto però dipende dalla volontà politica di perseguire realmente certi crimini. Negli Stati Uniti, per esempio, lo stato della California approvò una legge che creava una finestra di un anno durante la quale potevano essere presentate denunce senza limiti retroattivi di tempo, in modo che anche abusi commessi decenni prima potessero essere perseguiti e risarciti. In Italia, al contrario, spesso non si riesce ad arrivare a sentenza definitiva prima che siano trascorsi i fatidici dieci anni della prescrizione. Come nel caso di don Giorgio Carli che, condannato in appello a sette anni e mezzo, ha visto prescriversi il reato prima della fine del processo in Cassazione. "Non è soltanto un problema legato alla tardività delle denunce" prosegue l’avvocato Rubino. "I fattori concomitanti sono molti, le indagini che si dispiegano in lunghi archi temporali, il fatto che molti magistrati siano oberati di lavoro, e poi ovviamente i tempi tecnici tra l’avviso di conclusione delle indagini, il rinvio a giudizio, l’udienza preliminare e tutti quei passaggi previsti dalla procedura. Ovviamente si tratta di un problema che investe sia il denunciante che il denunciato: nel primo caso perché potrebbe intervenire la prescrizione e il reato non sarebbe più punito, nel secondo perché se l’imputato non è colpevole dei reati a lui ascritti la sua innocenza dovrebbe essere riconosciuta il prima possibile".
Spesso le vittime non denunciano perché non hanno la certezza che un eventuale processo si concluda nei termini previsti dalla legge, quindi, ma anche perché temono il giudizio sociale. “Gran parte della società è impreparata, incapace di fronteggiare l’abisso oscuro della pedofilia. Certo, si affronta come tematica astratta, ma quando si ‘incarna’ nel vicino di casa, nel collega di lavoro o nel proprio parroco non si riesce più a coniugare l’immagine pubblica di quella persona con le accuse. E’ uno dei motivi per cui la società si schiera spesso al fianco dell’accusato, non della vittima, emarginando chi, con grande difficoltà, è riuscito a denunciare quanto subito” afferma Massimiliano Frassi, presidente dell’associazione antipedofilia “Prometeo”, che da anni chiede l’allungamento dei tempi di prescrizione del reato, se non che la prescrizione sia del tutto abolita. Frassi è stato fra i primi a schierarsi a sostegno delle vittime della pedofilia clericale e a rompere il muro del silenzio, organizzando già nel 2001 una conferenza con l’associazione "Snap", che riunisce le vittime statunitensi dei preti pedofili.
"Come altre associazioni, anche noi abbiamo ricevuto diverse segnalazioni di vittime di abusi da parte di religiosi, ma in particolare in questi casi ci viene chiesto di aiutare la vittima ma non si vuole sporgere denuncia. Quando si tratta di preti accusati di abusi sessuali, si arriva a situazioni veramente difficili, per la tendenza delle realtà locali a chiudersi in difesa dei propri sacerdoti". Resta però aperta la possibilità di un risarcimento dei danni attraverso una causa civile: un danno infatti può manifestarsi anche parecchio tempo dopo, soprattutto laddove risulti di ordine soggettivo. Ma non serve assolutamente a condannare i colpevoli e, soprattutto, a tenerli lontani dai bambini.
LA LEGA DALLA PARTE DELLA GENTE? «MENSA NON PAGATA, BAMBINI FUORI DALLA SCUOLA»
Scritto da www.ilmanifesto.it (segnalazione di G. Catoggio) |
Mercoledì 07 Aprile 2010 10:03 |
Nessuno si chiede perché le persone non paghino la mensa per i figli? Dimenticanze? Impossibilità di pagare? Ma i bambini cosa c'entrano? Si denuncino i genitori se è il caso (o li si aiuti economicamente) ma non si tocchino i bimbi. E' vergognoso che ci si accanisca su di loro che non hanno nessuna colpa se i genitori non pagano quanto devono (Redazione) (www.ilmanifesto.it) Neanche a pane e acqua, bensì fuori da scuola per due ore. Dove non si sa, non è questione che interessa l'amministrazione leghista di Adro. Siamo in Franciacorta, provincia di Brescia, e la guerra contro i bambini figli di famiglie che non pagano la mensa scolastica vede di nuovo protagonista un sindaco del Carroccio: Oscar Lancini. Le polemiche contro un'analoga iniziativa adottata il mese scorso a Montecchio Maggiore, nel Vicentino, dove gli alunni morosi furono sfamati con panini imbottiti e una bottiglia di acqua, non hanno intaccato i primi citadini in camicia verde. Così da stamattina 40 bambini dell'Istituto comprensivo di primo e secondo grado di via del Lazzaretto a Adro non saranno ammessi alla mensa scolastica. La circolare che è stata recapitata ai genitori - tramite bambini, che si sono visti consegnare in classe una busta chiusa di cui tutti i compagni conoscevano già il contenuto, si può immaginare la vergogna - parla chiaro: «L'organizzazione scolastica non ha nessuna possibilità e risorsa strutturale ed economica per garantire agli alunni l'assistenza e soprattutto un pasto alternativo rispetto a quello fornito dall'amministrazione comunale con il servizio della mensa scolastica». Insomma, scrive il dirigente scolastico Gianluca Cadei, la scuola non sa né come assistere, né cosa dare da mangiare ai bambini se non ci pensa chi ne ha la responsabilità, cioè il Comune. Quindi l'unica soluzione è che i figli dei morosi durante le ore dei pasti escano da scuola. Ma siccome si tratta di minorenni la circolare specifica che «dovranno essere ritirati dalla scuola alle 12,10 e riaccompagnati dai genitori alle 14,10 per le lezioni del pomeriggio». Ma come faranno i genitori che lavorano? E la mensa non è forse orario scolastico obbligatorio? Il sindaco Lancini non si fa, evidentemente, tante domande. Contro la decisione dell'amministrazione comunale di Adro si sono mossi la Caritas e lo Spi Cgil, che per stamattina annunciano un'iniziativa di protesta: volontari porteranno nella scuola di via Lazzaretto cibo, frutta e acqua per i bambini esclusi dalla mensa. Ma da quanto è trapelato, il sindaco non ha intenzione di permettere l'ingresso nelle aule scolastiche dell'associazione cattolica e del sindacato dei pensionati. Lancini è famoso per le sue iniziative contro gli immigrati extracomunitari: anni fa mise una taglia sui clandestini, ad Adro gli extracomunitari sono sistematicamente esclusi dai bonus per le famiglie bisognose. Ma dalla guerra agli immigrati, la politica dell'amministrazione leghista sta virando velocemente verso la guerra contro tutti coloro che si trovano in difficoltà economiche e sociali. L'esempio della mensa scolastica è lampante. La maggior parte di bambini esclusi è di origine straniera, ma non sono stati risparmiati i bambini italiani. Spesso alle spalle hanno già il dramma della crisi economica e della perdita del lavoro dei genitori. Oppure solo una vita complicata, come nel caso di Ilaria Poli, la cui figlia che frequenta la quinta elementare è tra gli esclusi: «Cresco da sola tre figli - spiega - Ho sempre pagato, ma spesso in ritardo. Va anche detto però che a Adro la mensa si paga in anticipo: ti risarciscono se il bambino non frequenta». Pur avendo un reddito basso, Poli paga il massimo della retta (100 euro al mese) perché non è residente a Adro, ma in un paese vicino. In pratica sconta la volontà della giunta leghista di negare ogni supporto ai non residenti, pur essendo italianissima. Ad Adro la signora lavora, ci vive sua madre, e per questo ha iscritto sua figlia in quel Comune, pur essendo «straniera». Stamattina accompagnerà sua figlia a scuola: «Le ho parlato, ha sofferto per questa situazione. Ma a scuola andrà comunque. Non ci possono sbattere fuori». |