Nella prima settimana di insediamento in parlamento, il Movimento 5 Stelle ha svelato l’esistenza di una vecchia delibera secondo la quale i gruppi parlamentari hanno a disposizione un budget. Il 55% di tale paniere va obbligatoriamente destinato all’assunzione di personale che già ha prestato servizio per i partiti. Lo ha rivelato il deputato del M5S Laura Castelli ai microfoni di Martina Proietti, inviata de “L’ultima parola”, su Rai Due. Questa delibera, adottata dalla Camera nel dicembre 2012, obbliga a riassumere senza concorso. Il tutto, quindi, fa pensare ad un astuto escamotage per sistemare le vecchie guardie lasciate fuori. Il personale include ex dipendenti di partiti rimasti fuori dal Parlamento, ora senza lavoro. Tra tutti spicca Gianfranco Polillo, sottosegretario del governo Monti, che proprio qualche giorno fa si è reso protagonista di uno scontro concitato col giornalista del Fatto Quotidiano, Fabrizio d’Esposito, e ha ammesso di essere entrato nel governo tecnico grazie anche a Fabrizio Cicchitto (Pdl). Martina Proietti cerca di chiedere lumi a Rosy Bindi (Pd), che all’epoca era all‘ufficio della Presidenza della Camera. “Non ho visto mai nulla, chieda ai questori” – risponde irritata il deputato Pd – “Se uno non vuol parlare, non parla perché le ho già risposto. Io non ho mai visto questa delibera“.
Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
domenica 24 marzo 2013
sabato 23 marzo 2013
Caselli su scontro Grasso-Travaglio: “Io ho subito un’ingiustizia”
“Non ho visto lo scontro tra Travaglio e Pietro Grasso, ma a me interessa soltanto il discorso della Procura Nazionale Antimafia, perché questa è storia”.
Sono le parole del Procuratore Capo di Torino, Giancarlo Caselli, contattato telefonicamente dalla trasmissione “Un giorno da pecora”, su Radio Due.
“Io sostengo di aver subito un’ingiustizia” – afferma il magistrato – “ci fu una legge contro di me.
Per due volte il Csm ha bandito un percorso per il successore di Vigna alla Dna, e per due volte con un intervento ad personam, per punirmi del processo che avevo fatto ad Andreotti, sono stato estromesso dal concorso“.
E aggiunge: “La seconda volta accadde quando ero vicino al traguardo”. Caselli spiega: “Sia io, sia Grasso avevamo ricevuto tre voti, ma a quel punto interviene la legge contro la mia persona, vengo cancellato dal concorso e in plenum ci va soltanto Grasso”.
E sottolinea: “Non so chi avrebbe vinto, io so solo che quella legge contro di me fu dichiarata incostituzionale. Ma intanto i giochi erano fatti”. Il magistrato poi ricorre a una metafora calcistica per spiegare quello che avvenne: “Diciamo che le regole del gioco sono state cambiate a partita iniziata, e il cambiamento è valso solo per una squadra. Non so se il capitano della squadra preferita avrebbe potuto rifiutare quell’aiuto” – conclude – “Il mondo del calcio non è mica quello della giustizia”
http://tv.ilfattoquotidiano.it/2013/03/22/caselli-su-scontro-grasso-travaglio-io-ho-subito-uningiustizia/225895/
ZERO AUGURI, BERSANI. - ILRIBELLE.COM
Napolitano dà l’incarico al segretario Pd: nella speranza, tutta loro, di imbastire un governo “ragionevole”
La mossa è pressoché obbligata, ma il presidente della Repubblica si sente in dovere di affiancarla con un lungo discorso (1). Il cui “titolo”, sul sito del Quirinale, recita «L’Italia deve darsi un governo operante nella pienezza dei suoi poteri; occorre assicurare la vitalità della nuova legislatura».
In altre circostanze le due frasi suonerebbero come delle perfette ovvietà. Nella situazione attuale, invece, assumono significati complessi e risonanze niente affatto tranquillizzanti.
La chiave di volta è innanzitutto nei verbi: in quei «deve» e «occorre» che cercano di mettere le mani avanti e di trasformare il libero confronto parlamentare – che dovrebbe svilupparsi solo ed esclusivamente sulla base degli impegni elettorali assunti dai rispettivi partiti nei confronti dei cittadini che li hanno votati – in una disponibilità quasi incondizionata a trovare un accordo purchessia.
Il “titolo”, del resto, è una citazione tratta dal testo completo. E non a caso è preceduta, in quella sede, da queste parole: «L'essenziale è mostrare a noi stessi, all'Europa e alla comunità internazionale quanto apprezziamo e coltiviamo il valore della stabilità istituzionale, non minore di quello della stabilità finanziaria: da entrambi dipende il grado di affidabilità del nostro paese».
Chiaro: Napolitano, ovvero l’uomo che nel novembre 2011 ha imposto Mario Monti come presidente del Consiglio, tenta in ogni modo di rimettere insieme i cocci, lanciando allo stesso tempo un’ulteriore assicurazione di fedeltà a chi di dovere (la Troika) e un monito a chi dovrà decidere, nei prossimi giorni, se appoggiare oppure no gli sforzi di Bersani.
Logiche, e sottomissioni, e grovigli di interessi, che su queste pagine abbiamo analizzato in lungo e in largo. Ribadiamone giusto un frammento, allora: per l’establishment andrebbe benissimo un governo di Grosse Koalition tra Pd e PdL, ma non possono formarlo, o almeno non subito, perché apparirebbe una scelta smaccatamente oligarchica. Inoltre, viste le molte fazioni che si annidano nell’uno e nell’altro schieramento, temono che l’eventuale intesa si sgretoli troppo in fretta. Delegittimando ancora di più l’intera impalcatura istituzionale e moltiplicando i fattori di instabilità.
Tornare alle urne sarà l’extrema ratio. A meno che nel frattempo il M5S abbia perso buona parte della sua credibilità, o del suo fascino, e si possa confidare nello scampato pericolo.
1) http://www.quirinale.it/elementi/Continua.aspx?tipo=Notizia&key=35032
http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=11641&mode=thread&order=0&thold=0
Mega spese, commessi puniti, staff azzerato: arriva il tornado Brunetta, deputati Pdl in rivolta. - Carmelo Lopapa
Licenziati tutti i dipendenti, ha portato con sé quattro segretarie. Ai rapporti con la stampa l'ex "agente Betulla" Renato Farina. Gli insorti raccolgono firme per sfiduciarlo, lui minaccia le dimissioni. La Carfagna e la Lorenzin rinunciano al ruolo di vicecapogruppo: "Non con lui".
ROMA - La televisione per la sua stanza, da nuovo mega super capogruppo l'ha voluta enorme. Perché a lui tutto piace in grande. Venerdì 15 febbraio l'elezione di Renato Brunetta alla presidenza della squadra Pdl alla Camera non era ancora formalizzata - Silvio Berlusconi aveva appena imposto ai deputati la sua irrevocabile scelta contro tutto e tutti - che già l'ex ministro si era presentato nei locali al sesto piano che erano stati di Fabrizio Cicchitto e impartiva le nuove disposizioni. Via il vecchio (neanche tanto, sembra avesse un paio d'anni) Toshiba del suo predecessore. La segretaria ha convocato i commessi per ordinare un nuovo tv al plasma da 50 pollici: "Presto, anzi subito". Costo a carico dei fondi del gruppo. Con buona pace dei tagli ai costi.
Era solo il preludio di quel che in una settimana si sarebbe trasformato nel tornado Renato, abbattutosi sui deputati Pdl. Settimana tribolata dentro e fuori quelle stanze. A farne le spese, per primo, il commesso del piano, deferito ai superiori per una sorta di lesa maestà: accusato di non essersi alzato e non aver "nemmeno salutato" il nuovo capogruppo al suo passaggio. Scatta richiesta di provvedimento disciplinare, incidente che, va da sé, è morto di morte naturale sul tavolo di un costernato segretario generale di Montecitorio, Ugo Zampetti.
Il tempo di mettere piede nelle stanze del gruppo ed ecco il primo atto dell'economista prestato alla causa berlusconiana: l'azzeramento dell'intero staff in servizio. A nessuno dei 98 dipendenti della passata legislatura viene rinnovato il contratto, nemmeno ai 36 preventivati in ragione del drappello di deputati ridotto a un terzo. Drammi umani. Il centinaio di parlamentari che si presenta agli uffici del gruppo, trova completamente deserte le stanze al quarto, quinto e sesto piano di pertinenza Pdl. In compenso, hanno preso possesso delle sale del capogruppo quattro nuove segretarie che Brunetta ha già portato con sé dalla sua Free Foundation: adesso passeranno a carico del Pdl.
Alle altre assunzioni provvederà lui personalmente. Intanto, ha già richiamato in servizio Renato Farina (in ballo tra il ruolo di portavoce e capo ufficio stampa), proprio l'ex deputato e giornalista sospeso dall'Ordine in quanto referente dei servizi, nome in codice "Betulla".
Tra i deputati è già caos. L'ultima goccia quando Brunetta annuncia che sarebbero stati sorteggiati e non scelti gli scranni in aula e che sarebbe stata sua l'ultima parola sull'assegnazione nelle varie commissioni. In dieci minacciano di passare al misto. Così mercoledì sera Brunetta comunica a Palazzo Grazioli l'intenzione di dimettersi: "Ho tutto il gruppo contro, non si può lavorare". Fulminato tuttavia da Berlusconi, alla vigilia della salita al Colle per le consultazioni.
Venerdì il patatrac finale. Errore nella distribuzione dei voti e fallisce l'elezione di Laura Ravetto alla carica di segretario d'aula. In questo clima, Mara Carfagna e Beatrice Lorenzin hanno rinunciato alla carica di vice capogruppo ("Non con Brunetta"). La sola Gelmini, per spirito di servizio, starebbe valutando. Ma i deputati raccolgono firme per la clamorosa sfiducia. Verdini e Alfano promettono che lunedì affronteranno il caso. Prima che il gruppo tracolli.
Era solo il preludio di quel che in una settimana si sarebbe trasformato nel tornado Renato, abbattutosi sui deputati Pdl. Settimana tribolata dentro e fuori quelle stanze. A farne le spese, per primo, il commesso del piano, deferito ai superiori per una sorta di lesa maestà: accusato di non essersi alzato e non aver "nemmeno salutato" il nuovo capogruppo al suo passaggio. Scatta richiesta di provvedimento disciplinare, incidente che, va da sé, è morto di morte naturale sul tavolo di un costernato segretario generale di Montecitorio, Ugo Zampetti.
Il tempo di mettere piede nelle stanze del gruppo ed ecco il primo atto dell'economista prestato alla causa berlusconiana: l'azzeramento dell'intero staff in servizio. A nessuno dei 98 dipendenti della passata legislatura viene rinnovato il contratto, nemmeno ai 36 preventivati in ragione del drappello di deputati ridotto a un terzo. Drammi umani. Il centinaio di parlamentari che si presenta agli uffici del gruppo, trova completamente deserte le stanze al quarto, quinto e sesto piano di pertinenza Pdl. In compenso, hanno preso possesso delle sale del capogruppo quattro nuove segretarie che Brunetta ha già portato con sé dalla sua Free Foundation: adesso passeranno a carico del Pdl.
Alle altre assunzioni provvederà lui personalmente. Intanto, ha già richiamato in servizio Renato Farina (in ballo tra il ruolo di portavoce e capo ufficio stampa), proprio l'ex deputato e giornalista sospeso dall'Ordine in quanto referente dei servizi, nome in codice "Betulla".
Tra i deputati è già caos. L'ultima goccia quando Brunetta annuncia che sarebbero stati sorteggiati e non scelti gli scranni in aula e che sarebbe stata sua l'ultima parola sull'assegnazione nelle varie commissioni. In dieci minacciano di passare al misto. Così mercoledì sera Brunetta comunica a Palazzo Grazioli l'intenzione di dimettersi: "Ho tutto il gruppo contro, non si può lavorare". Fulminato tuttavia da Berlusconi, alla vigilia della salita al Colle per le consultazioni.
Venerdì il patatrac finale. Errore nella distribuzione dei voti e fallisce l'elezione di Laura Ravetto alla carica di segretario d'aula. In questo clima, Mara Carfagna e Beatrice Lorenzin hanno rinunciato alla carica di vice capogruppo ("Non con Brunetta"). La sola Gelmini, per spirito di servizio, starebbe valutando. Ma i deputati raccolgono firme per la clamorosa sfiducia. Verdini e Alfano promettono che lunedì affronteranno il caso. Prima che il gruppo tracolli.
Non c'è che dire...un ducetto, e non per carisma-negativo, ma per dimensione...
Arriva la smentita da Papa Bergoglio: “Sì ai matrimoni gay, purchè siano civili”.
A smentita di quello che è stato detto circa la presunta omofobia di Papa Bergoglio, il pontefice approverebbe le unioni civili omosessuali.
Redazione – 22 marzo 2013 Su Papa Bergoglio è già stato detto e scritto molto. Le ultime fonti lo vedrebbero un accanito oppositore delle unioni omosessuali, ma non tarda ad arrivare la smentita.
Si dice infatti che Papa Francesco, cercò nel 2010 di convincere i vescovi argentini ad approvare le unioni civili tra persone dello stesso sesso. La sua proposta fu però bocciata in tronco dagli altri esponenti ecclesiastici.
Il New York Times scrive: "In una situazione come quella dell'Argentina del 2010, in cui l'approvazione del matrimonio gay era ormai scontata, Papa Francesco ha cercato una sorta di compromesso fra i valori teorici della religione e le esigenze pratiche del popolo".
A confermare l’apertura del Papa verso le unioni civili omosessuali è stato Marcelo Marquez, sostenitore dei diritti dei gay, che racconta di aver scritto una lettera a Bergoglio ancor prima della sua proclamazione a pontefice, avvenuta lo scorso 13 marzo, per parlargli dei problemi che vivevano ogni giorno gli omosessuali. La risposta del cardinale fu immediata: dopo un'ora gli telefonò dicendogli che credeva che i diritti degli omosessuali dovessero essere riconosciuti attraverso le unioni civili ma non con il matrimonio religioso.
Val Susa, parlamentari 5 Stelle ai cantieri Tav: “Commissione d’inchiesta”.
“Il significato di una giornata come questa è quello che i cittadini possono entrare e toccare con mano quest’opera che noi consideriamo inutile e che tra l’altro non c’è, dato che siamo in presenza solo di un cunicolo esplorativo”. Così il portavoce dei senatori 5 Stelle Vito Crimi che all’arrivo al cantiere Tav di Chiomonte: “Riteniamo che tutti debbano essere messi nelle condizioni di conoscere lo stato delle opere che il Parlamento è chiamato poi a finanziare. In particolare – ha concluso – noi consideriamo la Tav un’opera inutile, speriamo di dimostrarlo e di riuscire a bloccarla”. Ieri i presidenti delle Camere avevano assicurato che non si tratta di una ispezione, ma di una semplice visita. Crimi non è dello stesso avviso: ”Esercitiamo il nostro mandato ispettivo nell’area militare”. Alle 11 il pullman che trasporta i parlamentari 5 Stelle e Sel ha varcato i cancelli del cantiere.
E pochi minuti dopo è arrivata la prima dichiarazione pesante. Marco Scibona, senatore M5S, annuncia che lunedì chiederanno in Parlamento una commissione di inchiesta sulla Tav. “Oggi – hanno spiegato Scibona e Laura Castelli - faremo le dovute domande tecniche a Ltf. Dopo di che per accertare ancora di più la situazione del cantiere, anche dal punto di vista legale, da lunedì chiederemo l’istituzione in parlamento una commissione di inchiesta sulla Tav”. Il parlamentare Luis Alberto Orellana (M5S) si è detto impressionato dalla quantità di forze dell’ordine presenti: “Questa militarizzazione fa riflettere”. Stesse parole per la deputata Fabiana Dadone: “La mia prima impressione sull’area del cantiere? E’ spaventosamente militarizzata”.
Lo storico leader No Tav Alberto Perino, dopo le polemiche dei giorni scorsi, è riuscito ad aggregarsi ai parlamentari in visita ai cantieri. Anche lui insiste sul concetto di militarizzazione esagerata. “Come vedete – ha spiegato – è una militarizzazione senza senso. Questo non è un cantiere, è un fortino. E’ una vergogna”. Perino ha accompagnato la delegazione dei parlamentari nell’area archeologica e, indicandola, ha detto: “Anche questa è una vergogna. L’hanno trasformata in un parcheggio”.
Presente in Val di Susa anche la senatrice Pd Laura Puppato. “Sono venuta qui ma non per manifestare”, ha detto prima di entrare al convegno sull’alta velocità ferroviaria organizzato dalla Comunità montana valli di Susa e Sangone a Bussoleno (Torino). “Chiunque oggi fa l’amministratore – ha aggiunto – ha l’obbligo di pensare che le risorse sono finite. Non manifesto perchè altrimenti aggiungerei sale sulle ferite e perchè una persona di governo deve prima conoscere e poi agire. Come uomini di lotta e di governo – ha concluso – abbiamo già dato”.
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