martedì 8 luglio 2014

Cosa stanno decidendo circa il referendum...



Sta accadendo ORA ed è GRAVISSIMO! Da 500 mila ad UN MILIONE di firme per un referendum. Questa è le democrazia che vogliono i partiti #riforme #senato

Riccardo Nuti

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Contro le punture di zanzara ecco 5 piante miracolose.

Le zanzare in estate popolano le nostre nottate? Teniamole lontane in modo naturale con le piante. Alcune di queste sono anche utili per calmare il prurito da puntura.

Oltre al caldo torrido, l'estate porta con se un'altro "effetto collaterale" che tutti ben conosciamo: le zanzare. E se di giorno la nostra battaglia è contro le odiose zanzare tigre, di notte siamo tormentati dalla specie più comune e fastidiosa, che ci pungola con il suo ronzio e con le sue pizzicate pruriginose. Come fare quindi a tenerle lontane, o quantomeno a non patire il prurito post puntura? Grazie a 5 piante miracolose, nemiche delle nostre sgradite ospiti.

Citronella - Diciamo che questo è un vero classico, tanto che normalmente l'essenza di questa pianta viene usata per spray e candele che tengono lontane zanzare e pappataci. Tuttavia, chi ha un bel giardino, può piantarla senza problemi contando anche sulla sua estetica adattabile a qualsiasi stile, fatta di cascate verdi di foglie dal profumo inconfondibile.

Citronella  

Calendula - Una bella pianticella di Calendula vale la pena tenerla sul balcone vicino alla finestra per allontanare le fastidiose zanze. Questa pianta contiene infatti una sostanza chiamata piretro, che è un anti-insetto naturale. In più l'essenza di Calendula è l'ingrediente principale delle creme lenitive, quindi è nostra alleata anche per attenuare rossori, irritazioni e pruriti.



Geranio - Oltre ad essere uno dei fiori più apprezzati per adornare giardini e balconi, il Geranio possiede anche proprietà repellenti indiscusse. Puntate sulle varietà più profumate, come il Pelargonium odoratissimum o il Pelargonium grandiflorum, che con il loro odore aiutano a non farci molestare dalla zanzara comune e anche dalla più feroce zanzara tigre.



Erba Gatta - Vi stupiamo con effetti speciali. Eh si, perché anche l'erba gatta ha proprietà anti-zanzara. Lo studio sugli effetti repellenti è relativamente recente: nel 2001 i ricercatori dell'Università dell'Iowa hanno visto che per cause ancora sconosciute, le zanzare non gradivano appoggiarsi su materiali trattati con un componente attivo di quest'erba. E in effetti in America molti la strofinano sulla pelle per avere una protezione anti-insetto e la cosa pare funzionare egregiamente.



Incenso - Anche la pianta dell'incenso è da annoverare fra quelle più sgradite alle zanzare fameliche. Si può tenere in vaso e quindi può essere posizionata ovunque in casa. Il suo odore ha il potere di stordire e allontanare i fastidiosi insettini a caccia di sangue, lasciandoci più tranquilli quando siamo seduti in veranda o schiacciamo un sonnellino a letto.



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Buonanotte Palermo Cronache di una città allo sbando. - Roberto Puglisi



   







Niente risveglia Palermo dal coma profondo in cui è piombata. Dalle catacombe non arrivano notizie confortanti. Nel frattempo, la vita è sempre più complicata.


L'unica paradossale e fantastica notizia del risveglio a Palermo, città sonnambula, si specchia nello sguardo di una bambina quasi centenaria che, dopo un lungo periodo di immobilità, ha aperto le sue pupille pietrificate nel buio di una cripta, secondo gossip e credulità popolare. Rosalia Lombardo, celebre mummia, vanto dell'ossario dei Cappuccini, è finita suo malgrado sui giornali, nella diceria dell'oltretomba, per uno scatto che la ritrae con gli occhi socchiusi, in posa da viva e, appunto, da sveglia. Fenomeno surreale, impregnato di mistero solo letterario, essendo Rosalia morta e conservata sugli scaffali del tempo, da quando il destino la rapì che era piccola e suo padre col cuore spezzato la affidò alle cure di un noto imbalsamatore, affinché la morte somigliasse alla vita.
Povera Rosalia, passata nell'istante di un respiro alla giovinezza immutabile, all'eternità di ciò che non può crescere più.

Poveri noi che abbiamo provato un sussulto, una scossa elettrica, mediati da coriaceo stupore difensivo, nell'apprendere che la bambina dei Cappuccini si era risvegliata. Un segno del cielo pareva. Un modo per dire: alzati, Palermo, non dormire più.
La storia si è spenta come una fiammella. E' rimasta soffocata nei fondali dell'anima irrazionale. Era, ovviamente, un'illusione ottica. Una metafora inutilizzabile. Siamo ripiombati nel sonnambulismo, nel vizio che scambiamo per virtù, nel nostro consueto dormire a occhi spalancati, nel sonno dinamico che ci consente di scavalcare macerie e corpi, mettendo a tacere i conati dell'indignazione. E' la sopravvivenza al minimo sindacale garantita ai palermitani: dormire, per non vedere. Non guardare, per non soffrire. Procedere con gli occhi serrati, per non immaginare di meglio. Non hanno luce i nostri occhi, né la cercano. Sono puntini neri dipinti sulla corteccia di burattini che siamo diventati, noi, imbalsamati, disperati e soddisfatti. Palermitani, morti e contenti. In piena (in)coscienza. E non c'è contraddizione.

La morte civile della città sonnambula non è un modo di dire, è uno stato di catatonia individuale e generale. Chiunque, in qualunque parte del mondo segnata a dito sulla cartina geografica, aprirebbe gli occhi per cominciare un percorso di rinnovamento, per demolire il brutto, sottraendosi all'alibi della lamentazione, proprio perché il brutto non ci dà più scampo, invade le case, dai marciapiedi. Né è più sufficiente lo scudo dell'insigne intellettuale che proclamò: "Io non sto a Palermo. Io sto a casa mia". Non siamo fatti per la fatica, per i mattoni sollevati a spalla, per la luminosità di una cittadinanza rinascimentale. Ci vuole un condottiero-capro espiatorio a cui affidarsi, sapendo che per fortuna fallirà, uno che regali perline colorate, mentre si prepara il gran finale in cui sta scritto che siamo immutabili. A sipario chiuso, si leverà un ronf ronf di sollievo, dalla platea di dormienti. Conviviamo con l'orrore e con la felicità del disastro. Il sonnambulismo è una disgrazia, ma è pure l'antidoto contro pericolosi sintomi di  una vivacità che ci obblighi a fare i conti nel modo giusto. Hai visto mai che si cambi rotta sul serio, che secoli di autocannibalismo siano sostituiti dalla misura di una buona amministrazione, in grado di pensare rivoluzioni sensate, non rivolte senza capo né coda?

La politica cittadina è funzionale alla proclamazione del naufragio, a confermare Palermo come luogo della decadenza: è questa la sicurezza che pretendiamo, nello spazio del cuore nascosto, sotto il cuore di superficie che mente a se stesso, lì, nel posto della vergogna. Dove non c'è una città, non ci sono cittadini, né doveri, né obblighi. Non ci sono neanche i diritti. Ci sono i furbi che si giustificano con lo stato di necessità. E' una categoria generosa, quella dei furbi. Si accettano le iscrizioni di tutti, soprattutto degli ex duri e puri.

Da condottiero a condottiero, da fante a fante, da sottogoverno a sottogoverno, Palermo non cambia. Si compiace della sua sporcizia, del suo caos, della sua degradazione. Possono cambiare parole, promesse e trucchi. Può cambiare l'abilità del prestigiatore pro tempore sulla scena. Ma Palermo non cambia. E' una catacomba gigantesca, senza un filo d'aria. I morti viventi che la abitano non hanno l'istinto di socchiudere mezza palpebra. I cammini si confondono nelle ripetizioni, nell'eco di altri cammini egualmente destinati alla sconfitta e alla sua rassegnata accettazione. La reiterazione obbligata della speranza ha il pallore di un trapasso. Il suono di sottofondo che invita alla lotta, alla battaglia per la legalità, alla sacra crociata, appartiene alla ruggine di un registratore rotto. Non è soltanto la politica, l'inutile e retorica politica, la mano che stringe il cappio.
La favola di una palingenesi impossibile si celebra perché garantita dall'indifferenza delle orecchie che ascoltano la musica, noncuranti del senso. La puntura di spillo della coscienza dura un attimo. Prestiamo fede alle bugie, ai santissimi salvatori, ai ciarlatani, ai miracoli subito smentiti, alla piccola Rosalia, alla suora che - altro gossip dell'oltretomba - appare al Capo, non si sa se per impartire benedizioni o anatemi dall'alto di un campanile. Perfino  la Grande Rosalia, nel senso della Santuzza, ha abdicato e non ci protegge più dalla peste.

La morte civile, compiuta, di Palermo è narrata dalla cronaca abitudinaria, dalle intercettazioni delle operazioni che conducono in galera file chilometriche di mafiosi, con un'abbondanza da fare invidia al prefetto Mori. Eppure, neanche la decimazione del mafioso antropologico provoca l'ingresso di aria fresca nella cripta. Per uno scarafaggio schiacciato ce ne sono altri dieci, partoriti dal fango e dall'immondizia.

Il sonnambulismo è spiegato benissimo dal contesto omertoso dell'omicidio di Daniele Discrede, il commerciante assassinato davanti alla sua bambina. Sangue ingoiato e digerito. Non un comitato spontaneo, non un cenno di rabbia, non un moto cittadino di protesta e di richiesta di verità. Un corteo con la gente del quartiere, poi basta. La morte violenta, corollario della morte civile, torna a rivestire panni privati. Un affare della famiglia, di quelli presi in mezzo, degli amici e dei conoscenti. Ci pensino loro a percorrere la strada oscura nella cripta verso un filo di spiegazione, nell'intreccio dei perché. Non avranno nessuno accanto, stati di Facebook esclusi. Non ci sarà alcun piede in transito, accanto ai piedi delle vittime ingiustamente offese in viaggio verso l'ignoto.

Ma non c'è bisogno di citare episodi eclatanti. Questa città cade a pezzi, per quanto si volga lo sguardo altrove. E' defunta nella sua quotidianità. Sporca. Priva di servizi elementari. Intasata. Spogliata del più flebile anelito di riscatto. Preda di personaggi che dettano legge nei vicoli, corroborati da protervia e arroganza, senza che alcuno osi frapporsi tra la violenza e il raggiungimento di un risultato abusivo. Gli esempi di scuola abbondano. Provate a gironzolare con la macchina, un martedì a caso, in viale Francia, zona di palazzoni borghesi. Provateci e scoprirete che non si può passare. C'è il mercatino a invadere la carreggiata. I residenti non escono. I forestieri non entrano. E ci sono i vigili. E c'è un assessore. E c'è un sindaco. E c'è la legalità. Viale Francia, nei suoi martedì, subisce un provvedimento di custodia cautelare. Lo stesso accade nei mercoledì di viale Campania, nei giorni qualsiasi di una capitale rubata a se stessa. In ogni paesello italiano scoppierebbe un'insurrezione, per sottrazione di suolo pubblico. Da noi no. Accettiamo il fa(t)to. Chiniamo la testa. Siamo sonnambuli. Dormiamo. Palermo sonnecchia in custodia cautelare, con le manette ai polsi, tra i negozi con le saracinesche calate e un plumbeo annuncio di tracollo.

E che raccontare di nuovo di Mondello, simbolo dei simboli, al culmine della stagione estiva? La cittadella che costeggia il mare sarebbe un forziere di bellezza, dappertutto, non qui. La martoriata Mondello è assediata dall'incuria, dalla munnizza. Il mare si conserva intatto, con una magia che non sappiamo amare abbastanza, fino ai primi giorni di luglio e per tutto settembre. Nel resto della stagione assume una tonalità inquietante, un colorito ambiguo, da sedimentazione delle urine. Vengono convocati esperti al capezzale dell'acqua marcia. Variabilmente sentenziano, ma ciò ha poca importanza. E' invece importante che il palermitano si senta rassicurato nel suo calvario estivo, che ricominci a tuffarsi, senza il disagio di onde stranamente pulite. E' importante che le spiagge, ridotte a campo di sterminio della bellezza, diano il consueto colpo d'occhio desolante. E' importante sapere di essere a casa, a Palermo, la città sporca e invivibile, dove basta dormire o vagare da sonnambuli per adattarsi. Il sonnambulismo è l'arte che si impara per campare, guai a metterla da parte.

Nel frattempo, i condottieri pro tempore sperimentano. Chiudono pezzi di viabilità in odio alle cavie della macchina, millantando l'esistenza di invisibili mezzi comunali a disposizione. Chiudono il parco della Favorita, infliggendo agli automobilisti una pena aggiuntiva, per garantire una corsia pedonale popolata da cani, zecche e radi ciclisti. Tutto viene contrabbandato come una svolta epocale, una gemma di educazione, un diadema di civiltà. E' proprio quello che ci voleva: infedele panormosauro sei, se non lo capisci da te. La neo-lingua della finzione tramite comunicato autorizza ogni paradosso. L'ordalia termina con un gioioso comunicatone finale in cui appunto si comunica che - certo, ma chi l'avrebbe mai pensato - c'è stata qualche criticità. Dunque si rimanda la soluzione del problema, scontentando i ciclomani che avevano fatto la bocca alla Favorita sgombra e i volantomani che non hanno mai capito l'origine di tale, gratuita sofferenza. Era un esperimento, siatene orgogliosi. In calce al comunicato non c'è traccia di un sommesso "scusate". Gli esperimenti costano. E, modestamente, non latitano, a condizione che siano almeno sufficientemente inutili, se non proprio meravigliosamente dannosi.

In calce alla devastazione, nel cuore nascosto della cripta di Palermo, nessuno apre gli occhi. Nessuno ha uno sguardo che non sia sonnambulo. Nessuno si affaccia oltre le grate della prigione per respirare un po'. Dormi tranquilla il sonno dei bambini per sempre. Dormi e non svegliarti, piccola Rosalia.

AL MINISTRO DELLA SANITA’. - Mariapia Caporuscio

Ci si chiede come mai ogni qualvolta un cittadino denuncia un abuso o sperpero di denaro pubblico, questo venga classificato come “protesta” e resta inascoltato dalla classe politica. In un paese civile i cittadini hanno il dovere di denunciare gli abusi e i politi quello di ascoltarli: i crimini vanno stroncati non lasciati lievitare!
La società dovrebbe porsi come obiettivo la giustizia sociale in simbiosi con tutti gli appartenenti, invece troppo spesso la classe politica non tiene in alcun conto la voce dei cittadini, mostrando una spregevole codardia, che favorisce la sfiducia se non il disprezzo nei loro confronti. 
Tutto questo non è solo una questione morale fra la popolazione e le istituzioni, perché da questi comportamenti dipende la qualità di vita di una intera nazione.
Una nazione come la nostra ricca di eccellenze in ogni campo, di cui dovremmo essere fieri, viene purtroppo umiliata e sottomessa proprio da chi “deve” prendersene cura. Eccellenze ignorate in patria e molto spesso costrette ad emigrare, andando ad arricchire altri paesi. Un comportamento suicida e questa assurda mancanza di logica da parte della classe politica è per davvero demenziale.
Questa volta a gridare è il Centro di Radioterapia Oncologica dell’Ospedale San Giovanni Addolorata di Roma. Si tratta dell’ennesimo scempio di denaro pubblico da parte dei responsabili del sistema sanitario. Questo centro di eccellenza, dotato di attrezzature d’avanguardia per la radioterapia oncologica di elevatissimo livello tecnologico, progettato per garantire ai malati di tumore terapie più efficaci e all’avanguardia, occupa una superficie di 5.000 mq e si configura come uno dei più completi e moderni della regione Lazio e dell’Italia centro-meridionale.
A questa struttura (in grado di trattare circa 200 pazienti al giorno) e costata alla comunità 32 milioni di euro, viene impedito il pieno funzionamento.
Da oltre un anno dal termine dei lavori di ristrutturazione e ampliamento, questo centro è in stato di blocco per mancanza di personale, nonostante le ripetute sollecitazioni ad acquisire personale specializzato. A tutt’oggi il reparto dispone solo di due medici, due infermieri, e tre tecnici, un numero grottescamente ridicolo, mentre lo staff necessario per il completo funzionamento è valutato in 25/30 unità tra medici specialisti, fisici sanitari, tecnici di radioterapia, personale infermieristico e amministrativo, ma ogni sollecitazione è rimasta lettera morta: di assunzioni non se ne parla e il centro resta mutilato, privando migliaia di malati della speranza di vita.

Il congelamento di questa struttura è moralmente intollerabile, è un insulto ai malati e ai contribuenti onesti, che ancora sperano in una presa di coscienza della classe politica.
Nonostante l’assurda situazione questo piccolo nucleo sanitario si può definire eroico per i miracoli che compie ogni giorno: per dedizione, competenza, disponibilità e umanità verso i malati, benché moralmente umiliati di dover rifiutare il trattamento radiante alla maggior parte dei malati e questo li costringe a vivere un intollerabile stato di frustrazione, impotenza e rabbia.
Persone meravigliose come queste sono la conferma di quanto gli italiani meriterebbero una più degna classe dirigente.


Una domanda però voglio rivolgerla ugualmente al ministro della sanità: in nome di quale diritto vengono compiuti sfregi contro gente indifesa, come i malati di cancro?


E ancora: con quale diritto osate dilapidare i soldi che la popolazione è costretta a pagare col sangue, rinunciando anche al pane?


Urge il suo intervento ministro della sanità!

Dieci risposte a dieci domande.

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Breve cronologia dei fatti.

- Abbiamo costruito una legge elettorale con migliaia di cittadini in rete, primo esperimento al mondo di democrazia partecipata
- Il 15 giugno vi abbiamo richiesto un incontro per parlarne e dare al Paese una legge elettorale in 100 giorni.
- Ci avete detto che avreste pubblicato 5 punti e che sareste stati disponibili ad un secondo incontro
- I 5 punti sono diventati 10 perché avete aggiunto altre domande.
- Lunedì 30 giugno vi abbiamo chiesto un secondo incontro per giovedì 3 luglio, per parlare di legge elettorale e rispondere alle vostre domande in modo serio in un contesto istituzionale. Ci avete comunicato che non avevate una delegazione (bisogna capire che per i politici il giovedì finisce la settimana lavorativa)
- A questo punto Guerini - non uno qualsiasi, ma il vicesegretario del PD - ha fissato come data ufficiale del secondo incontro lunedì 7 alle 15 nella sala del Cavaliere, alla Camera. Anche lo streaming era stato organizzato.
- Nel frattempo, ci avete chiesto di rispondere alle 10 domande formulate in precedenza noi lo abbiamo fatto nel modo più ufficiale possibile: con Luigi Di Maio, Vicepresidente della Camera, tramite un’intervista pubblicata domenica 6 luglio su uno dei principali quotidiani del Paese.
- Ciò non vi è bastato. Noi abbiamo risposto chiaramente alle vostre domande, ma voi poche ore prima dell’incontro, non contenti, avete preteso che rispondessimo una seconda volta per iscritto, come se il contenuto dell’intervista cambiasse da scritto su un quotidiano a scritto su una lettera.
- Alle ore 10 di oggi salta l’incontro. Ci chiediamo: come è possibile che qualcosa di così importante per gli Italiani come la legge elettorale salti perché non abbiamo risposto per la seconda volta per iscritto alle domande?
Come mai per trattare di legge elettorale con un condannato come Berlusconi non richiedete nulla, né risposte scritte, né lo streaming in modo che tutti i cittadini possano capire cosa vi siete detti?
A noi non crea alcuna difficoltà ne lo streaming ne la lettera. Ma allora perché non fate altrettanto con i vostri incontri con Berlusconi?.
- La nostra massima disponibilità al confronto e al dialogo ci porta a rispondere a tutti i vostri quesiti per la terza volta. Ora, in modo tale che non abbiate più alibi e non possiate più raccontare agli Italiani con la complicità dei giornalisti che il tavolo di lavoro è saltato per colpa nostra, vi riportiamo di seguito le risposte una terza volta:
1. Per noi un vincitore ci vuole sempre. L’unico modello che assicura questo oggi in Italia è la legge elettorale che assegna un premio di maggioranza al primo turno o al secondo turno. Il Movimento 5 Stelle, per esempio, ha vinto a Parma, Livorno e Civitavecchia nonostante che (sic) al primo turno abbia preso meno del 20% dei voti. Però poi al ballottaggio ha ottenuto la metà più uno dei votanti. Vi chiediamo: siete disponibili a prevedere un ballottaggio, così da avere sempre la certezza di un vincitore? Noi sì.
“Si”
Per noi quello che voi chiamate “vincitore” è il conquistatore di una vittoria di Pirro, che non garantisce in alcun modo la governabilità: speravamo che l’esperienza di “vittoria” con una schiacciante maggioranza nella scorsa legislatura vi fosse stata d’insegnamento, ma evidentemente non è così. Un modello che assicuri la certezza di un vincitore come quello disegnato nella legge Berlusconi-Renzi non esiste pressoché in nessun sistema democratico al mondo.
In ogni caso, al fine di evitare un pessima legge elettorale quale è la legge Berlusconi-Renzi nella sua attuale formulazione, e produrre un testo migliore siamo disponibili a prevedere un ballottaggio che dia ad una forza politica la maggioranza dei seggi, a condizione di evitare che la conquista del primo posto si trasformi in una corsa all’ammucchiata di tutto e il suo contrario (come è stato per l’Unione di Romano Prodi e per le coalizioni guidate da Silvio Berlusconi) che ha provocato la caduta anticipata dei rispettivi governi nel 2008 e nel 2011 nonostante la “vittoria”. Per evitarlo, la nostra proposta alternativa è formulata in questi termini:
- un primo turno proporzionale privo di soglie di sbarramento, in modo da consentire a chiunque di correre per il Parlamento e colmare il deficit di rappresentatività che la legge comporta;
- in caso di superamento della soglia del 50% + 1 dei seggi al primo turno, prevediamo un premio di governabilità minimo, che consegnerebbe al vincitore il 52% dei seggi;
- nel caso in cui nessuno raggiunga la maggioranza al primo turno, è previsto un secondo turno tra i due partiti più votati, al cui vincitore viene assegnato il 52% dei seggi.

2. Siete disponibili a assicurare un premio di maggioranza per chi vince, al primo o al secondo turno, non superiore al 15% per assicurare a chi ha vinto di avere un minimo margine di governabilità? Noi sì.
“Si” 
Ferme restando le obiezioni di cui alla precedente risposta, che potranno tuttavia essere sciolte dalla Corte costituzionale nella sede del controllo preventivo previsto nella riforma costituzionale, come già evidenziato siamo disponibili alla previsione di un turno di ballottaggio, nel caso in cui il primo turno non veda nessuna forza politica ottenere la maggioranza dei seggi, con il quale sia possibile attribuire un numero di seggi tali da assicurare a chi ha vinto di avere un minimo margine di maggioranza (la governabilità è un’altra cosa, per noi).
3. Siete disponibili a ridurre l’estensione dei collegi? Noi sì.
“Si”
La riduzione dell’estensione dei collegi è possibile, ma questo e altri elementi tecnici dipendono naturalmente dall’impianto complessivo della legge e da come si vuole concretamente realizzare.
4. Siete disponibile a far verificare preventivamente la legge elettorale alla Corte costituzionale, così da evitare lo stucchevole dibattito “è incostituzionale, è costituzionale”? Noi sì.
“Sì” 
Siamo disponibili a far verificare preventivamente la legge elettorale alla Corte costituzionale; quello che tuttavia abbiamo urgenza di capire è in quale modo si dovrebbe introdurre questo controllo e come dovrebbe intervenire sulla legge elettorale in discussione. Il Presidente del Consiglio ha affermato nel corso del nostro ultimo incontro che la legge elettorale sarà approvata e promulgata dopo la prima lettura da parte del Senato della riforma della Costituzione. Il che significa che il controllo non sarà previsto per la legge elettorale in discussione.
Come pensate di risolvere questa contraddizione?
5. Siete disponibili a ridurre il potere delle Regioni modificando il titolo V e riportando in capo allo Stato funzioni come le grandi infrastrutture, l’energia, la promozione turistica? Noi sì.
“Si” 
Siamo disponibili ad una modifica del Titolo V, sebbene riteniamo che l’impianto proposto nell’attuale riforma non sia funzionale alla risoluzione dei problemi provocati dalla riforma del 2001. Nel merito, la riforma Renzi del Titolo V prevede l’eliminazione sia della competenza concorrente Stato-Regioni, quella in cui lo Stato dettava i principi, con “leggi-quadro” per ragioni di omogeneità e le Regioni vi davano attuazione con le loro leggi, e della competenza residuale regionale, ovvero della clausola per la quale tutto quanto non era di competenza statale o concorrente spettava alle Regioni.
Nel nuovo quadro vengono definite solo le competenze statali, e quelle regionali non sono più residuali ma sono specificamente elencate. Se il problema che la riforma Renzi mira a risolvere è quello del “chi fa cosa” e quindi del contenzioso che si crea innanzi alla Corte costituzionale bloccando o invalidando numerosissime leggi, non si capisce in che modo questa riforma lo risolverebbe.
La nuova definizione di competenze non sembra essere risolutiva del problema in questione: dove finisce, ad esempio, la “programmazione e organizzazione dei servizi sanitari” (materia di competenza regionale) e dove iniziano le “disposizioni generali e comuni per la tutela della salute” (di competenza statale)? Quale opera sarà da considerarsi “dotazione infrastrutturale” (regionale) e quale “infrastruttura strategica” (statale)?
A ciò si aggiunga la previsione di una “clausola di supremazia” per la quale «su proposta del Governo, la legge dello Stato può intervenire in materie non riservate alla legislazione esclusiva quando lo richieda la tutela dell’unità giuridica o economica della Repubblica, ovvero la tutela dell’interesse nazionale». Anche in questo caso, si pone il problema della grave disfunzione applicativa che può produrre questa disposizione.
Non si capisce, infatti, anzitutto perché debba provenire dal Governo la proposta per l’utilizzo della clausola di supremazia in ambito legislativo, anziché dall’organo legislativo che è il Parlamento. È facile immaginare che un Governo incapace di governare, che si regge sull’abuso dell’utilizzo dello strumento della questione di fiducia per imporsi al Parlamento, utilizzerà nello stesso modo la clausola di supremazia per imporsi alle Regioni, facendo rientrare discrezionalmente qualsivoglia legge nel concetto per sua natura amplissimo e difficilmente delimitabile dell’“unità giuridica o economica della Repubblica, ovvero la tutela dell’interesse nazionale”.
Sul ricorso a questa clausola, è facile poi prevedere altro contenzioso paralizzante innanzi alla Consulta.
Inoltre, riteniamo che vadano discusse nello specifico le materie da riportare in capo allo Stato, oltre a quelle elencate, quali ad esempio la Sanità.
6. Siete disponibili ad abbassare l’indennità del consigliere regionale a quella del sindaco del comune capoluogo e eliminare ogni forma di rimborso ai gruppi consiliari delle Regioni? Noi sì
“Sì” 
Premettendo che il problema dell’indennità di consigliere regionale e di ogni forma di rimborso elettorale per i gruppi consiliari è stato già risolto dal M5S con il dimezzamento del primo e la restituzione di buona parte del secondo, non solo in sede regionale, ma anche in sede nazionale, non si capisce in che modo il Parlamento potrebbe intervenire su questa materia, che dovrebbe essere di competenza regionale. Il PD governa la maggior parte delle Regioni da molto tempo, per cui non è chiaro che cosa stia aspettando per procedere da solo in questo senso. La risposta a questa domanda è “noi sì, e lo facciamo già”
7. Siete disponibili a abolire il CNEL? Noi sì.
“Sì.”
A questo proposito, vi chiediamo: considerato che non vi è relazione diretta tra l’abolizione del CNEL e il resto del progetto di riforma, siete disposti a scorporare l’abolizione del CNEL dal resto delle riforme costituzionali, in modo da vederlo approvato ad amplissima maggioranza e in tempi più rapidi?
8. Siete disponibili a superare il bicameralismo perfetto impostando il Senato come assemblea che non si esprime sulla fiducia e non vota il bilancio? Noi sì.
“Si”
Non siamo pregiudizialmente contrari, a condizione che l’esistenza di tale assemblea abbia ancora una precisa funzione nel disegno istituzionale.
9. Siete disponibili a che il ruolo del Senatore non sia più un incarico a tempo pieno e retribuito ma il Senato sia semplicemente espressione delle autonomie territoriali? Noi sì.
“Si”
Che significa che il ruolo del Senatore deve essere un incarico non a tempo pieno e semplice espressione delle autonomie territoriali? Perché un ruolo importante come quello del rappresentante delle autonomie territoriali non dovrebbe essere a tempo pieno? Che senso avrebbe tale ruolo, al di là di quello che i rappresentanti delle autonomie già fanno nell’ambito della Conferenza Stato-Regioni? Peraltro, il testo che si va formando attribuisce una serie di poteri al Sentao (elezione del Presidente, dei giudici costituzionali, dei membri laici del Csm, competenza decisionale nelle leggi di riforma costituzionale ecc.) che vanno molto al di là dei poteri locali e che sono inconciliabili con una formazione di secondo grado, per cui, sul punto, riteniamo che in presenza di tali attribuzioni sia irrinunciabile l’elettività di promo grado dei senatori.
Il problema della retribuzione è presto superato: siete disponibili al dimezzamento immediato delle indennità e degli emolumenti di tutti i parlamentari e degli stanziamenti previsti per i gruppi parlamentari?
Noi lo abbiamo già fatto. E per farlo non occorrono complessi procedimenti di revisione costituzionale, ma solo volontà politica seria in tal senso.
10. Siete disponibili a trovare insieme una soluzione sul punto delle guarentigie costituzionali per i membri di Camera e Senato, individuando una soluzione al tema immunità che non diventi occasione di impunità? Noi sì.
Sì. 
La nostra proposta in merito è semplice: affinché l’immunità non diventi occasione di impunità e tuttavia preservi il parlamentare nella sua essenziale funzione di rappresentante dei cittadini, riteniamo necessario e sufficiente cancellare le immunità attualmente previste, all’infuori della garanzia dell’insindacabilità per le opinioni e i voti espressi.
Contrariamente a quanto si è detto da parte di alcuni organi stampa, non c’è alcuna contraddizione fra l’azione del gruppo parlamentare M5s, compresa la presente lettera, e la reazione di Beppe Grillo che rappresenta solo una diversa articolazione dello stesso discorso politico per il quale l’importante è fare un buona legge elettorale.
Ora noi intendiamo , per senso di responsabilità e per non perdere altro tempo, passare sopra il teatrino che avete messo in piedi e ci auguriamo che non troviate altri pretesti. L’unica cosa a cui teniamo è che si faccia una buona legge elettorale per i cittadini. In questo senso, chiediamo serietà e reale disponibilità a un confronto.

Ovvietà



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Luigi Di Maio (M5S): TgLa7 "Legge Elettorale, Punto d'Incontro"