martedì 20 dicembre 2016

MARCO MINNITI, IL NEO MINISTRO DEGLI INTERNI / ECCO LE SUE RELAZIONI PERICOLOSE. - Andrea Cinquegrani

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Marco Minniti e, sullo sfondo, la Procura di Reggio Calabria. A sinistra il procuratore capo Federico Cafiero de Raho.

Prima ancora di occupare la fresca poltrona di numero uno del Viminale, è già bufera su Marco Minniti, il dalemiano di ferro e ora renziano d’acciaio, una vita tra sottosegreterie, viceministeri & Servizi. Una serie di inchieste della procura di Reggio Calabria tira in ballo il suo nome, al centro di svariate conversazioni tra personaggi non proprio cristallini. Ma attenzione, nessuna indagine a suo carico, niente di penalmente rilevante nei suoi confronti: solo fatti politicamente, moralmente e deontologicamente da brividi. Tant’è, in questo Belpaese ormai allo sfascio e le due capitali, Roma e Milano, alle prese con affari e corruzioni degne delle più esperte bande vandaliche. Ma partiamo dal giallo Minniti, fino ad oggi del tutto ignorato dai media, dai grossi calibri di stampa e tivvù ormai omologati e inabissati nello strapiombo della disinformazione.
14 dicembre. L’emittente romana Colorsradio, nella sua trasmissione del mercoledì Voce on Air (curata dal direttore della Voce Andrea Cinquegrani) affronta il tema del nuovo esecutivo Gentiloni: non solo un profilo del fresco premier, ma anche di due ‘new’ (sic) entry, ossia Anna Finocchiaro, la regista, insieme a Maria Elena Boschi, della riforma costituzionale finita in crac, e Marco Minniti, approdato alla poltrona di ministro degli Interni sognata una vita.

NEANCHE ENTRATO IN CAMPO, IL PRIMO CLAMOROSO AUTOGOL
Claudio Scajola. Nel montaggio di apertura Marco Minniti e, sullo sfondo, la Procura di Reggio Calabria. A sinistra il procuratore capo Federico Cafiero de Raho
Claudio Scajola. 
Vengono dettagliati il suo pedigree, le varie cariche ricoperte nell’ultimo ventennio, il fiore all’occhiello della società partorita alcuni anni fa, Icsa, popolata da militari e altre stelle; quindi viene fatto riferimento ad un’inchiesta che anni fa ha suscitato molto scalpore e vedeva coinvolti l’ex ministro Claudio Scajola, anche lui titolare degli Interni, l’allora potente berlusconiano che si vide regalare, “a sua insaputa” un appartamento con vista Colosseo (da quell’inchiesta è uscito del tutto indenne); un altro forzista, l’armatore siciliano Amedeo Matacena, e sua moglie, Chiara Rizzo, anche amante del primo. Piatto forte delle indagini, il voto di scambio, le ‘ndrine allertate per le urne, i capi clan a rimboccarsi le maniche per canalizzare montagne di consensi: e a quella tornata elettorale del 1996, esattamente vent’anni fa, Matacena trionfò con la casacca del Pdl, sconfiggendo proprio il rivale ulivista Minniti, calabrese doc al quale mancarono 600, fatidiche preferenze.
Questo è stato riepilogato nel corso della trasmissione, sottolineando che da quell’inchiesta Minniti non venne nemmeno sfiorato, e non risultò neanche indagato. In quei fascicoli processuali, però, erano (e sono) contenute le verbalizzazioni di alcuni collaboratori di giustizia. In una, raccolta dal pm reggino Andrigo Antonino Zavatteri, così veniva dichiarato: “noi votammo a Matacena, e Peppe Greco, figlio di Ciccio, capo ‘ndrangheta di Catania, appoggiava a Minniti”. “Minniti chi?”, chiedeva il pm. “L’onorevole Minniti – rispondeva il collaboratore – Minniti ha preso 800 voti a Calanna nel ’94 e nel ’96. E anche coso… don Rocco Musolino appoggiava a Minniti”. E’ stato evitato, in trasmissione, di ricordare le parole finali pronunciate, ossia “… appoggiava a Minniti che lo ha fatto uscire dal carcere tre giorni prima delle elezioni, si era impegnato a farlo uscire”.
Apriti cielo. Dalla segreteria del Pd, in tempo reale, arriva un messaggio che viene subito letto, nei suoi passaggi salienti, dal direttore di ColorsradioDavid Gramiccioli: quel pentito era del tutto inaffidabile – è la sostanza della nota – così come infondati erano i riferimenti a Rocco Musolino. E’ necessario fare chiarezza, viene auspicato, ribadendo che Minniti “non è stato condannato”.
Un autogol che più acrobatico non si può, la classica excusatio non petita: nessuno ha mai detto che il neo ministro degli Interni è sfiorato dalle indagini, e la contraerea Pd passa subito a sottolineare che non c’è stata alcuna condanna! Ai confini della realtà.
Il giornalista Claudio Cordova
Il giornalista Claudio Cordova
A questo punto val la pena di andare un po’ più a fondo. Ed ecco che ne scopriamo delle belle. Soprattutto seguendo alcune piste, ovviamente on line, visto che i grandi media continuano a tacere. In particolare quelle di un sito, Il Dispaccio, diretto da un ventinovenne free lance, Claudio Cordova, nipote del mitico procuratore capo di Reggio prima e Napoli poi, Agostino, il Minotauro che Giorgio Bocca tratteggiò in modo stupendo nel suo Inferno del 1992, dedicato al Sud martoriato dalle mafie. Più volte oggetto di intimidazioni, il giovare reporter, anche per mano “giudiziaria”, vista una richiesta ‘civile’ di risarcimento danni da mezzo milione di euro presentata contro di lui da una toga calabrese, Gerardo Dominijanni. In sua difesa si è subito schierato Ossigeno per l’Informazione, uno dei pochi presidi a tutela della libertà di stampa nel nostro Paese.

QUELL’ECOSISTEMA CHE PIU’ INQUINATO NON SI PUO’.
In un corposo servizio del 13 dicembre, Paolo Cordova fa il punto su un’inchiesta, Ecosistema, portata avanti da due pm della procura reggina, Antonio De Bernardo e Luca Miceli, i quali “hanno scoperchiato il business illecito dei rifiuti nell’area grecanica”. Sotto i riflettori soprattutto una sigla, AVR, costituita nel 1966 a Roma ma col tempo sempre più gravitante, per i suoi tanti affari, nelle terre calabresi, passando con disinvoltura dalla monnezza milionaria alle infrastrutture stradali (nel mirino una superstrada molto ‘cara’ per via del tortuoso percorso che porta dai monti fino al mare, la Gallico-Lambari) fino alle commesse per il comatoso scalo aeroportuale di Reggio. Le quote di AVR sono suddivise fra un’altra sigla, Galileo srl, e i fratelli NardecchiaClaudio e Pietro.
Il pm reggino Antonio De Bernardo
Il pm reggino Antonio De Bernardo
Ecco cosa scrive Cordova su ‘Ecosistema’: “Agli atti dell’indagine vi sono alcune conversazioni telefoniche che aprirebbero squarci sulle motivazioni del ‘successo’ dell’AVR in Calabria. Conversazioni che, al netto delle millanterie, tirano pesantemente in ballo il neoministro degli Interni del neonato Governo Gentiloni, il reggino Marco Minniti, pesantemente tirato in ballo dai soggetti coinvolti nell’inchiesta della Procura di Reggio, retta da Federico Cafiero De Raho. La prima conversazione è di fine 2013, quando l’imprenditore dell’ASEDSaro Azzarà, tra i principali indagati, parla con il consigliere comunale di San Roberto, Antonino Micari. Nella circostanza Azzarà, da navigato imprenditore del settore, riferisce a Micari che la AVR sia riuscita ad imporsi nel settore aggiudicandosi l’appalto della raccolta rifiuti solo perchè forte delle referenze fornite da Minniti e Pinone (Giuseppe Morabito, ex presidente della Provincia di Reggio Calabria, ndr)”.
Scrive ancora Cordova: “Non è la prima volta che il nome di Minniti viene associato a dinamiche che ruotano attorno all’area grecanica, visti i rapporti che sarebbero intercorsi con l’ex sindaco di Milito Porto Salvo, Giuseppe Iaria, attualmente imputato per ‘ndrangheta”.
Amedeo Matacena
Amedeo Matacena
E stavolta siamo alle prese con un’altra inchiesta da novanta, ADA, nelle cui maglie sono finiti sia l’ex sindaco Iaria che il suo successore, Gesualdo Costantino. Così scriveva, in un articolo di due anni fa esatti, 16 dicembre 2014, lo stesso Cordova: “Agli atti del procedimento ‘Ada’ vi sono diverse evidenze che testimonierebbero i contatti e i rapporti tra Iaria e l’attuale sottosegretario alla presidenza del Consiglio dei ministri, Marco Minniti. (…) Iaria e Costantino sono ritenuti dal sostituto procuratore della DDA di Reggio Calabria, Antonio Di Bernardo, come personaggi a disposizione del potente clan Iamonte, che a Melito avrebbero condizionato ogni singolo respiro della vita cittadina, comprese le dinamiche politiche e burocratiche del Comune. E’ il maresciallo dei Carabinieri Alessandro Zema a delineare i rapporti tra Iaria e i vertici del centrosinistra nazionale. (…) Zema parla di ‘ottimi rapporti’ tra i due (Minniti e Iaria, ndr). Il reggino Domenico Minniti detto Marco, che all’epoca era capolista dell’Ulivo, in seguito alla vittoria della coalizione sarà nominato viceministro dell’Interno del secondo governo Prodi. Quasi come auspicato da Iaria che, in un’altra conversazione intercettata con un ‘avvocato’ non identificato, parlerà anche di una sottoscrizione a sostegno della nomina di Minniti a ministro”.
Porto Salvo, e anche Sicuro per gli appalti, quello di Milito. Tanto che il titolare dell’Ased, Saro Azzarà, accetta “lo status quo relativamente al comune di Reggio Calabria e ottiene l’esclusiva relativamente al comprensorio del comune di Melito Porto Salvo, nel cui territorio è egemone la cosca Iamonte, nonché in molti comuni dell’area del basso Ionio reggino”.
Non c’è foglia, nella stragrande parte del territorio calabrese, che non si muova senza l’ok dei capi ‘ndrina, in tutti i settori economico-imprenditoriali. Proprio come è successo in occasione dei mega appalti per l’eterna Salerno-Reggio Calabria (a proposito, Pinocchio Renzi aveva giurato che per Capodanno 2016 i lavori sarebbero stati ultimati!, tanto vale dare un’occhiata): lotto per lotto, chilometro per chilometro spartiti e controllati dalle ‘ndrine locali, con precisione svizzera, come ha documentato una storica sentenza passata anche per il vaglio della Cassazione (seconda sezione penale, presieduta da Antonio Esposito) quattro anni fa.

INDAGHI SULLA ‘NDRANGHETA, SBATTI NELLA POLITICA
Marilina Intrieri
Marilina Intrieri
Illustrando il 7 dicembre lo stato attuate dell’inchiesta ‘Ecosistema’, ha tenuto a sottolineare il procuratore capo Cafiero De Raho: “Quello che emerge è un quadro probatorio gravissimo, con al centro un imprenditore, Rosario Azzarà, titolare della società Ased per la raccolta e gestione dei rifiuti nei comuni dell’area grecanica, vincitore di molti appalti e pronto a soddisfare la ‘ndrangheta e gli amministratori dei comuni del basso Ionio reggino”. Lo stesso De Raho qualche settimana prima aveva dichiarato: “indaghiamo sulla ‘ndrangheta e finiamo a sbattere sulla politica”.
Dettaglia un altro sito locale, una delle “voci nel deserto” (come scrisse della nostra Voce Giorgio Bocca nel suo “Inferno”). “La storia si ripete. E anche questa volta i carabinieri, continuando a esplorare il terreno già scandagliato con le operazioni ‘Ada’ e ‘Ultima Spiaggia’, sono giunti a mettere in luce la potenza delle cosche Iamonte e Paviglianiti, egemoni nei comuni di Melito Porto Salvo, San Lorenzo, Bagaladi e Condofuri. Un’indagine difficile e tecnica, che ha portato in luce i patti corruttivi siglati con gli amministratori infedeli, sotto l’egida di significative entrature nel mondo politico, ma anche le strette alleanze con le cosche mafiose”. E ancora: “oltre a tante intercettazioni telefoniche e ambientali, fondamentali per l’inchiesta le dichiarazioni rese da Salvatore Aiello, oggi collaboratore di giustizia e già direttore della Fata Morgana spa, società a compartecipazione pubblica costituita per curare nella provincia di Reggio lo svolgimento dei servizi di gestione e raccolta dei rifiuti”.
La piazza di Melito Porto Salvo
La piazza di Melito Porto Salvo
Un’altra piccola nota. Il nome di AVR fa capolino nell’ennesima inchiesta della story, condotta anche stavolta dalla Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria, Xenopolis, finalizzata a ricostruire le connection tra imprese e ‘ndrine, in questo caso la potente cosca Alvaro di Sinopoli. Niente di penalmente rilevante, secondo gli inquirenti, a carico di AVR, ma una traccia significativa: quella che porta a Domenico Laurendi, “un personaggio assai importante per i rapporti della cosca con il mondo delle istituzioni. Il meccanismo sarebbe quello ‘tesseramento’, attraverso cui il politico locale chiede all’imprenditore di fornirgli una ‘dote’ di tessere di partito, in modo da avere un peso specifico maggiore per essere scelto tra i candidati alle elezioni”.
Torniamo a Minniti. Ecco cosa scrive di lui, sul suo profilo Facebook, una che di PD calabrese se ne intende, Marilina Intrieri, parlamentare dell’Ulivo nella quindicesima legislatura, poi consigliere regionale PD e per otto anni (dal 2003 al 2011) al vertice del Consorzio Universitario di Crotone. “Ho letto oggi, sui giornali calabresi, lo ‘sbrodolamento’ di alcuni personaggi politici, felici per la nomina di Marco Minniti a ministro dell’Interno, dicendosi sicuri che ciò porterà dei benefici alla Calabria. Si dimenticano però che tale personaggio politico calabrese da circa 20 anni è sempre stato seduto nei governi di centrosinistra del Paese e sempre come viceministro o sottosegretario all’Interno e ai Servizi segreti. Cosa ha fatto per la Calabria? Siamo tutelati dalla ‘ndrangheta solo dai procuratori della Repubblica calabresi. Molti calabresi, anche minorenni, vivono in condizioni di indottrinamento mafioso. Voglio ricordare che Minniti girò il capo quando gli riferimmo da parlamentari, perchè impedisse (e non lo fece) l’infiltrazione mafiosa in alcune liste locali del partito. Queste cose le ho riferite anche nei processi riguardanti famiglie di ‘ndrangheta”.
Continua Marilina Intrieri sul nuovo inquilino del Viminale: “Oggi vedremo che farà rispetto alla presenza di alcuni personaggi del suo territorio, che non dovrebbero sedere in consiglio regionale, stante il patteggiamento fatto per traffico di armi, mai discusso dall’assemblea legislativa regionale, guidata da un suo fido”.
E ancora: “La nomina di Minniti all’Interno, a mio parere, è una cosa grave. Attendo di vedere se e come interverrà sull’ospitalità ai migranti, notoriamente in mano al malaffare, senza controllo alcuno”.

De Luca compra i politici. Tornano le pensioni d'oro. - Simone Meo



Il governatore fa il regalo di Natale ai consiglieri campani. L'assegno era stato abolito da Caldoro.

Napoli - Dalle fritture al vitalizio è un attimo. La macchina della propaganda e del consenso del governatore Vincenzo De Luca lavora a pieno ritmo.
Né la batosta al referendum costituzionale né l'indagine per istigazione al voto di scambio, in relazione al discorso ai 300 sindaci all'hotel «Ramada», tanto meno i rapporti logorati con Matteo Renzi, hanno lasciato il segno dalle parti di Palazzo Santa Lucia. Stavolta il colpo di teatro si consuma al Centro direzionale, sede del Consiglio regionale della Campania. Dove un maxi-emendamento della maggioranza di centrosinistra, appena arrivato in commissione Bilancio, assume le sembianze di un clamoroso, e nemmeno troppo inaspettato, regalo di Natale.
Il Pd anti-Casta e anti-sprechi (a parole) ha, infatti, tutta l'intenzione di reintrodurre il vitalizio ai consiglieri regionali abolito dalla giunta di Stefano Caldoro, in ottemperanza al decreto Monti, nel gennaio 2012. Quella dei dem è una manovra nascosta, come un vietcong nella foresta, dietro astruse formule finanziarie e rimandi a richiami di legge. Formule che, ridotte all'osso, dicono questo: i consiglieri regionali dell'attuale legislatura otterranno una pensione di 2.500 euro versando di tasca propria poco meno di 700 euro. Tutto in virtù dell'articolo 5 della correzione alla legge di stabilità che prevede di adeguare il sistema previdenziale consiliare a quello contributivo della Camera dei deputati e non più a quello dell'Inps, come invece avrebbe dovuto essere. Ciò significa che, per incassare l'assegno, i consiglieri regionali dovranno rinunciare solo all'otto per cento dell'attuale imponibile dell'indennità di funzione. Poche briciole, davvero. Il resto (ovvero, il 75 per cento della somma complessiva) sarà tutto a carico delle casse pubbliche.
In realtà, l'operazione è stata studiata in maniera così raffinata che non si può nemmeno parlare di vitalizio ma di vera e propria pensione. Il che comporta un vantaggio non da poco per i vecchi volponi della politica campana: i consiglieri anziani, che matureranno o hanno già comunque maturato il vitalizio delle scorse consiliature, potranno infatti aggiungerci anche questa nuova pensione. Raggiungendo, a occhio e croce, la ragguardevole cifra di 5.500 euro netti al mese come ex consiglieri regionali. Mica male.
Combinazione vuole, inoltre, che l'assegno pensionistico minimo sia dello stesso importo (2.500 euro) del vitalizio minimo soppresso cinque anni fa. Coincidenze. Casi della vita.
Questo, ovviamente, si verificherà solo se il provvedimento passerà in Aula. Nel 2013, l'ex consigliere de «La Destra» Carlo Aveta volontariamente rifiutò il vitalizio. E stavolta qualcuno lo imiterà? Al netto dell'incoerenza politica del Pd e di De Luca, in particolare, che aveva promesso una legge di bilancio attenta agli sprechi della politica e pensata proprio per dare una mano alla fasce deboli, il maxi-emendamento prevede di estendere i benefici pure agli assessori tecnici. Caso unico in Italia.
L'operazione, calcoli provvisori alla mano perché è tutto assai veloce nel mondo della politica regionale soprattutto quando si parla di soldi, a fine legislatura graverà per circa cinque milioni di euro sul bilancio del Consiglio. A meno che non arrivi qualcuno a sollevare il dubbio più che motivato che il blitz del Pd sia in contrasto con un bel po' di leggi.

Banche, Gentiloni vara il Salvarisparmio: “20 miliardi di nuovo debito per liquidità e aumenti di capitale”.

Banche, Gentiloni vara il Salvarisparmio: “20 miliardi di nuovo debito per liquidità e aumenti di capitale”

Il premier: "Misura precauzionale, vedremo se sarà necessaria. Abbiamo considerato nostro dovere varare questo intervento salva risparmi e mi auguro che questa responsabilità venga condivisa da tutte le forze del Parlamento".


Venti miliardi di euro. A tanto ammonta la somma messa a disposizione dal governo con nuovo debito pubblico per il salvataggio del sistema bancario italiano. Una mossa attesa ma arrivata nei tempi e nei modi a sorpresa lunedì 19 dicembre in serata, dopo che l’esecutivo Gentiloni era stato convocato alle 19.30 con mezz’ora di preavviso “per comunicazioni del presidente del Consiglio”. Quest’ultimo, dopo un’ora scarsa di riunione, ha fatto sapere che “il cdm ha approvato la relazione al parlamento che autorizza il governo a ricorrere ad un indebitamento” per 20 miliardi. Un’operazione, ribattezzata Salvarisparmio, che il premier ha definito “precauzionale” aggiungendo che “vedremo se sarà necessaria”. La misura, si legge in una nota di Palazzo Chigi, ha “lo scopo tutelare i risparmiatori qualora si materializzassero rischi nel settore finanziario”.
“Si tratta di una misura precauzionale. In ogni modo abbiamo considerato nostro dovere varare questo intervento salva risparmi e mi auguro che questa responsabilità venga condivisa da tutte le forze del Parlamento“, ha detto Gentiloni in conferenza stampa a Palazzo Chigi. “Molti hanno invocato spesso un intervento a tutela dei risparmiatori” avranno “in Parlamento la possibilità di confermarlo”, ha spiegato il presidente del Consiglio auspicando “la più ampia convergenza” nelle Camere sull’intervento.
I 20 miliardi saranno “una garanzia di liquidità per ripristinare la capacità di finanziamento a medio e lungo termine e per un programma di rafforzamento patrimoniale” nel rispetto delle regole Ue, “mediante interventi per la ricapitalizzazione che prevedono anche la sottoscrizione di nuove azioni“, ha poi spiegato il ministro dell’Economia. Entrando nel dettaglio, il ministro ha spiegato che la misura potrà essere attivata “su richiesta di un istituto bancario che rispecchi i requisiti dell’intervento precauzionale”. Gli interventi, ricorda Padoan, dovranno rispettare la normativa Ue, “ma andrà verificato caso per caso, qualora si verifichino” delle richieste da parte degli istituti di credito di poter accedere alle risorse. Secondo Pier Carlo Padoan l’impatto sul debito pubblico “sarà one-off, temporaneo, e quindi non impatta sull’aggiustamento strutturale“. Padoan ha detto poi che “sull’indebitamento” non c’è effetto, ma solo sul debito. Mentre la nota di Palazzo Chigi tiene a precisare che l’impatto effettivo sui saldi “dipenderà dalla tipologia di interventi che saranno eventualmente adottati e dall’entità delle risorse che potrebbe essere necessario rendere disponibili”.
Il voto del Parlamento è atteso già per mercoledìAnche perché i risultati della nuova offerta di conversione delle obbligazioni subordinate Mps, prima ma non certo unica destinataria della misura, sono attesi per giovedì pomeriggio. In caso di ennesimo fallimento allora il governo potrebbe già nella stessa giornata riunire il consiglio dei ministri, altrimenti previsto per venerdì, e varare il relativo decreto.
Certo la ricapitalizzazione preventiva, misura per evitare il bail in, è comunque una mossa non priva di sacrifici per i risparmiatori e di ostacoli politici. I 15 miliardi di euro di fondi da disporre in bilancio proprio perché aumentano il debito e il deficit, seppure questo per un solo anno “una tantum”, devono essere approvati dal Parlamento con maggioranza assoluta. In termini generali la somma è inferiore all’1% del Pil, tuttavia il via libera non è scontato in Senato dove il governo deve fare i conti con i numeri a disposizione e i rapporti con le altre formazioni come Ala, non solo sul provvedimento ma su materie diverse a partire dalla partecipazione all’esecutivo.
E, come al solito, il nostro debito pubblico aumenta per salvare le banche. Inaudito! Hanno voluto assicurare, a spese nostre, le strenne natalizie agli stessi che hanno provocato il deficit delle banche? Avrei preferito che i 20 miliardi fossero stati utilizzati per aumentare i posti di lavoro. Non hanno ancora capito che con la politica dell'austerità e del "salva banche" l'economia non cresce, semmai decresce....

Terrore sul Natale, 12 morti a Berlino. Fermato un pachistano.

Risultati immagini per attentato berlino

E' salito a 12 morti e 48 feriti il bilancio dell'attacco di ieri sera ad un mercatino di Natale a Berlino. Per la prima volta dall'apertura delle indagini, la polizia tedesca ha parlato di "probabile attacco terrorista". Le autorità hanno anche riferito che l'uomo trovato morto nel camion, identificato come cittadino polacco, non si trovava al volante quando il tir è piombato sul mercatino.
Il presunto attentatore viene invece indicato da fonti della sicurezza come Naved B., 23 anni. L'uomo si era servito di due altri nomi. Non era noto alle autorità tedesche per legami con il terrorismo islamico, ma ha dei piccoli precedenti penali.
A quanto riferisce l'emittente pubblica tedesca 'RBB', è un cittadino pachistano arrivato in Germania nel 2015, entrato in qualità di rifugiato il 31 dicembre 2015 attraverso il posto di confine di Passau, città bavarese alla frontiera con l'Austria.
L'uomo sarebbe di nazionalità pachistana, ma fonti della sicurezza hanno spiegato all'agenzia stampa Dpa che non è stato ancora possibile identificarlo con certezza assoluta dato che in passato si è servito di diverse identità.
PERQUISIZIONI - Intanto le forze speciali tedesche hanno perquisito un campo profughi nell'ex aeroporto Tempelhof di Berlino. L'ex scalo ospita il più grande campo di rifugiati della città. Fonti della sicurezza hanno riferito all'agenzia 'Dpa' che il sospetto autista killer del camion era arrivato in Germania attraverso la cosiddetta rotta dei Balcani e viveva a Berlino dall'inizio di quest'anno.
MERCATINI APERTI - I mercatini di Natale della Germania dovrebbero comunque rimanere aperti per tutta la durata del periodo festivo. Lo hanno affermato i ministri dell'Interno regionali tedeschi nel corso di una videoconferenza convocata a Berlino.

Guarda la versione ingrandita di Attentato Berlino: giovane pachistano è il terrorista del mercatino (foto Ansa)

http://www.adnkronos.com/fatti/esteri/2016/12/20/terrore-berlino-tir-piomba-sulla-folla-mercato-morti-rivendica-attentato_0zrqmF7ZSkPZAp8AgdFKbJ.html?refresh_ce

Nuovo colpo al clan del boss Messina Denaro, 11 arresti.

Nuovo colpo al clan del boss Messina Denaro, 11 arresti

Nuovo colpo alla cosca del boss mafioso latitante Matteo Messina Denaro. E' in corso dall'alba una vasta operazione antimafia condotta dalla Squadra mobile di Trapani, che sta eseguendo undici arresti e diversi sequestri.
Gli investigatori, coordinati dalla Dda di Palermo, sono convinti che il boss mafioso latitante da quasi 30 anni, attraverso le imprese sequestrate, era in grado di condizionare gli appalti nella zona del Trapanese. Sotto la lente di ingrandimento i lavori per la realizzazione del parco eolico di Mazara del Vallo e dei lavori di ristrutturazione dell'ospedale.
C'è anche il figlio del boss mafioso Mariano Agate tra gli arrestati nell'ambito dell'operazione 'Ermes 2': Epifanio Agate gestiva due società che lavoravano nel settore del pesce. 
Il padre Mariano, morto nel 2013, era stato condannato all'ergastolo per la strage di Capaci.
Nel 1985 era stato condannato all'ergastolo per sette omicidi, tra cui quelli del giudice Giangiacomo Ciaccio Montalto e del sindaco di Castelvetrano Vito Lipari. Per quest'ultimo omicidio fu assolto in Cassazione nel 1993. Agate era considerato uno degli uomini di riferimento di Totò Riina. Arrestato nel 1990, nel 2004 - nonostante si trovasse già in regime di carcere duro - Mariano Agate era stato coinvolto in un'indagine per aver fatto arrivare ordini al figlio Epifanio.
L'indagine ha confermato "i saldi contatti tra il clan mafioso di Mazara del Vallo, retto da Vito Gondola, e quello di Castelvetrano e ha svelato gli accordi per spartirsi gli appalti sotto le direttive del latitante Messina Denaro - dicono gli inquirenti - al quale Gondola si rivolgeva per dirimere le varie controversie insorte. Le imprese sequestrate erano direttamente controllate dalle famiglie mafiose attraverso prestanome".

Turchia, ambasciatore russo colpito a morte ad Ankara. Ucciso il killer, era un poliziotto.

Una sequenza delle immagini dell'attentato ad Ankara, in Turchia © ANSA
Una sequenza delle immagini dell'attentato ad Ankara, in TurchiaRIPRODUZIONE RISERVATA © Copyright ANSA

Attentatore: 'Noi moriamo ad Aleppo, tu qui'.


Un giovane poliziotto di 22 anni ha ucciso l'ambasciatore russo in Turchia, Andrey Karlov, sparando contro di lui durante una mostra fotografica ad Ankara. L'attentatore è stato poi ucciso in un blitz della polizia turca. Il diplomatico è morto in ospedale, dove era stato inzialmente ricoverato. 
In nottata un uomo armato è stato fermato all'esterno dell'ambasciata americana ad Ankara. L'uomo ha esploso alcuni colpi di fucile in aria prima di essere fermato ed arrestato dalla polizia.
"Noi moriamo ad Aleppo, tu muori qui". È questa una delle frasi che l'attentatore avrebbe urlato prima di sparare all'ambasciatore russo. L'uomo è stato identificato come un diplomato dell'accademia di polizia di nome Mert Altintas, di 22 anni, che si era diplomato nel 2014 all'accademia Rustu Unsal di Smirne.
Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha chiamato il suo omologo russo Vladimir Putin dopo l'omicidio. "Condanniamo questo vile attacco terroristico. L'ambasciatore Karlov è stato un diplomatico eccezionale che ha lavorato in un periodo difficile in Turchia e si è guadagnato la stima di tutto lo stato per le sue capacità personali e professionali. Non permetteremo che questo attacco oscuri l'amicizia tra Turchia e Russia.", scrive in un comunicato il ministero degli Esteri turco.
L'omicidio dell'ambasciatore russo è "chiaramente una provocazione" mirata a minare i rapporti russo-turchi e "il processo di pace in Siria promosso dalla Russia, dalla Turchia, dall'Iran e da altri paesi", ha detto Vladimir Putin, citato da Russia Today.
"Oggi offriamo le nostre condoglianze alla famiglia e ai cari dell'ambasciatore russo in Turchia Andrei Karlov, che è stato assassinato da un terrorista radicale islamico". Lo scrive in una nota il presidente eletto Donald Trump. "L'assassinio di un ambasciatore -si legge ancora - e' una violazione di tutte le regole civili e deve essere condannato universalmente".
Il dipartimento di Stato americano segnala sul suo twitter "notizie" di spari nei pressi dell'ambasciata americana ad Ankara, insieme con l'avvertimento ad evitare la zona. Non ci sono al momento conferme. "Condanniamo questo atto di violenza, qualsiasi sia la sua fonte", ha detto il portavoce del dipartimento di Stato americano, John Kirby, riguardo all'attentato. "I nostri pensieri e le nostre preghiere sono con lui e la sua famiglia".

Inps: corsa ai voucher. Poletti: "Poletti, '100 mila i giovani in fuga? Bene..'. Poi si scusa.

I Voucher © ANSA

Tra gennaio e ottobre venduti 121,5 mln voucher, +32% su anno.

Il ministro del Lavoro Poletti scatena una polemica: 'Fuga di 100mila giovani? Bene, conosco gente che è andata via e sicuramente il Paese non soffrirà a non averli più fra i piedi. I 60 milioni che restano non sono tutti dei 'pistola'...', dice. Poi si scusa, 'mi sono espresso male'. 
"Giovani umiliati da voucher e insultati da Poletti. Vada via lui, non i giovani". Lo scrive, su Twitter, Luigi Di Maio del M5S. Anche secondo Fi, Poletti offende i giovani del Sud: "Le parole del ministro sono offensive. I nostri giovani connazionali, specie al Sud, che abbandonano la loro terra perché impossibilitati a trovare lavoro qui e decidono di andare a cercarlo all'estero, meritano il massimo rispetto. Le espressioni usate dal ministro ci lasciano davvero basiti", afferma Michele Boccardi, senatore pugliese di Forza Italia.
BOOM VOUCHER, GIU' I CONTRATTI FISSI - Nei primi dieci mesi 2016 sono stati stipulati più di 1,3 milioni (1.370.320) di contratti a tempo indeterminato (comprese le trasformazioni) mentre le cessazioni, sempre di contratti a tempo indeterminato, sono state 1.308.680 con un saldo positivo di 61.640 unità. Il dato - si rileva dall'osservatorio Inps - è peggiore dell'89% rispetto al saldo positivo di 588.039 contratti stabili dei primi dieci mesi 2015, risentendo della riduzione degli incentivi per le assunzioni stabili, e anche di gennaio-ottobre 2014 (+101.255 stabili). Nello stesso periodo gennaio-ottobre 2016 sono stati venduti 121,5 milioni di voucher destinati al pagamento delle prestazioni di lavoro accessorio, del valore nominale di 10 euro, con un incremento, rispetto ai primi dieci mesi del 2015, pari al 32,3%, comunica inoltre l'Inps, sottolineando che nei primi dieci mesi del 2015 la crescita dell'utilizzo dei voucher, rispetto al 2014, era stata pari al 67,6%.
Il Governo è pronto a ''rideterminare dal punto di vista normativo il confine dell'uso dei voucher''. Così il ministro Giuliano Poletti, parlando a Fano. ''Abbiamo introdotto la tracciabilità, e dal prossimo mese vedremo l'effetto. Se è quello di una riduzione della dinamica di aumento e di una messa sotto controllo di questo strumento, bene. Se invece i dati ci diranno che anche questo strumento non è sufficiente a riposizionare correttamente i voucher la cosa che faremo è rimetterci le mani'' ha spiegato. 
Successivamente il ministro ha affermato che il Jobs act  è stata una buona legge, una legge che ''ha fatto bene e fa bene al Paese. Quindi, ha rilevato, oggi io non vedo ragioni per cui dobbiamo intervenire su questo versante''.  ''Poi, naturalmente, come tutte le cose va vista nel tempo in ragione dei risultati che produrrà, e se nel tempo in ragione dei risultati che si produrranno dovesse emergere che ci sono degli elementi di problematicità, come sempre si guardano''.