martedì 13 agosto 2019

"Le carte di Conte: il discorso e poi il commissario Ue" di Salvatore Cannavò


Le carte di Conte: il discorso e poi il commissario Ue

Un centimetro alla volta, come nel già citato film Ogni maledetta domenica, la crisi di governo dispiega i suoi effetti e disegna scenari futuri.
In questa matassa, il presidente del Consiglio si è dato la consegna del silenzio. Ieri è andato a visitare, in forma riservata, una casa per anziani, oggi sarà a Foggia per firmare il Contratto di sviluppo per la Capitanata, da 280 milioni, mentre domani sarà a Genova, un anno dopo il crollo del Ponte Morandi. Evento delicato anche per capire come, un anno dopo gli applausi in chiesa, saranno accolti i leader di governo.
Per il resto il premier lavora al suo discorso che presumibilmente si terrà il 20 agosto in Senato. Nei conciliaboli, complicati e concitati, che si stanno tenendo in queste ore, il suo nome entra e esce in continuazione. Tra i dirigenti del Pd più propensi a un possibile governo con il M5S - non alla Renzi, ma più solido e duraturo - si esclude categoricamente che possa essere presieduto dallo stesso Conte, “troppo collegato al ‘governo del cambiamento’ gialloverde”. Ma allo stesso tempo del premier si è colto il nuovo profilo europeista, il sostegno a Ursula Von der Leyen ha modificato la percezione del professore negli ambienti di Palazzo.
Conte per il momento non si espone, ma nel suo arco ha due frecce che cercherà di giocare al meglio. La prima è il discorso parlamentare che si annuncia come di rottura, probabilmente “traumatica”, come ha osservato nei giorni scorsi il numero 2 della Lega, Giancarlo Giorgetti. Un discorso che regolerà un po’ di conti con Salvini e che servirà a Conte per esprimere, oggi, il suo profilo politico. La seconda freccia è la nomina del commissario europeo italiano che dovrebbe essere fatta entro il 26 agosto. Visto che non è chiaro come si snoderà la prossima settimana, non va escluso che si faccia già in questa settimana. Che nome avanzerà Conte? Dal Pd si avanza la richiesta di un nome potabile anche dal centrosinistra: ad esempio quel Raffaele Cantone avanzato da Renzi come premier di un governo Pd-M5S, a qualcuno non dispiacerebbe a Bruxelles. Ma Conte non fa nomi e non parla, e del dossier discuterà sicuramente con Mattarella. La sua scelta, però, aiuterà a capire come il premier si posizionerà nell’immediato e che direzione intende dare agli ultimi giorni della sua presidenza.
Il suo destino si intreccia, allo stesso tempo, con la prassi istituzionale e i regolamenti parlamentari. Il Senato, infatti, oggi deciderà di mettere in calendario “le comunicazioni del Presidente del Consiglio” e non la votazione delle mozioni di sfiducia o fiducia. Quanto si discuterà a palazzo Madama nel pomeriggio è decidere di dare vita a una sessione d’aula in cui, a norma dell’articolo 105 del Regolamento, “sulle comunicazioni del Governo si apre un dibattito a sé stante” in occasione del quale “ciascun Senatore può presentare una proposta di risoluzione, che è votata al termine della discussione”.
Solo che il premier può al termine della discussione, comunicare la sua intenzione di riferire al Presidente della Repubblica quanto emerso dal dibattito. “A quel punto” osserva la capogruppo di Forza Italia, Annamaria Bernini, “il presidente sale al Colle senza aver ricevuto la sfiducia e questo può aprire la strada a un Conte-bis”.
I precedenti nella storia repubblicana non mancano - solo Prodi si è fatto sfiduciare fino in fondo con la votazione sulla mozione di sfiducia - anche perché non c’è nulla come il rapporto tra il Quirinale e il Parlamento, in tempi di crisi di governo, a essere regolato dalla prassi e non da norme scritte.
A quel punto Conte potrebbe essere anche reincaricato dal Capo dello Stato, anche solo per un giro che ne constati l’impossibilità di formare un governo e quindi permettendogli di guidare il Paese alle urne. Oppure per altro. Va considerato anche che il 24 agosto ci sarà in Francia il vertice del G7 e mandare un premier dimezzato dalla sfiducia può essere un’opzione poco apprezzata dal Quirinale.

lunedì 12 agosto 2019

Tutte le volte che Salvini ha mentito al popolo italiano.


Ma mi faccia il piacere. - Marco Travaglio FQ 12 agosto

Risultati immagini per ma mi faccia il piacere

Transennate le piazze. “Forza Italia, il rinnovamento del partito. Gli azzurri studiano la mobilitazione di Ferragosto” (il Giornale, 6.8). In una cabina dei Bagni Silvio.
Transennate le edicole. “A.A.A. Cercasi destra non truce. Appello. L’anomalia italiana è la destra che non c’è. Firme e idee per ripartire” (rag. Claudio Cerasa, Il Foglio, 7.8). Mo’ me lo segno.
Transennate le catene di montaggio. “Rimettiamo al centro i lavoratori. Basta diseguaglianze” (Luigi Zanda, senatore Pd, Repubblica, 7.8). Proletari di tutta Capalbio, unitevi.
La Repubblica del Capitano. “Voto subito (ma c’è chi dice no). Salvini vuole accelerare: ‘Fermerò inciucio contro di me’. Dalla Lega mozione di sfiducia al premier. Nasce tra grillini, Forza Italia e dem di Renzi il ‘partito’ anti-elezioni. Zingaretti però non ci sta” (Repubblica, 10.8). “Salvini: ‘Un patto tra Pd e 5S è da disperati, Mattarella li fermi’” (intervista esclusiva a Repubblica, 11.8). Aridatece La Padania.
Esprimi un desiderio. “Polvere di stelle. Grillini cadenti per San Lorenzo” (il Giornale, 9.8). “San Lorenzo, ti preghiamo. Fai cadere almeno cinquestelle” (Renato Farina, alias agente Betulla, Libero, 9.8). “La prima cosa bella di sabato 10 agosto 2019 è sedersi a guardare il cielo, vedere cadere una, due, tre, quattro, cinque stelle e aver realizzato già un desiderio” (Gabriele Romagnoli, Repubblica, 10.8). Sì, il desiderio di Salvini.
Il poliglotta. “Potrebbe essere lei il commissario Ue italiano, come se la cava con l’inglese?”. “The ball is on the table” (Repubblica intervista Gian Marco Centinaio, Lega, ministro dell’Agricoltura, 6.8). Promosso con bacio accademico. E minzione.
Giornalismo investigativo/1. “Ginevra Elkann: ‘La mia sfida con una storia sospesa tra felicità e malinconia’” (Repubblica.it, 7.8). “‘Magari’ di Ginevra Elkann: a Locarno i sentimenti sono affari di famiglia” (Repubblica, 8.8). “Ginevra Elkann, la dolce imperfezione dei padri”, “Ginevra Elkann: ‘Felicità e malinconia rinchiuse in un Magari per scoprire la famiglia lì dove c’è l’amore’” (La Stampa, 8.8). E La Stampa e la Repubblica me la massacrano così, con grave sprezzo del pericolo, malgrado sia la sorella dell’editore. Chapeau.
Giornalismo investigativo/2. “Cairo: così la svolta per Rcs, in 3 anni la cura ha funzionato” (Corriere della sera, 5.8). E al Corriere della sera me lo maltrattano così, con grave sprezzo del pericolo, malgrado sia l’editore. Chapeau.
Giornalismo investigativo/3. “Ministro Salvini, quanti rubli ha in tasca?”. “Mio figlio voleva il gelato e poi è andato in sala giochi, me ne sono rimasti pochi…” (Gennaro Sangiuliano, direttore del Tg2, intervista Matteo Salvini, segretario della Lega e vicepremier sul caso Rubli a Cervia, 5.8). E poi dicono che Salvini non ama i giornalisti aggressivi.
Fate la carità. “C’è una colletta per pagare il cibo a Formigoni. Sul lastrico per sentenza. L’ex governatore ai domiciliari non ha mesi per sopravvivere. Un amico raccoglie fondi. Si può contribuire” (Farina in arte Betulla, Libero, 8.8). Pare che abbiano avvistato il Celeste nudo mentre andava a caccia di selvaggina al Parco Sempione e poi attizzava il fuoco con la pietra focaia e strofinando i legnetti.
Straziante appello. “Lo conosco bene, il Cav. Portargli via il partito è un progetto demenziale, visto che non esiste, c’è sempre stato solo Lui” (Giuliano Ferrara, Il Foglio, 5.8). Soprattutto quando c’era Giuliano Ferrara.
Colpa di Virginia. “Insicura, sporca, senza regole. ‘Quanto sei bella Roma ma…’. Aumenta ancora il numero di visitatori” (Repubblica-cronaca di Roma, 6.8). Perchè non leggono Repubblica.
Troppi fratelli. “C’è la fila di azzurri alla porta di Fratelli d’Italia” (Giorgia Meloni, Libero, 7.8). Occhio, Giorgia, è la stessa fila che c’è alla porta delle patrie galere.
Il titolo della settimana/1. “Sulla Tav patto inedito Lega-dem: ‘La mozione dei 5S non passerà’” (La Stampa, 6.8). Inedito?
Il titolo della settimana/2. “La guerra alle ong è legge. Zingaretti: ‘M5S schiavi di Salvini’” (il manifesto, 6.8). Temeva la concorrenza.
Il titolo della settimana/3. “Ottanta italiani su cento sono stanchi dei giudici. Sondaggio condanna la magistratura” (Libero, 5.8). Anziché smentirla, Davigo dovrebbe rivendicare la battuta che sempre gli attribuiscono: “In Italia non esistono imputati innocenti, ma solo colpevoli non ancora scoperti”.

Volano gli avvoltoi.



dell’Elevato Consigliere Supremo
Lo sceriffo è in fuga dalla città, attraversa a gran velocità gli stati del sud accolto da un oceano di fischi. “Ma come scappi dal tuo dovere cercando rifugio qui… per chi ci hai preso sceriffo?”
Molti hanno addirittura disseppellito il vaffanculo in Sicilia, così, senza passare dal suo ufficio, è in corsa a chiedere mezzi all’ex cavaliere disarcionato (del porco non si butta via niente).
Intanto volano degli avvoltoi di nuova generazione: gli avvoltoi persuasori. E’ una nuova specie di sciacallaggio: invece di aspettare la fine cercano di convincerti che è già avvenuta. Non sono elevati, non volano neppure. In realtà strisciano veloci fra gli scranni: ma è soltanto un’illusione, nient’altro che un’illusione dovuta alla calura.
Quando queste defezioni e quelle allucinazioni saranno passate basta farsi trovare uniti e parlare unicamente con gente elevata e non in caduta libera.

domenica 11 agosto 2019

Luigi Di Maio.

Nessuna descrizione della foto disponibile.

Gli italiani stanno affrontando una crisi di Governo assurda voluta dalla Lega. 
Evidentemente in questo anno la Lega ha passato il tempo a controllare i numeri dei sondaggi. Noi invece pensiamo che ci siano numeri più importanti da guardare: quelli relativi alle persone che ora hanno un lavoro stabile, quelli sulle redistribuzioni di migranti, le persone aiutate con quota 100 o dei vecchi dinosauri che non prendono più il vitalizio grazie a noi.
Così, hanno fatto cadere il primo Governo vicino al popolo dopo decenni di sanguisughe, portandoci a votare in autunno. Non si votava in autunno dal 1919, non so se lo sapevate. Esattamente da 100 anni. 
Questo Governo ha fatto un mare di cose e non lo dico con arroganza, ma semplicemente considerando i dati. È stato retto per due terzi dal MoVimento 5 Stelle. E guidato da un Presidente del Consiglio che non meritava il trattamento che gli hanno riservato. Anche l’inganno prima o poi si paga. Basta vedere che fine ha fatto quello dello “stai sereno”. 
La Lega ha buttato giù l’unico Governo che in un anno ha resistito a lobbies e poteri forti. Che ha approvato la legge anticorruzione più punitiva d’Europa e ha iniziato ad aiutare pensionati, poveri e precari. E forse lo ha fatto cadere proprio per questo: quando i sondaggi gli hanno detto che poteva staccare, lo hanno fatto. 
Così la Lega potrà tornare a difendere gli interessi di Autostrade e simili. 
In queste ore mi sembra che siano proprio in preda al panico, provano ogni giorno in tutti modi ad arrampicarsi sugli specchi per giustificare una scelta che è stata fatta per puro egoismo. È così, senza giri di parole. Così egoistica da fargli rivoltare contro i loro stessi sostenitori, che da giorni sulle loro pagine social hanno iniziato ad attaccarli. 
Queste cose nella storia si pagano, l’ho detto anche nell’ultima telefonata a Salvini prima della fine. La superbia non ha mai portato lontano nessuno. 
Qualcuno mi dirà: “te l’avevamo detto”. Io rispondo che avevamo formato questo Governo per fare cose per gli italiani. E infatti quando stavamo per abolire la prescrizione, riformare la giustizia e far saltare le concessioni ai Benetton, guarda caso hanno fatto cadere tutto. 
Questi palazzi sono un mondo in cui ti dicono che se non sei malvagio non vai da nessuna parte. Potranno ripetercelo all’infinito, ma non riusciranno a convincerci mai. Mai. Siamo brave persone e lo resteremo sempre. 
Ora, siccome la Lega è in difficoltà, ha iniziato a buttarla in caciara con un fantomatico inciucio Pd-M5S. 
È sempre stato così, credo ve lo ricordiate. Lo hanno sempre fatto, per tentare di screditarci agli occhi delle persone deluse da loro. La destra diceva che eravamo di sinistra, la sinistra diceva che eravamo di destra. Non avevano null’altro da fare o da proporre e provavano a colpirci con questi mezzucci.
Oggi non è cambiato nulla e, come al solito, da ieri qualche quotidiano (non tutti, per fortuna) in malafede dà respiro alla nuova bufala del dialogo con il Pd. Del resto basta andare a ritroso di 24-48 ore per capire chi la sta diffondendo.
Ad ogni modo, noi siamo stati chiari. Il M5S non ha paura delle elezioni, anzi. Anzi, in questo momento siamo ancora più uniti, con Alessandro, Davide, Max Bugani, Paola Taverna, Nicola Morra, i capigruppo, i nostri ministri e tutti coloro che per il MoVimento hanno dato l'anima. Andiamo a votare subito. E, facciamo subito un'altra cosa: tagliamo 345 poltrone di parlamentari e i loro stipendi. Possiamo farlo subito, manca solo un voto. Ci vogliono al massimo due ore per eliminare definitivamente 345 poltrone e risparmiare mezzo miliardo di euro. Sono tanti soldi. E si possono investire in modo più utile: in strade, scuole, ospedali. Non in stipendi di politici. Nessun partito aveva mai avuto il coraggio di portare avanti una riforma come questa ed ora è lì, basta un piccolo passo. 
Che sia la Lega, il Pd, Forza Italia o chiunque altro ad appoggiarla non ci importa. Ci importa che si faccia.
E che si faccia prima delle dichiarazioni di Conte alle Camere. Questo è anche il segno di un nuovo modo di fare politica che noi vogliamo lasciare a questo paese prima che si sciolgano le Camere. 
Il nostro appello è a tutte le forze politiche. Stamattina inizieremo a raccogliere le firme tra i parlamentari per chiedere la calendarizzazione d’emergenza alla Camera del taglio dei parlamentari. 
Contano i fatti, non le parole. E i fatti si possono dimostrare subito, non tra due mesi o tra due anni. Adesso. 
Poi subito il voto. Gli italiani non volevano e certamente non meritavano una crisi di governo a Ferragosto.

https://www.facebook.com/TutticonMarcoTravaglioForever/photos/a.438282739515247/2691811037495728/?type=3&theater

“In Parlamento dovrai guardarmi in faccia e poi votarmi contro”. - Salvatore Cannavò

L'immagine può contenere: 1 persona, testo

Il giorno dopo - Ecco il racconto di una fine prematura. Conte si prepara a un discorso parlamentare che non risparmierà nulla.

“In Parlamento tu ci dovrai essere, non come hai fatto sulla Russia, mi dovrai passare davanti, guardare in faccia e votare contro”. Quando dice in faccia a Matteo Salvini queste parole, con il suo solito stile pacato, Giuseppe Conte sa che la sfida al leader leghista è lanciata. Che possa trasferirsi in una contesa elettorale è cosa che il presidente del Consiglio non dice a nessuno. Nessuno sa se potrà essere lui il candidato premier del M5S né se sia realizzabile l’idea di una lista civica a suo nome da far correre accanto a una lista 5 Stelle.
Quello che appare chiaro nella ricostruzione dei due incontri che il premier ha avuto con Salvini è l’irresponsabilità spensierata del secondo e il tentativo del primo di farlo ragionare e di evitare in tutti i modi l’epilogo che ora appare segnato.
“Matteo, pensaci bene, non hai consiglieri?”
Gli incontri sono stati due. Il primo, il giorno del voto sulla mozione Tav, avviene di pomeriggio, a Palazzo Chigi. Salvini non parla di rimpasti anche se si lamenta dei vari ministri e Conte lo incalza subito: “Ti avevo già detto dopo le Europee che volendo saremmo potuti andare al voto anche il giorno dopo. Tra l’altro avevi il pretesto degli attacchi ricevuti dal M5S in campagna elettorale. Ma tu hai detto no, perché oggi vuoi le elezioni?”.
Le giustificazioni di Salvini sembrano fragili: parla di “casini interni” del bisogno di una “campagna elettorale per compattare la Lega, sai c’è anche chi vuol farmi fuori, ora non si può più rinviare”.
Conte invita il suo vicepremier a “pensarci bene”. E comunque mette le mani avanti: “Sappi che comunque si va in Parlamento, io sono una persona corretta, non vado in aula a cercare altre maggioranze” e poi, non dismettendo gli abiti del professore, gli fa anche una piccola lezione di diritto parlamentare. “La via maestra è tornare dove ho ricevuto la fiducia, cominciando dal Senato. In passato le crisi si facevano nei corridoi di Palazzo o nelle riunioni riservate delle segreterie dei partiti, io voglio fare tutto alla luce del sole”. E qui lancia la freccia in pieno volto dell’alleato-avversario: “Tu ci dovrai essere, al contrario del dibattito sulla Russia e dovrai spiegare, guardandomi negli occhi, il motivo per cui ritiri la fiducia. Dovrai andare a votare passandomi davanti, guardandomi in faccia e poi votandomi contro”.
Salvini, in un sussurro, dice “va bene” e se ne va. A quel punto Conte inizia a riflettere sul quel che è successo alla ricerca di una spiegazione logica. Salvini ha parlato di problemi interni alla Lega, forse con Giancarlo Giorgetti, forse, soprattutto, con i governatori leghisti, tutti molto preoccupati per l’impossibilità di approvare una legge hard sulle Autonomie.
“C’è chi mi vuole fare fuori, devo farlo”
Ma ha fatto riferimento anche alle proteste dei propri parlamentari contrari al taglio dei seggi che sarà approvato in via definitiva il 9 settembre. E sembra che si accorga solo ora che quella legge costituzionale si porta dietro l’obbligo di ridisegnare i collegi elettorali e anche la necessità di una nuova legge elettorale. In modo tale che prima di sei mesi sarebbe impossibile andare al voto. Tempo che dilata anche lo spazio in cui Salvini rischia di essere esposto a possibili inchieste: quella su Savoini e il Metropol russo, del resto, è ancora lì che pende.
Ma, riflette Conte, nell’ultimo periodo si è visto anche un certo attivismo di quel partito degli affari che lo ha eletto come nuovo idolo: l’intervista dell’ex ad dell’Eni Paolo Scaroni sul Foglio, la prontezza con cui Confindustria si è recata ai vertici sociali del Viminale, l’insistenza a completare le grandi opere inutili, tutti segnali di interessi in cerca di una solida sponda e di insofferenza per gli ostacoli frapposti dal M5S. Infine, tra i motivi che potrebbero aver consigliato la fretta elettorale, anche la sensazione che una campagna elettorale infinita potesse iniziare a stancare. Meglio raccogliere i frutti . “Capitalizzare il consenso” come lo stesso Salvini ha detto al premier.
“Andiamo alle elezioni, facciamo in fretta”
Poi c’è il secondo incontro, giovedì 8 agosto, dopo che Conte torna dal faccia a faccia con Sergio Mattarella. Salvini a questo punto non ha dubbi: “Andiamo alle elezioni, basta, facciamo in fretta”.
Conte risponde ancora con la sua consueta calma: “Scusami, pensi davvero che si vada a votare domani? La finestra elettorale di settembre te la sei giocata, ora i tempi tecnici dicono che si arriva a fine ottobre e, se ti va bene, riuscirai a formare un governo non prima di dicembre. Cioè addio legge di bilancio in tempo per fine anno, cioè esercizio provvisorio”.

Poi l’accusa: “Sei un ingenuo o uno sprovveduto anche perché mica decidi tu la data delle elezioni”. Conte ne approfitta per difendere orgogliosamente l’operato suo e del governo: “Questo non è il governo dei no, lunedì scorso con la fiducia al decreto Sicurezza ne hai avuto la conferma: non ci provare a screditare il lavoro mio e dei miei ministri”.
Il premier cerca di rendere evidente anche il quadro europeo, la figura che farà l’Italia e il nodo del Commissario ancora non indicato per i veti di Salvini: “Guarda che così ti giochi anche quel nome. Se fai cadere il governo avrò le mani libere e finalmente potrò indicare un nome che vada bene all’Italia e non solo alla Lega”.
Conte pensa di poter riuscire ancora a strappare il dicastero della Concorrenza, anche se, per adattare la nomina a un profilo indicato dalla Lega, stava orientandosi a richiedere il Commercio: “Ho un buon rapporto con Ursula Von der Leyen e, dopo il dibattito parlamentare, proporrò un nome di alto profilo e di competenza per cercare di avere la Concorrenza”.
Ma a Salvini sembra non importare, fa spallucce. Si limita a giustificarsi con il premier: “Non pensare che per me non sia difficile, sono due notti che non dormo, non lo so se faccio bene, ma devo farlo”.
“Pensaci molto bene” prova ancora a convincerlo Conte: “La speculazione di agosto è quella più insidiosa, ma non hai economisti che ti consiglino bene? Fatti ragguagliare sulle conseguenze, sull’esercizio provvisorio, sul rischio dell’aumento dell’Iva. E poi, come farai a discutere con la Commissione europea, senza di me, l’ennesima procedura d infrazione? Senza interlocutori quelli ti massacrano e ci va di mezzo l’Italia. Pensaci davvero, stai rischiando di portare il Paese al disastro”.
Salvini uscendo da palazzo Chigi sembra perplesso, fa finta di prendere tempo: “D’accordo, faccio ancora qualche telefonata”. Ma pochi minuti dopo viene diramata la nota della Lega che chiede le elezioni e in serata il vicepremier lancia le sparate sul governo dei no e del non fare e sui parlamentari che devono tornare di corsa dalle vacanze, a lavorare come “fanno milioni di italiani”.
“Lui se ne sta in spiaggia, noi qui lavoriamo”
Conte a quel punto perde il suo aplomb e inizia a preparare il discorso che farà la sera: “Proprio lui che se ne sta in spiaggia da giorni tratta gli altri come degli ‘scioperati’? Io non sto in spiaggia, sto qui a lavorare”. Il discorso che farà in Parlamento inizia a delinearsi. Lo metterà a punto nel week-end, quando cercherà di staccare un po’. Dovrebbe pronunciarlo nella settimana successiva a Ferragosto, nonostante gli evidenti tentativi di Salvini di accelerare i tempi.
Quanto al futuro, per ora Conte non fa trapelare nulla. È preoccupato anche lui, come il Quirinale, del fatto che Salvini possa gestire la campagna elettorale da ministro dell’Interno. Del resto, il leghista, anche durante la campagna europea non ha dato prova di affidabilità, con i viaggi elettorali su voli di Stato col pretesto di incontri nelle prefetture. Conte pensa che occorrerà sorvegliare anche questo aspetto.
Quanto al proprio futuro politico le cose sono ancora molto incerte. Il premier è rimasto colpito dalle manifestazioni di solidarietà e affetto ricevute via social dopo il suo discorso dell’altra sera e si è anche accorto che sulla bacheca di Salvini, invece, fioccano gli insulti. Non ha ancora idee su cosa fare del proprio futuro politico. È grato ai 5 Stelle, ma non è un uomo del Movimento, ci tiene a ribadire la propria terzietà.
Se potrà capeggiare, da candidato premier, una lista del M5S oppure, come si dice da più parti, essere il leader di una lista civica, è questione che al momento non viene considerata. Conte ripete ai suoi di essere una figura terza, istituzionale, non adatta a campagne elettorali di parte. E di adorare il lavoro di avvocato.

Ma, spesso, la forza delle cose, e dei consensi, finisce col prevalere sulle migliori intenzioni. Si vedrà. La sfida con Salvini è già nelle cose. Quella non potrà essere evitata.

https://www.facebook.com/TutticonMarcoTravaglioForever/posts/2691166927560139?__tn__=K-R

L'amico del cazzaro. - Marco Travaglio FQ 11 agosto

Risultati immagini per salvini

Vuoi vedere che il Cazzaro Verde, da tutti dipinto come un genio della politica, l’ha pestata grossa? Tre giorni dopo la genialata di buttar giù il governo in pieno agosto senza dimettersi da vicepremier e da ministro né far dimettere i suoi, appare già un tantino incartato.
Da buon orecchiante improvvisatore, ha scoperto dalle ultime ripetizioni estive di Conte che l’Italia è una Repubblica parlamentare, le cui regole e procedure non consentono le elezioni prima di fine ottobre (se va bene). Dunque il suo eventuale governo monocolore (“corro da solo”, anzi “vediamo”) con “pieni poteri” non potrebbe nascere prima di fine novembre-inizio dicembre. Non avrebbe il tempo di varare e far approvare la legge di Bilancio. E partirebbe con una figuraccia mai vista, da Guinness dei primati: l’esercizio provvisorio col contorno di spread, speculazioni, infrazioni Ue ecc. In più il barometro dei social, che a noi fa un baffo ma per lui è legge, segnala fulmini e tempeste: insulti, critiche, pentimenti e sberleffi per il suo tradimento incoerente e incomprensibile.

Più tempo passa, più la sua fuga per la vittoria potrebbe incontrare intoppi. I trionfi, nella politica italiana, arrivano inattesi: quando sono troppo annunciati, si rivelano spesso cocenti delusioni. Ne sanno qualcosa Renzi e i 5Stelle, dati l’uno per sconfitto e gli altri come stravincitori alle Europee del 2014, salvo poi aprire le urne e trovarsi a parti invertite.
Che il fattore-tempo sia cruciale per le prossime elezioni, lo capiscono tutti. Lo capisce Salvini, che già dà segni di nervosismo perchè non si vota domani. Lo capisce Di Maio, che chiede il taglio dei parlamentari prima delle urne. Lo capisce Grillo, che chiede altri “cambiamenti” prima del voto, per rubare il tempo a Salvini. Lo capisce Grasso, che propone a centrosinistra e M5S di uscire dall’aula quando la Lega voterà contro Conte, così mancheranno i numeri perché il governo sia sfiduciato e Mattarella potrà lasciarlo al suo posto per fare poche cose (taglio dei parlamentari, legge elettorale e legge di Bilancio) prima delle urne a primavera e spostare le lancette dell’orologio salviniano. Lo capisce persino Renzi che, pur animato da interessi di bottega, lancia segnali per il governo M5S-Pd che impallinò nel 2018.
L’unico che non lo capisce è Zingaretti, che ieri ha letto Repubblica (“Votare subito. Ma c’è chi dice no”), poi ha dichiarato: “Votare il taglio dei parlamentari è un trucchetto per non andare al voto”. Esattamente quel che dice Salvini. Il quale, come del resto B. per vent’anni, non ha nulla da temere: se ha un problema, glielo risolve il Pd.