mercoledì 30 ottobre 2019

PULVIS ET UMBRIA. - Marco Travaglio 29 ottobre 2019



Se le elezioni regionali in Umbria fossero un test nazionale – e lo sono per il 2% dell’elettorato – andrebbero confrontate con le europee del 26 maggio: si scoprirebbe che l’unico partito che guadagna voti è FdI, a spese di FI, mentre ne perde 17 mila persino la Lega trionfante, malgrado la candidata del centrodestra sia una leghista di ferro. Salvini non ha espugnato l’Umbria l’altroieri: l’aveva già conquistata a maggio, anzi addirittura nei due anni precedenti, con le vittorie in quasi tutti i comuni. E il Pd aveva perso ogni speranza, dopo 49 anni di governo ininterrotto, il 12 aprile, con la retata che s’era portata via mezza giunta e mezzo vertice locale. I 5Stelle, in quei giorni, erano ancora al governo con la Lega ed era anche grazie ai loro esposti in Regione che l’inchiesta era partita: eppure, alle Europee, avevano quasi dimezzato i voti delle Politiche di un anno prima. Già allora le dinamiche nazionali c’entravano poco: la maggioranza degli umbri, impoveriti e indignati da una lunga crisi industriale e morale, aveva già scelto di cambiare tutto dopo mezzo secolo buttandosi sul partitone che dava più garanzie di vittoria e aveva già un candidato forte, la sindaca di Montefalco Donatella Tesei. L’effetto “carro del vincitore” ha fatto il resto: lo sfondamento di domenica. Che ha penalizzato soprattutto i 5Stelle, cioè il vaso di coccio della coalizione civica giallo-rosa, e molto meno il Pd, vaso di ferro ammaccato ma ancora dotato di una sua rete di potere territoriale in grado di fargli conservare, malgrado tutto, i voti delle Europee.
Quando si perde con 20 punti di distacco, ogni recriminazione è tempo perso. Neppure candidando Napoleone si sarebbe arrestata la valanga: figurarsi con Vincenzo Bianconi, scovato all’ultimo giorno utile e costretto a rimontare in un mese il trio Salvini-Meloni-Tesei che batteva l’Umbria palmo a palmo da un pezzo. Col senno di poi, 5Stelle e Pd sono stati poco furbi: potevano dare per persa l’Umbria e andare separati al macello, per strappare ciascuno un paio di punticini in più e poi raccontare che la sconfitta è figlia della separazione e bisogna unirsi nelle regioni contendibili. Invece Di Maio, Zinga e Conte si sono pure fatti fotografare insieme e ora se lo sentono rinfacciare da Renzi, il re degli sciacalli, così esperto in vittorie da non aver neppure una lista. Sì, potevano fare i furbi come lui: fuggire dalla campagna elettorale per poi dare la colpa a qualcun altro. Ma con le furbizie si salva magari la faccia, però si perde l’anima. Ora Di Maio, con la precipitazione della paura, rinnega i patti civici dopo il primo flop, peraltro scontato e inevitabile.
E dice che “i 5Stelle da soli vanno meglio”. In Umbria, col Pd sputtanato dalle inchieste, certamente sì. Ma non tutte le regioni e i comuni sono uguali, anche perché i 5Stelle avranno pure qualche buon sindaco o governatore da proporre. In ogni caso, in dieci anni di Regionali, erano sempre andati da soli e avevano sempre perso lo stesso. Prima di tornarsene sulla torre d’avorio a gridare vaffanculo a tutti, dovrebbero forse pensare meno agli alleati e più a se stessi. Chi avrebbero candidato in Umbria senza il civico Bianconi? E su quale progetto politico? E con quali forze territoriali? Vagheggiare il “ritorno allo spirito delle origini” non ha alcun senso: l’Italia di oggi non è più quella del 2009 grazie soprattutto a loro, che hanno contaminato e migliorato tutta la politica. Inclusi se stessi. Ma, a furia di dare agli altri, si sono svuotati. La spinta dal basso dei meetup s’è esaurita perché gli attivisti sono stati eletti, lasciando il deserto sui territori: il che dovrebbe spingerli ad accelerare la mille volte annunciata e rinviata riorganizzazione, con la nomina di responsabili regionali e tematici che riprendano a pensare e a proporre e inizino a reclutare e formare una classe dirigente (gente come Bianconi andrebbe coinvolta, valorizzata, non gettata via).
L’Umbria, non essendo l’Ohio, passerà: tra due giorni nessuno si ricorderà più di quel voto. E chi oggi prevede un’imminente crisi di governo si accorgerà che il Conte 2 esce non indebolito, ma paradossalmente rafforzato: sia perché nessuno ha interesse a regalare altro spazio alla volgare arroganza di Salvini e Renzi; sia perché ci sono una manovra di Bilancio da approvare e importanti riforme da varare; e sia, soprattutto, perché il governo è nato appena 50 giorni fa, e gli esecutivi si valutano dopo anni, non dopo due mesi (così come le alleanze inedite non si giudicano da un primo, frettoloso e disperato esperimento). Poi però, oltre a fare cose utili, sarà importante raccontarle nel modo giusto, lasciando i due Mattei a latrare alla luna e mostrando ai cittadini che chi sostiene il governo lo fa con orgoglio ed entusiasmo. La tanto bistrattata “foto di Narni”, se aveva un difetto, era quello di tradire troppo imbarazzo e scarsa convinzione. Ora andrebbe replicata e riempita di contenuti. Un governo non regge se discute ogni giorno di quanto dura o di quando cade. Il Conte 2, fino a prova contraria, è il migliore possibile su piazza: ma, se non ci credono le forze che lo compongono, non possono pretendere che ci credano i cittadini.
Ps. L’altra sera, alla MaratonaMentana, il direttore del Verano Illustrato è riuscito a paragonare – restando serio – il parere pro veritate dato da Conte quand’era avvocato a una società (che poi non ebbe alcun favore dal suo governo, che decise sul punto in sua assenza) alla sceneggiata di B. che esce dal Consiglio dei ministri mentre i suoi impiegati varano il decreto salva-Rete4 per neutralizzare due sentenze della Consulta che impongono il passaggio della tv su satellite e fargli guadagnare centinaia di milioni. Ecco: in questo momento si sentiva giusto la mancanza di un po’ di salvinismo di sinistra.


https://www.facebook.com/giberto.gnisci/posts/2980787981938057

Questa immagine, chiamata Foto 51, è considerata la più importante fotografia di tutti i tempi. Ecco la sua storia. Avvincente. - Mariella Bussolati


La Foto 51, fatta da Raymond Gosling sotto la supervisione di Rosalind Franklin. Wikipedia.

Un quadro astratto, in bianco e nero, un thriller, rivalità professionali, questioni di genere. E la scienza, non la trama dell’ultimo film di Venezia.
La forma che si vede, una serie di strisce incrociate e un po’ fuori fuoco, sembra un’illusione ottica, ma per un gruppo di scienziati è stata una rivelazione che ha portato a un risultato di una enorme importanza, soprattutto se si considera l’influenza che la genetica ha raggiunto nei nostri giorni: è servita a stabilire la struttura del Dna. E’ una foto, in molti concordano sul fatto che sia la più importante mai fatta nella storia.
Foto 51, chiamata così perché era la cinquantunesima che i suoi autori avevano ottenuto, è un’immagine di diffrazione a raggi X di un filamento della proteina genica da cui dipende la trasmissione delle informazioni che controllano lo sviluppo di ogni organismo, il Dna. Venne catturata da Raymond Gosling, uno studente,  ma la sua paternità va attribuita alla scienziata con cui lavorava, Rosalind Franklin, una biochimica inglese esperta in cristallografia e una campionessa assoluta di indagini a raggi x su varie sostanze. E’ grazie a quelle strisce che si è potuto capire che il Dna era fatto di due molecole intrecciate tra loro, una doppia elica.

Rosalind Franklin. National Portrait Gallery
Rosalind Franklin però non è passata alla storia. Al suo posto ci sono invece James Watson, americano, e Francis Crick inglese ma emigrato in America, due biologi molecolariAssieme a Maurice  Wilkins vinceranno il Premio Nobel per la medicina nel 1962, per le scoperte sulla struttura molecolare degli acidi nucleici e il loro significato nel meccanismo di trasferimento dell’informazione genica negli organismi viventi.
Wilkins era un collega della Franklin al Dipartimento di fisica e biofisica del King’s College di Londra. Da subito i rapporti tra i due si erano mostrati tesi. La Franklin era una donna precisa, determinata, innamorata della scienza. Wilkins era un uomo, era il suo superiore, ed era il 1951. A quell’epoca neppure le scienziate più brave potevano credere di essere pari ai maschi. E atteggiamenti paternalistici e maschilisti erano da mettere nel conto. Il direttore del dipartimento, vista la situazione, decise di assegnare ai due due compiti diversi: la Franklin, viste le sue competenze avrebbe studiato la forma A (cristallina) del Dna, Wilkins quella B (paracristallina).
In quegli anni erano molti a inseguire l’obbiettivo di capire come funziona il nostro materiale genetico. I ricercatori usavano già il termine gene per descrivere l’unità base che codifica le informazioni trasmesse da una generazione all’altra. Non sapevano però in che modo questo avvenisse. Nel 1943 Oswald Avery aveva finalmente dimostrato che il Dna portava informazioni genetiche, ma nessuno sapeva in che modo. Tutti pensavano che non fossero gli acidi nucleici, come è il Dna, a svolgere il ruolo principale. Credevano che il gioco dipendesse invece da altre proteine. Tra gli scienziati che stavano lavorando su questi aspetti c’era anche Linus Pauling, famoso chimico americano, vincitore di due premi Nobel. Nel 1952 venne invitato alla Royal Society londinese e avrebbe dovuto incontrare sia la Franklin, che aveva appena fatto la foto 51, che Wilkins. Ma Pauling era un militante contro la guerra e contro le armi nucleari. Il Maccartismo era arrivato e il passaporto gli venne negato. Aveva già capito che probabilmente il Dna era elicoidale e che i gruppi fosfati si trovano all’interno, mentre la basi erano all’esterno. Ma in mancanza di evidenze convincenti, come avrebbe potuto essere la foto 51, aveva immaginato una elica formata da tre stringhe. Watson e Crick si incontrarono al laboratorio Cavendish di Cambridge nel 1951 e decisero di collaborare sulle indagini del Dna nel 1951. Non essendo chimici non facevano esperimenti ma, precursori dei modellatori 3D, si erano concentrati a creare un modello in cartone, asticelle e palline molto simile a quello che li ha resi famosi nella foto passata alla storia relativa alla loro scoperta.
Watson, Crik e il modellino del Dna a doppia elica.
Venne disegnato da un’altra donna, Odile, la moglie di Crick.
Watson, ancora vivo e ormai novantenne, in gennaio ha perso i titoli onorifici per riprovevoli frasi razziste: ha sostenuto infatti che esisterebbero prove scientifiche della differenza intellettiva e cognitiva tra bianchi e neri. All’epoca invece decise di recarsi al King’s college per capire se gli inglesi, che erano decisamente più bravi nella sperimentazione, avessero ottenuto qualche risultato interessante. Parlò con la Franklin che gli fece notare un errore nel modello. E stabilì uno stretto legame con Wilkins.
Nel maggio del 1952 Franklin ottenne la foto. Ma non la rese subito pubblica. I rapporti all’interno del laboratorio non erano di fiducia. E la gara alla scoperta del Dna stava facendo gola a troppi. Decise dunque di tenerla per sé. Aveva scoperto che il Dna era una doppia elica e forse poteva essere lei a pubblicare la struttura più attesa in quel momento. Ma aveva ancora bisogno di tempo. Wilkins però sapeva che l’aveva. E di nascosto se la fece dare proprio da Gosling. La passò al giovane Watson, che sapeva benissimo dove voleva arrivare. Pauling aveva torto: le catene erano due. La foto 51 lo diceva chiaramente. E a quel punto, grazie alle altre informazioni raccolte da altri, tutti i pezzi del puzzle andarono a posto: le posizioni delle basi (A, adenina, T, timina, C, citosina, G guanina) gli zuccheri, i gruppi fosfati.
Nel 1953 su Nature viene pubblicata la scoperta più importante di tutti i secoli: la struttura del Dna. L’articolo venne firmato da Watson, Crick e Wilkins. La Franklin non meritò neppure un ringraziamento.
Ma una giovane scienziata non aveva tempo da perdere. Lasciò l’ambiente ostile del King’s college per dedicarsi ad altre ricerche, su altre molecole, viaggiò e venne chiamata da molti istituti in tutto il mondo. E continuò a pubblicare fino a quando il cancro, dovuto all’eccessiva esposizione ai raggi x, non la portò via dalla vita. Aveva 38 anni.

Questa testa di lupo ha almeno 30mila anni. - giugno 2019


 (Albert Protopopov)

È stata trovata quasi intatta nel permafrost in Siberia, e potrebbe offrirci molti indizi per scoprire cose sugli antenati dei lupi e dei cani dei giorni d'oggi.


La scoperta in Siberia della testa quasi totalmente intatta di un lupo vissuto almeno 30mila anni fa è stata da poco annunciata presso il Miraikan (Museo nazionale della scienza emergente e dell’innovazione) a Tokyo, in Giappone, nell’occasione dell’apertura di una mostra dedicata ai mammut e ad altri animali vissuti migliaia di anni fa. Lo studio del reperto, che comprende parti ben conservate dei tessuti molli compreso il cervello, potrebbe offrire nuove informazioni sulla storia evolutiva dei lupi e la loro successiva addomesticazione, che portò infine ai cani che conosciamo oggi.

La testa era stata scoperta nel 2018 nella zona di Abyjskij nella Russia siberiana orientale. Era rimasta per decine di migliaia di anni protetta nel permafrost, la parte del suolo che rimane perennemente ghiacciata. Un abitante della zona aveva notato qualcosa di strano nel terreno, in un punto dove il permafrost stava cedendo a causa delle temperature estive più alte del solito. I dettagli principali della scoperta, su cui ci sono alcune informazioni discordanti, sono stati forniti dal Siberian Times e stanno ora incuriosendo molto i ricercatori, anche in seguito all’annuncio fatto a Tokyo.

Finora non era mai stata ritrovata una testa così ben conservata appartenente a una specie antica di lupo. I ricercatori stimano che l’animale fosse morto quando aveva tra i 2 e i 4 anni, in circostanze ancora da chiarire. La testa è notevolmente più grande rispetto a quella dei lupi odierni: raggiunge una lunghezza di 40 centimetri circa, contro quella degli attuali lupi di 23-28 centimetri.

(Albert Protopopov)

Nel complesso, la testa è ben conservata: oltre al pelo, si sono preservati il naso, buona parte della pelle e le fauci. Anche il cervello si è conservato relativamente bene e una sua analisi potrebbe offrire qualche dettaglio in più sulle caratteristiche degli antenati dei cani odierni. I tessuti nelle cavità nasali potranno essere analizzati alla ricerca di informazioni sul modo in cui funzionava il fiuto di questi animali, per confrontarlo con quello dei lupi e dei cani moderni.

Molti giornali hanno dato la notizia sul ritrovamento parlando di una testa di lupo “risalente a 40mila anni fa”, ma la datazione non è ancora così certa e gli stessi ricercatori invitano a essere più cauti. Il sito Gizmodo ha consultato un paio di paleontologi coinvolti nei primi studi del reperto, ottenendo da loro una datazione di 30mila anni, in contraddizione con quella fornita sulla maggior parte dei siti e dei giornali che si sono finora occupati della notizia.

Il lupo visse nel tardo Pleistocene, il periodo compreso tra 2,6 milioni e 11.700 anni fa. Più nel particolare, percorreva i territori della Siberia nel Pleistocene superiore, più o meno nell’ultimo grande periodo glaciale. La sua fine, tra i 20mila e i 10mila anni fa, coincise con l’estinzione di diverse specie che si erano adattate a vivere in un clima molto freddo. La scomparsa degli antichi lupi fu determinata dal cambiamento del clima, ma probabilmente anche dalle attività degli esseri umani che sottrassero loro le prede con cui sopravvivevano.

La testa del lupo ricostruita al computer grazie a una tomografia assiale computerizzata (Albert Protopopov, Naoki Suzuki)

La testa potrebbe essere appartenuta a un esemplare di un gruppo di lupi di Beringia, che vivevano lungo la striscia di terra che un tempo metteva in comunicazione la Siberia con il Nordamerica. Questi lupi si spostavano in ampie porzioni di territorio, ma solo un’analisi del DNA del reperto potrà confermare la sua eventuale appartenenza a questo gruppo. L’analisi sarà condotta dal Museo di storia naturale svedese nei prossimi mesi. Un confronto con i lupi moderni dovrebbe fornire qualche indicazione sulle altre caratteristiche del lupo e sui suoi eventuali gradi di parentela con le specie che conosciamo oggi.

https://www.ilpost.it/2019/06/14/testa-lupo-siberia/

MOVIMENTO 5 STELLE, L'ONESTÀ NON BASTA. - Roberta Labonia.

L'immagine può contenere: 1 persona, oceano, cielo, primo piano e spazio all'aperto

Le proiezioni delle elezioni regionali in Umbria, in questo momento che scrivo, danno in netto vantaggio il centrodestra che si appresta a guidare la regione con una vittoria schiacciante.
I due candidati Presidente, Tesei e Bianconi, seguono lo stesso trend. In questo momento la Leghista Tesei stacca Bianconi della lista civica appoggiata dal centro sinistra e dai 5 Stelle, di oltre 15 punti ma, francamente, in queste regionali, stanno sullo sfondo, relegati al ruolo di comparse, potrebbero essere altri e i risultati non cambierebbero.

Non buoni i risultati del PD ma ancora peggio, molto peggio, quelli del Movimento 5 Stelle:
Lega al 37,5, Fdi all'10,4%, il Pd è al 20,5%, i 5 stelle all'8,4%.
Se anche qualche decimale potrà variare in più o in meno, ci troviamo di fronte ad una sconfitta bruciante, oltre ogni aspettativa, del Movimento 5 Stelle.

È vero, si sta parlando di un bacino di soli 700 mila elettori, è vero anche che una cosa è il voto locale, altra cosa è quello su base nazionale. Vero senz'altro che il Movimento è giovane e non ha ancora consolidato la sua presenza sul territorio, quindi nelle elezioni locali parte in svantaggio. Vero, infine, che questo dell'alleanza 5 Stelle/Pd a sostegno di un candidato civico è stato un esperimento, che con tutta probabilità non verrà replicato. Tutto vero, ma inutile far finta di nulla, con questo risultato il Movimento deve fare i conti e ripensare le proprie strategie. La propaganda di Salvini è stata micidiale e li ha schiacciati, relegandoli alle ultime file, più che doppiati anche dal PD e superati, addirittura, dal partito della Meloni FdI.
Propaganda, quella del leghista, che spesso è stata scorretta, ma i suoi messaggi, elementari quanto ruffiani, hanno fatto presa sulla gente e hanno messo in secondo piano la sua inconsistenza politica, le sue magagne e i punti oscuri mai chiariti che lo riguardano.
Tanto di cappello al suo staff di Comunicazione.

E qui casca l'asino, la comunicazione, quella che è mancata o è stata poca cosa, da quando i 5 Stelle sono andati al Governo. Ultimamente dispersa in mille rivoli di voci, molte delle quali fra loro contrastanti, quelle di nemici in casa, su cui i media e le opposizioni si sono gettati come sciacalli e che hanno dato l'immagine di un gruppo disunito.
Occorre che i 5 Stelle ritrovino unità d'intenti, ma oggi, subito, ne va della loro stessa sopravvivenza in politica.

Il Movimento, se vuole sperare di combattere Salvini e valorizzare le cose buone che ha fatto e che continua a fare, lo deve combattere con le sue stesse armi.
Non basta il fare, non basta l'onestà, non basta tagliarsi gli stipendi e non basta macinare provvedimenti guardando sempre all'interesse della collettività e mai a quello delle lobby di potere.
Occorre chiarirsi al proprio interno, scegliere una direzione e una sola ed investire in un modello di comunicazione efficace per raccontarla.

I 5 Stelle sono stati campioni quando erano all'opposizione, stando nelle piazze hanno macinato voti. Ora devono continuare a fare bene al Governo e nel contempo, ritornare a parlare con la gente. Fare, cioè, ciò che ha fatto Salvini nel Governo Conte 1 quando, pur stando a Palazzo Chigi, non ha mai smesso di farsi propaganda in tutte le piazze.
I 5Stelle non devono stancarsi di spiegare perchè non gli è stato possibile governare da soli, nonostante fossero, dopo le urne 2018, il primo partito in Parlamento.
Devono spiegare ancora e meglio alla gente, se necessario altre mille, 1 milione di volte, perché è stato obbligatorio allearsi con la Lega e poi, quando questa ha tradito, allearsi con il Pd, se volevano portare a casa i punti del loro programma.

E non solo. Troppo poco presenti i portavoce del Movimento nei media rispetto alla sovraesposizione di cui ha goduto e continua a godere il leghista e i suoi alleati (in termini di ore e presenze Salvini ha più che doppiato Di Maio).
L'aver messo in secondo piano, rispetto al loro programma, la riforma RAI, non aver voluto imporre loro uomini e donne nel servizio pubblico in quanto prima forza di Governo, è stata una scelta che, se pure eticamente condivisibile perché nata dal loro ripudio delle logiche di lottizzazione, gli è costata cara, molto cara.
In questi ultimi due anni la vulgata narrativa del servizio pubblico RAI, a cui si devono aggiungere le reti della corazzata Mediaset con presenze da capogiro, è stata e continua ad essere anche oggi, di segno centrodestra e, in particolare, leghista, nonostante al Governo siedano I 5 Stelle e il PD. Basti pensare alla vergogna del TG2, praticamente trasformatosi nell'organo d'informazione ufficiale della Lega.

Ora la risalita sarà lunga e faticosa. Oltre che dell'onestà occorrerà saper tornare a raccontare di quel progetto di Paese alternativo sulle cui basi si è formato ed è cresciuto il Movimento.
Un Movimento forse condannato a governare troppo presto, ancora troppo giovane per superare le trappole di un sistema di potere micidiale che ora rischia di travolgerlo.

https://www.facebook.com/Stelleeditorni/photos/a.423381625094640/541964643236337/?type=3&theater

La resurrezione del Movimento. - Tommaso Merlo



Da dopo il 4 marzo, per il Movimento è iniziata una via crucis di dolorose sconfitte elettorali. Se continua così l’Italia finirà nelle mani neofasciste di Salvini e della Meloni. La peggiore destra mai vista in Italia. Burina e antistorica. Chissà cosa diranno a quel punto tutti coloro che da anni fanno di tutto per distruggere il Movimento 5 Stelle. Se va avanti così riusciranno nel loro intento e si ritroveranno in Ungheria col filo spinato in Friuli e il blocco navale del Mediterraneo. Blindati dentro a sorbirsi i rutti di Salvini mentre il mondo corre via. E se va avanti così il Movimento rischia di dissolversi con la stessa velocità con cui si è imposto sulla scena politica. Una dissoluzione accettabile se il Movimento avesse rubato o fallito la prova di governo non riuscendo a mantenere le promesse. Ma tutto si può dire contro il Movimento 5 Stelle tranne che non abbia lavorato sodo e onestamente ed abbia realizzato molte delle sue storiche bandiere. Nessun partito politico degli ultimi decenni è stato così fattivo e coerente come il Movimento 5 Stelle che certo ha subito alcune dure sconfitte come sulla TAV, ma le cui vittorie sono state molto più numerose e clamorose. Alcune riforme come il taglio dei vitalizi o dei parlamentari latitavano da decenni così come una legge decente contro la corruzione per non parlare di una misura epocale di contrasto alla povertà e all’emarginazione come il reddito di cittadinanza e molti altri sacrosanti provvedimenti. Vittorie che il Movimento ha ottenuto in pochi mesi mentre Salvini era in giro a masturbare il proprio ego e le sinistre si lagnavano come al solito sul nulla. Di tutto si può dire contro il Movimento 5 Stelle tranne che non abbia agito in buona fede e al servizio dei cittadini e dei suoi ideali. Eppure, dal 4 marzo in poi, per il Movimento è iniziata una via crucis di dolorose sconfitte. Amministrative, europee e certo, alle politiche sarà tutta un’altra storia, ma sarebbe assurdo negare che qualcosa si è rotto tra il Movimento e il suo popolo. I militanti non se ne sono mai andati, ma mancano all’appello milioni di cittadini. Milioni. Ed è comprensibile che un Movimento di protesta paghi il passaggio dall’opposizione al governo. È comprensibile che un Movimento che ha sempre lottato da solo paghi alleanze coi vecchi partiti sia di destra che di sinistra. Ma l’emorragia di voti è davvero impressionante rispetto ai fatti realizzati e ai comportamenti tenuti dai portavoce nei palazzi. Qualcosa di più profondo sembra essersi rotto. È come se quei milioni di cittadini che chiedevano un cambiamento radicale e che hanno creduto nel Movimento il 4 marzo, fossero rimasti delusi nelle proprie aspettative “rivoluzionarie”, come se il Movimento non riuscisse più a rappresentare la loro frustrazione, le loro paure e le loro speranze. In molti avevano forse aspettative eccessive, altri si sono fatti forse fuorviare dal giornalume, altri si sono forse scoperti post-ideologici solo a chiacchiere, altri si sono accodati ai greggi di pecore ansiose di un nuovo pastore in camicia nera, ma sono davvero troppi i cittadini che mancano all’appello. Talmente tanti che il Movimento rischia di venire crocifisso dal vecchio regime se non coglierà nemmeno la batosta umbra per reagire. Certo, alla lunga i fatti potrebbero pagare, ma forse e soprattutto alla lunga. Nella politica italiana hanno sempre contato solo le panzane elettorali. La rivoluzione culturale ha tempi lunghi, la politica cortissimi e il Movimento non ha tempo da perdere. La sua via crucis ormai dura da così a lungo che tutto deve essere rimesso in discussione. La dirigenza, la comunicazione, le stelle da aggiornare, l’organizzazione, la gestione dei malpancisti e dei guerrieri accantonati, le alleanze, le strategie. Tutto e in fretta. Quello che conta è il progetto collettivo, quello che conta è che il Movimento ritrovi l’empatia col suo popolo e risorga. Se invece il suo destino fosse quello di perire, che lo faccia almeno a testa alta. Lottando fino all’ultimo.

https://infosannio.wordpress.com/2019/10/28/la-resurrezione-del-movimento/?fbclid=IwAR2QjAKG1NbGSVdQrYZaLjXjVME4KblKkfYrtbsPf5vs5RKNjcvuqC65t7g

QUESTA DESTRA QUI- Viviana Vivarelli.

Risultati immagini per berlusconi, meloni, salvini

Ho detto che il 75% degli italiani sono analfabeti di ritorno che non capiscono il senso di un discorso complesso
Il blogger 'Elucubrazioni' mi risponde: "certo che se date del tonto e cazzaro ad uno che porta il suo partito dal 3 al 33 %, chissa cosa penserà di chi lo porta dal 33 al 7!""
Vorrei commentare con un articolo di Alessandro Gilioli che riporta la manifestazione di piazza della Lega a Roma e mostra quanto sia 'complessa' o 'geniale' l'ideologia di Salvini:
"Per molto tempo in questo Paese qualcuno ogni tanto si è alzato chiedendosi perché da noi non esiste una dx decente, "normale", con dei valori argomentabili e non solo urlabili alle pance. Non so: tipo i repubblicani francesi, la Cdu-Csu tedesca, perfino i conservatori inglesi.
Accadeva già quando ero ragazzo, e nessuno si definiva di dx tranne i fascisti del Msi.
Poi è accaduto ai tempi di B, dove invece la parola dx era abbondantemente brandita ma celava solo la demagogia estrema del Cavaliere, e - fondamentalmente- i suoi interessi, le sue aziende.
Quando poi Fini si emancipò dal suo sdoganatore, molti videro in lui il demiurgo della dx "républicaine" e mai equivoco fu più increscioso.
Sabato scorso, la questione si è definitivamente chiarita, togliendo ogni residua illusione.
Sì: quello di sabato è stato un pomeriggio interessante.
Un po' si era capito già quando hanno fatto le prove audio con "Prendimi la mano zingara" e "C'era un poco di negri che ballava l'alligalli". Ci stava, ci sta, zingare e negri.
In netta minoranza i romani - nonostante i "6 per 3" affissi in mezza capitale - moltissimi invece quelli arrivati in treno e autobus, estasiati dalla dolce ottobrata di queste parti. In prevalenza dal nord - si capiva dagli accenti - ma con orgogliosa visibilità e bandiere gli altri, dalla Lega di Cerveteri ai sardi con i mori al vento.
Molte bandiere anche per quelli di Fi: sparuti com'erano, cercavano in ogni modo di farsi vedere, mettendosi al centro perfetto della piazza.
Dopo il noioso quanto doveroso preshow dedicato agli amministratori locali, il primo dei big a parlare è stato proprio Berlusconi. Primo perché ormai è ultimo d'importanza e la sequenza prevedeva, com'è ovvio, un ordine di rilevanza crescente.
Il vecchio ha parlato questa volta senza incriccarsi troppo e senza biascicare. In sostanza, ha parlato solo di tasse.
Tasse e manette,
tasse e manette,
tasse e manette.
L'incubo di uno Stato che vuole mettere in carcere chi evade più di 50 mila euro
Il mio governo è quello che ha messo fine alla Guerra fredda (testuale)
Se non fossi entrato io in politica la sx avrebbe governato vent'anni
Però ora il pericolo è anche maggiore perché questo è il governo più a sx di sempre.
E così via. Fino al "siamo tutti indispensabili, noi, Giorgia e Matteo", quindi "adesso ripartiamo insieme". Insomma una perorazione perché almeno uno strapuntino nella dx di oggi gli sia riservato, anche adesso che lui si avvia a scendere sotto il 5 % e continua la diaspora dei suoi ex fedelissimi, chi di qua chi di là.
Quello di B - parlare per primo, pietire di far parte del gruppo - è stato sostanzialmente un atto di sottomissione, come quando dopo un combattimento fra maschi, in diverse specie, il perdente accetta platealmente la vittoria dell'altro. Il capobranco, appunto, è l'altro e in San Giovanni questo è stato sancito di fronte a tutti.
A proposito: a parte un cenno sulla "immigrazione incontrollata" - ma proprio un passaggio super veloce - il Cavaliere non aveva toccato uno dei grandi booster (bombe) di quel popolo lì, quello della piazza, cioè la paura-avversione verso gli stranieri.
Ci ha pensato Meloni, appena salita sul palco accolta da un applauso-boato che era almeno il doppio di quello riservato all'anziano che l'aveva preceduta.
Subito nel mirino nigeriani e ghanesi, che «uccidono i nostri figli». E «a casa tua devi tornare», aggiunge, rivolta con questo "tu" a un generico nero il cui fantasma feroce ha evocato per gli astanti.
E difenderemo «Dio Patria Famiglia, fatevene una ragione», la piazza esplode di gioia, che bello non dover simulare più vergogna del fascismo e dei suoi slogan!
Fino al parossismo, l'assurdo dato in pasto alla folla,
se un dominicano ammazza due poliziotti è perché adesso c'è il reato di tortura che non permette ai poliziotti di fare il loro lavoro,
basta perseguitare con le tasse gli italiani mentre i cinesi li si lascia evadere,
su Bibbiano andremo fino in fondo,
lo Stato non deve occuparsi di dare un figlio agli omosessuali.
A quel punto faceva sorridere il ricordo di dieci minuti prima, quando B aveva definito quella che aveva davanti «una piazza liberale».
Dopo Meloni, pausa.
Ci voleva un distacco per chiarire che non c'era alcuna continuità fra i tre leader: i primi due erano anche loro comparse del preshow, il protagonista doveva ancora arrivare.
Pausa dunque: per spiegare che a Re di Roma si prende il metro per Anagnina e a piazza Vittorio invece c'è la fermata aperta per chi vuole andare a Termini.
Quindi ancora qualche secondo di silenzio fin quando l'ignoto conduttore prende il microfono e urla: "SAAAAPEETE CHIII MANCAAAA VEROOO?" .
Due, tre volte.
Marcetta cinematografica, di quelle che dovrebbero creare attesa.
Poi il Vincerò del "Nessun Dorma"
All'alba vincerò! Vincerò! Vincerò!
Ecco, Salvini.
Grazie alle forze dell'ordine, a chi è venuto qui non per me ma per l'Italia.
Siamo in 200 mila e i telegiornali dicano quello che vogliono.
Abbraccio tutti uno per uno.
Carola per loro è l'eroina d'Italia, per noi lo è la Fallaci (video della Fallaci).
I pedofili e gli stupratori. I pedofili e gli stupratori. I pedofili e gli stupratori.
Saluto la mamma e il papà che sono a casa.
A Roma non si raccoglie l'immondizia quindi mi raccomando lasciate la piazza pulita. Raggi vai a casa (la piazza: Grillo Grillo vaffanculo).
I poliziotti qui oggi sorridono perché sanno che sono i nostri fratelli.
L'autonomia regionale fa bene soprattutto al sud, anche ai calabresi.
L'Italia agli italiani: basta aspettare le telefonate di Merkel e Macron.
L'Europa è pagata da Soros.
Un abbraccio al popolo ungherese e a quello croato.
A quello catalano e a quello britannico.
Ma soprattutto al popolo umbro che libererà la terra di San Francesco dalla sinistra.
Se non ti piace il crocifisso, non ti piace il presepe, non ti piace San Giovanni, torna a casa tua.
La lotta alla droga va fatta con le armi strada per strada. E pensate che c'è qualcuno che vuole legalizzare la cocaina.
Questa è una giornata di festa nazionale.
Grazie a voi la in fondo, là in fondo.
Un pensiero ai milioni di italiani che soffrono in giro per il mondo
Viva i parroci che fanno i parroci e i maestri che fanno i maestri.
Reintroduciamo il servizio civile o militare per tutti. Così si imparano regole ordine e disciplina, che fanno solo bene ai nostri ragazzi.
Grazie alle mamme e ai papà che hanno portato qui i loro bimbi.
È la piazza delle mamme delle nonne e dei bimbi.
I bambini a scuola si mettano la divisa.
Tra pochi giorni si vota in Umbria e poi in Calabria, li rimandiamo a casa.
La prossima volta devo prendere una piazza più grande che questa è piena.
Viva la libertà.
Viva voi.
La Vittoria è nel pugno di pochi, diceva don Gnocchi. Quei pochi sono eroi.
Ma noi non siamo pochi, siamo una marea umana.
Noi non prendiamo ordini da Berlino e Parigi.
Riportiamo l'Italia dove ce l'hanno lasciata i nostri nonni.
Se serve darò anche la mia vita.
Musica: VInceròòò vinceròòò VINCERÒÒÒ.
Applausoni. Matteo, Matteo, Matteo...
Ecco, questa è la destra oggi in Italia.
Ben rappresentata dai suoi quotidiani, quelli che venivano venduti dagli strilloni in San Giovanni: Libero, La Verità, il Tempo e il Giornale. Carta fasciotrash, in disperata sovrapposizione e concorrenza tra loro, sempre tra la clava e il gossip, tra la provocazione fascista e l'onanismo del politicamente scorretto, tra i genitali e l'intestino.
Poi i giornali restano a terra, a poco a poco la piazza si svuota, dalla regia mettono Notti magiche, l'inno di Italia 90. Chi non se n'è andato canticchia "Inseguendo un gol" .
Infine Povia, i bambini fanno oh.
Forse il problema, irrisolvibile, è che abbiamo questa dx qui, in Italia. Quella della pancia, di Libero, degli evasori da salvare, dei ghanesi da rimandare a casa, del presepe obbligatorio, della divisa a scuola, del complotto di Soros. Solo la dx della pancia.
E che chi l'ha cacciata dal governo, dandosi il benedetto tempo per sgonfiarla, questo tempo non abbia ancora iniziato usarlo. Se non per farsi notare personalmente, litigare, ricattare, mettere bandierine, cercare il titolo del tg per se stesso.
E altro che sgonfiarla, così, questa dx qui.
..
(Gli altri tutti a battersi la testa.Ci vuole un'idea grandiosa. Cambiamo il capo. Sciogliamo la coalizione. E' colpa di lui. No di quell'altro...Salvini ha preso un fracco di soldi dagli oligarchi di destra russi e americani. Gli hanno messo su una macchina statistica da paura. Hanno visionato le parole più usate dagli italiani, quelli terra terra, i bauscia, quelli analfabeti di ritorno. Hanno coniato un paio di slogan. Sempre quelli. Li hanno ripetuti alla massa finché si è rincretinita e più fascisti erano meglio era. E hanno vinto!)

Il Mitile Ignoto. - Marco Travaglio



Non è vero che Italia Viva sia inutile. Anche Renzi, nel suo piccolo, svolge una funzione vitale per l’ecosistema. Uno di quei lavori sporchi che qualcuno deve pur fare.

L’ex rottamatore, dopo aver rottamato il suo partito per fondarne un altro, si dedica alacremente al riciclaggio dei rottami. Sta alla malapolitica come la cozza (Mytilus galloprovincialis) sta alle acque marce. Anche il mollusco di Rignano sull’Arno, infatti, beve l’acqua sporca e la rimette in circolo depurata, trattenendo nei propri tessuti tutte le schifezze. Risultato: il microrganismo detto Italia Viva è appena nato e già il Pd appare ripulito e rigenerato. In Umbria, per dire, gli elettori dem indignati per la retata di Sanitopoli ad aprile, dopo la batosta alle Europee di maggio l’hanno risparmiato da ulteriori castighi. E il motivo di tanta indulgenza è nell’unica novità registrata da allora nel centrosinistra: la scissione dell’atomo renziano, suggellata dalla provvidenziale assenza di Matteo La Cozza dall’ormai celebre foto di Narni. Così Iv si candida a essere per il Pd ciò che fu l’Ncd per FI: la bad company. Che assorbe inquisiti, imputati, pregiudicati, ex galeotti, prescritti, lobbisti, portatori di conflitti d’interessi, voltagabbana, impresentabili di varia natura, sui quali Renzi esercita un’attrazione fatale.

Alla Leopolda c’era persino Lele Mora, venuto – non si sa se invitato o insalutato ospite – a omaggiare “il galoppino di Berlusconi”, augurandogli di diventarne “l’erede”. Intanto Renzi invitava i “delusi di Forza Italia”, cioè chi non riconosce più il vecchio B., ormai incapace di delinquere con la costanza e il ritmo dei bei tempi, a “darci una mano”. O una manetta. Ora Dell’Utri, abbandonato ai domiciliari dall’amico Silvio, potrebbe uscire anzitempo e portare il suo contributo (7 anni definitivi per mafia e 12 anni provvisori per la Trattativa). Nell’attesa, il Messaggero informa che “Catiuscia Marini, ex governatrice dell’Umbria coinvolta nell’inchiesta sulla sanità che ha fatto saltare la giunta, è pronta a passare con Iv con diversi esponenti locali del Pd che si stanno muovendo verso Renzi”.

Ecco, a noi questo “muoversi” della Marini e dei suoi coindagati che sciamano in pellegrinaggio verso Iv strazia il cuore. Anche perché Renzi attribuisce la débâcle umbra di Pd e M5S non a Catiuscia &C., ma alla foto di Conte, Di Maio, Zinga e Speranza, tutti vergognosamente incensurati. Il che rende poco credibile un retroscena de La Verità: “Renzi vuole la Carfagna premier al posto di Conte”. A parte il fatto che è una donna troppo seria per prenderlo sul serio, Mara ha un handicap insormontabile: non è mai stata neppure indagata.

https://infosannio.wordpress.com/2019/10/30/il-mitile-ignoto/