venerdì 15 novembre 2019

La Salvinistra. - Marco Travaglio



L’ultima scemenza della sinistra salviniana da talk show, detta anche Salvinistra, è che “Salvini ha una narrazione, mentre il governo giallo-rosa non ce l’ha”. Cioè non racconta balle, visto che la “narrazione” salviniana è una raffica di panzane. Ma la circostanza non sfiora neppure questi geni del tafazzismo, che certificano le cazzate del Cazzaro ogni volta che aprono bocca. L’altroieri avevano un assist imperdibile: è finita sott’acqua Venezia, governata da un sindaco di centrodestra e da una Regione leghista da sempre, dopo trent’anni di annunci a vanvera, promesse mancate, miliardi (6 o 7) buttati nel Mose, con annessi sprechi, marchette, mazzette e retate che affratellano la Prima e la Seconda Repubblica. Naturalmente il Mose non funziona: non è mai stato completato (siamo al 95%, dicono), ma in compenso le strutture metalliche sono in acqua da tempo, ormai arrugginite e cadenti prim’ancora dell’inaugurazione, così ai costi dell’ultimo miglio andranno aggiunti quelli delle riparazioni. La prova per il varo, slittata dal 2011 al 2020, è rinviata al 2021 e forse è meglio così: nessuno sa se, dopo, il Mose proteggerà Venezia dall’acqua alta. Lo scopriremo solo vivendo, anzi spendendo. E molti esperti giurano che non servirà a niente. Del resto non si chiama così in onore di Mosè (se no era meglio Noè), ma del Modulo Sperimentale Elettromeccanico: cioè è un esperimento mai tentato al mondo, il più caro della storia, al buio.

Ora è tutto uno starnazzare di Zaia, Brunetta, Brugnaro, Salvini e altre facce da Mose: “Dateci il Mose! Dov’è il Mose?”. A noi, lo chiedono. Zaia potrebbe domandarlo a Galan, arrestato per tangenti sul Mose, di cui era il vice prima di prenderne il posto. Brunetta, oltreché a Galan, potrebbe chiederlo a se stesso e a B., che insieme a Lunardi, Matteoli, Costa, Lupi, Delrio e altri preclari ministri, hanno sponsorizzato la boiata pazzesca a spese nostre. E Salvini, anziché chiedere altri 100 milioni per il Mose, dovrebbe domandare ai suoi campioni del buon governo veneto che fine han fatto i 6 miliardi già spesi. Ma di queste facce da Mose la Salvinistra non parla, anche perché dovrebbe sconfessare Prodi&C.. L’altroieri, a Otto e mezzo, Sallusti incolpava gli ambientalisti, i pm e naturalmente i 5Stelle, cioè quelli che sul Mose avevano ragione, ma purtroppo non hanno mai governato né il Veneto né l’Italia quando il Partito Trasversale degli Affari buttava i nostri soldi. In studio c’era il solito esponente tascabile della Salvinistra. Poteva contrastare la narrazione sallustiana ricordando che in Veneto da 25 anni non muove foglia che la Lega e B. non vogliano.

Invece parlava d’altro: attaccava anche lui i 5Stelle (“il loro programma era contro il Mose”: cioè avevano ragione) e il governo Conte “ostaggio di una minoranza M5S sullo scudo a Mittal”. Un frittomisto di Mose e di Ilva con le solite balle sull’immunità abolita: come se Arcelor Mittal fuggisse da Taranto per quella (chiude pure le acciaierie in Polonia, Sudafrica e Usa: cazzo c’entra lo scudo?) e a doversi vergognare fosse chi l’ha tolta, non chi l’ha data. È la narrazione salviniana, a sua volta identica a quella berlusconiana e renziana. Il “partito del Pil e dei sì” che “sblocca i cantieri” delle grandi opere contro il “partito della decrescita e dei no”. Invano Cacciari si sgolava a ricordare che da un quarto di secolo il Mose prosciuga tutte le risorse di Venezia, rubandole alla manutenzione, alla pulizia dei fondali, al restauro dei ponti, al consolidamento delle fondamenta, ai progetti di barriere anti-acqua alta molto più efficaci ma molto meno costosi. E proprio questo era ed è sempre il problema: piccole opere = piccoli costi e piccole mazzette; grandi opere = grandi costi e grandi mazzette. Vale per il Mose, l’Expo, le Olimpiadi e il Tav che, se mai si farà dopo 30 anni di balle, sarà il Mose di domani (con costi tripli, però).

Questa è l’unica “narrazione” alternativa a quella dei salvinisti e della Salvinistra: quella del buonsenso, della legalità e dell’ambientalismo che, fra l’altro, ha il pregio di dire la verità. E impone di finirla con gli Sblocca-Italia: semmai serve un poderoso Blocca-Italia, inteso come blocca-grandi opere inutili e sblocca-piccole opere utili. Ma non è di moda, perché il Partito degli Affari allunga i suoi tentacoli da destra a sinistra, con i giornaloni (gli stessi che la menano con Greta) a fare il coro. E chi stecca in quel coro perde. Quando nacque il governo giallo-verde, il M5S impose di condizionare ogni opera pubblica da iniziare o appena iniziata (per il Mose il danno ormai era fatto) a una severa analisi costi-benefici. Ma bastò la prima, quella che bocciava il Tav per 8 miliardi di perdite, perché quel metodo fosse abbandonato. Per mesi il M5S, Toninelli in testa, fu lapidato da destra e da sinistra, dai trombettieri di Confindustria e dalle loro madamine, come il partito che bloccava l’Italia, mentre purtroppo non era riuscito a bloccare nulla. E ci perse le Europee. La scena del 7 agosto 2019 in Senato, vigilia della crisi del Papeete, è un reperto d’epoca: tutti i partiti, dai “fascisti” della Lega ai loro alleati FI&FdI agli “antifascisti” del Pd, che votano tutti insieme appassionatamente per il Tav. E i 5Stelle soli con un pezzo di LeU che votano contro, cioè pro ambiente, pro risparmio, pro Val di Susa. Se i giallorosa vogliono essere alternativi al salvinismo, lascino starnazzare la destra e la Salvinistra e tirino dritto su una vera green economy e una dura lotta all’evasione, alla corruzione e alla prescrizione. Avranno contro l’Italia dei prenditori, dei magnager e dei loro giornaloni, e a favore l’Italia dei cittadini onesti. Tra le due Italie non c’è compromesso che tenga. O si sceglie la seconda, o tanto vale lasciare subito il campo a Salvini: la prima preferisce lui.

https://infosannio.wordpress.com/2019/11/15/la-salvinistra/

Ma non sarà colpa della Raggi? - Andrea Scanzi



Governano il Veneto da decenni, ma Zaia ora si domanda perché mai il Mose non sia in funzione (e lo chiedi a noi, fenomeno?). Doveva essere completato nel 2014, anzi nel 2011, e nel mezzo ne hanno arrestati a vagonate (daje Galan!), ma secondo gli ultimi neuroni liberi rimasti a Berlusconi, reduce peraltro dalla esecrabile scena muta al processo per la trattativa Stato/Mafia, la colpa è di Toninelli.
Per un decennio hanno detto le cose più empie possibili su Stefano Cucchi, e adesso che viene accertato anche giuridicamente il suo martirio, ce ne fosse uno (di quel centrodestra) che chiede scusa. E nel frattempo perdi il conto di quanti ne mettano in galera, comprese le anime candide che fino a ieri in tivù pretendevano pure di insegnarti cosa fosse la politica (c’mon Lara Comi!).
È difficile immaginare un centrodestra più ributtante di quello italiano. Ed è lo stesso centrodestra “nuovo” che il Cazzaro Verde riporterà al potere. Ed è lo stesso centrodestra che il Cazzaro Rosé aiuta indefessamente, con la sua politica stolta, bieca e scellerata. Sì, mi viene il vomito, è più forte di me (cit).
P.S. Sembra impossibile, ma la foto non è un fotomontaggio.
https://infosannio.wordpress.com/2019/11/14/ma-non-sara-colpa-della-raggi/

giovedì 14 novembre 2019

Troupe aggredita a Ostia, Cassazione conferma condanna a Spada. - Assunta Cassiano

Troupe aggredita a Ostia, Cassazione conferma condanna a Spada

Diventa definitiva la condanna a sei anni con il riconoscimento dell’aggravante del metodo mafioso per Roberto Spada. I giudici della V sezione penale della Cassazione, rigettando il ricorso della difesa di Spada, hanno confermato per l’esponente del clan la sentenza d’Appello per la testata al giornalista della trasmissione Rai 'Nemo' Daniele Piervincenzi e l’aggressione dell’operatore Edoardo Anselmi avvenuta il 7 novembre 2017 durante un servizio a Ostia.

Alla lettura della sentenza era presente la sindaca della Capitale Virginia Raggi. "Questa sentenza - ha commentato - riconosce l'aggravante mafiosa, è sicuramente una vittoria giuridica ed è un segnale molto forte per la criminalità: a Roma non c'è spazio per la criminalità e la mafia. Idealmente mando un abbraccio a Daniele Piervincenzi e Edoardo Anselmi. Roma e il sindaco sono dalla parte di tutti i cittadini onesti''.

Fimiani nella requisitoria di questa mattina, chiedendo di dichiarare inammissibile il ricorso della difesa di Spada, ha sottolineato come siano presenti tutti gli indici sintomatici per la sussistenza dell’aggravante del metodo mafioso. Piervincenzi e il suo operatore Edoardo Anselmi vennero aggrediti di fronte alla palestra di Roberto Spada, a Ostia, durante un'intervista sulla campagna elettorale nel X Municipio.

Avvicinato per alcune domande sui presunti rapporti con Casapound nel municipio di Ostia, sciolto dopo l'inchiesta su Mafia Capitale, Spada colpì Piervincenzi con una violenta testata che venne immortalata dalla telecamera.  Per l’aggressione il 18 giugno 2018, dopo l’inchiesta portata avanti dal pm Giovanni Musaro’,  Roberto Spada e Ruben Nelson Del Puerto sono stati condannati in primo grado a sei anni di reclusione per violenza privata e lesioni aggravate con il riconoscimento dell'aggravante mafiosa. Condanna confermata poi il 7 dicembre scorso in Appello per Spada. Stralciata, invece, la posizione del braccio destro, Ruben Nelson Del Puerto, il cui processo è ancora in corso in Appello. Spada lo scorso 24 settembre in un altro procedimento, il maxi processo al clan, nato dall’operazione ‘Eclissi’ della Dda di Roma,  e’ stato condannato all’ergastolo dalla Corte d’Assise.

"Questa non è una sentenza solo per me ma per tutti i cittadini di Ostia, spero sia un nuovo inizio", afferma Daniele Pievincenzi all’Adnkronos. "Importante -sottolinea Piervincenzi - è proprio che sia stato riconosciuto il metodo mafioso". 

"E’ una sentenza importante, perché quella testata c’è stata, è stata una testata mafiosa, non solo contro Piervincenzi e Anselmi ma contro il diritto dei cittadini a essere informati. Noi ci attendiamo che il Parlamento vari finalmente una legge contro chi ‘molesta’ l’articolo 21 della Costituzione", ha detto Beppe Giulietti presidente Fnsi. "Ci vuole un’aggravante, perché è un attentato permanente al diritto dei cittadini a conoscere", ha sottolineato.

https://www.adnkronos.com/fatti/cronaca/2019/11/13/aggravante-mafiosa-cassazione-conferma-condanna-spada_624z7aEp4hwFu4kUeCIUzO.html

La legalità non è più un valore. Perciò la Lega non perde voti. - Laura Tecce


Paolo De Nardis

Il sociologo De Nardis: “Perso il senso della Res publica. Salvini esalta la furbizia come mezzo di sopraffazione”.

“Il pubblico, inteso come res publica dovrebbe essere sacrosanto, prezioso e importante. Non si ha più la percezione di essere cittadini parte di una comunità”. Spiega così il sociologo Paolo De Nardis, già preside della Facoltà di Sociologia dell’Università La Sapienza, il fatto che i temi della corruzione e della legalità in Italia non siano più percepiti come condizioni essenziali e prioritarie.

L’onestà come condizione o addirittura come precondizione per l’esercizio della politica non fa più presa nell’opinione pubblica e nell’elettorato?
“C’è stata una progressiva dissipazione del sentirsi e dell’essere parte di qualcosa, non ci si sente o ci si sente sempre meno cittadini, parte di una comunità, il concetto di ‘pubblico’ viene a cancellarsi sempre di più con una velocità atroce. Calando la partecipazione e venendo meno un’educazione a tutti i livelli, il saper parlare alla pancia di un corpo sociale così sfaldato, così in decomposizione come Matteo Salvini sa fare molto bene, incoraggia l’attitudine a questa frammentazione e a questo iper individualismo scatenato che di fatto rende premiante soltanto l’egoismo e la furbizia che poi si sostanziano nella svalutazione dell’altro, dell’alterità. Questo fa il paio con lo slogan ‘Prima gli italiani’, che non vuol dire creare una comunità sociale armoniosa ma, al contrario, porre le basi affinché ognuno pensi a se stesso e a come sopraffare l’altro”.

Anche a “farla franca”?
“Certo, siamo di fronte alla coltivazione di una politica della solitudine e dell’egotismo, prevale la cultura di un ego nel senso di egoismo. Tutto ciò un tempo veniva derubricato, dal punto di vista della sociologia del diritto penale e criminale, come devianza amministrativa – cioè non adeguare la propria condotta ai comandi normativi – ma anche come anomia, cioè mancanza di valori condivisi. Stiamo parlando di corruzione ai danni del pubblico, che dovrebbe essere sacrosanto, prezioso e importante. Non se ne ha più la percezione”.

Forse dopo Tangentopoli, in cui si erano riposte molte speranze nella lotta alla corruzione, c’è stata una sorta di disincanto, aspettative deluse?
“Tangentopoli ha scoperchiato, quello che già in qualche modo si intuiva, in maniera palese e roboante ma la popolazione all’epoca – nel 1992 – era abituata alla partecipazione, dopo 10 anni di reflusso. Di fatto c’era un’affezione alla cosa pubblica, alla politica intesa come interesse di tutti, come passione e senso di realizzazione di se stessi anche nel costruire qualcosa di condiviso, un progetto di vita comune. Nel pool di Mani Pulite si vide il punto di riferimento del riscatto morale e civile”.

Ma oggi più che al riscatto morale stiamo assistendo all’effetto bandwagon, cioè al salto sul carro del vincitore…
“E’ un salto che fotografa quella che è l’Italia di oggi. Il 34% del 60% di votanti è una grossa percentuale, rappresenta una parte consistente che vuol sentirsi dire quello che Salvini dice, non cerca motivazioni profonde: è un’abdicazione alla razionalità, all’analisi, allo studio. Ci si accontenta di una lettura superficiale, di essere trascinati dagli slogan”.

I media non sono più in grado di rappresentare la complessità?
“I mezzi di comunicazione di massa si adeguano alle ‘oscillazioni del gusto’. Oggi manca l’approfondimento, il trend è dare la notizia nel modo più superficiale possibile cadendo anche nella tentazione della fake news e i new media – penso anche ai social network – incoraggiano questa attitudine. I social banalizzano il discorso, hanno contribuito sicuramente a creare questo tipo di frammentazione”.

https://infosannio.wordpress.com/2019/11/13/la-legalita-non-e-piu-un-valore-percio-la-lega-non-perde-voti/?fbclid=IwAR2lz3YFTdyl8fx2mS7DAcbpXE6EAk8r6G3DmV3ApGjXrnOFCQ-Mtr5rXI4

Mose, parcelle a sei zeri per i 272 collaudatori. - Francesco Turano

Mose, parcelle a sei zeri per i 272 collaudatori
Vincenzo Pozzi

La parte del leone spetta ai dirigenti dell’Anas. Il record con 1,2 milioni di euro è dell’ex presidente Vincenzo Pozzi. Numero due per importo presunto il successore Pietro Ciucci: 747 mila euro di compenso.

Il totale del costo per i collaudi delle opere del Mose era noto: 26 milioni di euro complessivi. Ma fa lo stesso effetto vedere la lunga lista di nomi (all’esame del governo), accompagnata dalla parcella che, a sua volta, è divisa fra compenso presunto e importo fatturato finora.

La parte del leone spetta ai dirigenti dell’Anas. Il record con 1,2 milioni di euro è dell’ex presidente Vincenzo Pozzi, oggi sistemato alla presidenza della Cal (Concessionarie Autostradali Lombarde) con l’ex amministratore delegato Antonio Rognoni, arrestato a marzo per truffa alla Regione Lombardia.

Quanto hanno guadagnato i collaudatori del Mose
Il totale del costo per i collaudi delle opere del Mose è di 26 milioni di euro. La parte del Leone spetta ai dirigenti Anas. Ecco il documento completo con le parcelle presunte e gli importi fatturati
Numero due per importo presunto è il successore di Pozzi, Pietro Ciucci: 747 mila euro di compenso di cui 480 mila fatturati. Piero Buoncristiano, direttore del personale Anas in pensione, ha parcelle per più di mezzo milione, oltre a un posto di amministratore delegato del Cav, la società mista per gestire le strade fra Anas e Veneto.

Presenti anche l’ex direttore generale Francesco Sabato, Alfredo Bajo, braccio destro di Ciucci, Mauro Coletta e Massimo Averardi con somme che vanno dai 240 mila ai 400 mila euro. In zona infrastrutture e trasporti si trovano l’ex magistrato ordinario e del Tar Vincenzo Fortunato (535 mila euro), capo di gabinetto di vari ministeri prima di essere nominato liquidatore della Stretto di Messina.

Piergiorgio Baita: "Così funzionava il sistema Mose"
"Confesso che ho corrotto. Ma come me agivano altri soci del Consorzio. A partire da Mazzi. Che aveva un filo diretto con Gianni Letta". Parla il testimone d'accusa che ha travolto l'establishment lagunare

Anche Roberto Daniele ha partecipato ai collaudi del Mose con oltre 400 mila euro fatturati. Daniele ha ricevuto quasi tutto il compenso presunto (414 mila euro) e da un anno, su nomina del ministro delle Infrastrutture Maurizio Lupi, presiede il Magistrato alle acque di Venezia, ossia la struttura governativa che nomina i collaudatori.

Poco più di 500 mila euro è l’importo presunto di Maria Pia Pallavicini, direttore dell’edilizia statale presso il Mit ai tempi della cricca Anemone-Balducci, mentre il geometra Gualtiero Ceserali ha incassato 300 mila euro.

Quello che impressiona, oltre alle cifre spese, è il numero di persone coinvolte. Nella prospettiva di una distribuzione capillare degli incarichi, la lista dei collaudatori è composta da 272 soggetti.

PrecisoChe
1 Collaudi secondo la legge
2 La precisazione del Magistrato delle acque
3 Incarichi legittimi

http://espresso.repubblica.it/inchieste/2014/06/12/news/mose-quel-collaudatore-e-amico-mio-1.168982

Danno da 200mln,inchiesta dirigenti Aifa.



Indagine C. Conti su limitazioni imposte a farmaco più economico.


(ANSA) - ROMA, 14 NOV - Avrebbero imposto delle limitazioni alla prescrivibilità di un farmaco più economico per curare alcune malattie oculari, provocando un danno all'erario dello Stato di 200 milioni, pari ai maggiori costi sostenuti dal Servizio sanitario nazionale. E' l'accusa contestata ad alcuni membri dell'Aifa, l'Agenzia italiana del farmaco, tra cui dirigenti e componenti pro tempore della Commissione consultiva tecnico scientifica. La Guardia di Finanza sta notificando ai soggetti coinvolti nell'indagine della Corte dei Conti del Lazio un invito a dedurre.

Le città che possono insegnare a Venezia come difendersi dall'acqua. - Veronique Viriglio

difesa acqua alta olanda russia londra
Oosterscheldekering - barriera di sbarramento - Olanda

L'Olanda, la Russia, la Gran Bretagna e gli Usa possono ispirare la futura difesa della città lagunare attraverso modelli virtuosi e funzionanti. 

Dighe, polder, dune, sbarramenti: sono tanti gli impianti in servizio nel mondo per proteggere città e intere regioni da un eventuale innalzamento del livello delle acque, che in questi giorni infligge danni incalcolabili a Venezia: dall'Olanda, modello in questo settore, alla Gran Bretagna passando per Russia e Stati Uniti.

Olanda.
Con un territorio per il 40% sotto il livello del mare, senza i suoi 18 mila chilometri di dighe, dune e sbarramenti l'Olanda sarebbe solo una grande palude e non la quinta economia dell'Eurozona. Da decenni non solo si sta proteggendo da un potenziale innalzamento del livello delle acque del Mare del Nord ma sta anche esportando le sue soluzioni in tutto il mondo, con 7 miliardi di fatturato annuo.

Nei Paesi Bassi, dopo la grande inondazione della Zelanda nel 1953, è stato realizzato il mega progetto del Piano Delta, andato avanti tra il 1954 e il 1997. Si tratta del più grande sistema al mondo di protezione dal mare a tutela della zona densamente popolata della foce del Reno, della Mosa e della Schelda. Il Piano Delta è costituito da 13 opere idrauliche diverse e innovative: 3 chiuse, 6 dighe e 4 barriere anti mareggiata. Sono tutt'ora una grande attrattiva e caratteristica dell'Olanda, oltre a collegare tra loro in maniera innovativa le isole.

Uno degli impianti più noti è la grande diga di sbarramento Oosterscheldekering, la barriera della Schelda orientale, situata nella provincia occidentale dello Zeeland, costruita tra il 1976 e il 1986, che protegge Amsterdam. Il progetto costò l'equivalente di 2,5 miliardi di euro, vale a dire circa due terzi del costo dell'intero Piano Delta.

La diga anti mareggiata, lunga 9 chilometri - la più estesa nel Paese - è formata da 65 piloni e 62 paratie scorrevoli alte dai 6 ai 12 metri, che si alzano verso l'alto e il basso, azionate dalla J.W. Topshuis, che si trova sull'isola di Neeltje Jans. Le paratie vengono chiuse in media una volta all'anno quando si prevede un innalzamento del livello dell'acqua di tre metri rispetto al NAP, ovvero il "Livello Normale di Amsterdam", utilizzato da secoli in Olanda come punto di riferimento per tutte le misurazioni del livello del suolo.
In 75 minuti le paratie vengono chiuse completamente, proteggendo quindi il paese da eventuali inondazioni dal Mare del Nord. Il progetto iniziale prevedeva la costruzione di una diga chiusa ma poi, grazie alla collaborazione di ambientalisti, pescatori e ostricoltori, e' stato modificato in una diga semi aperta per evitare la scomparsa della flora e fauna marina.
I marinai possono ancora raggiungere il mare aperto attraverso la barriera passando per la chiusa Roompotsluis, quindi andare a pescare le aragoste della Schelda orientale oltre a pesce prelibato mentre vengono sempre coltivate le ostriche della Zelanda. Inoltre la barriera collega anche le isole di Schouwen-Duiveland e Noord-Beveland nella provincia dello Zeeland. L'intera area, importante attrazione turistica, è stata dichiarata parco nazionale con il nome di "Parco nazionale della Schelda orientale".

A proteggere dalle inondazioni costiere Rotterdam e il suo porto è la barriera della Meslant (Maeslantkering) nella provincia Zuid-Holland, localizzata all'imboccatura del Nieuwe Waterweg nel Mare del Nord, realizzata tra il 1991 e il 1997, opera conclusiva del Piano Delta. E' costituita da due paratoie rotanti in acciaio alte 22 metri e lunghe ciascuna 210 metri, azionate da un sistema automatico che si attiva all'innalzamento del livello delle acque. Vengono chiuse annualmente per verificarne il funzionamento e l'intero processo necessita di circa quattro ore, due per la chiusura e due per l'apertura.

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La diga di Maeslantkering

L'8 novembre 2007 le paratoie furono chiuse per affrontare l'emergenza derivata dalla tempesta "Tilo", causa di onde alte a 3 metri di altezza. Negli ultimi anni la città di Rotterdam sta affrontando il problema dell'innalzamento del livello del mare con soluzioni innovative e green: un giardino pensile che può diventare uno Smart Roof per prevedere le precipitazioni e conservare l'acqua piovana e una fattoria galleggiante di 35 mucche che forniscono alla gente del posto la loro pinta di latte fresco al giorno.

Gran Bretagna.
Il Tamigi è traversato da una barriera, la Thames Barrier, alta come un edificio di sei piani che chiude i portelloni quando il mare minaccia di allagare l'entroterra. Situata a Woolwich Reach, a sud dell'abitato di Londra, il suo scopo è quello di prevenire eccezionali ondate di alta marea. La struttura di regolazione del flusso del fiume omonimo e' stata costruita tra il 1974 e il 1984 ed è costata circa 623 milioni di euro.

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Thames Barrier.

È costituita da nove piloni di calcestruzzo e due spalle sulle rive del fiume, suddividendo la larghezza del fiume in quattro canali larghi 60 metri, due più piccoli da 30 metri, tutti navigabili, ed altri quattro larghi 30 metri non navigabili. Comprende paratie costruite in acciaio che ruotano su se stesse per chiudere i varchi in caso di necessità. Sono vuote all'interno e possono essere riempite d'acqua in caso di necessità, divenendo operative e chiuse in soli 15 minuti dalla loro messa in funzione.

Prima del 1990, il sistema era entrato in funzione da una a due volte l'anno in media. Dal 1990 il numero delle chiusure è aumentato a quattro per anno e nel 2003 vennero chiuse per ben 14 maree consecutive. Le barriere vennero chiuse due volte il 9 novembre 2007 per far fronte ad una tempesta sul mare del Nord simile a quella del 1953. Nell'inverno 2013-2014 le paratie sono state chiuse per ben 28 volte, stabilendo un record.

Russia.
Nel 2011 a San Pietroburgo è stata inaugurata una diga colossale per proteggere la città dalle piene del fiume Neva, separandolo dal resto del Golfo di Finlandia. Il dispositivo lungo 25 chilometri, più imponente opera pubblica costruita in Russia negli ultimi anni, costata l'equivalente di 2,7 miliardi di euro, può resistere a piene di oltre 5 metri.

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Diga di San Pietroburgo

La sua costruzione è cominciata nel 1971 e dopo alcuni anni di fermo, negli anni 90 e 2000, il cantiere è stato riaperto dal presidente Vladimir Putin, originario di San Pietroburgo, con l'aiuto di esperti olandesi e grazie al sostegno della Banca europea per gli investimenti. Concepita dal britannico Halcrow Group, la diga è lunga 25,4 km e alta 8 metri.

L'opera di protezione con argini estesi su 23 km è sormontata da un'autostrada a sei corsie e comprende opere idrauliche oltre a due passaggi navigabili da grandi imbarcazione e sei passaggi larghi 300 metri che lasciano transitare l'acqua liberamente. In caso di allerta sportelli e valvole vengono chiusi per formare una barriera totalmente ermetica. La diga è oggetto di critiche da parte degli ambientalisti.

Stati Uniti.
Il 23 agosto 2005 l'uragano Katrina ha sommerso l'80% della città di New Orleans: gli argini dei numerosi canali che la attraversano non hanno retto. In difesa di New Orleans è stato costruito un nuovo anello di dighe, barriere, chiuse e pompe collegate tra loro, lungo 560 chilometri. La città della Louisiana è all'80% sotto il livello del mare.  


https://www.agi.it/estero/difesa_acqua_alta_olanda_russia_londra-6544471/news/2019-11-14/?fbclid=IwAR282egZerBjauuB_uP2sHEIRotympt_HA2w-8Eim9eYHAvMaNzjD4cAFTc