venerdì 20 dicembre 2019

Prescrizione, niente rinvii: riforma in vigore da gennaio. Bonafede: “Al lavoro per ridurre i tempi dei processi”. Intesa su intercettazioni.

Prescrizione, niente rinvii: riforma in vigore da gennaio. Bonafede: “Al lavoro per ridurre i tempi dei processi”. Intesa su intercettazioni

Il Pd continua a chiedere correttivi, ma accetta che si discutano in corsa e cita il pg della Cassazione Salvi che ha detto: "E' buon punto di partenza". Italia Viva isolata. Sulle intercettazioni mini-proroga e poi modifiche da marzo: stop al potere di selezione delle trascrizioni alla polizia giudiziaria.

La riforma della prescrizione entrerà in vigore a gennaio senza rinvii e, solo dopo, la maggioranza discuterà su come ridurre i tempi dei processi. Il vertice di maggioranza a Palazzo Chigi sulla giustizia si è chiuso con un mezzo accordo sulla riforma Bonafede: il Pd chiede correttivi, ma saranno fatti in corsa senza che il provvedimento venga bloccato a fine anno. Unici a protestare rimangono i parlamentari di Italia Viva che insistono sul rinvio. Per il Guardasigilli è comunque un buon risultato: “Sono orgoglioso: tutti sanno quanto ci abbiamo creduto. Detto questo e consapevole delle divergenze che ci sono nella maggioranza, ho dato disponibilità a rivederci per accelerare i tempi del processo perché è questo che vogliono tutti i cittadini, tutti gli addetti ai lavori. Il 7 gennaio verranno prese in considerazione tutte le proposte senza nessuna preclusione”. Nel vertice si è anche raggiunto un accordo sulla riforma delle intercettazioni, scritta dall’ex ministro Andrea Orlando e che ora verrà parzialmente corretta e sarà rinviata al primo marzo. “Si farà una breve proroga e nel frattempo, sulle intese raggiunte, si faranno degli aggiustamenti concordati e ritenuti urgenti su quelle che sono le norme della delega Orlando”, ha spiegato il senatore Pietro Grasso lasciando il vertice a Chigi.
Un altro segnale sulla mezza intesa sulla prescrizione è arrivato dalla Camera: l’ufficio di presidenza della commissione Giustizia ha stabilito l’8 gennaio come termine per la presentazione degli emendamenti alla proposta di legge Costa volta a cancellare lo stop alla prescrizione dopo il primo grado. “Peccato che la riforma entrerà in vigore sette giorni prima, il primo gennaio 2020: a quel punto ci diranno che ormai i buoi sono scappati e non sarà più possibile rimediare”, ha commentato il firmatario della proposta, il responsabile azzurro per la giustizia Enrico Costa che definisce uno “scambio di doni natalizi” il via libera alla riforma Orlando e l’ok alla partenza della riforma della prescrizione senza correttivi. Che la proposta Costa fosse affossata lo si era già capito in Aula quando è stata respinta la richiesta di discussione urgente.
La maggioranza, dopo le tensioni dei mesi scorsi sul tema, ha dimostrato di essere al lavoro per trovare un accordo. Anche il Pd infatti, ha sottoscritto la decisione della presidente 5 stelle della commissione Giustizia sulla data per il termine per gli emendamenti. E non è un caso che il capogruppo dem Alfredo Bazoli, proprio oggi, abbia rilanciato il contenuto dell’audizione in Commissione del procuratore generale presso la Corte di Cassazione, Giovanni Salvi, che ha approvato il blocco della prescrizione dopo il primo grado di giudizio, avvertendo tuttavia che dovrebbe valere solo per le sentenze di condanna e non di assoluzione. E anche che occorrerebbe un meccanismo di durata massima del processo di appello, per evitare processi infiniti. “C’è chiedersi”, ha detto ancora Bazoli, “per quale ragione il ministro della Giustizia continui a mettersi di traverso rispetto a una soluzione tecnicamente corretta e che spianerebbe la strada a un rasserenamento del clima politico”.
Il vertice di oggi con il premier Giuseppe Conte e con il ministro Bonafede ha inoltre portato a uno slittamento del Consiglio dei ministri da venerdì a sabato mattina per l’esame del Milleproroghe in cui, stando agli annunci del governo, finiranno anche le intercettazioni. La proroga dell’ex riforma Orlando, tuttavia, non sarà più di sei mesi, come inizialmente previsto, ma “molto breve: giusto il tempo di apportare le modifiche concordate” ha spiegato l’ex presidente del Senato Grasso al termine del vertice. Tra le norme da riscrivere ci sono quelle relative alle intercettazioni tramite “trojan”, il dispositivo in grado di trasformare il telefono dell’intercettato in una sorta di microspia, che si vogliono equiparate alle intercettazioni telefoniche e quindi far autorizzare solo per ipotesi di reato che prevedono una pena superiore ai 5 anni. Altre modifiche riguarderanno il controllo del pm sulla selezione delle comunicazioni da trascrivere, ora affidata in via quasi esclusiva alla sola polizia giudiziaria. Ma il testo dovrà prevedere anche modalità più agevoli per l’accesso del difensore al materiale intercettato, una modifica chiesta pure dell’Unione delle camere penali.
Politicamente, Bonafede evita accuratamente di intestarsi successi a scapito degli alleati. Così si limita a dire che nel vertice “c’è stato davvero un bel lavoro, di cui sono molto soddisfatto” perché “è stato trovato un approccio pragmatico, non ideologico e con questo siamo arrivati a una soluzione che dal punto di vista mio e della maggioranza, si bilanciano perfettamente tutti gli interessi in gioco”.

Cancro al fegato, la cura rivoluzionaria su una paziente di 42 anni.



A Taranto una cura innovativa per i tumori. È stata provata per la prima volta in Puglia, su una donna di 42 anni, una nuova metodologia per la cura di carcinomi neuroendocrini. Al Santissima Annunziata una paziente di 42 anni della provincia di Taranto, affetta da tumore al fegato con metastasi, è stata sottoposta nei giorni scorsi a una innovativa metodica di cura presso l’Unità Complessa di Medicina Nucleare.

Si tratta della prima paziente in Puglia sottoposta a questo trattamento con un radiofarmaco disponibile in regione solo da maggio scorso e somministrabile solo in alcuni centri regionali (per ora Taranto e Barletta). La metodica si chiama Radioterapia metabolica (PRRT Peptide Radio Receptorial Therapy) e può essere effettuata a pazienti con carcinomi neuroendocrini gastro-entero-pancreatici (NET-GEP) ben differenziati (G1 e G2) progressivi, non asportabili o metastatici, positivi ai recettori della somatostatina.

I carcinomi neuroendocrini sono dei tumori ubiquitari, la cui incidenza è 0,4-0,9% del totale e che nel 60% dei casi si sviluppano in sede gastro-enterico-pancreatico: è stimato che in Puglia le persone interessate da questo ultimo tipo di patologia sono circa 50/60 all’anno e ora potranno avere una metodica innovativa per affrontare la malattia. Questo tipo di cura finora era possibile in Italia solo nei centri pilota di Reggio Emilia e Meldola (FC).

Il trattamento è indicato a pazienti adulti che presentano metastasi e già sottoposti a terapia con altri farmaci che però non sono riusciti a bloccare la progressione della malattia; il radiofarmaco utilizzato (Lutezio 177LU) si lega ai recettori della somatostatina ed è in grado di determinare la lisi o morte delle cellule tumorali, viene somministrato in 4 cicli a distanza di 8 settimane in ricovero protetto (in stanze schermate) della durata di un paio di giorni. Ogni ciclo è preceduto da esami diagnostici per valutare le condizioni del paziente e seguito da una scintigrafia per verificare il legame del radiofarmaco nelle sedi della malattia. Pur non avendo controindicazioni, è importante che i pazienti sottoposti a questo trattamento si idratino abbondantemente nei giorni successivi al trattamento per eliminare la radioattività del farmaco.


https://www.quotidianodipuglia.it/taranto/cancro_fegato_cura_rivoluzione_paziente_salva-4936702.html?fbclid=IwAR0zs7tKnbNA162Ndoy2zdUq_UBhA27962NvTYCBFgceJhiTXy_Oarb0RP0

giovedì 19 dicembre 2019

Amenità





GIUSTIZIA & IMPUNITÀ Fallimento Banca Base di Catania, arrestati il presidente e il direttore generale: sono accusati di bancarotta. Diciotto persone indagate.

Fallimento Banca Base di Catania, arrestati il presidente e il direttore generale: sono accusati di bancarotta. Diciotto persone indagate

I reati ipotizzati, a vario titolo, dalla Procura distrettuale di Catania per gli arrestati e i 18 indagati, sono, in concorso, bancarotta fraudolenta, falso in prospetto, ostacolo all’esercizio delle funzioni di vigilanza e aggiotaggio. 
Sono stati arrestati e posti ai domiciliari con l’accusa di aver pilotato il fallimento della Banca di Sviluppo Economico di Catania (Banca Base) il presidente del Cda, Piero Bottino, di 63 anni, e il direttore generale, Gaetano Sannolo, di 47. L’operazione è stata condotta dai militari della guardia di finanza di Catania e dal nucleo speciale di polizia valutaria nell’ambito dell’inchiesta sul crak dell’istituto di credito che vede indagate anche altre 18 persone.
I reati ipotizzati, a vario titolo, dalla Procura distrettuale di Catania per gli arrestati e i 18 indagati, sono, in concorso, bancarotta fraudolenta, falso in prospetto, ostacolo all’esercizio delle funzioni di vigilanza e aggiotaggio. Al centro dell’inchiesta lo stato d’insolvenza della Banca Sviluppo Economico s.p.a. dichiarato dal Tribunale civile di Catania nel dicembre 2018 e confermato in appello nell’aprile 2019. L’operazione delle Fiamme Gialle, denominata “Fake Bank’, secondo l’accusa, avrebbe consentito di “tracciare la perpetrazione ripetuta di illecite condotte operate dalla governance della ‘fallita’ banca etnea consistenti in operazioni finanziarie anti-economiche e dissipative del patrimonio societario in dispregio dei vincoli imposti dall’Autorità di Vigilanza”.

'Ndrangheta, maxi blitz dei Cc: 334 arresti.

Giancarlo Pittelli © ANSA
Giancarlo Pittelli. (ansa)

Disarticolate tutte le cosche del Vibonese in Italia e all'estero. 

Politici, avvocati, commercialisti, funzionari infedeli dello Stato e massoni figurano tra i 334 arrestati della maxi operazione condotta all'alba dai carabinieri del Ros e del Comando provinciale di Vibo Valentia con il coordinamento della Dda di Catanzaro. Tra loro anche l'avvocato ed ex parlamentare di Forza Italia Giancarlo Pittelli. 
L'operazione 'Rinascita-Scott' ha disarticolato tutte le organizzazioni di 'ndrangheta operanti nel Vibonese e facenti capo alla cosca Mancuso di Limbadi. Complessivamente sono 416 gli indagati, accusati a vario titolo di associazione mafiosa, omicidio, estorsione, usura, fittizia intestazione di beni, riciclaggio e altri reati aggravati dalle modalità mafiose.
Contestualmente all'ordinanza di custodia cautelare, i carabinieri stanno notificando anche un provvedimento di sequestro beni per un valore di circa 15 milioni di euro. L'imponente operazione, frutto di indagini durate anni, oltre alla Calabria interessa varie regioni d'Italia dove la 'ndrangheta vibonese si è ramificata: Lombardia, Piemonte, Veneto, Liguria, Emilia Romagna, Toscana, Lazio, Sicilia, Puglia, Campania e Basilicata. Alcuni indagati sono stati localizzati e arrestati in Germania, Svizzera e Bulgaria in collaborazione con le locali forze di Polizia e in esecuzione di un mandato di arresto europeo emesso dall'autorità giudiziaria di Catanzaro. Nell'operazione sono impegnati 2500 carabinieri del Ros e dei Comandi provinciali che in queste ore stanno lavorando sul territorio nazionale supportati anche da unità del Gis, del Reggimento Paracadutisti, degli Squadroni Eliportati Cacciatori, dei reparti mobili, da mezzi aerei e unità cinofile.   

"Tangenti per diventare ufficiali" Un lungo elenco di 82 indagati. - Riccardo Lo Verso


La scuola di abilitazione "De Santis".

Maxi inchiesta sugli esami di abilitazione professionale per lavorare sulle navi.

PALERMO - Il blitz scattò due anni fa. Cinque persone agli arresti domiciliari, quattro con il divieto di dimora e tre con l'obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria. Ora si scopre che sotto inchiesta ci sono in tutto ottantadue persone che hanno ricevuto l'avviso di conclusione delle indagini firmato dal procuratore aggiunto Sergio Demontis e dal sostituto Francesco Gualtieri.

Sono numeri da maxi inchiesta quelli venuti fuori dalle indagini dei finanzieri del Gico del Nucleo di polizia economico-finanziaria e della capitaneria di Porto di Palermo. Tra gli indagati ci sono dipendenti dipendenti della stessa Capitaneria e docenti dell'Istituto nautico. Avrebbero pilotato in cambio di tangenti gli esami di abilitazione professionale per lavorare sulle navi. I reati contestati a vario titolo sono corruzione, induzione indebita a dare o promettere utilità, rivelazione di segreto d'ufficio e falsi ideologici in atto pubblico.

L'indagine ruotava attorno alla scuola di formazione marittima "Studio De Santis", di via Francesco Crispi, all'ingresso del porto di Palermo, abilitata dal ministero a rilasciare l'attestato necessario per lavorare sui mercantili e a bordo della navi da crociera. 

Pagando fino a mille euro i candidati avrebbero avuto la certezza di superare le prove indette dalla direzione marittima per ottenere l'abilitazione. Come? Conoscendo in anticipo le risposte. Almeno cinquanta gli episodi in cui i candidati sarebbero stati avvicinati durante i pre corsi per diventare primo ufficiale di coperta o di macchina.

Dell'elenco degli indagati fanno parte Giovanni Paterna (direttore di macchina e componente della commissione esaminatrice), Raffaella De Santis (della omonima scuola di formazione), Leonardo Busalacchi (impiegato della Capitaneria di Porto), Giuseppe Tarantino (direttore di macchina) Antonino Lupo (maresciallo luogotenente della Capitaneria di Porto), Giosuè Messina (capitano di vascello), Flavio Gambino (sottotenente di vascello), Caterina Morello (Studio De Santis), Annarita Iadanza (docente del Nautico)

E poi c'è un lungo elenco di candidati originari di tante città siciliane e del resto d'Italia: Maria Arrigo, Alessandro Astarita, Vincenzo Aurelio, Rosario Barbagallo, Antonio Barletta, Emanuele Bartholini, Antonino Bartolone, Antonio Bonanno, Ignazio Bono, Leonardo Busalacchi, Antonio Camello, Federico Camilleri, Andrea Certa, Calogero Cipollina, Gabriele D'Aleo, Raffaella De Santis, Giuseppe Di Bella, Alexandro Di Bono, Concetto Di mauro, Letterio Di Perri, Andrea Di Stefano, Antonino Esposito, Giuseppe Firetto, Vincenzo Formisano, Calogero Galati, Flavio Gambino, Andrea Gebbia, Paolo Giacalone, Letterio Gismondo, Riccardo Giunta, Annarita Iadanza, Patrizia Laria, Benedetto Lo Galbo, Alessandro Loreto, Antonio Lupo, Filippo Macaluso, Antonino Maltese, Fabrizio Marchese, Mariano Martino, Giovanni Mennella, Antonino Messina, Giosuè Messina, Fabrizio Milone, Davide Mocata, Carmela Moncada, Daniele Montalto, Caterina Morello, Angela Musso, Fabio Palino, Giovanni Paterna, Federico Pernice, Davide Pirrone, Francesco Polizzi, Domenico Pollino, Giuseppino Procopio, Piero Raccuglia, Henry Ricca, Gaetano Rizzo, Bonaventura San Paolo, Leonardo Schiano Di Zenise, Francesco Schiavone, Alessandro Schirò, Paolo Scolaro, Antonio Scrima, Domenico Seidita, Chiara Sinagra, Silvio Siviero, Alessandro Sofia, Emmanuele Spitaliere, Salvatore Stella, Giuseppe Tarantino, Pietro Tempesta, Corrado Tinè, Gianpaolo Tropea, Benedetto Turturici, Pietro Valguarnera, Antonino Vassallo, Orazio Virgitto, Carmelo Virgitto, Francesco Paolo Vitale, Marco Vizzini, Antonino Zaccaria.


https://livesicilia.it/2019/12/18/tangenti-per-diventare-ufficiali-un-elenco-di-82-indagati_1107303/

mercoledì 18 dicembre 2019

Famiglia Borsellino contro manifesto Fratelli d'Italia: "Uso improprio immagine nostro padre." - Elvira Terranova.

Famiglia Borsellino contro manifesto Fratelli d'Italia: Uso improprio immagine nostro padre

Duro commento dei figli, 'Iniziativa improvvida, diffidiamo partito a usare immagine e nome.'

La famiglia di Paolo Borsellino si scaglia contro un manifesto di Fratelli d'Italia che pubblicizzava un incontro che si è tenuto ieri sera al Comune di Podenzano, nel piacentino. Tra gli interventi previsti quello di tre parlamentari del partito di Giorgia Meloni, Tommaso Foti, Wanda Ferro e Andrea Del Mastro.
"Con riferimento ai manifesti elettorali del movimento politico 'Fratelli d'Italia' che indebitamente recano l'effige di nostro padre e la dicitura 'Borsellino vive', oltre a dissociarci decisamente da questa improvvida iniziativa diffidiamo pubblicamente i responsabili del partito politico dall'utilizzare in qualsiasi forma e modo l'immagine e il nome di Paolo Borsellino", dicono i figli del giudice ucciso nella strage di via D'Amelio, Manfredi, Lucia e Fiammetta Borsellino.
"Ci riserviamo per ogni altro aspetto di adire le vie legali per l'uso improprio e illegittimo che è stato fatto dell'immagine e del nome di nostro padre", annunciano all'Adnkronos.



Sono così adusi a bypassare le leggi che loro stessi fanno, che commettono reati senza rendersene conto. E' illegale, infatti, utilizzare le immagini di persone senza il consenso degli interessati o di chi ne fa le veci.