Il boss di Brancaccio torna a fare il nome dell'ex presidente del consiglio al processo di Reggio Calabria e conferma di aver cercato di mandargli un messaggio tramite Adinolfi: "Devi ricordargli che io ancora sono vivo". E fa il nome dell'ex senatore: "Berlusconi ha fatto leggi che hanno danneggiato anche lui". Poi continua a lanciare segnali: "Ormai sono rimasto io solo che sono a conoscenza di queste situazioni. Su via D’Amelio, porterò a tante malefatte che ancora sono nascoste". E nega di aver concepito un figlio in carcere: "Non racconterò mai a nessuno come è andata."
Nega, glissa, prova spesso a cambiare discorso, poi torna a lanciare segnali. “Hanno fatto leggi ingiuste per non farmi uscire dal carcere, perché ormai sono rimasto io solo che sono a conoscenza di queste situazioni“. E poi: “Porterò altra documentazione su via D’Amelio, porterò a tante malefatte che ancora sono nascoste”. E ancora: “Sulla mia vita c’è un libro pronto, forse anche più di un libro”. Di cosa parla Giuseppe Graviano, il boss che custodisce il segreto delle stragi? “Io non sono uno che manda messaggi“, sostiene lui, specificando che possono metterlo “anche sottosopra ma non dirò niente. Se vogliono aspettare quello che dico…”. Di sicuro c’è solo che il boss di Brancaccio è tornato a fare il nome di Silvio Berlusconi. E lo ha fatto ammettendo di aver chiesto al compagno d’ora d’aria, Umberto Adinolfi, d’inviare un messaggio all’ex presidente del consiglio. Oggetto della comunicazione: “Doveva ricordarsi che io sono ancora vivo“. Dopo l’interrogatorio fiume di una settimana fa, Graviano ha continuato la sua deposizione al processo ‘Ndrangheta stragista, in corso davanti alla corte d’Assise di Reggio Calabria, dove è accusato dell’omicidio di due carabinieri. Non è un pentito, ma un mafioso stragista sepolto al 41 bis da molteplici ergastoli. Non è un collaboratore ma un imputato: come tale può mentire. E infatti nega praticamente ogni accusa. “Io- sostiene – non ho fatto le stragi, sono innocente. Ho una dignità, una serietà, non dico bugie”. Dice anche che “sono state fatte leggi incostituzionali, perché la corte costituzionale li sta dichiarando incostituzionale”.aQuali leggi? “Quelle fatte per non farci uscire dal carcere, dopo che ci hanno accusato delle stragi“. Oggi è tornato a dipingere il suo arresto, a Milano nel gennaio del 1994, come “un progetto che è stato voluto da più persone“. Cosa intende dire? “Dopo essere stato arrestato – ha detto Graviano – ogni giorno ricevevo visite, e non so se venivano registrate. C’erano carabinieri, poliziotti. E alla fine mi hanno detto: ‘Ora le accuseremo per tutte le stragi d’Italia, da qui non uscirà più. E poi ho ricevuto l’ordinanza di custodia cautelare di Roma”.
“Berlusconi ha tradito Dell’Utri” – La novità è che questa volta Graviano fa il nome di Marcello Dell’Utri. Lo storico braccio destro di Berlusconi fino a oggi ha recitato il ruolo del convitato di pietra nei racconti del boss di Brancaccio, che da tre udienze risponde alle domande del procuratore aggiunto Giuseppe Lombardo. Per la corte di Cassazione, infatti, Dell’Utri è stato il garante “decisivo” dell’accordo tra l’ex premier e Cosa nostra almeno fino al 1992. Per la corte d’assise di Palermo, invece, i rapporti tra Dell’Utri e il clan sono proseguiti anche negli anni successivi ed erano intrattenuti con lo stesso Graviano. Una ricostruzione sulla quale non esistono ad oggi prove considerate definitive dalla Suprema corte. Il boss di Brancaccio, in ogni caso, dimostra di essere ferrato sulle sentenze: “Dell’Utri è stato condannato solo fino al 1992, poi non hanno creduto a Spatuzza”. Quindi pronuncia una frase sinistra: “Berlusconi ha tradito anche Dell’Utri, ha danneggiato anche il signor Dell’Utri“. Cosa vuol dire? Quando e Perché il leader di Forza Italia avrebbe tradito il suo storico braccio destro? “Ha fatto leggi che hanno danneggiato anche lui e tutti i detenuti che hanno il 41 bis. Per non fare uscire noi dal carcere, ha iniziato a fare leggi. E pure Dell’Utri è stato condannato“, sostiene Graviano.
“Volevo mandare un messaggio a Berlusconi, levati i debiti” – Madre natura, come lo chiamavano i suoi uomini, aveva già fatto il nome di Berlusconi quando l’aggiunto Lombardo gli ha contestato alcune delle intercettazioni in carcere con Adinolfi. Sono i colloqui registrati per ordine della procura di Palermo, durante i quali Graviano sembra chiedere al compagno di socialità di aiutarlo per far pervenire un messaggio a qualcuno fuori dal carcere. A chi si riferisce? “Riguarda sempre i soldi di mio nonno investiti con Berlusconi, lui non rispettava il patti. E mio nonno aveva accordi con queste persone”, risponde Graviano. Il boss è al carcere duro da 26 anni, ma sembra avvertire ancora una sorta di senso di responsabilità nei confronti delle fantomatiche persone che negli anni ’70 avevano investito 20 miliardi a Milano tramite suo nonno, come ha raccontato il padrino una settimana fa. “Io non volevo fare brutta figura con l’impegno di mio nonno verso quelle persone”. Ma che tipo di messaggio voleva inviare a Berlusconi? E tramite chi? “Io ho detto di avvicinare una persona a lui vicina e digli di andarsi a levare i debiti, perché lui sa tutto. Doveva solamente ricordare a Berlusconi che io ancora sono vivo. Mio cugino Salvo era morto, ma io sono vivo”. I fatti raccontati da Graviano, però, risalgono agli anni ’90, perché il boss di Brancaccio ci pensa solo nell’aprile del 2016 a mandare un messaggio a Berlusconi? “Perché il signor Adinolfi doveva essere scarcerato a breve”. Il pm lo incalza: “Lei aveva esigenza di mandare messaggi a Berlusconi anche prima?”. Risposta: “Sì, perché a me interessava rispettare gli impegni per le persone che hanno il 20% da dividere tra loro“. Quindi è tornato a citare la fantomatica scrittura privata, che secondo lui, proverebbe gli investimenti dei palermitani nelle aziende di Arcore: “La scrittura privata c’è. C’è una lettera del 2002, quando è morto mio cugino. Mi scrive sua moglie e mi dice: tuo cugino vuole parlare con te. Mi voleva parlare forse di questa lettera”. Ma chi era l’uomo scelto da Adinolfi per far pervenire questo messaggio a Berlusconi? “Dottore, non mi faccia fare il nome, per cortesia“, risponde Graviano.
“Mio figlio concepito mentre ero in carcere? Non racconterò mai a nessuno come è andata” – Uno dei passaggi più oscuri delle intercettazioni in carcere di Graviano è quello in cui il boss confida ad Adinolfi come sia riuscito ad avere un figlio quando già era detenuto in regime di 41 bis.”Non racconterò mai a nessuno come ho concepito mio figlio mentre ero al carcere duro, perché sono cose intime mie. Dico solo che non ho fatto niente di illecito, ci sono riuscito ringraziando anche Dio e sono rimasto soddisfatto. Non ho chiesto alcuna autorizzazione, ma ho approfittato della distrazione degli agenti del Gom…”, ha detto il capomafia, smentendo quanto dice nelle intercettazioni. “Io tremavo, lei era nascosta ni rrobi ( tra la biancheria, ndr). E dormivamo nella cella assieme, cose da pazzi. Tremavo, tremavo”, aveva raccontato al compagno d’ora d’aria, non sapendo di essere intercettato in carcere dai magistrati della procura di Palermo. “Vedi che fare il figlio nel carcere, questo per me è stato un miracolo“, è un altro passaggio delle intercettazioni. “Sono venuti tanti colleghi a chiedere, non venivano autorizzati i permessi”, dice oggi il boss al pm, sostenendo di avere approfittatto di una “distrazione” di alcuni agenti del Gom. All’epoca, il boss e il fratello Filippo Graviano erano detenuti all’Ucciardone, per partecipare ad alcuni processi. Non si è mai capito in che modo fossero riusciti a mettere incinta le rispettive mogli: ci furono complicità? E a che livello? Oggi Graviano ha detto che “i politici non c’entrano niente…” mentre sulla procedura di concepimento fu istruito da”un ginecologo che non posso certo nominare”. Fino a pochi anni fa si pensava che i fratelli Graviano avessero fatto ricorso all’inseminazione artificiale, ma Graviano non ha confermato questa ipotesi. I figli dei due boss si chiamano entrambi Michele, come il nonno, ucciso a Brancaccio nel 1982.
“Ho incontrato Berlusconi 3 volte”- Sette giorni fa Graviano aveva sostenuto che Filippo Quartararo, suo nonno materno, era stato il primo contatto tra la famiglia e i palermitani che hanno investito denaro a Milano. “Negli anni ’70 mio nonno aveva messo i soldi nell’edilizia al nord. Mio nonno materno, Quartanaro Filippo, era una persona abbastanza ricca. Era un grande commerciante di ortofrutta. Il contatto è col signor Berlusconi, glielo dico subito”. La smentita dell’avvocato Niccolò Ghedini e l’annuncio di querele sono arrivate praticamente a udienza in corso. Graviano è entrato nel dettaglio degli investimenti citati: “Venti miliardi di lire con il venti percento. Quando è morto mio padre, mio nonno mi prese in disparte e mi disse ‘Io sono vecchio e ora te ne devi occupare tu. Poco dopo mio nonno, che aveva più di 80 anni, morì”. Il vecchio Quartararo muore nel 1986, Michele Graviano, padre di Giuseppe nel 1982. In quei quattro anni Graviano sostiene di aver avuto il tempo di fare la conoscenza di Berlusconi. “Dopo la morte di mio padre, mio nonno mi dice: c’è sta situazione, io sto andando avanti. Tuo papà non vuole che mi rivolgo a voi. Io e mio cugino Salvo abbiamo detto: ci pensiamo. Ci siamo consigliati col signor Giuseppe Greco. E abbiamo deciso di sì e siamo partiti per Milano. E mio nonno ci ha presentato al signor Berlusconi, abbiamo capito cosa era questa società”. Il boss di Brancaccio sostiene di aver incontrato “tre volte” Berlusconi a Milano, persino quando era latitante. In un’occasione avrebbe cenato con il leader di Forza Italia in un appartamento di Milano 3. Mai, però, aveva citato Dell’Utri. Fino a oggi.