lunedì 30 marzo 2020

“Noi albanesi non siamo i vostri stupidi, ministro Salvini”. - Sonila Alushi*



Una coraggiosa blogger albanese, Sonila Alushi, ha reso pubblica questa lettera a Salvini. Una denuncia sull’oggi ma senza dimenticare un recente passato di emigrazione e delle sue tragedie come l’affondamento della nave Kater i Rades nel 1997.
“L’Albania si è mostrata solidale a questo Paese non a lei Signor Ministro. L’Albania è un popolo di migranti, è un popolo generoso e ospitale nonostante ancora povero. E sopratutto l’Albania non dimentica di essere stata aiutata dai suoi vicini italiani, ma non dimentica anche le sue dichiarazioni disprezzanti. O le becere frasi dei suoi seguaci scritte nei muri della Lombardia come ad esempio: ‘Albanesi tutti appesi!’
Oh no, noi non dimentichiamo la dichiarazione della vostra deputata (ai tempi Lega Nord) e allora Presidente della Camera, Irene Pivetti, che senza il minimo pudore e sensibilità, disse che gli albanesi ANDAVANO BUTTATI A MARE! E a mare ci finimmo davvero pochi giorni dopo: si chiamava Katër i Radës quella piccola nave affondata a Otranto. Ci morirono 81 di noi tra bambini, donne, uomini giovani e vecchi.
Chiamarono quel naufragio ‘La Tragedia del Venerdì Santo’ (28 Marzo 1997). Piangemmo quei morti da nord a sud e un intero Paese si vestì di nero. Ma poi i barconi ripartirono, era questione di sopravvivenza e lei lo sa bene anche se fa finta di non sapere. Lei fa finta di non capire perché la gente lascia casa e rischia la vita in mare.
Lei fa finta Ministro, fa finta su molte cose, anche sul fatto che il più grande problema di questo Paese, a sentir lei, sembra siano gli immigrati. Non abbiamo avuto il tempo di asciugarci le lacrime per i morti di Genova e Civita, che ecco che arriva lei con le sue crudeli decisioni per farci piangere e vergognare di altre vittime!
Non siamo riusciti a consumare qualche giorno di lutto per quelle perdite e capirci qualcosa sulle responsabilità di quel crollo, che ecco che rispuntano le sue lagne puntando il dito solo verso gli immigrati! Per non parlare della fuga dei capitali, della disoccupazione, della Mafia, del degrado sociale, della povertà in crescita, ecc. Tutto in ombra!
Oggi dice nei suoi comizi, quelli dove i suoi fan si divertono con il suo triste sarcasmo, che l’Albania si è comportata meglio della Francia!! Suvvia Ministro, sappiamo bene che la Francia non si farà il minimo problema per questo suo ridicolo paragone.
E sappiamo bene anche come la pensa su di noi: fosse stato per lei e i suoi, noi albanesi non saremmo stati accolti allora e non saremmo ben accettati nemmeno oggi.
L’Albania, posizionandosi al fianco dell’Italia, si è dimostrata riconoscente e generosa perché questo Paese se lo merita e questo Paese non è rappresentato solo da lei.
Non usi questo bel gesto a suo favore personale, non ci tratti da stupidi. Grazie”!
*Sonila Alushi vive in Italia e scrive su Albania news. L’articolo lo abbiamo ripreso da facebook dove sta circolando.
traduzione di Simona Forte.

Regione Calabria, le spese folli del Consiglio. Dirigenti pagati a peso d’oro e 351 dipendenti. - Riccardo Tripepi

Palazzo Campanella
Palazzo Campanella

Il segretario generale percepisce quasi 300mila euro l’anno, il presidente dell’Assemblea 165mila, i direttori di settore 137mila. In più c’è una pletora infinita di impiegati, con un rapporto di 12 unità per ogni consigliere.


Si apre il prossimo 9 marzo la legislatura regionale. Palazzo Campanella i suoi dipendenti si preparano dunque a intensificare il proprio impegno in attesa di capire quali saranno le decisioni, o le eventuali riforme, che la nuova Assemblea sul loro futuro. Mentre sono ancora in corso di svolgimento le procedure per alcuni concorsi, l’organico sembra essere sovradimensionato e ipercostoso.

Al momento, il personale interno del Consiglio, nel quale troveranno spazio i 30 consiglieri appena eletti, è composto da 351 unità a tempo indeterminato, con un’invidiabile media di 11,7 dipendenti per consigliere regionale. Nel numero sono compresi i nuovi assunti per carenza di organico nel 2010, che nella misura del 20% viene applicato nelle strutture speciali dei politici, lasciando spesso sotto organico gli uffici.

Impietoso il confronto con gli altri Consigli regionali italiani. A partire, ad esempio, da quello della Lombardia che risulta composto da 80 consiglieri e conta 268 unità a tempo indeterminato, con la media di 3,35 dipendente per consigliere regionale.

Alla spesa per i dipendenti già analizzata in precedenza, si aggiunge quella per i dirigenti che presenta alcuni tratti del tutto singolari.

Il segretario generale di palazzo Campanella percepisce un compenso pari ad euro 282.358,71 all’anno, così per come stabilito dalla legge regionale la n. 8 del 1996. Praticamente guadagna più dello stesso presidente del Consiglio che si ferma ad euro 165.600,00. La figura omologa alla giunta guadagna euro 160.217,66, ben 45.831,05 in meno di competenze stipendiali fisse.

Eppure diversa sembrerebbe la mole di lavoro per i due segretari: mentre in giunta regionale vi sono 13 dirigenti generali e circa 2.500 dipendenti, al Consiglio vi è 1 solo direttore generale e circa 351 dipendenti.

Le differenze tra palazzo Campanella e Cittadella proseguono anche per il capo di gabinetto: al Consiglio si prevede uno stipendio da Euro 202.437,39 mentre quello della Giunta soltanto Euro 140.578,68.
Le stesse differenze si riscontrano anche in ordine ai dirigenti di settore che sono 9 per 351 dipendenti in Consiglio per uno stipendio annuo da euro 137.478,07, un compenso superiore di circa 25.000 euro rispetto a quanto percepito dai circa 120 dirigenti di Settore della Giunta regionale.

Costi della politica necessari al funzionamento della macchina amministrativa e gestionale si dirà. Eppure un’operazione trasparenza all’interno dei palazzi del potere potrebbe essere un invidiabile biglietto da visita per la nuova Amministrazione regionale che potrebbe censire nel dettagli i costi e spiegare ai calabresi come vengono spesi i denari pubblici e per ottenere quali risultati.

Auto blu e favori politici: tutti i segreti dello zar leghista della sanità. - Paolo Bionadani e Andrea Tornago

Auto blu e favori politici: tutti i segreti dello zar leghista della sanità

Un'indagine finora inedita svela i retroscena della carriera di Domenico Mantoan, il super direttore degli ospedali veneti ora nominato al vertice dell'Aifa.


Auto blu e favori politici: tutti i segreti dello zar leghista della sanità.
Maledetta auto blu. Più che un privilegio, sembra una disgrazia per Domenico Mantoan, potentissimo neo-presidente dell’Aifa, l’agenzia che gestisce l’intera spesa farmaceutica e controlla il mercato miliardario dei medicinali. Perché sono proprio due infortuni con l’auto di servizio a insidiare la sua irresistibile carriera di super-dirigente della sanità nel ricco Veneto e ora in tutta Italia. Una nomina, decisa dalla conferenza delle Regioni, che sancisce il passaggio alla Lega di questo cruciale centro di potere sanitario, economico e politico.
Mantoan, 62 anni, vicentino di Brendola, occupa da un decennio, ininterrottamente, la poltrona di direttore generale della sanità veneta: è il capo indiscusso di un apparato regionale che muove ogni anno dieci miliardi di euro di spesa pubblica.

A Venezia è considerato un tecnico molto preparato e capace, con un carattere duro: una sorta di Richelieu, riverito e temuto anche ai piani alti di Palazzo Balbi, sede della Regione. Laureato in medicina a Padova, specializzato in endocrinologia a Verona, il super-manager ha la gerarchia nel sangue: inizia la sua carriera nel 1984 come ufficiale medico dei Carabinieri di Udine e del distretto militare di Verona, dove lavora fino al 1993. Nella sanità regionale entra nel 1995, quando il Veneto, dopo Tangentopoli e la fine della Dc, diventa un feudo del centrodestra. Da allora Mantoan continua a fare carriera sotto tutte le giunte.

Con il berlusconiano Galan, viene chiamato a replicare il modello sanitario lombardo dell’era Formigoni (tagli agli ospedali pubblici, soldi alle cliniche private), che riesce ad applicare senza troppi danni sociali. Il Veneto diventa la terza regione italiana per spesa sanitaria privata (41 per cento del totale, secondo la Corte dei Conti) restando in vetta alla classifica dei livelli di assistenza. Dal 2010 ad oggi Mantoan resiste a tutti i cambiamenti di pelle della Lega: mentre il partito passa da Bossi a Maroni per arrivare a Salvini, e nell’assessorato alla sanità la cerchia del veronese Tosi è sostituita dai fedelissimi del trevigiano Zaia, il super-tecnico resta al suo posto, dove è riconfermato almeno fino alla primavera prossima. Ed è proprio l’attuale governatore Luca Zaia a candidarlo con successo alla presidenza dell’Aifa.

A rovinare la festa per la nomina, il 31 ottobre scorso, arriva un’interrogazione dei Cinquestelle, che chiede al neo-ministro Roberto Speranza di chiarire una bruttissima storia di malasanità e malagiustizia che coinvolge l’auto blu di Mantoan. A Padova, il 13 settembre 2016, la vettura pubblica che trasporta il direttore, guidata dal suo autista di fiducia, fa una manovra vietata e uccide un motociclista. A effettuare l’autopsia si precipita il professor Massimo Montisci, direttore dell’istituto di medicina legale di Padova, che scagiona l’autista con una tesi incredibile: il motociclista, Cesare Tiveron, sarebbe morto d’infarto un attimo prima di essere travolto dall’auto blu. I familiari della vittima insorgono, denunciano un conflitto d’interessi (l’istituto di Padova dipende dal grande capo della sanità veneta) e ottengono una nuova perizia, affidata a una squadra di luminari, che capovolge il verdetto: ora il professor Montisci è accusato di falso, l’autista di Mantoan di omicidio stradale.

La stessa auto blu è finita al centro di un’altra indagine, finora tenuta segreta. Un procedimento aperto nel 2014 e chiuso pochi mesi fa, nell’aprile 2019. Mantoan non è accusato di alcun reato, ma i fatti accertati documentano rapporti, metodi di lavoro e incontri di potere finora sconosciuti: una specie di biografia non autorizzata. Tutto nasce da un fascicolo minore. La Procura di Vicenza ipotizza un «peculato d’uso»: Mantoan ha diritto di usare la vettura regionale con l’autista pubblico per gli spostamenti tra casa e ufficio, cioè tra Venezia e Vicenza, mentre è sospettato di servirsene anche per trasferte private. Quindi la Guardia di Finanza comincia a seguire la sua auto blu, segnalando una serie di anomalie. Il 26 settembre 2014, in particolare, la macchina pagata dalla Regione effettua una deviazione: esce dall’autostrada a Padova Est e si ferma in un hotel a quattro stelle dove lui rimane fino all’alba successiva. Qui il super manager pubblico incontra una imprenditrice della sanità, che ha una ditta a Padova e vende prodotti ospedalieri. Un incontro riservato tra controllore e controllata.

L’indagine si chiude con un’archiviazione chiesta dal pm Giovanni Parolin: il giudice Massimo Gerace certifica che il peculato «non sussiste», perché i «singoli episodi» si riducono a «deviazioni di pochi chilometri», che «non hanno provocato danni apprezzabili alle casse pubbliche». Anzi, nella notte in hotel c’è stato «un considerevole risparmio», perché l’autista lo ha lasciato a Padova anziché portarlo a casa nel Vicentino. Un proscioglimento pieno, che però riconferma l’incontro notturno tra il dirigente pubblico e l’imprenditrice privata «per ragioni comprovatamente personali».

Un altro dato certo è che, nei mesi successivi, l’amica di Mantoan fa un grande salto di carriera. Prima era solo una rappresentante di commercio, con una ditta individuale di «prodotti medicali, chirurgici e ortopedici». Dal gennaio 2017 diventa amministratrice unica di una società con 100 mila euro di capitale, che gestisce un centro radiologico in provincia di Padova, di cui è anche socia con il 20%. Il primo azionista, con il 40%, è un soggetto misterioso, che vuole restare anonimo: la sua quota è intestata a una fiduciaria del Montepaschi. Il restante 40%, invece, fa capo al gruppo Hfc, che controlla diverse società importanti, con fatturati milionari. Una di queste, F.R. Engineering, negli ultimi anni si è aggiudicata decine di grandi contratti per la sanità veneta: dal ciclotrone dell’ospedale di Castelfranco, a sofisticati macchinari come la Pet di Padova, alla rete di condizionatori dell’Istituto oncologico veneto, di cui Mantoan è stato commissario fino al 2016. Intanto l’imprenditrice padovana ha trovato altri partner d’affari importanti, come la società milanese Adexte, che si è fatta rappresentare proprio da lei, come risulta dalla sua firma in un documento del giugno 2018, in almeno una gara d’appalto da 64 mila euro: forniture per la medicina nucleare dell’ospedale di Vicenza, aggiudicate alla Adexte.

Dagli atti giudiziari emerge che il fascicolo sull’auto blu era nato da un’indagine molto più ampia: pressioni politiche per nominare primari ospedalieri fedeli alla Lega. Mantoan viene intercettato, nello stesso periodo della notte in hotel, mentre incontra segretamente, in un bar vicino a un altro casello, il direttore sanitario di un ospedale di Vicenza e il responsabile di una Usl veronese, entrambi leghisti. Il primo, riassume la Finanza, «si adopera attivamente per indirizzare e determinare le nomine di due primari, a Verona e Vicenza». E incontra Mantoan perché «ne conosce il potere di interferenza nelle decisioni sulla sanità veneta». Il procedimento si chiude nel 2018 per la morte del dirigente vicentino inquisito. Mentre Mantoan non viene neppure indagato: in quell’incontro «certamente anomalo» ha subito pressioni politiche, ma non risulta che sia mai arrivato a truccare i concorsi dei primari.

Il 7 novembre anche il ministro Speranza ha ratificato la sua nomina all’Aifa. Per il direttore della sanità veneta, la presidenza di un’agenzia così strategica segna anche una rivincita personale su Roma, dopo le polemiche con l’ex ministro Beatrice Lorenzin sull’obbligatorietà dei vaccini. Nel settembre 2017, infatti, era stato un decreto firmato proprio da Mantoan a sospendere per due anni l’obbligo di presentare i certificati di vaccinazione come requisito per l’ammissione nelle scuole. La Regione Veneto è arrivata a impugnare le norme statali davanti alla Corte Costituzionale, senza successo. Quindi il governatore Zaia ha dovuto sospendere il decreto Mantoan. Ora il burocrate torna a Roma, nello stesso ministero, da vincitore: come numero uno dell’Aifa, sarà lui a rappresentare lo Stato negli incontri e scontri con le potenti multinazionali dei farmaci. Non in un hotel vicino all’austostrada, si spera.

https://espresso.repubblica.it/plus/articoli/2019/11/15/news/auto-blu-sanita-lega-1.340848

Le mani della Lega sul business dei farmaci. - Gloria Riva


Le mani della Lega sul business dei farmaci

Il partito di Salvini conquista la presidenza dell'Aifa, l'agenzia statale per i medicinali. Tra sprechi miliardari, riforme insabbiate e pressioni delle multinazionali.

Uno scontro sotterraneo di potere, all’ombra della politica, scuote i vertici dell’Aifa, la potente Agenzia italiana del farmaco, che muove ben 28 miliardi di euro l’anno e decide quali medicinali possono entrare nel mercato italiano ed essere rimborsati dalle casse pubbliche.

L’ente, con le proprie decisioni, non solo è responsabile della buona salute dei cittadini, ma indirettamente svolge un importante ruolo a garanzia di ben 70 mila posti di lavoro, tanti sono gli addetti del settore. Il direttore e i comitati tecnici di Aifa hanno il delicato compito di selezionare e valorizzare i prodotti più efficaci nel debellare le malattie, senza dimenticare gli investimenti industriali ed economici che ciascuna multinazionale del farmaco ha in programma nel territorio italiano.

All’attenzione per i pazienti si aggiunge dunque l’interesse a mantenere buoni rapporti con un settore industriale da 32 miliardi di giro d’affari e tre miliardi di investimenti all’anno. Quei posti di comando dell’Aifa scottano così tanto che il direttore uscente, il chirurgo milanese Luca Li Bassi, esperto di management sanitario, con una lunga e comprovata esperienza internazionale in materia di gestione e rimborsabilità dei farmaci, è rimasto in sella poco più di un anno, per poi essere travolto dal più tipico degli spoil system: al cambio del ministro della Salute, avvenuto a settembre - quando la pentastellata Giulia Grillo è stata sostituita da Roberto Speranza, ex Pd ora in Leu - è seguita la pubblicazione di un nuovo bando per l’incarico di dirigere l’Aifa. Il successore di Li Bassi, oltre a saperne di farmaci, dovrà avere eccezionali doti politiche e di mediazione, visto lo scontro di potere che sta lacerando l’Agenzia pubblica.

Ma procediamo con ordine. Proprio l’ex ministra Grillo a fine 2018 aveva lanciato una sorta di rivoluzione della governance farmaceutica, con l’obiettivo di spostare l’attenzione di Aifa sul benessere del paziente, ridurre sprechi e alleviare le casse del Sistema Sanitario Nazionale dai costi inutili. Lo aveva fatto seguendo le indicazioni di un luminare di fama internazionale, Silvio Garattini, fondatore dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri di Milano, parecchio critico rispetto alla sostenibilità del sistema italiano: «I medicinali servono per curare le persone e se non sono davvero utili, perdono la loro funzione. Una banalità che molti hanno dimenticato», racconta all’Espresso il professore.

Dati alla mano, Garattini dice che il 60 per cento dei farmaci in commercio è perfettamente inutile «perché si tratta dell’ennesimo prodotto fotocopia che, sotto un nome diverso ma con identica molecola, va ad intasare un mercato già saturo di miliardi di scatolette che allo Stato costa 20 miliardi». E aggiunge: «I farmaci fotocopia servono a logiche altre, rispetto alla cura dei pazienti: il sistema va razionalizzato e aggiornato». E quali sarebbero le logiche altre? «Il consumismo più sfrenato. L’Aifa deve decidere se la spesa farmaceutica serve a guarire i pazienti o a garantire i posti di lavoro».

Eccola, la prima vera grana di Aifa. Le multinazionali hanno già delocalizzato all’estero tutti i più importanti centri di ricerca, perché non trovavano alcuna convenienza nell’investire in un Paese a scarso ritorno economico in termini di vendite. Meglio spostare i laboratori scientifici in Inghilterra o in Germania dove il business è più profittevole. Hanno invece mantenuto qui in Italia gran parte dell’industria produttiva, garantendo migliaia di posti di lavoro, ed è con questa leva che le aziende siedono ai tavoli di Aifa e fanno valere il proprio peso sulle Regioni, che hanno in gestione gran parte della spesa sanitaria pubblica. In questo quadro i governatori, che non vogliono ritrovarsi con ulteriori crisi industriali da gestire, meno di un mese fa hanno scelto il nuovo presidente di Aifa: è il super direttore generale della sanità veneta, Domenico Mantoan, un tecnico in quota Lega .

Il suo predecessore, Stefano Vella, se n’era andato in aperto contrasto con l’allora ministro dell’Interno Matteo Salvini. Vella, durante gli anni di lavoro all’Istituto superiore di sanità, si è occupato dell’epidemia di Aids e dal 2000, insieme a figure carismatiche come Nelson Mandela, ha aperto la strada alla produzione in Sudafrica dei medicinali generici antiretrovirali, per combattere a costi più ridotti la piaga dell’Hiv nel continente nero. Vella è noto perché vinse le battaglie legali, fatte di numerosi ricorsi, avviate da ben 39 multinazionali farmaceutiche contro la diffusione dei farmaci a basso costo.

https://espresso.repubblica.it/plus/articoli/2019/11/15/news/lega-sanita-farmaci-1.340849?fbclid=IwAR2keYizics0COOWWW-vi60EUMioH1WNDqznMt2oTDSJK-ABbd5ZkBxkDAE

domenica 29 marzo 2020

Coronavirus, l'Albania invia medici e infermieri: "Non dimentichiamo l'Italia che ci ha aiutato".

Coronavirus, l'Albania invia medici e infermieri: "Non dimentichiamo l'Italia che ci ha aiutato"

30 sanitari partono da Tirana. Il premier Rama: "Paesi ricchissimi hanno voltato le spalle agli altri. Noi non siamo ricchi ma neanche privi di memoria".

Non siamo privi di memoria: non possiamo non dimostrare all'Italia che l'Albania e gli albanesi non abbandonano mai un proprio amico in difficoltà. Oggi siamo tutti italiani, e l'Italia deve vincere e vincerà questa guerra anche per noi, per l'Europa e il mondo intero". E' quanto ha detto il premier albanese Edi Rama, salutando all'aeroporto di Tirana un team di 30 medici e infermieri albanesi in partenza per l'Italia in aiuto ai colleghi impegnati nella lotta al coronavirus in Lombardia: "Voi membri coraggiosi di questa missione per la vita, state partendo per una guerra che è anche la nostra", ha aggiunto rivolgendosi al team sanitario.

"Trenta nostri medici e infermieri partono oggi per l'Italia, non sono molti e non risolveranno la battaglia tra il nemico invisibile e i camici bianchi che stanno lottano dall'altra parte del mare. Ma l'Italia  è casa nostra da quando i nostri fratelli e sorelle ci hanno salvato nel passato, ospitandoci e adottandoci mentre qui si soffriva", ha aggiunto Rama nel breve saluto cui era presente anche l'ambasciatore d'Italia in Albania, Fabrizio Bucci.

"Noi stiamo combattendo lo stesso nemico invisibile. Le risorse umane e logistiche non sono illimitate, ma non possiamo tenerle di riserva mentre in Italia c'è ora un enorme bisogno di aiuto".

"E' vero che tutti sono rinchiusi nelle loro frontiere, e paesi ricchissimi hanno voltato le spalle agli altri. Ma forse è perche noi non siamo ricchi e neanche privi di memoria, non possiamo permetterci di non dimostrare all'Italia che l'Albania e gli albanesi non l'abbandonano", ha concluso.

"Voglio ringraziare il premier Edi Rama, il governo e il popolo albanese per la solidarietà che ci stanno dimostrando", ha detto il ministro degli Esteri Luigi Di Maio accogliendo la delegazione a Fiumicino.  "La solidarietà che l'Albania dimostra è un valore comune che ha fatto nascere l'Unione europea e che sta ricordando a tanti Paesi dell'Ue in questo momento", ha aggiunto Di Maio spiegando che i medici andranno in Lombardia. I medici e gli infermieri albanesi arrivati oggi a Roma pernotteranno alla Cecchignola questa notte e domani partiranno per la Lombardia, ha spiegato il ministro Di Maio ribadendo il suo grazie "all'Albania e al popolo albanese". A Fiumicino, ad attendere il team albanese, oltre a Di Maio c'erano anche il viceministro della Salute, Pierpaolo Sileri  ed il vice capo Dipartimento della Protezione civile, Agostino Miozzo.


https://www.repubblica.it/esteri/2020/03/29/news/coronavirus_medici_albania_italia-252593099/?ref=fbpr&fbclid=IwAR202zU5gp1h25qkNDiZDjakKa9VKGfyAlxcwcNfBL17xY1R_f6jhqLhVPE

Iene avvoltoi e sciacalli. - Massimo Erbetti

Gli sciacalli e gli avvoltoi sulla carcassa Springbok - Etosha ...

Oltre diecimila sono i morti, diecimila madri, padri, nonni, figli fratelli, sorelle, amici, morti soli, senza nessun conforto, senza una carezza, un abbraccio, senza un funerale, senza una degna sepoltura, senza un ultimo saluto. 
Soli come cani in una corsia d'ospedale, o nelle loro case. Tragedia nella tragedia, orrore nell'orrore, dolore nel dolore..e tu iena, avvoltoio, sciacallo, cosa fai? 
Continui nella tua ridicola, puerile e schifosa corsa alla conquista di un voto, continui nella tua smania di potere, continui a comportarti come se nulla fosse, passi su quei cadaveri come fossero ciottoli, come fossero ghiaia, come fossero formiche e non sei soddisfatto, vuoi di più, vuoi sempre di più, te ne freghi del dolore di chi è rimasto a piangere chiuso nella propria casa, perché in un momento come questo, non ha neanche la possibilità di piangere sulla tomba di chi se n'é andato. 
Si parlo a te iena, parlo a te avvoltoio, parlo a te sciacallo...parlo proprio a te...a te che punti il dito perché aiutiamo gli altri, ma poi quando gli altri non aiutano noi li insulti, li copri di ingiurie...
parlo con te che plaudi al tuo amministratore perché da da mangiare ai poveri e quando lo fa il governo, lo accusi di fare la carità, parlo a te che vorresti dare soldi a tutti indistintamente, ma in passato hai criticato il reddito di cittadinanza perché lo ricevevano i fannulloni...e parlo anche a te che di nascosto, blocchi i decreti del governo e in pubblico lo accusi di non essere abbastanza veloce...parlo a te che per sopravvivere hai bisogno di un nemico, hai bisogno di rabbia, di odio, te ne nutri, ne trai linfa vitale...parlo a te che chiedi coerenza, ma la tua l'hai buttata alle ortiche...parlo a te che un giorno apriresti tutto e il giorno dopo lo chiuderesti. Parlo a te che in un momento del genere parli ancora alla pancia delle persone e non al cervello...si parlo a te iena, parlo a te avvoltoio, parlo a te sciacallo...ti parlo, ti scrivo, anche se so che tu non hai orecchie per sentire, non hai occhi per vedere, non hai cuore per ascoltare...lo so, le mie sono parole al vento, le parole di chi non conta nulla, ma le voglio e devo scriverle, lo devo alla mia coscienza, lo devo al dolore che vedo in giro, le devo a chi ogni giorno combatte per provare a salvare vite.

Le sanzioni USA impediscono a un quarto della popolazione mondiale di liberarsi dal virus. - Alan Macleod


Coronavirus, da Esselunga alle grandi banche fino a Xiaomi, Tim ...


I governi di Cina, Cuba, Iran, Nicaragua, Corea del Nord, Russia, Siria e Venezuela – tutti sotto le sanzioni degli Stati Uniti – hanno inviato una dichiarazione congiunta al Segretario Generale delle Nazioni Unite, all’Alto Commissario dell’ONU per i diritti umani e al Direttore Generale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità chiedendo la fine del blocco economico unilaterale americano, in quanto sono “illegali e violano palesemente il diritto internazionale e la carta delle Nazioni Unite”.
Gli otto paesi, che rappresentano circa un quarto dell’umanità, affermano che le azioni di Washington stanno minando la loro risposta alla pandemia COVID-19 che ha colpito il pianeta. “L’impatto distruttivo di tali misure a livello nazionale, oltre alla loro implicazione extraterritoriale, insieme al fenomeno dell’eccesso di conformità e al timore di ‘sanzioni secondarie’, ostacolano la capacità dei governi nazionali di procurarsi anche attrezzature e forniture mediche di base, compresi i kit di test per il coronavirus e farmaci. È un “atto difficile, se non impossibile, per quei Paesi che si trovano ad affrontare l’applicazione di misure coercitive unilaterali”, concludono.
La lettera è stata condivisa su Twitter da Joaquin Perez, ambasciatore permanente del Venezuela presso l’ONU.
Che le sanzioni statunitensi siano “palesi violazioni del diritto internazionale”, afferma la lettera, non è in dubbio. Come osserva il relatore speciale americano all’ONU, Alfred de Zayas, solo le sanzioni espressamente verificate e imposte collettivamente dal Consiglio di sicurezza dell’ONU possono essere considerate legali; qualsiasi punizione unilaterale è, per definizione, illegale. De Zayas, studioso di diritto, osserva che le sanzioni equivalgono a una “punizione collettiva” contro una popolazione, una violazione esplicita di molteplici articoli della Carta delle Nazioni Unite, fondamento del diritto internazionale.
De Zayas si è recato in Venezuela l’anno scorso, descrivendo le sanzioni statunitensi come un assedio medievale e accusando l’amministrazione Trump di “crimini contro l’umanità”. Il Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite ha formalmente condannato gli Stati Uniti, ha invitato tutti gli Stati membri a rompere le sanzioni, e ha persino iniziato a discutere i risarcimenti che Washington dovrebbe pagare al Venezuela, osservando che le sanzioni di Trump sono state progettate per “colpire in modo sproporzionato i poveri e i più vulnerabili”. Nulla di tutto ciò è stato riportato dai principali media americani dell’epoca.
Le sanzioni hanno fatto sì che il Venezuela non fosse in grado di importare farmaci essenziali per malattie come il cancro e il diabete, causando decine di morti. Un rapporto del 2019 del Center for Economic Policy Research di Washington ha stimato prudentemente che le sanzioni hanno ucciso 40.000 venezuelani tra la metà del 2017 e il 2018.
Ieri, l’amministrazione Trump ha stretto la vite, mettendo un bizzarro colpo al presidente Nicolas Maduro, offrendo 15 milioni di dollari a chiunque potesse portarlo da loro in catene. Anche altre figure chiave come il ministro della Difesa Vladimir Padrino e il capo dell’Assemblea Costituente Diosdado Cabello hanno avuto una taglia sulla loro testa, presumibilmente perché facevano parte di un giro di traffico di droga.
Gli Stati Uniti stanno anche alzando la posta in gioco in Iran, colpito duramente dal COVID-19. Gli alti dirigenti di Washington come Newt Gingrich sognano che le loro sanzioni portino finalmente a un cambiamento di regime nella Repubblica Islamica. Le sanzioni hanno portato il rial iraniano a perdere l’80% del suo valore, con il raddoppio dei prezzi dei prodotti alimentari e della disoccupazione. Mentre la medicina è tecnicamente esente da sanzioni, in realtà, Washington ha spaventato qualsiasi nazione o corporazione dal fare affari con Teheran. Anche mentre il coronavirus infuriava nel Paese, nessuna nazione era disposta a donare all’Iran anche le forniture di base. Alla fine, l’Organizzazione mondiale della sanità è intervenuta e gli ha fornito direttamente le provviste. Un rapporto di ottobre di Human Rights Watch ha notato che “la natura troppo ampia e onerosa delle sanzioni statunitensi ha portato le banche e le aziende di tutto il mondo a ritirarsi dal commercio umanitario con l’Iran, lasciando gli iraniani che hanno malattie rare o complicate senza possibiltà di ottenere le medicine e le cure di cui hanno bisogno”. Di COVID-19 sono morti almeno 2.378 iraniani, molti dei quali inutilmente.
Nonostante l’embargo a cui sono sottoposti, molti Paesi della lista sanzionata hanno contribuito molto alla lotta mondiale contro COVID-19. Nonostante la carenza di forniture di base come il sapone, Cuba continua ad esportare medici e altro personale medico in tutto il mondo, spesso nelle zone più colpite. Nel frattempo, la Cina, l’epicentro originario dell’epidemia, sembra aver affrontato la pandemia e sta ora esportando il suo personale medico, indurito dalle battaglie, nonché enormi quantità di forniture cruciali. Questo è stato presentato negli Stati Uniti come un vile complotto per “accattivarsi i favori” e spostare la colpa dalla loro presunta cattiva gestione del virus in primo luogo.
Gli Stati Uniti hanno avuto per lungo tempo un rapporto conflittuale con l’Onu, utilizzando costantemente il loro potere di veto per affondare una legislazione progressista che indebolirebbe la loro egemonia militare, culturale o economica. Nel 2017 gli Stati Uniti si sono formalmente ritirati dall’organizzazione scientifica e culturale dell’Onu, l’Unesco, in risposta al gruppo che ha riconosciuto la Palestina. Le sanzioni americane non sono affatto popolari nel mondo; a novembre, ad esempio, l’Onu ha votato a novembre 187-3 (Stati Uniti, Israele, Brasile) per condannare l’embargo di Washington su Cuba. Era il ventottesimo anno consecutivo, con voti che variavano poco da un anno all’altro.
I Paesi sanzionati avvertono che le azioni di Trump stanno uccidendo non solo gli americani in patria, ma anche persone in tutto il mondo. “Non possiamo permettere che i calcoli politici ostacolino il salvataggio di vite umane”, concludono. Tuttavia, proprio perché gli Stati Uniti hanno così tanto potere sulla scena mondiale, è improbabile che le loro proteste li portino molto lontano. 
Fonte: mintpressnews.com
pubblicato il 26.03.2020
Traduzione per comedonchisciotte.org a cura di Riccardo Donat-Cattin.