Visualizzazione post con etichetta Albania. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Albania. Mostra tutti i post

lunedì 30 marzo 2020

“Noi albanesi non siamo i vostri stupidi, ministro Salvini”. - Sonila Alushi*



Una coraggiosa blogger albanese, Sonila Alushi, ha reso pubblica questa lettera a Salvini. Una denuncia sull’oggi ma senza dimenticare un recente passato di emigrazione e delle sue tragedie come l’affondamento della nave Kater i Rades nel 1997.
“L’Albania si è mostrata solidale a questo Paese non a lei Signor Ministro. L’Albania è un popolo di migranti, è un popolo generoso e ospitale nonostante ancora povero. E sopratutto l’Albania non dimentica di essere stata aiutata dai suoi vicini italiani, ma non dimentica anche le sue dichiarazioni disprezzanti. O le becere frasi dei suoi seguaci scritte nei muri della Lombardia come ad esempio: ‘Albanesi tutti appesi!’
Oh no, noi non dimentichiamo la dichiarazione della vostra deputata (ai tempi Lega Nord) e allora Presidente della Camera, Irene Pivetti, che senza il minimo pudore e sensibilità, disse che gli albanesi ANDAVANO BUTTATI A MARE! E a mare ci finimmo davvero pochi giorni dopo: si chiamava Katër i Radës quella piccola nave affondata a Otranto. Ci morirono 81 di noi tra bambini, donne, uomini giovani e vecchi.
Chiamarono quel naufragio ‘La Tragedia del Venerdì Santo’ (28 Marzo 1997). Piangemmo quei morti da nord a sud e un intero Paese si vestì di nero. Ma poi i barconi ripartirono, era questione di sopravvivenza e lei lo sa bene anche se fa finta di non sapere. Lei fa finta di non capire perché la gente lascia casa e rischia la vita in mare.
Lei fa finta Ministro, fa finta su molte cose, anche sul fatto che il più grande problema di questo Paese, a sentir lei, sembra siano gli immigrati. Non abbiamo avuto il tempo di asciugarci le lacrime per i morti di Genova e Civita, che ecco che arriva lei con le sue crudeli decisioni per farci piangere e vergognare di altre vittime!
Non siamo riusciti a consumare qualche giorno di lutto per quelle perdite e capirci qualcosa sulle responsabilità di quel crollo, che ecco che rispuntano le sue lagne puntando il dito solo verso gli immigrati! Per non parlare della fuga dei capitali, della disoccupazione, della Mafia, del degrado sociale, della povertà in crescita, ecc. Tutto in ombra!
Oggi dice nei suoi comizi, quelli dove i suoi fan si divertono con il suo triste sarcasmo, che l’Albania si è comportata meglio della Francia!! Suvvia Ministro, sappiamo bene che la Francia non si farà il minimo problema per questo suo ridicolo paragone.
E sappiamo bene anche come la pensa su di noi: fosse stato per lei e i suoi, noi albanesi non saremmo stati accolti allora e non saremmo ben accettati nemmeno oggi.
L’Albania, posizionandosi al fianco dell’Italia, si è dimostrata riconoscente e generosa perché questo Paese se lo merita e questo Paese non è rappresentato solo da lei.
Non usi questo bel gesto a suo favore personale, non ci tratti da stupidi. Grazie”!
*Sonila Alushi vive in Italia e scrive su Albania news. L’articolo lo abbiamo ripreso da facebook dove sta circolando.
traduzione di Simona Forte.

domenica 29 marzo 2020

Coronavirus, l'Albania invia medici e infermieri: "Non dimentichiamo l'Italia che ci ha aiutato".

Coronavirus, l'Albania invia medici e infermieri: "Non dimentichiamo l'Italia che ci ha aiutato"

30 sanitari partono da Tirana. Il premier Rama: "Paesi ricchissimi hanno voltato le spalle agli altri. Noi non siamo ricchi ma neanche privi di memoria".

Non siamo privi di memoria: non possiamo non dimostrare all'Italia che l'Albania e gli albanesi non abbandonano mai un proprio amico in difficoltà. Oggi siamo tutti italiani, e l'Italia deve vincere e vincerà questa guerra anche per noi, per l'Europa e il mondo intero". E' quanto ha detto il premier albanese Edi Rama, salutando all'aeroporto di Tirana un team di 30 medici e infermieri albanesi in partenza per l'Italia in aiuto ai colleghi impegnati nella lotta al coronavirus in Lombardia: "Voi membri coraggiosi di questa missione per la vita, state partendo per una guerra che è anche la nostra", ha aggiunto rivolgendosi al team sanitario.

"Trenta nostri medici e infermieri partono oggi per l'Italia, non sono molti e non risolveranno la battaglia tra il nemico invisibile e i camici bianchi che stanno lottano dall'altra parte del mare. Ma l'Italia  è casa nostra da quando i nostri fratelli e sorelle ci hanno salvato nel passato, ospitandoci e adottandoci mentre qui si soffriva", ha aggiunto Rama nel breve saluto cui era presente anche l'ambasciatore d'Italia in Albania, Fabrizio Bucci.

"Noi stiamo combattendo lo stesso nemico invisibile. Le risorse umane e logistiche non sono illimitate, ma non possiamo tenerle di riserva mentre in Italia c'è ora un enorme bisogno di aiuto".

"E' vero che tutti sono rinchiusi nelle loro frontiere, e paesi ricchissimi hanno voltato le spalle agli altri. Ma forse è perche noi non siamo ricchi e neanche privi di memoria, non possiamo permetterci di non dimostrare all'Italia che l'Albania e gli albanesi non l'abbandonano", ha concluso.

"Voglio ringraziare il premier Edi Rama, il governo e il popolo albanese per la solidarietà che ci stanno dimostrando", ha detto il ministro degli Esteri Luigi Di Maio accogliendo la delegazione a Fiumicino.  "La solidarietà che l'Albania dimostra è un valore comune che ha fatto nascere l'Unione europea e che sta ricordando a tanti Paesi dell'Ue in questo momento", ha aggiunto Di Maio spiegando che i medici andranno in Lombardia. I medici e gli infermieri albanesi arrivati oggi a Roma pernotteranno alla Cecchignola questa notte e domani partiranno per la Lombardia, ha spiegato il ministro Di Maio ribadendo il suo grazie "all'Albania e al popolo albanese". A Fiumicino, ad attendere il team albanese, oltre a Di Maio c'erano anche il viceministro della Salute, Pierpaolo Sileri  ed il vice capo Dipartimento della Protezione civile, Agostino Miozzo.


https://www.repubblica.it/esteri/2020/03/29/news/coronavirus_medici_albania_italia-252593099/?ref=fbpr&fbclid=IwAR202zU5gp1h25qkNDiZDjakKa9VKGfyAlxcwcNfBL17xY1R_f6jhqLhVPE

domenica 7 settembre 2014

Bufera sulla Banca Centrale d'Albania: rimosso governatore arrestato.

Bufera sulla Banca Centrale d'Albania: rimosso governatore arrestato

Il Consiglio di Vigilanza della Banca Centrale d'Albania ha deciso di proporre al parlamento la rimozione dall'incarico del governatore Ardian Fullani. La decisione arriva dopo l'arresto di Fullani, accusato di "abuso d'ufficio", a seguito dello scandalo del furto nel dipartimento del Tesoro di una somma pari a 5.2 milioni di euro da parte di un dipendente dell'istituto.

Oltre a Fullani ieri sera era finito in manette anche l'Ispettore capo Olivar Golemi. Secondo la legislazione albanese, in attesa della nomina del sostituto del governatore, le sue funzioni saranno assunte dal suo primo vice, Elisabeta Gjoni.  In un comunicato il Consiglio di Vigilanza - che inizialmente aveva esitato a intervenire contro Fullani - ha garantito "il normale funzionamento dell'attività operativa della Banca". Sulla vicenda della Banca è intervenuto in serata anche il premier Edi Rama, il quale ha fatto sapere di aver avuto numerosi contatti con esperti albanesi ed internazionali, e di aver discusso della questione con una missione del Fondo monetario internazionale che si trova a Tirana in vista dell'accordo di assistenza al Paese. Il premier ha assicurato che "il governo e il parlamento prenderanno tutte le necessarie misure perchè la Banca esca  più forte e più trasparente da tutta questa storia".

Fullani e Golemi sono stati accusati di "abuso d'ufficio", anche perchè, secondo la Procura della Repubblica, non hanno garantito la sicurezza dei fondi dell'istituto centrale. Infatti, il furto è stato realizzato nell'arco di circa quattro anni, fino a quando uno dei responsabili della cassa non si è autodenunciato.

La vicenda ha provocato una forte reazione nell'opinione pubblica, legata anche al rifiuto del governatore - il quale contava su forti legami politici e nei media - di dimettersi.

Fullani avrebbe violato la legge bancaria in almeno cinque casi, mentre altri quattro casi vengono contestati a Golemi, responsabile della sorveglianza di tutte le operazioni finanziarie.

Finora altre 12 persone sono stare arrestate fra i dipendenti dell'istituto e altri quattro sono agli arresti domiciliari, mentre prosegue l'inchiesta della Procura per cercare di trovare la destinazione dei fondi rubati.


http://www.repubblica.it/esteri/2014/09/07/news/bufera_sulla_banca_centrale_d_albania_rimosso_governatore_arrestato-95174810/

lunedì 2 dicembre 2013

I call center ora restano in Italia. Contro le delocalizzazioni stipendi ridotti. - Salvatore Cannavò

I call center ora restano in Italia. Contro le delocalizzazioni stipendi ridotti


Un accordo sindacale di agosto prevede contratti a progetto con salari ridotti al 60% dei minimi. E la legge del governo Monti sospende l'erogazione degli incentivi per le aziende che trasferiscono le proprie attività all'estero.

Delocalizzare o restare in Italia? Questo è il problema. Almeno per i call center, settore simbolo del precariato. Il trasferimento delle attività all’estero è noto da tempo e ha riguardato marchi come Sky, Fastweb, Vodafone oppure realtà del settore importanti come Almaviva. Tra i paesi preferiti la vicina Albania, con circa 60 aziende tra Durazzo, Valona e Tirana. Ma anche la Romania o la Tunisia. Se negli anni Duemila, come nel caso di Atesia, i lavoratori manifestavano soprattutto per regolarizzare il proprio lavoro, ora la protesta è contro le delocalizzazioni: lo hanno fatto quest’estate i dipendenti Fastweb oppure l’Almaviva di Palermo e, ancora, i dipendenti di E-Care.
In tempi di crisi ogni lavoro è essenziale, anche quello meno professionale dei call center, per quanto si tratti ormai di una occupazione rilevante. In Puglia, ad esempio, Teleperformance è la seconda azienda dopo l’Ilva con 3.000 dipendenti, mentre Almaviva (ex Atesia) ne occupa 24 mila in Italia. Contro le delocalizzazioni si sono affermate due soluzioni: una legislativa, l’altra sindacale.
La prima, ha posto dei limiti al processo con apposite restrizioni. La soluzione sindacale sembra invece aver adottato il principio: se il call center si sposta in Albania portiamo l’Albania qui da noi. Cioè, riduciamo drasticamente i salari. È quanto appare dalla lettura dell’ultimo contratto di settore siglato da Cgil, Cisl e Uil con le due strutture padronali, Assotelecomunicazioni e Assocontact in cui si prevede una sorta di “salario di ingresso” al 60 per cento della paga minima.
Con i 100 mila occupati – senza contare quelli interni alle aziende – i call center sono la vetrina per clienti in cerca di informazioni oppure da assoldare con proposte “allettanti”. Il contratto si riferisce a questi ultimi, i lavoratori a progetto (co.co.pro.) in outbound, cioè coloro che effettuano chiamate verso l’esterno (telemarketing e televendita, ricerche di mercato, ecc.). Si tratta di 30 mila addetti per i quali la riforma Fornero ha richiesto il ricorso alla contrattazione per determinarne la retribuzione. E così i datori di lavoro e i sindacati di categoria, Slc-Cgil, Fistel-Cisl, Uilcom-Uil, hanno siglato un contratto che prevede il riconoscimento del minimo tabellare (circa 1.000 euro netti al mese) ma ridotto al 60 per cento fino a gennaio 2015. Da quella data, poi, si risale di anno in anno fino a raggiungere il 100 per cento del minimo nel 2018. Una forma originale di “salario di ingresso” prolungato nel tempo. Inoltre, per le nuove assunzioni al termine del contratto, l’azienda utilizzerà i lavoratori già assunti sulla base di una graduatoria. Ma per potervi accedere i collaboratori dovranno sottoscrivere “un atto di conciliazione individuale conforme alla disciplina prevista dagli articoli 410 e seguenti del Codice di procedura civile”. Si tratta della rinuncia a diritti pregressi che non vengono nemmeno specificati.
Sai da parte datoriale, sia da parte sindacale, l’accordo è stato difeso come “una importante novità nel panorama delle relazioni industriali”. Le parti hanno addirittura siglato un comunicato congiunto al Fatto, il presidente di AssTel, Cesare Avenia, spiega che “non era mai avvenuto prima che si stipulasse un accordo avente come oggetto dei lavoratori non dipendenti”. Avenia poi, insiste sull’importanza di “aver fissato una retribuzione minima” in un accordo che “amplia le certezze per i lavoratori”. Allo stesso tempo, però, fa notare una fonte sindacale, “si istituzionalizza una contrattazione separata per i co.co.pro che impedisce loro di accedere al contratto generale”.
L’altra misura, quella legislativa, è stata introdotta dal decreto del governo Monti del giugno 2012. Prevede che il cliente contattato da un call center sia immediatamente informato della collocazione estera di chi raccoglie i suoi dati. Ma soprattutto sospende l’erogazione degli incentivi “ad aziende che delocalizzano attività in Paesi esteri”. Norma in parte mitigata dalla circolare interpretativa del 2 aprile di quest’anno con la quale il ministero del Lavoro ha limitato le restrizioni solo alle delocalizzazioni verso “paesi extracomunitari” in analogia con la legislazione Ue.
Nati impetuosamente agli inizi degli anni Duemila, i call center si sono evoluti confusamente con contratti “selvaggi”. La vertenza dell’Atesia nel 2005 ha costituito uno spartiacque, anche per la durezza dello scontro. Contemporaneamente sono usciti i film di Ascanio CelestiniParole sante (basato proprio sull’Atesia) e, in particolare, Tutta la vita davanti di Paolo Virzì tratto dal libro di Michela Murgia, Il mondo deve sapere. Il call center sembra la catena di montaggio degli anni Duemila. Nel 2006, l’allora ministro del Lavoro, Cesare Damiano, uno dei pochi che si occupa ancora di lavoro, con una circolare riuscì a stabilizzare “circa 24 mila lavoratori”. Lavoro distrutto dal successivo governo Berlusconi. Nel frattempo si è ampliato il fenomeno di delocalizzazione alla ricerca del costo del lavoro più basso. Fino a scoprire che quel costo si può ridurre anche qui.
Oltretutto, i call center rappresentano un buon, anzi, ottimo bacino di voti per i partiti, e a buon prezzo.
La politica è riuscita nel suo intento, schiavizzare i cittadini rendendoli formiche facilmente dominabili. E pensare che abbiamo sostenuto in passato dure lotte per ottenere qualche diritto in più, ma questa è un'altra storia.