mercoledì 8 aprile 2020

Crolla ponte Massa Carrara ferito l'autista di un furgone.

Un ponte è crollato ad Aulla, in provincia di Massa Carrara, sulla strada provinciale 70. Il ponte si trova in località Albiano e collega la Sp70 con la Sp62.
Il ponte è al confine tra Liguria e Toscana, in località, Albiano Magra (Massa Carrara), lungo una strada provinciale che collega la bassa Val di Vara con la Val di Magra (La Spezia).
Dalle prime informazioni risulta che due veicoli in transito sono rimasti coinvolti dal crollo. Si tratta di due furgoni precipitati sul letto del fiume e rimasti sopra la carreggiata collassata.
C'è un ferito trasportato in codice giallo all'ospedale in seguito al crollo del ponte ad Albiano Magra. Sarebbe il conducente di un furgone. Un altro autista sempre di un furgone sarebbe invece rimasto praticamente illeso a parte lo choc. E' quanto si apprende da fonti sanitarie.
Il 3 novembre scorso al ponte crollato stamani ad Albiano Magra (Massa Carrara) ci fu un sopralluogo dei tecnici Anas, da cui dipende l'infrastruttura, dopo che era stata rilevata una crepa sull'asfalto, ingrandita dalle abbondanti piogge. Ma dai controlli fu dichiarato che non sussistevano "condizioni di pericolosità". A riferirlo è Gianni Lorenzetti, presidente della Provincia di Massa Carrara che alcuni anni fa ha ceduto la struttura ad Anas.
Il sopralluogo, ricorda, fu fatto alla presenza anche dell'assessore comunale di Aulla e della polizia. Lo stesso Comune rassicurò i cittadini con un post sulla pagina istituzionale informando che "il traffico non avrebbe subito limitazioni". "Il ponte - aggiunge Lorenzetti - è importantissimo per la popolazione dell'alta Lunigiana, punto di collegamento sia con i primi territori della Liguria sia con il resto della Toscana".
La ministra delle infrastrutture e dei trasporti, Paola De Micheli, sta seguendo la vicenda riguardante il crollo del ponte sul fiume Magra e - secondo una nota del Mit - ha contattato il sindaco del Comune, Roberto Valettini, per accertarsi delle condizioni di salute della persona coinvolta che, stando alle prime informazioni, sembra avere riportato lievi ferite. La ministra ha inoltre chiesto immediatamente una dettagliata relazione ad Anas, la società che nel 2018 è diventata gestore dell'ex strada provinciale 70, acquisendo la gestione dalla Provincia di Massa Carrara. Gli accertamenti sono in corso e Anas, su richiesta del ministero delle infrastrutture e dei trasporti, provvederà a fornire tutte le informazioni conseguenti sulla viabilità.
"E' collassato su stesso". Così il sindaco di Aulla Roberto Valettini descrive la situazione del ponte che stamani è crollato nella frazione di Albiano Magra, al confine tra Toscane e Liguria. Il sindaco ha effettuato un sopralluogo sul luogo del crollo. Il ponte è lungo circa 400 metri e alto 7-8 mtri circa. Passa sopra il fiume Magra che attualmente non ha una grande portata.
"Se non ci mettiamo SUBITO a lavorare sui cantieri con il piano Shock - presentato ormai da molti mesi - ogni anno andrà peggio. E se non lo facciamo in questa fase di crisi vuol dire che ci vogliamo del male. Apriamo questi benedetti cantieri, subito". Così Matteo Renzi su fb dopo che stamattina è crollato un ponte vicino a Aulla.
"Quanto tempo dovrà ancora passare, e quanti altri crolli dovremo tragicamente ancora vedere, prima che in questo Paese il tema infrastrutture dello Stato venga affrontato con la serietà, le risorse e le competenze necessarie?". E' il commento dell'assessore alle Infrastrutture della Regione Liguria Giacomo Giampedrone stamani via fb sul crollo del ponte sul fiume Magra in provincia di Massa Carrara. "Vicini alla Toscana e agli amici di Aulla. La Protezione Civile della Liguria è totalmente a disposizione per qualsiasi necessità che si dovesse verificare per la gestione di questa nuova emergenza" sottolinea.
La Regione Liguria ha offerto "tutto il supporto possibile" alla Toscana attraverso il polo della protezione civile di Santo Stefano Magra che ha pronta una colonna mobile. La Regione Liguria si attiverà anche per valutare i disagi nello spezzino conseguenti all'interruzione "di un collegamento molto importante per la mobilità in zona".

Coronavirus, Gallera ammette: “Mancata zona rossa nella Bergamasca? Effettivamente una legge che consente alla Regione di farla c’è”. - Alberto Marzocchi

Coronavirus, Gallera ammette: “Mancata zona rossa nella Bergamasca? Effettivamente una legge che consente alla Regione di farla c’è”

Nello scambio di accuse tra Regione Lombardia e governo su chi dovesse adottare misure più stringenti tra Nembro e Alzano Lombardo, arriva l'ammissione dell'assessore al Welfare della Lega. Che però rispedisce la palla dall'altra parte: "Avremmo potuto farla noi? Sì, può essere. Ci aspettavamo che intervenisse l'esecutivo".
La legge lo consentiva e – ancora – lo consente. “Ho approfondito ed effettivamente la legge c’è“. Dopo più di una settimana di scarica barile tra Regione Lombardia e governo su chi avesse la responsabilità di istituire la zona rossa un mese fa tra Nembro e Alzano Lombardo, in provincia di Bergamo, l’assessore al Welfare, Giulio Gallera, ammette che la sua giunta aveva gli strumenti necessari per agire. Tuttavia, intervistato ad Agorà su Rai3, tiene a precisare: “Quando in Valle Seriana erano arrivate le camionette dell’esercito, il 5 marzo, eravamo convinti che” la zona rossa “sarebbe arrivata” e per questo “non avrebbe avuto senso, per noi, fare un’ordinanza”.
Ieri sera c’è stato uno scambio di vedute, a distanza, tra il presidente della Regione, Attilio Fontana, e il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte. “Non avevamo modo di intervenire dal punto di vista giuridico dopo il Dpcm dell’8 marzo“, sono state le parole del governatore leghista. Che però si è lasciato andare a un “ammesso che ci sia una colpa, è di entrambi“. La spiegazione data dal capo del governo, invece, è che “ci stavamo orientando a misure più rigorose per la Lombardia, una cintura rossa che coinvolgesse l’intera area”.
In Bergamasca, tra il 6 e il 7 di marzo, tutti si aspettano l’isolamento toccato due settimane prima ai dieci comuni del Lodigiano e a Vo’ Euganeo. A Verdellino si riuniscono decine e decine di carabinieri, pronti a entrare in azione. La statale della Valle Seriana è percorsa dall’esercito, mentre la polizia locale di Nembro riceve le telefonate dall’Arma per le dovute informazioni su strada da sigillare, checkpoint e valichi. “Eravamo in collegamento telefonico con il professor Silvio Brusaferro“, continua Gallera, “che mi diceva che avevano fatto la richiesta formale per l’istituzione della zona rossa”. Il riferimento dell’assessore è alle due note tecniche inviate al governo dall’Istituto superiore di sanità, che fa parte del Comitato tecnico-scientifico, il 3 e il 5 di marzo. “Avremmo potuto farla noi? Può essere, sì, ma ci aspettavamo che intervenisse l’esecutivo”.
Da settimane Gallera va ripetendo che la decisione del governo non è mai arrivata (lo ha fatto, per esempio, il 19 marzo a Sono le Venti intervistato da Peter Gomez). E anche stamattina, in un’intervista a La Stampa, ha parlato di “cerino in mano”, aggiungendo che “se ci avessero detto subito che non la volevano fare, ci saremmo mossi diversamente“. Sulla questione si è espresso anche il sindaco di Nembro, Claudio Cancelli: “Credo che i cittadini siano sconcertati dal continuo rimpallo di responsabilità tra Regione e governo, che dovrebbero entrambi garantire la sicurezza della nostra salute. Secondo me, dovevano intervenire entrambi”. Nel decreto-legge n.6 del 23 febbraio il governo ha messo nero su bianco, all’articolo 1, le leggi che consentono alle “autorità locali competenti”, cioè sindaci e presidenti di Regione, di adottare le misure che ritengono più opportune, in materia di emergenza sanitaria e igiene pubblica, per fronteggiare la diffusione del Covid-19. Insomma, gli strumenti normativi c’erano. Ora lo ammette anche la Regione. Come sono andate le cose, al di là di ciò, è sotto gli occhi di tutti.

Gli ordini dei medici accusano Fontana: “Disastro provocato da 7 errori di Regione Lombardia”. - Simone Gorla



Mancanza di dati sulla reale diffusione dell’epidemia, incertezza nella chiusura delle aree a rischio, gestione confusa delle case di riposo per anziani, mancata fornitura di protezioni individuali ai medici e al personale sanitario, totale assenza delle attività di igiene pubblica, mancata esecuzione dei tamponi agli operatori sanitari, saturazione dei posti letto ospedalieri. Sono i sette errori nella gestione dell’emergenza coronavirus in Lombardia indicati dalla Federazione degli ordini dei Medici chirurghi e degli Odontoiatri della Lombardia in una lettera ai vertici della Regione. “È evidente l’assenza di strategie relative alla gestione del territorio”, denunciano i medici, “la sanità pubblica e la medicina territoriale sono state da molti anni trascurate e depotenziate.

Sette errori nella gestione della prima fase dell'emergenza coronavirus in Lombardia, da analizzare per cambiare strategia ed evitare di commetterli di nuovo. Li ha elencati la Federazione degli ordini dei Medici chirurghi e degli Odontoiatri della Lombardia in una lettera inviata al governatore Attilio Fontana, all'assessore al Welfare Giulio Gallera e ai direttore delle aziende sanitarie. "A fronte di un ottimo intervento sul potenziamento delle terapie intensive e semi intensive, per altro in larga misura reso possibile dall’impegno e dal sacrificio dei medici e degli altri professionisti sanitari" denuncia Fromceo, "è risultata evidente l’assenza di strategie relative alla gestione del territorio".

Le lettera dei medici: Situazione disastrosa per interpretazione sbagliata.
"La situazione disastrosa" in cui si è venuta a trovare la Lombardia "anche rispetto a realtà regionali più vicine", si legge, "può essere in larga parte attribuita all’interpretazione della situazione solo nel senso di un’emergenza intensivologica, quando in realtà si trattava di un’emergenza di sanità pubblica. La sanità pubblica e la medicina territoriale sono state da molti anni trascurate e depotenziate nella nostra Regione", è il duro atto d'accusa.

Gli errori commessi da Regione Lombardia che hanno portato al disastro.
Nella lettera inviata ai vertici di Regione Lombardia, i medici indicano sette gravi errori commessi nella gestione dell'emergenza. Le stesse osservazioni erano state fatte in merito al territorio di Bergamo, quello più tragicamente colpito dal Covid-19.

1) La mancanza di dati sull’esatta diffusione dell’epidemia dovuta alla decisione di eseguire i tamponi solo ai pazienti ricoverati e alla diagnosi di morte attribuita solo ai deceduti in ospedale. I dati sono sempre stati presentati come “numero degli infetti” e come “numero dei deceduti” e la mortalità calcolata è quella relativa ai pazienti ricoverati, mentre il mondo si chiede le ragioni dell’alta mortalità registrata in Italia, senza rendersi conto che si tratta solo dell’errata impostazione della raccolta dati, che sottostima enormemente il numero dei malati e discretamente il numero dei deceduti.

2) L’incertezza nella chiusura di alcune aree a rischio.

3) La gestione confusa della realtà delle Rsa e dei centri diurni per anziani, che ha prodotto diffusione del contagio e un triste bilancio in termini di vite umane (nella sola provincia di Bergamo 600 morti su 6000 ospiti in un mese).

4) La mancata fornitura di protezioni individuali ai medici del territorio e al restante personale sanitario. Questo ha determinato la morte di numerosi colleghi, la malattia di numerosissimi di essi e la probabile e involontaria diffusione del contagio, specie nelle prime fasi dell’epidemia.

5) La pressoché totale assenza delle attività di igiene pubblica (isolamenti dei contatti, tamponi sul territorio a malati e contatti)

6) La mancata esecuzione dei tamponi agli operatori sanitari del territorio e in alcune realtà delle strutture ospedaliere pubbliche e private, con ulteriore rischio di diffusione del contagio.

7) Il mancato governo del territorio ha determinato la saturazione dei posti letto ospedalieri con la necessità di trattenere sul territorio pazienti che, in altre circostanze, avrebbero dovuto essere messi in sicurezza mediante ricovero.

https://milano.fanpage.it/gli-ordini-dei-medici-accusano-fontana-disastro-provocato-da-7-errori-di-regione-lombardia/

martedì 7 aprile 2020

🔴🔴🔴 CORONAVIRUS, a Brescia ci sono 1,2 casi ogni mille abitanti ...

Guardando le mappe dell'espansione del corona in Italia, vien spontaneo pensare che il virus si annidi maggiormente dove l'aria è meno pulita. Oppure che l'organismo di chi vive in zone maggiormente malsane non sia in grado di produrre gli anticorpi necessari per combatterlo.
Se la mia ipotesi dovesse risultare esatta dovremmo soffermarci a riflettere e addivenire alla soluzione che il rispetto dell'ambiente in cui viviamo è l'unica salvezza per la nostra esistenza.
Guardate anche voi la mappa e ditemi se la mia ipotesi può essere valida. Non credo che al nord siano meno efficienti di noi nell'adottare misure di contenimento all'espansione della bestia, credo solo che tutto ciò che si sta verificando sia frutto di una pessima gestione del territorio perpetrata per anni e che ora se ne stiano verificando le conseguenze. cetta


Restituiamo le braccia all’agricoltura: la terra ci salverà. - Pietrangelo Buttafuoco



Se nasce un bimbo o se muore un padre nulla e niente si ferma in campagna. La frutta, infatti, deve comunque essere colta, le capre – o le mucche – devono essere munte. E le pecore devono trovare un sempre nuovo andirivieni.

Gli animali non possono essere messi tra parentesi, non vanno in ferie e non conoscono Lockdown alcuno. Nel giorno della fine non serve a niente l’inglese: Coronavirus o meno, il latte reclama il bricco – altrimenti la bestia che lo produce va a morire – e così marcisce la frutta non colta o, ancora peggio, rinsecchisce tra i rami.

E davvero era un segno di dannazione, giusto a febbraio, quell’albero prossimo a gemmare ma carico di mandorle scheletrite: vecchie di un anno, ancora abbracciate alle loro scorze e però bucate dai tarli.

Un presagio di peste, quel grumo di mandorle morte impiccate tra le gemme vive: nessuno si era curato di fare la battitura in quel campo – questo era successo – e quel po’ di Ben di Dio si capovolgeva nella promessa di sventura.

Piantare alberi lungo il cammino è da sempre un viatico di salute – anzi, è un saluto – affinché non ci sia mai penuria; i rami che si allungano oltre i perimetri della proprietà non si potano mai, e mai vanno ripiegati all’interno, apposta per nutrire chi passa o chi si ferma per fare la foto al paesaggio: gli Erei, le Madonie e i Nebrodi che s’inghirlandano di ginestre, papaveri e margheritine per accostarsi a Etna, sempre imponente di malia.

È la terra di Cerere, madre di Proserpina, quella. La ragazza va e viene dalla bella stagione – e viceversa – alla vallata per vivificare sugli arbusti la linfa di cui si nutre il bisogno della gente. Le spighe sono prossime a maturare e quel mandorlo, oggi – sulla Strada statale 121 – ha già mutato i propri fiori nelle ghiotte e morbide drupe verdi.

È il morto che insegna a piangere e il presagio, dunque, è già decifrato: i frutti vivi sullo stesso ramo di quelli stecchiti significano empietà.

Ma nulla e niente si ferma. In quel punto c’è stata pioggia il 13 dicembre scorso per poi tornare il 25 marzo scorso, troppo poco per fare contento il massaro. Ma quel che si trova, si prende, sempre così ci si regola con le annate. E fare presto – adesso – significa come sempre, e però più di ogni altra volta, mettere mano alla zappa, governare i pascoli, dare dimora al fieno, vento alle spighe e la falce al grano.

Non si inverte la regola della ruota. Manco il tempo di chiudere la quarantena e si fa maggio, quindi giugno, ovvero la mietitura. Pare di vederle le ragazze, e i ragazzi con loro – tutti gli studenti che non hanno potuto finire scuola – precipitarsi alla volta dei poderi, in soccorso alle trebbiatrici, e così prendere la maturità al liceo della terra.

Per davvero, la vita dei campi, è tutta un’altra cosa. Può anche essere villeggiatura, la campagna; può perfino diventare una mistica dell’umanesimo ma come la talpa scava per se stessa, tra le zolle intrise del sudore della fronte, mai e poi mai potrà farlo per la storia.

Pare di vederli, tutti loro. Braccia restituite, tutte, all’agricoltura. La mobilitazione della gioventù, da subito, non può che essere contadina.

La terra, infatti, è la leva ultima e più inesorabile da cui l’umanità riscatta il proprio destino. L’applicazione immediata della tecnè è tutta di episteme agreste. Un diploma di perito agrario, già da subito, serve più di qualunque laurea in scienze della comunicazione. L’eterno andirivieni che resta, infatti, è quello di pane, paste e carne. È appunto ciò che rimane: il resto è scorie.

https://infosannio.wordpress.com/2020/04/06/restituiamo-le-braccia-allagricoltura-la-terra-ci-salvera/?fbclid=IwAR2ib-MzpK97F32DPlRutOoF1rVTr2ejV47Vxipk-AQ5hrP4Rcn6eBqG77k

Fisco, dalla prima casa al 730 tutte le proroghe e deroghe in arrivo. - Marco Mobili e Giovanni Parente


Deleghe online al Caf. Certificazioni uniche dei redditi fino al 30 aprile, Congelati fino al 31 dicembre i termini per non perdere il bonus prima casa. Versamenti sospesi per aprile e maggio.

Più tempo per la certificazione unica dei redditi: l’invio all’agenzia delle Entrate e la consegna a dipendenti e pensionati slitta al 30 aprile e senza sanzioni. Ma arriva anche l’assistenza fiscale a distanza con la delega online al Caf. Sospesi i versamenti di aprile e maggio per chi ha ricavi o compensi sotto i 50 milioni e ha subito un calo del 33% e per chi sta sopra i 50 milioni e ha subito un calo del 50 per cento. Rimessione nei termini per tutti i versamenti verso le pubbliche amministrazioni fino al 16 aprile. Congelati i termini per il bonus prima casa dal 23 febbraio al 31 dicembre 2020. Acconti d’imposta con il metodo previsionale senza sanzioni se se l’importo versato non è inferiore all’80% della somma che risulterebbe dovuta a titolo di acconto sulla base della dichiarazione relativa al periodo di imposta in corso. Sono tra i principali contenuti del pacchetto fiscale del decreto liquidità all’esame del Consiglio dei ministri di lunedì 6 aprile.

L’assistenza fiscale a distanza per il 730.
Dopo lo spostamento della scadenza al 30 settembre del termine ultimo di invio della dichiarazione deciso appena poche settimane fa, arriva l’assistenza fiscale a distanza. Nel decreto liquidità spunta, infatti, la possibilità di inviare la delega al Caf o al professionista abilitato con una copia dell’immagine accompagnata da una copia del documento di identità. Largo quindi a un documento stampato, firmato e poi scannerizzato. Ma chi non avesse stampante e scanner potrà ricorrere a metodi più innovativi, ad esempio con un video o un messaggio di posta elettronica accompagnato da una foto, anche attraverso il deposito nel cloud dell’intermediario.

Resta fermo l’obbligo di regolarizzazione, con consegna delle deleghe e della documentazione, una volta cessata l’attuale situazione emergenziale.

La certificazione unica per la dichiarazione dei redditi.
Tra le novità dell’ultima ora, arriva una vera e propria proroga per i sostituti d’imposta per la trasmissione della certificazione unica all’agenzia delle Entrate e la consegna a dipendenti e pensionati (i cosiddetti percipienti). Il termine per la certificazione unica 2020 viene infatti spostato al 30 aprile. Stessa scadenza entro la quale non saranno applicate sanzioni per chi effettuerà la trasmissione telematica.

Sospensione dei versamenti per aprile e maggio.
La sospensione dei versamenti di ritenute, Iva, contributi e premi assicurativi per aprile e maggio viene ancorata al parametro dei ricavi o compensi e al calo. In particolare, per imprese, autonomi e professionisti sotto i 50 milioni di euro di ricavi o compensi la sospensione scatterà se il calo è stato del 33% per marzo e aprile rispetto allo stesso mese dello scorso anno. Per quelli sopra i 50 milioni la sospensione invece sarà condizionata a una riduzione del 50% sempre negli stessi mesi e sempre nel confronto rispetto all’anno scorso. I versamenti sospesi dovranno essere effettuati in un’unica soluzione nel mese di giugno 2020 o in 5 rate mensili di pari importo a decorrere dallo stesso mese.

Rimessione nei termini fino al 16 aprile.
Allo stesso tempo viene lanciata una ciambella di salvataggio a chi doveva effettuare qualsiasi tipo di versamento nei confronti delle pubbliche amministrazioni dopo la mini-moratoria generalizzata disposta dal 16 marzo al 20 marzo. Saranno così considerati tempestivi se recuperati entro il 16 aprile.

Bonus prima casa.
Arrivano termini più soft per non perdere il bonus prima casa da cui si decade se non si sposta la residenza entro 18 mesi o se non si riacquista entro un anno in caso di vendita prima dei 5 anni dal primo acquisto. I termini saranno congelati dal 23 febbraio 2020 al 31 dicembre 2020 e torneranno a decorrere allo scadere del periodo di sospensione.

https://www.ilsole24ore.com/art/fisco-prima-casa-730-tutte-proroghe-e-deroghe-arrivo-ADd4QTI

Pio Albergo Trivulzio, 30 morti da inizio aprile. Bare anche in chiesa. E arriva l'ispezione del governo. - Ilaria Carra

Pio Albergo Trivulzio, 30 morti da inizio aprile. Bare anche in chiesa. E arriva l'ispezione del governo

Nella casa di cura milanese solo a marzo, in piena emergenza coronavirus, sono deceduti 70 anziani. E ne continuano a morire.

MILANO - Il governo invia una squadra di ispettori al Pio Albergo Trivulzio. Il ministro della Salute Roberto Speranza e il suo vice Pierpaolo Sileri hanno deciso di approfondire la situazione di emergenza nel polo geriatrico più importante del Paese, sulla cui condotta la procura di Milano ha già aperto un'inchiesta con l'ipotesi di diffusione colposa di epidemie e omicidio colposo. Il sospetto sul quale anche Roma, ora, vuole vederci chiaro riguarda l'ipotesi che alla "Baggina", come da sempre i milanesi chiamano la storica struttura cui tutta la città è affezionata, siano stati nascosti casi di Covid-19 mettendo a rischio ospiti e operatori.

Nella struttura, compresa sia la Rsa sia la riabilitazione, sono morti solo a marzo, in piena emergenza coronavirus, 70 anziani. Ma gli ospiti qui continuano a morire: solo nella prima settimana di aprile se ne sono aggiunti altri 30, 26 nella casa di riposo e 4 temporaneamente nella struttura riabilitativa. Dove però i ricoveri sono stati bloccati a metà marzo, per via del rischio contagio, quindi i pazienti presenti sono "solo" 242 rispetto ai 350 di capienza normale.

Se si considera solo l'ospizio, dunque, dall'inizio dell'anno a ieri in tutto il complesso (via Trivulzio, Merate e Principessa Jolanda) sono mancati 147 ospiti, 44 in più rispetto ai 103 del 2019. L'obitorio del Pat è una stanza di sofferenza piena di lenzuoli bianchi arrotolati, sdraiati uno accanto all'altro. Altre sale sono state adibite a ricovero provvisorio di bare. Ognuna con un foglio di carta sopra, un nome, una storia. Nessuno, qui, ha fatto il tampone: che siano vittime del virus è, però, per la maggioranza quasi una certezza.

Il direttore generale del Pat, Giuseppe Calicchio, in una mail ha chiesto "con estrema urgenza" alla sua prima linea di avere un "dettaglio puntuale" sul numero di salme "ancora da porre in cassa" e "per ciascuna data di decesso". Nella stessa comunicazione, il dg ha stabilito che sia la dottoressa Vasaturo "a occuparsi della camera mortuaria", sostituendo il signor Riganti che d'ora in poi dovrà riferire a lei. E il bilancio dei morti, purtroppo, rischia di essere ancora più ampio: i numeri non tengono conto degli anziani che in queste settimane sono stati mandati a casa o ricoverati, e che solo in un secondo momento sono stati trovati positivi e, in molti casi, deceduti.

"Le ispezioni stanno partendo - dice Sileri - gli inviati del ministero chiederanno informazioni dettagliate e verificheranno tutti gli atti, avvalendosi anche dell'aiuto dei Nas". Come per altre Rsa, si dovrà dunque accertare se alla Baggina, come sostengono fonti sindacali, "gli ospiti morivano e si diceva che erano solo bronchiti", se davvero "si è voluta tenere sotto silenzio la grave situazione delle strutture". E se - come dice il professor Luigi Bergamaschini, al Pat vietavano le mascherine e quando lui le autorizza viene esonerato".

Oggi il Pat accoglie 1.012 fra ospiti e pazienti e conta, di solito, su 1.600 persone tra medici, infermieri, assistenti sociali nelle tre residenze per anziani e nei due centri d'assistenza. A marzo, però, sono stati 250 i lavoratori non operativi sul campo, alcuni in telelavoro, la maggior parte in malattia. Contagiati con ogni probabilità sul posto di lavoro e con sintomi da Covid-19 anche - un tema sul quale anche la stessa procura milanese sta indagando - per via delle (presunte) tardive disposizioni all'uso dei dispositivi di protezione.

La ministra delle Politiche agricole, Teresa Bellanova, definisce le morti al Pio Albergo Trivulzio "una stretta al cuore". E aggiunge: "Nelle case di riposo c'è la memoria di questo Paese. E dopo questa stretta al cuore avvertiamo il bisogno di chiarezza: serve una commissione d'inchiesta, come ha chiesto Renzi". Il suo collega agli Affari regionali, Francesco Boccia, chiede invece "alle Regioni di comunicare tempestivamente alla Protezione civile, attraverso il monitoraggio delle Ats, quali siano le Rsa in condizioni di maggior criticità". Anche Leu, con Nicola Fratoianni, in un'interrogazione chiede "tutte le necessarie attività ispettive per fare chiarezza e individuare eventuali responsabilità sui decessi".


https://www.repubblica.it/cronaca/2020/04/06/news/lo_scandalo_al_pio_albergo_trivulzio-253332595/?ref=fbpr&fbclid=IwAR2O6uBzBHdIHLnVOCJF_rH-eHhxDDn1smp_fhlPpPYGb5WbW6uuWV9N2So