mercoledì 24 giugno 2020

Salvini e la pisciatina sul ponte. - Tommaso Merlo


Il leader della Lega Matteo Salvini durante la visita al cantiere del nuovo Ponte di Genova, 22 Giugno 2020. ANSA/LUCA ZENNARO

Salvini si concede una pisciatina sul nuovo ponte di Genova. Gilet fosforescente, caschetto e pure la museruola a tema. Ieri le felpe, oggi le museruole. Tra gli applausi delle istituzioni locali che lo assistono e dei follower superstiti che lo seguono. Tirata su la cerniera Salvini indica i pannelli a metano che permetteranno al ponte di autoalimentarsi. Già, come no. Tapioca come se fosse antani. Sembrano passati secoli. Salvini era fresco ministro quando crollò il Ponte Morandi. Lui e Di Maio vennero accolti tra gli applausi ai funerali delle 43 vittime. Questo perché il governo si schierò dalla parte dei cittadini per una volta e promise giustizia. Questo perché soffiava un piacevole vento di cambiamento “populista” in senso sano. Col popolo che a seguito del 4 marzo si riappropriava del potere democratico a scapito della prepotenza lobbistica che si spartiva il paese da troppo tempo. A far crollare il ponte non è stato qualche tirante marcito, è stato il vecchio regime partitocratico che prima ha regalato le concessioni ai Benetton e poi gli ha permesso di farsi i propri comodi lucrandoci sopra indegnamente fregandosene della sicurezza. Salvini e Di Maio rappresentavano il nuovo corso e il Ponte Morandi divenne un simbolo di rinascita per l’intero paese. Era il tempo della luna di miele gialloverde. Salvini votava tutti i provvedimenti che il Movimento tirava fuori belli pronti dai cassetti mentre lui varava la sua tournée ministeriale permanente. Strada facendo si capì che Salvini avrebbe fatto ricostruire il ponte anche ai Benetton e cioè non avrebbe cambiato una beata mazza di niente. 

Ma il Movimento s’impuntò mirando fin da subito alla revoca delle concessioni e su impulso del ministro Toninelli nacque il Modello Genova. Per fare in fretta, per fare bene. Senza ruberie e senza cedere alle prepotenze delle lobby. L’aria sembrava davvero cambiata. Trasparenza, unità d’intenti e i cittadini che tornavano al centro della politica. Ma Salvini fingeva di far parte di quel cambiamento e dopo solo un annetto ha mandato tutto in malora per inseguire il miraggio egoistico dei pieni poteri. Sembrano passati secoli ma i Benetton ancora non mollano l’osso e il nuovo governo si appresta allo scontro finale. Il cambiamento in Italia è davvero una faticaccia. Il Ponte Morandi era il simbolo della rinascita di un intero paese e rischia di trasformarsi nel simbolo della restaurazione. Il simbolo del vecchio regime partitocratico che prova a riciclarsi per l’ennesima volta grazie a Salvini e a tutto il sottobosco lobbistico alle sue spalle. Il ponte è quasi pronto e Salvini inaugura la gara per attribuirsene i meriti. Lo fa salendoci sopra e concedendosi una pisciatina in compagnia delle istituzioni locali. Del resto tempo libero non gliene manca e faccia tosta nemmeno. Caschetto, gilè, museruola a tema. 
Tirata su la cerniera Salvini indica i pannelli a metano. Già, tapioca come se fosse antani e pure prematurata.

https://repubblicaeuropea.com/2020/06/23/salvini-e-la-pisciatina-sul-ponte/

Sappiamo già tutto. - Marco Travaglio

Csm, l'ex consigliere Palamara indagato per corruzione - ItaliaOggi.it
Arrivano le chat, si salvi chi può! Da quando s’è sparsa la voce (sai che scoop) che Luca Palamara chattava con politici e magistrati anche prima che gli inoculassero il trojan nell’iPhone e ora potrebbe levarsi qualche macigno dalle scarpe, s’è creata una spasmodica quanto ridicola suspense: chissà mai cosa verrà fuori, ce ne sarà per tutti, mamma mia che impressione. Per i cortigiani di Arcore le chat trasformeranno i reati di B. in virtù cardinali e il Caimano in un martire perseguitato: certo, come no. Ma, qualunque cosa esca non sarà mai peggio di ciò che già si sa e si finge di dimenticare: le pagine più nere dell’Anm e del Csm sono state scritte alla luce del sole, anche se nessuno (a parte noi e pochi intimi) ha osato raccontarle. E non le ha scritte Palamara da solo: spesso agiva sotto dettatura del Colle, con Napolitano e pure con Mattarella. Per punire i magistrati scomodi e promuovere quelli comodi, si appoggiava sulle altre correnti (Area o MI o entrambe) e sui laici di tutti i partiti, a partire dai vicepresidenti Mancino, Vietti, Legnini, Ermini (tutti targati Pd).
Non c’è bisogno di chat per sapere che, quando De Magistris osò toccare i santuari politico-affaristico-massonici di Calabria e Basilicata, fu spazzato via prima dai suoi capi e poi dal Csm (tutto) insieme ai pm salernitani Apicella, Nuzzi e Verasani, che stavano scoprendo le sue ragioni, con la benedizione apostolica di Napolitano. Il quale benedisse pure le prime azioni disciplinari contro Woodcock, pm che da Potenza a Napoli rompeva le palle al Pd, a B. (per la corruzione dei senatori) e alla Lega (per i 49 milioni rubati). Quando invece tentarono di fargliela pagare per lo scandalo Consip del Giglio Magico renziano, c’era già Mattarella. Non c’è bisogno di chat neppure per scoprire cosa accadde ad Alfredo Robledo, procuratore aggiunto a Milano, scippato del fascicolo su Expo2015 dal suo capo Edmondo Bruti Liberati contro ogni regola interna: il Csm diede ragione a chi aveva torto e punì e cacciò chi aveva ragione su preciso ordine dello staff di Napolitano, con lettera su carta intestata. Altre tracce scritte e telefoniche lasciò Re Giorgio nella sua guerra senza quartiere ai pm palermitani che indagavano sulla Trattativa, da Ingroia a Di Matteo a Messineo: il Csm, non solo Palamara, obbedì. Secondo voi, perché il Pg di Palermo Roberto Scarpinato, pur essendo il più titolato, non è diventato procuratore nazionale Antimafia? Perché anche lui indaga da vent’anni sulle trattative e i sistemi criminali retrostanti le stragi del 1992-’94. Due anni fa era in pole position, ma gli fu preferito Federico Cafiero De Raho, che invece era il più titolato per la Procura di Napoli.
Ma dovette fare spazio a Gianni Melillo, ex capogabinetto di Orlando, e poi fu “risarcito” con la Dna. Da anni il Csm premia chi ha avuto incarichi politici, come se la vicinanza a partiti e governi fosse un pregio, non un handicap. È appena riaccaduto per Cantone, ex capo Anac per grazia renziana ricevuta, a Perugia. E Palamara non c’era.
Poi c’è il capolavoro sulla Procura di Roma dopo il pensionamento di Giuseppe Pignatone: ben due Csm presieduti da Mattarella e vicepresieduti dagli appositi Legnini ed Ermini, più maggioranze laiche e togate, si sono mobilitati per sbarrare la strada a due magistrati (Marcello Viola e Giuseppe Creazzo, Pg e procuratore di Firenze) che minacciavano discontinuità nel vecchio porto delle nebbie, e per consentire a Pignatone di scegliersi l’erede. Un anno fa, siccome in commissione Viola aveva battuto il pignatoniano Franco Lo Voi (procuratore di Palermo), il Colle profittò delle intercettazioni di Palamara&C. (in cui la voce di Viola non compariva mai) per far rigiocare la partita nel nuovo Csm su una nuova rosa di nomi. Così vinse il pignatoniano Prestipino, contro la cui nomina Viola e Creazzo ora ricorrono al Tar (sono due capi, più titolati e anziani dell’aggiunto Prestipino). Fu il replay di quant’era accaduto nel 2014 per Palermo: lì correvano due procuratori capi (Guido Lo Forte e Sergio Lari) e il solito Lo Voi, che non aveva mai diretto nulla, era più giovane e per giunta era stato nominato da B. a Eurojust. In commissione vinse Lo Forte, ma alla vigilia del Plenum arrivò il diktat di Napolitano, che bloccò la votazione, inventandosi un “criterio cronologico” mai visto prima. Anziché difendere le proprie regole, il Csm si piegò fantozzianamente all’ukase quirinalizio e rinviò il voto fino a scadere. Il nuovo Csm capì l’antifona e premiò il candidato meno meritevole, dipinto come Er Più da una tragicomica relazione della forzista Casellati. Lo Forte e Lari ricorsero al Tar del Lazio, che annullò la nomina di Lo Voi: “illegittima”, “illogica”, “irrazionale”, “apodittica” per “eccesso di potere”. Ma il Consiglio di Stato ribaltò il verdetto con una sentenza-supercazzola che spacciava per un titolo di merito (“le diverse esperienze maturate, anche in ambito internazionale”) l’euroincarico burocratico gentilmente offerto da B. Il presidente era Riccardo Virgilio e l’estensore Nicola Russo, poi indagati per corruzione giudiziaria con l’avvocato-depistatore dell’Eni Piero Amara: lo stesso del caso Palamara. Una storia più nera di qualunque chat che però nessuno, a parte noi, ha mai raccontato. Diceva Leo Longanesi: “Quando potremo dire tutta la verità, non la ricorderemo più”.

martedì 23 giugno 2020

Bullizzata su Instagram da due 14enni perché obesa, 12enne finisce in ospedale e la mamma denuncia.



Credeva fossero suoi amici e invece l'hanno presa in giro per i suoi chili di troppo, fino a pubblicare su falsi profili social creati «ad hoc» sue foto «imbarazzanti». È accaduto a Napoli dove una studentessa di appena 12 anni preda di una sincope è finita in ospedale.
Una storia simile a molte altre che hanno avuto esiti ancora più tragici. La ragazzina è stata colta da malore dopo avere ricevuto minacce da due ragazzi, un 14enne e una quasi 14enne, che si sono scagliati anche contro la madre della vittima, una professionista di 50 anni la quale, alla fine, ha deciso di rivolgersi ai carabinieri. Durissimo il tenore dei messaggi postati dai due haters all'indirizzo di madre e figlia: «...io mangio e non ingrasso..., questo non tu non te lo puoi permettere…» ma anche del tipo «...ti faccio piangere sangue...», oppure «attenta alle cose che dici perché poi picchio a te e tua mamma, attenta che io mi suicido dopo che ho ucciso te», e infine «attenta che muori prima tu di me, stai scherzando con il fuoco non sai di cosa sono capace». Particolarmente eloquente un messaggio in chat in cui prendono di mira la donna: «Attenta che stiamo organizzando una vattuta (pestaggio, ndr) ... più continui più la pestiamo...». La chiosa è estremamente violenta: «...dimostra un po' di affetto per tua figlia...».
A causa dei maltrattamenti la vittima è diventata inappetente e preda di frequenti mal di testa e di pancia. Malori che alla fine sono sfociati in preoccupanti tremori e perdite di coscienza, manifestazioni di grave disagio che l'hanno logorata a tal punto da rendere necessarie le cure mediche.
La presunta amicizia tra la 12enne e i due ragazzi è iniziata lo scorso mese di marzo. Una relazione altalenante che poi ha preso una brutta piega quando il 14enne ha pubblicato quell'immagine sui social. Malgrado la disperazione la ragazza ha avuto la forza di chiedere aiuto a sua madre la quale ha contatto un genitore: ed è stato a questo punto che è scattata la ritorsione on-line, veemente. «Dovrebbero vietare i social ai minorenni - dice preoccupata la mamma della ragazza, - perché è troppo facile insultare nascondendosi su queste piattaforme». Ovviamente, tra le minacce, non è mancata quella di reiterare la pubblicazione di altre fotografie «imbarazzanti» per crearle intorno il vuoto intorno.
La madre si è rivolta all'avvocato Sergio Pisani il quale, dopo avere raccolto i messaggi pubblicati su Instagram e il referto dell'ospedale, ha presentato una denuncia ai carabinieri. «Quanto accaduto a giovane vittima impone una riflessione - afferma il penalista - i social non dovrebbero assolutamente consentire la creazione di falsi profili. I profili devono essere tutti certificati con una procedura di riconoscimento on-line previa esibizione e invio di documenti di riconoscimento». La giovane ragazza, intanto, pesantemente offesa, «bullizzata» e isolata dagli amici, continua a soffrire.
Ecco uno dei motivi che mi porta a diventare razzista.
Questi bulletti sono il risultato della mancata educazione ed attenzione genitoriale.
I figli non basta metterli al mondo, vanno seguiti amorevolmente e responsabilmente, insegnando loro che non è l'aspetto fisico o il colore della pelle o ciò che si indossa a fare di un essere una Persona, ma il contenuto dell'essere Persona.
In ogni caso, bisogna far entrare nella loro testolina vuota che tutti gli esseri viventi hanno diritto al rispetto.
Bisogna fargli capire che comportarsi da bulletti è, ahimè, sinonimo di senso di inferiorità nei confronti di chiunque possa confrontarsi con loro, non avendo argomenti da produrre a loro vantaggio.
Questi bulletti sono i futuri irresponsabili protagonisti di malefatte ovunque approderanno perchè privi di etica, sono i futuri corruttori o corruttibili, sono gli utili servi del potere marcio.
C.

Milano, tangenti su appalti metro: 13 arresti tra cui dirigente Atm. Greco: Gare truccate.



Tra gli indagati nell'operazione della guardia di finanza figura un dirigente responsabile degli 'impianti di segnalamento e automazione' delle linee metropolitane. Il sindaco Sala: "Ora provvedimenti immediati da Atm".

Tredici persone sono state arrestate dal Nucleo di polizia economico finanziaria della guardia di finanza di Milano nell'ambito di un'inchiesta su presunte tangenti e appalti truccati relativi alle forniture per le metropolitane milanesi. Dodici, tra cui alcuni imprenditori, sono finite in carcere mentre un'altra persona è stata messa ai domiciliari. Al centro dell'indagine ci sono 8 appalti da 150 milioni di euro, mentre risultano indagate 30 persone fisiche e otto società tra cui Siemens Mobility, Alstom Ferroviaria, Ceit e Engineering Informatica. Tra gli arrestati figurano due funzionari Atm, Stefano Crippa e Paolo Bellini, dirigente dell'Atm (società municipalizzata del Comune di Milano) responsabile degli 'impianti di segnalamento e automazione' delle linee metropolitane, due manager di Alstom Ferroviaria e uno di Siemens Mobility.

Le accuse. 
Le accuse, a vario titolo, sono di associazione per delinquere, corruzione, turbativa d'asta, peculato, abuso d'ufficio. Il dirigente Atm, ritenuto pubblico ufficiale, secondo l'accusa avrebbe incassato o pattuito presunte mazzette per 125mila euro tra ottobre del 2018 e luglio del 2019. 
Tra gli appalti al centro dell'inchiesta, uno sulla manutenzione di impianti di telecomunicazione della linea 5 della metropolitana milanese e uno sui sistemi di segnalazione automatica della linea 2. Sono in corso perquisizioni in altre città d'Italia nelle sedi delle otto società indagate, oltre che in quelle Atm, a Cascina Gobba e in Viale Zara. L'inchiesta coordinata dal procuratore aggiunto Maurizio Romanelli e dal pm Giovanni Polizzi ha portato all'ordinanza cautelare firmata dal gip Lorenza Pasquinelli.

Indagini anche su appalto per sistema frenate d'emergenza su M1.
Durante le indagini sono stati anche "raccolti elementi" su un "episodio di corruzione" del 2006 per "l'assegnazione dell'appalto relativo al sistema di segnalamento" della linea M1, "nel cui contesto sono emerse le recenti criticità (frenate brusche d'emergenza)". In Procura a Milano, infatti, sono aperte anche indagini sulle brusche frenate (FOTO) con feriti che si sono ripetute per mesi. Del sistema di sicurezza se ne occupa Alstom, società finita ora indagata nell'inchiesta sugli appalti.

Le intercettazioni: "Ho un lavoretto da 18 milioni".
"Adesso c'è l'altra gara importante di 18 milioni, e questo sarebbe un bel lavoretto da fare, è l'installazione delle colonnine elettriche per gli autobus in tutti i depositi". Così in un'intercettazione parlava Paolo Bellini, il dirigente dell'Atm finito in carcere oggi. Lo si legge nell'ordinanza di custodia cautelare di oltre 400 pagine nella quale il gip parla esplicitamente di "metodo Bellini" sugli appalti. 
"C'è da chiudere la banchina e siccome non c'è da recuperare niente gli ho detto: con fiamma ossidrica e flessibile, due settimane, smantelliamo una banchina". In questo modo, intercettato nel marzo 2019, Paolo Bellini si interessava anche dell'esecuzione di lavori per la "eliminazione delle porte di banchina", da affidare ad una società a lui riconducibile, per il problema delle "frenate". 
Bellini inoltre avrebbe proposto all'amministratore di una società coinvolta nelle gare truccate di falsificare "la stampigliatura di un cavo" con caratteristiche diverse da quelle "richieste da Atm". Lo scrive il gip spiegando che per il dirigente, come emerge dalle intercettazioni, la "posa del cavo 'sbagliato'" sarebbe "sicuramente passata inosservata" salvo un incidente. "Un incendio, un cortocircuito ... per arrivare a quello deve bruciare la galleria", diceva l'uomo intercettato.

Negli ultimi 2 anni influenzate tutte le gare pubbliche.
Intercettazioni, come scrive il gip di Milano Lorenza Pasquinelli, che dimostrano "il livello di spregiudicatezza raggiunto da Bellini" che ha proposto a Piergiorgio Colombo, amministratore della Gilc impianti srl, una delle società che avrebbe ottenuto gli appalti grazie al "metodo Bellini", di falsificare "la stampigliatura di un cavo" per "occultare" all'Atm che "il prodotto fornito non corrispondeva a quello da contratto". Solo se ci fosse stato un incidente, come emerge dalle intercettazioni, per Bellini il "magistrato" avrebbe potuto prendere "il c.... di pezzo di cavo" e far fare "un'analisi chimica, tecnica". Per il giudice "l'imponente mole di elementi acquisiti descrive un fenomeno criminale in essere da ben più tempo rispetto all'inizio" delle indagini. Bellini avrebbe creato, infatti, una delle sue società, la Ivm, con la quale si inseriva "privatamente negli appalti" pubblici, già "circa 10 anni fa". Emergono, poi, elementi già del 2006 sulla gara per la "manutenzione del segnalamento" della linea M1, la "procedura gemella", scrive il gip, "a quella per la M2", ossia sul problema delle frenate, "oggetto di alcune delle attuali contestazioni". Dalle intercettazioni, aggiunge il gip, viene fuori che nemmeno "una procedura di gara pubblica negli ultimi 2 anni circa" si è salvata dal condizionamento, "più o meno penetrante", dell'intervento "abusivo di Bellini.”

Il procuratore Greco: "Metodica alterazione di gare".
Le indagini "hanno accertato l'esistenza di un sistema di metodica alterazione di gare ad evidenza pubblica indette da Atm spa gravitante attorno alla figura" di Bellini, "pubblico ufficiale con il ruolo di Responsabile dell'Unità amministrativa complessa sugli impianti di segnalamento e automazione delle linee metropolitane 1, 2, 3 e 5", e "alle società Ivm srl e Mad System srl", create dal dirigente per "interferire" negli appalti. Lo spiega il procuratore di Milano Francesco Greco.
Il "metodo" dell'associazione per delinquere, spiega ancora Greco, consisteva "nell'offrire alle imprese interessate a partecipare alle gare" la "consulenza del pubblico ufficiale", il dirigente indagato, che avveniva "sotto forma di fornitura di materiale e informazioni privilegiate, trafugate dalla stazione appaltante". Alle imprese sarebbe anche stata garantita la "possibilità di sopralluoghi riservati e perfino la supervisione e correzione delle bozze di offerta, sino all'indicazione precisa delle percentuali di ribasso da offrire ad Atm", che è "parte lesa", per prevalere sulle concorrenti. In cambio il dirigente avrebbe incassato tangenti "proporzionali al valore dell'appalto e cadenzate mensilmente". In più le imprese vincitrici delle gare dovevano "coinvolgere nell'esecuzione delle opere", come subappaltatori, le società Ivm e Mad System o altre imprese con cui l'uomo "concordava" le mazzette. 

"Assunzioni pilotate."
Il dirigente Atm avrebbe anche pilotato "alcune procedure di assunzione di personale nell'azienda di proprietà comunale, favorendo soggetti privi delle necessarie professionalità e competenze, ma legati alle imprese che lo remuneravano illecitamente, e quindi inseriti nel gruppo di lavoro alla sue dipendenze, garantendogli così l'assoluta riservatezza nelle gestione illecita della fase esecutiva dei lavori", spiega ancora il procuratore Francesco Greco. Sono stati ricostruiti "decine di episodi corruttivi e di turbativa d'asta" in particolare su appalti "per l'innovazione e la manutenzione" delle linee metropolitane. Tra indagati e arrestati, spiega Greco, "spiccano in particolare gli esponente di Siemens Mobility spa, Alstom Ferroviaria spa, Engineering informatica spa, Ceit spa, Gilc impianti civili srl e Ctf impianti srl", tutte società indagate per la legge sulla responsabilità amministrativa, assieme alle due riferibili al dirigente Atm che, oltre a 125mila euro di tangenti, tra promesse e versate, avrebbe ottenuto anche "prestazioni di servizi e benefit" e "l'acquisizione di rilevanti subappalti" per le sue due aziende. 

Il sindaco Sala: "Ora provvedimenti immediati da Atm."
"Atm è un'eccellenza milanese e il suo lavoro non deve e non sarà infangato dalle malefatte di pochi. Ovviamente mi aspetto provvedimenti immediati da parte dell'azienda nei confronti di chi è stato coinvolto nei procedimenti giudiziari e una seria verifica dei processi aziendali". Così il sindaco di Milano, Giuseppe Sala. "E' sconfortante scoprire che mentre tutti si impegnano e lavorano per il bene della comunità, qualche disonesto mette a repentaglio il lavoro fatto da una intera azienda", ha dichiarato. “Ho chiesto ad Atm - ha fatto sapere Sala - di prendere provvedimenti rapidi, queste persone devono essere allontanate, licenziate, quello che si può fare. Se le cose stanno così la giustizia intervenga rapidamente e le pene siano anche esemplari. Non me l'aspettavo e ho dentro tantissima rabbia perché tanti stanno facendo la loro parte in questo momento di difficoltà e due funzionari ti mettono in croce - ha aggiunto. È la dimostrazione che bastano due funzionari infedeli, ancora oggi per regole o per la mancanza di controlli, per gettare una macchia" sulla città "e questo non va bene”, ha concluso.

La nota di Atm.
In relazione "all’accesso della guardia di finanza di Milano alle sedi di ATM , al fine di acquisire documentazione e informazioni inerenti un’indagine in corso nei confronti, tra l’altro, di due funzionari ATM, Paolo Bellini e Stefano Crippa", l’azienda ha fatto sapere in una nota di aver "sin da subito prestato la propria fattiva collaborazione alle Autorità inquirenti anche al fine di determinare al più presto gli elementi relativi alle responsabilità dei soggetti indagati e assumere tutti i conseguenti provvedimenti a riguardo. L’Azienda - si sottolinea nella nota - è del tutto estranea ai fatti contestati, attribuiti ai singoli soggetti che, a quanto si apprende, avrebbero agito autonomamente in violazione del Codice Etico di ATM ancor prima che in violazione delle norme di legge. Di conseguenza, ATM ha già dato incarico ai propri legali al fine di tutelare l’Azienda in tutte le sedi opportune".

Conte chiude: rissa a destra e promessa di tagliare l’Iva. - Patrizia De Rubertis

Conte chiude: rissa a destra e promessa di tagliare l’Iva

Tirata d’orecchi ai Benetton: “Da loro nessuna proposta concreta”. Lite con Lega&FdI e annuncia aiuti alle donne manager.
“Stiamo discutendo in questi giorni di ritoccare l’Iva. Abbassarla un po’ potrebbe dare una spinta alla ripresa dei consumi: è un fatto di fiducia. Poi interverremo su misure concrete, come incentivi per i lavoratori del turismo in sofferenza. Non è sufficiente riformare il Paese ma occorre reinventarlo”. Al termine delle nove giornate degli Stati generali dell’Economia, nella verde cornice di Villa Pamphilj a Roma, il premier Giuseppe Conte dà una chiara indicazione di cosa conterrà il piano di rilancio che sarà presentato entro la fine di giugno dopo un “confronto” con i singoli partiti di centrodestra che hanno sbloccato la disponibilità a sedersi a un tavolo con il governo, ma non accettano l’ipotesi di inviti separati da parte del premier (ad esclusione di Forza Italia, “pronta” a incontri singoli). Tanto che la Lega sbotta: “Il centrodestra è unito e non bisogna perdere tempo: il governo convochi la coalizione”.
Il piano di rilancio costituirà l’ossatura del Recovery plan che l’Italia presenterà a settembre all’Ue per ottenere i fondi comunitari. “Ma ci sono anche misure di più immediato impatto per le quali valuteremo un ulteriore scostamento di bilancio con risorse in deficit”, spiega Conte in conferenza stampa con la forza di chi si sente “più forte e fiducioso di concludere la legislatura”.
Dal 13 giugno, il governo si è confrontato (“nessuna passarella”) con oltre 120 interlocutori tra imprese, sindacati, associazioni e una delegazione di cittadini comuni rappresentanti di diversi settori. Un dialogo da cui sono emerse le tre direttrici che per Conte consentiranno di “riformare” il sistema-Italia: la modernizzazione del Paese, la transizione energetica e l’inclusività che passano per l’alta velocità, i pagamenti digitali, l’impulso alla rete unica per superare il divario digitale esploso con la didattica a distanza e lo smart working. Ma Conte parla anche di blockchain, investimenti in ricerca e scuola, taglio del cuneo fiscale disposto dall’ultima manovra e promette a 500 donne che aspirano a diventare manager un master Mba Executive dal valore di 35.000 euro.
Il premier torna anche sulla questione Aspi. Una “soluzione chiara arriverà a breve sulla revoca della concessione di Autostrade – dice Conte – Sul tavolo non c’è una proposta accettabile da Aspi, ci avviamo verso una soluzione obbligata”.
Ieri Conte ha ricevuto diversi personaggi del mondo della musica, del cinema, del teatro, della letteratura, dell’architettura, come Alessandro Baricco, Stefano Boeri, Massimiliano Fuksas, Stefano Massini, Elisa, Giuseppe Tornatore e Monica Guerritore. “Un settore, quello della cultura, vero punto di forza del Paese, di fondamentale importanza e a cui questo governo vuole dare la dovuta attenzione”, dice Conte. Un comparto che in queste settimane sta manifestando, perché tra i più colpiti dalla crisi, “ha ricevuto ancora troppo poco”, ha spiegato la cantante Elisa.

Il Tomba. - Marco Travaglio

La sciacallaggine di Renzi raggiunge vette apicali, e la difesa ...
Non vorremmo che, a furia di sentirsi chiamare Innominabile, lo Statista di Rignano si fosse convinto che qualche legge proibisca di nominarlo. Lo fa pensare l’esilarante motivazione della causa civile che ci ha recapitato ieri, la tredicesima in sei mesi: “Il 1° maggio 2020 il Fatto Quotidiano pubblicava una prima pagina con immagini e titoli gravemente ed oggettivamente offensivi dell’onore, della reputazione del Sen. Matteo Renzi. In particolare al centro della pagina ‘campeggiava’ la seguente frase: ‘Renzi sciacallo lascia in pace i nostri morti’. Trattasti (sic, ndr) di affermazioni diffamatorie perché violano i limiti della continenza e sono dirette a denigrare la persona del Senatore Renzi che, attraverso la voluta strumentalizzazione e distorsione del senso e significato delle parole da quest’ultimo pronunciate, viene additato come ‘sciacallo’”, subendo un danno “indeterminabile”. In effetti siamo usi nominare il suo nome invano senza chiedergli il permesso e impostare la prima pagina e le successive senza il suo imprimatur. Il 1° maggio la notizia del giorno era il suo intervento in Senato del 30 aprile, quando aveva sparato a zero contro i presunti “pieni poteri” di Conte e la sua decisione di non abolire subito il lockdown, e aveva leggiadramente aggiunto: “Pensiamo di onorare la gente di Bergamo e di Brescia che non c’è più e che, se avesse potuto parlare, ci avrebbe detto: ‘Ripartite anche per noi’”. Frase definita “a dir poco infelice” persino dal sindaco renziano di Bergamo Giorgio Gori.
Siccome il genio incompreso aveva tirato in ballo i loro morti per farne i suoi ventriloqui (e i giornaloni facevano i salti mortali per nascondere la tragica figuraccia del loro beniamino), telefonammo ai comitati delle vittime di Bergamo e Brescia per raccogliere i loro commenti. Molti erano “indignati e offesi” e gli suggerivano di “vergognarsi” per le sue “parole scandalose”. I più ribattevano che i loro parenti defunti, se avessero potuto parlare, avrebbero chiesto la zona rossa subito, cioè avrebbero voluto chiudere di più, non di meno. I più gentili lo chiamavano “sciacallo”. Uno, meno diplomatico, direttamente “testa di c.”. Riportammo il tutto a pagina 3 e lo sintetizzammo nel titolo di prima, fra virgolette. Ora il tombarolo (lo chiamavano il Bomba, ora è il Tomba) denuncia noi: forse si vergogna di trascinare in tribunale i parenti delle vittime; o non sa che le virgolette indicano una frase altrui (peraltro sacrosanta); o, non conoscendo vergogna, chiederà i danni anche a loro. Se noi, oltretutto, avessimo voluto infierire, gli avremmo ritorto contro le sue parole del 30 aprile: “Se qualcuno dicesse di riaprire tutto, andrebbe ricoverato”.
Parole pronunciate un mese dopo l’intervista ad Avvenire del 28 marzo, in piena pandemia, in cui intimava di “riaprire le fabbriche prima di Pasqua, poi i negozi, le librerie, le messe e le scuole dal 4 maggio”. Cioè avremmo chiesto un Tso per farlo visitare da uno bravo. Invece ci limitammo, in un commento di Daniela Ranieri, a osservare che la sua parola vale zero: “Il merito per costui è irrilevante. È tutto cinismo d’accatto, giocoleria della tensione, esibizionismo da torero”, roba da “caratterista di Fellini”, da “Nando Orfei del 2%”. 
Parole, se possibile, vieppiù confermate dalla lettura della sgrammaticata richiesta di mediazione appena recapitata. Chiarito che il titolo riassumeva il pensiero dei parenti delle vittime da lui e macabramente richiamate dalle tombe per farle parlare come se stesso, ci resta una curiosità: quali sarebbero le “immagini gravemente ed oggettivamente offensive dell’onore, della reputazione del Sen. Matteo Renzi”? L’immagine in prima pagina era una sua foto: dobbiamo forse ritenere che l’Innominabile si pretende pure ineffigiabile, come Battisti e Mina, ma soprattutto considera diffamatoria la sua faccia? Noi, sul punto, potremmo anche concordare con lui (lo diceva già Dostoevskij: “Dopo i 40 anni ciascuno è responsabile della faccia che ha”). E impegnarci a nascondere per sempre le sue offensive sembianze. Ma prima ci vorrebbe una legge che lo renda ineffabile e invisibile, come il Dio ebraico: siccome non sembra, ma fa parte della maggioranza, potrebbe pure ottenerla, magari in cambio del ritiro della candidatura di Scalfarotto a presidente della Puglia (resa vieppiù improbabile dalla faccia dello Scalfarotto, che dunque andrebbe proficuamente aggiunto con apposito emendamento).
Ultimo punto: se chi dice sciacallo “viola i limiti della continenza e denigra la persona del Senatore Renzi”, che ci dice costui di quel premier che diceva “basta sciacalli nei talk show” (22.4.2015); chiamava Grillo “sciacallo” (5.5.2014 e 30.3.2015), anzi “squallido sciacallo” (5.3.2017); dava degli “sciacalli per lucrare due voti” a chi criticava il suo governo dopo gli scontri fra ultrà all’Olimpico (5.5.2014); paragonava a “Tabaqui” (lo sciacallo di Kipling) gli oppositori interni al Pd (15.4.2015); tacciava di “sciacallo” Salvini (20.4.2015, 14.11.2017, 29.11.2018 e 6.12.2018); diceva “bugiardo o sciacallo” a Di Maio che aveva ricordato i finanziamenti dei Benetton al centrosinistra (16.8.2018)? Bene: quel premier era lui. Ricapitolando: se lui dà dello sciacallo a mezzo mondo, è un complimento; se i parenti delle vittime del Covid gli danno dello sciacallo, è un’offesa e lui chiede i danni a noi. Ma un Tso, ogni tanto?

Consulenti finanziari. I venditori porta a porta non forniscono pareri: piazzano prodotti costosi. - Beppe Scienza

professionista o imbonitore
Caesar non supra grammaticos: anche l’imperatore non aveva potere sulla lingua. Così nessuna legge della Repubblica può cambiare il significato delle parole. Non vogliamo però affrontare questioni di purismo linguistico, ma una grave stortura della normativa sul risparmio in Italia. I venditori porta a porta di investimenti ci provarono subito, quando negli anni ’70 collocavano sciagurati titoli atipici.
Già allora cercavano di presentarsi come consulenti finanziari, per ispirare più fiducia. Ma per fortuna il Testo unico della finanza (Tuf) tenne la barra a dritta, imponendo la corretta denominazione di promotori finanziari. Poi però, con il governo Renzi e il ministro dell’economia Pier Carlo Padoan, all’industria del risparmio gestito riuscì il colpaccio. La legge di Stabilità 2016 ribattezzò in consulenti i promotori finanziari, senza per altro cambiare la sostanza delle cose. Così ora si fregiano di tale titolo soprattutto venditori, agenti di commercio o dipendenti di banca. In tal modo gli è più facile carpire la fiducia dei risparmiatori, intrappolando i loro soldi in tutta una serie di scatole nere: fondi comuni, polizze vita, piani previdenziali, ecc.
I pochissimi in Italia che davvero campano fornendo consigli ai risparmiatori, meno di 300 persone fisiche e 50 società, sudano quattro camicie per smarcarsi dai venditori porta a porta e sportello a sportello. In particolare dagli oltre 50 mila sedicenti consulenti ma di fatto promotori finanziari.
Raschiando sotto la denominazione ufficiale, tutto conferma che si tratta di venditori, persino il loro inserimento previdenziale. Risultano infatti agenti di commercio che versano contributi all’Enasarco. Se fossero davvero consulenti avrebbero una partita Iva come liberi professionisti. Per di più devono assolutamente agire per conto di un’unica società. Non possono cioè essere multimarca. Potremmo poi citare le gare di vendita delle reti porta a porta e le loro sontuose convention a Dubai o Miami , tutta roba da venditori, non da consulenti. Che poi, parlando coi clienti, diano anche indicazioni o consigli è scontato e irrilevante. Lo fa anche il negoziante di abbigliamento o di vini. In maggiore o minore misura lo fa qualunque venditore. Sono comunque meri venditori anche decine di migliaia di bancari attivissimi allo sportello o in salottini dietro la targa “consulenza investimenti” o espressioni simili.
Ultima precisazione: un consulente (vero) può anche suggerire di stare fermi e tenere provvisoriamente i soldi sul conto, come un legale onesto può consigliare di non fare causa. Invece un venditore, per sbarcare il lunario e magari comprarsi la Ferrari, deve per forza piazzare i prodotti e servizi del suo catalogo. E possibilmente i più costosi e più pericolosi, che gli fruttano provvigioni più alte.
www.ilrisparmiotradito.it Twitter @beppescienza