mercoledì 6 gennaio 2021

Nucleare, dal Piemonte alla Sardegna: la mappa delle 67 aree idonee in Italia per il deposito nazionale di rifiuti radioattivi. - Luisiana Gaita

 

Le aree per l'infrastruttura che permetterà di sistemare in via definitiva i rifiuti sono state individuate in Piemonte (8 aree), Toscana (2), Lazio (22, tutte in provincia di Viterbo), Sardegna (14), Sicilia (4). E ancora in Basilicata, Puglia e a cavallo tra le due regioni. Attualmente il nostro Paese è al centro di una procedura di infrazione europea.

La mappa delle aree idonee alla costruzione di un deposito nazionale per i rifiuti radioattivi di media e bassa attività non è più segreta. Con il nulla osta dei ministeri dello Sviluppo Economico e dell’Ambiente, la Sogin (la società pubblica responsabile dello smantellamento degli impianti nucleari italiani e della gestione dei rifiuti radioattivi) ha pubblicato sul sito www.depositonazionale.it la proposta di Carta Nazionale delle Aree Potenzialmente Idonee (Cnapi), l’atteso documento per divulgazione del quale è stato necessario attendere, tra le altre cose, un aggiornamento da parte dell’Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare e la radioprotezione (Isin) rispetto alla sismicità delle aree, studio chiesto alla Sogin nel 2015. La società ha appena pubblicato il progetto preliminare e tutti i documenti correlati alla realizzazione del Deposito Nazionale dei rifiuti radioattivi e del Parco Tecnologico, che permetterà di sistemare in via definitiva questi rifiuti, al centro di una procedura di infrazione europea nei confronti del nostro Paese e attualmente stoccati in una ventina di siti provvisori non idonei ai fini dello smaltimento definitivo. Operazione necessaria dato che l’Unione Europea (articolo 4 della Direttiva 2011/70) prevede che la sistemazione definitiva dei rifiuti radioattivi avvenga nello Stato membro in cui sono stati generati e che la maggior parte dei Paesi europei si è già dotata o si sta dotando di depositi.

I 67 LUOGHI POTENZIALMENTE IDONEI – La Carta, elaborata in base ai criteri previsti dall’Ispra nella Guida Tecnica n.29, oltre che in base ai requisiti indicati nelle linee-guida dell’International Atomic Energy Agency (Iaea), individua 67 aree idonee ad ospitare l’infrastruttura che da cronoprogramma dovrebbe funzionare a partire dal 2025 e collocate in Piemonte (8 aree), Toscana (2), Lazio (22, tutti in provincia di Viterbo), Sardegna (14), Sicilia (4). Ci sono poi 12 aree che toccano esclusivamente la regione Basilicata, 2 la Puglia e altre 4 aree che si trovano a cavallo tra le due regioni. Ma queste aree non sono considerate tutte uguali e sono state divise in quattro categorie: aree molto buone, buone, insulari e aree in zona sismica (quindi decisamente meno idonee delle prime e, su 29, 15 sono in provincia di Viterbo). Ci sono 23 aree, in particolare, che hanno un punteggio più alto (e fanno parte delle prime due categorie). Tra queste ne vengono indicate due in provincia di Torino, ossia le aree di Carmagnola e di Caluso-Mazzè-Rondissone, sei in provincia di Alessandria (Alessandria-Castelletto Monferrato-Quargnento, Fubine-Quargnento, Alessandria-Oviglio, Bosco Marengo-Frugarolo, Bosco Marengo-Novi Ligure, Castelnuovo Bormida-Sezzadio), due in Toscana (Pienza-Trequanda in provincia di Siena e Campagnatico in provincia di Grosseto), ma anche sette diverse aree in provincia di Viterbo e altre tra Bari, Taranto e Matera.

Tra le 23 aree in questione, dodici sono considerate come i luoghi in assoluto ‘più idonei’ a ospitare il deposito nazionale per una serie di caratteristiche legate al territorio. Si tratta di due aree in provincia di Torino, cinque in quella di Alessandria e altrettante in provincia di Viterbo. Altre 11 aree sono considerate comunque “buone” come sede per i deposito. Molto interessata la zona di Matera: c’è un’area che tocca la provincia, altre due che si trovano tra le due province di Matera e Bari e altrettante che sono collocate tra la provincia di Matera e quella di Taranto. In Basilicata, sono indicati come aree idonee quelle che interessano i comuni di Genzano di Lucania, Acerenza, Oppido Lucano, Bernalda, Montescaglioso, Montalbano Jonico, Irsina. In Puglia Gravina in Puglia, Altamura, Laterza. A queste si aggiungono (e fanno sempre parte delle 11 ‘buone’) un’area in provincia di Alessandria, una in quella di Siena, una in provincia di Grosseto, due in quella di Viterbo.

L’ITER – Nei giorni scorsi era arrivato il nulla osta alla pubblicazione da parte dei ministeri Sviluppo economico e ambiente ed ora si apre una fase di consultazione pubblica, della durata di 60 giorni, in cui le Regioni, gli enti locali e tutti i soggetti portatori di interesse qualificati possono formulare osservazioni e proposte tecniche, all’esito della quale si terrà (nell’arco dei 4 mesi successivi) il seminario nazionale. “Sarà questo l’avvio del dibattito pubblico vero e proprio che vedrà la partecipazione di enti locali, associazioni di categoria, sindacati, università ed enti di ricerca, durante il quale saranno approfonditi tutti gli aspetti, inclusi i possibili benefici economici e di sviluppo territoriale connessi alla realizzazione delle opere” ha spiegato il ministero dell’Ambiente, definendo il contenuto della carta il frutto di “un lavoro coordinato congiuntamente dai due ministeri (anche il Mise, ndr), atteso da molti anni, che testimonia la forte assunzione di responsabilità da parte del governo” sul tema della gestione dei rifiuti radioattivi. In base alle osservazioni e alla discussione nel Seminario Nazionale, Sogin aggiornerà la Cnapi, che verrà nuovamente sottoposta ai pareri del Mise e dei ministeri dell’Ambiente e delle Infrastrutture e dei Trasporti. In base a questi pareri, il Mise convaliderà la versione definitiva della Carta, ovvero la Cnai, la Carta Nazionale delle Aree Idonee. Il via libera alla pubblicazione della Cnapi doveva arrivare entro il 20 agosto 2015. A fare slittare la data sia la richiesta da parte dei ministeri competenti a Sogin e Ispra di alcuni accertamenti tecnici, ma anche le vicissitudini politiche, dalle regionali del 2015 al referendum costituzionale del 2016, fino alle elezioni del 2018. A ottobre scorso l’Unione Europea ha aperto contro l’Italia una procedura d’infrazione. Poi è arrivata la pandemia.

IL PROGETTO – Il deposito nazionale e il parco tecnologico saranno costruiti in un’area di circa 150 ettari, di cui 110 dedicati al deposito e 40 al Parco. Il deposito avrà una struttura a matrioska: all’interno di 90 costruzioni in calcestruzzo armato, le celle, verranno collocati grandi contenitori in calcestruzzo speciale, i moduli, che racchiuderanno a loro volta i contenitori metallici con all’interno i rifiuti radioattivi già condizionati. In totale circa 78 mila metri cubi di rifiuti a bassa e media attività. Di questi rifiuti, circa 50mila metri cubi derivano dall’esercizio e dallo smantellamento degli impianti nucleari per la produzione di energia elettrica e circa 28mila dai settori della ricerca, della medicina nucleare e dell’industria. Ma circa 33mila metri cubi di rifiuti sono già stati prodotti, mentre i restanti 45mila metri cubi si prevede che verranno prodotti nei prossimi 50 anni. Il Deposito Nazionale ospiterà anche il complesso per lo stoccaggio temporaneo di lungo periodo (50 anni) di circa 16.600 metri cubi di rifiuti ad alta attività, derivanti dallo smantellamento delle installazioni nucleari e dalle attività medicali, industriali e di ricerca. Saranno custoditi, inoltre, circa 800 metri cubi di residui del riprocessamento del combustibile (separazione di materiale riutilizzabile dal rifiuto) effettuato all’estero e del combustibile non riprocessabile.

I CRITERI E I COSTI – Le aree interessate dalla Cnapi sono il risultato di un complesso processo di selezione su scala nazionale svolto da Sogin in conformità ai criteri di localizzazione stabiliti dall’Isin, che ha permesso di scartare le aree che non soddisfacevano determinati requisiti di sicurezza per la tutela dell’uomo e dell’ambiente, in primis in base a criteri di esclusione e, poi, in base a criteri di approfondimento. Con i criteri di esclusione sono state escluse le aree vulcaniche attive o quiescenti o contrassegnate da sismicità elevata o interessate da fenomeni di fagliazione o, ancora, a particolare rischio idrogeologico. L’esclusione o meno in base a questi criteri apre la strada, come è facile immaginare, a un dibattito che già si prevede molto acceso sul tema del deposito dei rifiuti radioattivi nel nostro Paese. Per la costruzione del deposito nucleare nazionale si stima un investimento complessivo di circa 900 milioni di euro che genererà oltre 4mila posti di lavoro all’anno per 4 anni di cantiere.

“Si tratta di una forte assunzione di responsabilità da parte del Governo – ha dichiarato il sottosegretario all’Ambiente Roberto Morassut, d’intesa col ministro dello Sviluppo Economico Patuanelli e su delega del ministro dell’Ambiente Costa – che non si sottrae dal risolvere una questione da anni al centro di dibattito e non più rimandabile. È un provvedimento da tempo atteso e sollecitato anche dalle associazioni ambientaliste, che consentirà di dare avvio ad un processo partecipativo pubblico e trasparente al termine del quale sarà definita la localizzazione dell’opera”.

E proprio facendo riferimento alle “giuste sollecitazioni di Greenpeace”, Morassut assicura che al ministero dell’Ambiente si sta predisponendo (in sinergia con il Mise) “una nota indirizzata alle autorità francesi per chiedere il coinvolgimento del nostro Paese in relazione all’ipotesi di estensione della licenza dei reattori nucleari d’oltralpe, che si trovano in prossimità dei nostri confini”. Per il presidente della commissione Ecomafie, Stefano Vignaroli “va dato atto a questo governo di aver avuto il coraggio di fare un passo importante in un percorso che però è stato e sarà lungo”. Su Facebook Vignaroli ricorda che “vari governi avevano rimandato questo momento, forse per paura di perdere consenso su una questione delicata ma che andava affrontata”, mentre “ogni anno in bolletta elettrica i cittadini pagano la gestione dei rifiuti radioattivi centinaia di milioni di euro. L’assenza di deposito sicuramente ha allungato le tempistiche di smantellamento delle centrali nucleari italiane e amplificato quindi i costi da pagare. Il costo complessivo dello smantellamento è pari a quasi 8 miliardi di euro”.

https://www.ilfattoquotidiano.it/2021/01/05/nucleare-dal-piemonte-alla-sardegna-la-mappa-delle-67-aree-idonee-in-italia-per-il-deposito-nazionale-di-rifiuti-radioattivi/6055830/

La verità sulla Sicilia “pattumiera” atomica: ecco come si può invertire la decisione. - Mario Barresi

 

Proteste nei territori e da partiti e sindacati. L’assessore regionale Turano: confronto con Roma.

CATANIA - Davvero in pochi, nella marea trasversale e indistinta degli indignados, è davvero a conoscenza che questa storia della Sicilia “pattumiera” di scorie nucleari non è sbucata fuori dal nulla. Risale al giugno 2014, infatti, la pubblicazione dei «criteri di localizzazione» della Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee (Cnapi). E se adesso politici e rappresentanti istituzionali sostengono di aver scoperto, come dei novelli Ciàula, la luna (ovvero l’elenco dei 67 siti selezionati in sette regioni, fra i quali quattro in Sicilia), significa che qualcosa non funziona.

Nell’Isola, ad esempio, i quattro “immondezzai atomici”  sono stati individuati a Trapani, a Calatafimi-Segesta, nelle Madonie (fra Castellana Sicula e Petralia Sottana) e a Butera. Proprio da questi territori si levano le prime voci di protesta.
Not in my backyard, il principio che muove la contestazione dei sindaci interessati, come quello di Castellana, Franco Calderaro: «Ci opporremo con tutte le forze», annuncia.

L’altro filo rosso è quello della disinformazione istituzionale. «Non sapevo nulla di questa cosa - sbotta il sindaco di Petralia - perché nessuno ci ha mai informati. Se qualcuno è venuto a fare ispezioni non ce l’hanno detto. Neanche una mail». Leonardo Neglia sostiene di non sapere neanche la zona individuata. «Il sito del Cnapi - aggiunge - è bloccato. Non posso neanche controllare per sapere se c'è la contrada specifica individuata». La stessa tesi sostenuta a Trapani da Giacomo Tranchida: «Sconosciamo l’argomento e la cosa ci preoccupa non poco perché in periodo di pandemia il governo richiama alla responsabilità sanitaria dei sindaci, tranne quando si ha l’esigenza, nemmeno informando la locale autorità sanitaria, di trovare silente una discarica? Non ci stiamo». Entra ancor più nel dettaglio il primo cittadino di Butera, Filippo Balbo, dicendosi «contrariato per il fatto che le istituzioni, e in questo caso il ministero dello Sviluppo Economico e dell’Ambiente, abbiano tenuto massimo riserbo su questa cosa».

L’indignazione va ben oltre i confini del retro dei giardini siciliani. E anche Matteo Salvini cavalca l’onda della protesta con un comunicato-ciclostile: «Il governo è incapace e fa male alla...», cambiando il nome di ognuna delle sette regioni interessate, compresa quindi l’Isola.

A livello locale si fa prima a dire chi non interviene (ovvero: gli esponenti siciliani dell’alleanza giallorossa di governo), sfogliando l’infinita lista di prese di posizioni. A partire dal governo regionale, che con Toto Cordaro esprime una linea istituzionale: l’Isola «non può accettare l’idea di scelte calate dall’alto. Riteniamo fondamentale, sul tema ambientale ancora più che su altri, un pieno confronto tra governo nazionale, governo regionale e le comunità locali interessate», scandisce l’assessore al Territorio e ambiente. Meno accomodante il collega Mimmo Turano (Attività produttive), sensibilizzato anche dall’alta concentrazione di siti nel Trapanese: «Ho pensato ad uno scherzo di cattivo gusto. Purtroppo è solo l’ennesima barzelletta di un governo che ha poche e confuse idee sul futuro della nostra isola». E poi, soltanto per citarne qualcuna, le indignazioni di Udc, DiventeràBellissima, Lega, FdI e Attiva Sicilia all’Ars. «Mi aspetto di sentire lo sconcerto delle associazioni ambientaliste, di cui fin ora non ho notizie», provoca il presidente Gianfranco Miccichè annunciando un approfondimento a Sala d’Ercole. Seguono le rimostranze dell’eurodeputato Ignazio Corrao («Prima di parlare di depositi di scorie nucleari al Sud lo Stato italiano pensi a garantire le bonifiche per i siti inquinati che aspettiamo da oltre vent'anni»), di Leu, Cento Passi, +Europa, Anci Sicilia, Coldiretti, Cgil, Cisl, Comitato Zfm.

Sono tutti pronti a stare sulle barricate. Ma nessuno spiega come. Ed è proprio quest’ultimo il punto. Non è un documento definitivo, la Carta dei siti idonei per il deposito nazionale delle scorie nucleari. E il governo, a maggior ragione dopo la rivolta dei territori interessati, dovrà considerare con attenzione le scelte. Ma la Cnapi non è nemmeno una sorpresa. Si aspettava da sei anni, ma l’iter è stato lento e tortuoso.

Adesso che le carte sono in tavola, bisogna agire. È già partita l’immancabile petizione online, il sindaco di Butera annuncia un referendum consultivo. Tutto legittimo, nella rabbia caotica. Ma prima si deve studiare. E il percorso che porterà alle scelte finali è ben definito. Quindi uno degli interventi più documentati è quello dell’assessore ai Rifiuti, Alberto Pierobon, che, assicurando «assicurare che il governo Musumeci affronterà con attenzione e responsabilità la questione», entra nel merito della questione: «La procedura che si apre adesso è tecnica e si basa su criteri che sono stati decisi diversi anni fa, quando sono state classificate delle aree in base a delle caratteristiche ritenute necessarie per ospitare i rifiuti degli impianti smantellati. Tra tutte le zone individuate, quelle siciliane sono ritenute meno idonee, cioè meno adatte, ma questo non basta».

Ma quali sono le fasi “tecniche” a cui fa riferimento Pierobon? Pubblicato l’elenco dei siti, per almeno due mesi si potrà consultare la documentazione. Entro quattro mesi, pandemia permettendo, sarà organizzato un seminario nazionale (con enti locali, associazioni di categoria, sindacati, università ed enti di ricerca), nel corso del quale saranno esaminati tutti gli aspetti legati al deposito, dalla sicurezza all’economia. Ed è qui che c’è un primo spiraglio per le rivendicazioni dei territori. In base ai risultati del Seminario Nazionale, Sogin (Società gestione impianti nucleari, interamente partecipata dal Mef) aggiornerà la Cnapi. La Carta verrà nuovamente sottoposta ai pareri dei ministeri dello Sviluppo Economico, dell’Ambiente e delle Infrastrutture, e dell’ente di controllo Isin.

Dopo tutte queste valutazioni, il ministero dello Sviluppo economico preparerà la versione definitiva del documento, cioè la Cnai, la Carta Nazionale delle Aree Idonee. A quel punto, spetterà al governo scegliere il sito definitivo. La Sogin prevede che per la realizzazione del Deposito saranno necessari 4 anni di cantieri.

Cosa si può fare nel frattempo? Un’idea intelligente la lancia il deputato regionale Nuccio Di Paola (non a caso l’unico grillino a non chiudersi nel silenzio tombale sulla vicenda), ricordando un ddl di cui è primo firmatario all’Ars, che impegnava il governo regionale «a dichiarare denuclearizzato l’intero territorio della Regione Siciliana, ad imporvi l’assoluto divieto allo stoccaggio e al transito di scorie nucleari e a dichiarare la totale contrarietà all’individuazione della Sicilia come sede di deposito nazionale per i rifiuti radioattivi». Ecco, questo potrebbe essere un buon punto di partenza per mettere la Sicilia al riparo da qualsiasi sgradevole sorpresa. A patto che la politica capisca che, dopo i comunicati stampa fast-food, è tempo di mettersi a studiare. E a fare.

Twitter: @MarioBarresi

Deposito scorie nucleari, individuate in Sicilia quattro aree idonee: ecco dove.

 

Pubblicata la Carta delle zone individuate per la costruzione del sito nazionale di stoccaggio dei rifiuti radioattivi.

ROMA - In Sicilia sono state individuate quattro aree potenzialmente idonee per la costruzione del deposito nazionale nucleare. Si trovano nelle province di Trapani, Palermo e Caltanissetta. Nel dettaglio, i Comuni sono Trapani, Calatafimi-Segesta, Castellana Sicula, Petralia Sottana, Butera.

È quanto emerge dalla Carta nazionale aree potenzialmente idonee (Cnapi) pubblicata sul sito Depositonazionale.it.

«Sono rimasto di stucco e anche un po' contrariato apprendendo la notizia - ha detto il sindaco di Petralia Sottana Leonardo Neglia -. Ci lascia sgomenti: noi siamo anche sede dell’ente parco delle Madonie, da un lato si vuole la protezione della zona dall’altro si vogliono seppellire scorie nucleari».

«Non sapevo nulla di questa cosa - ha spiegato il sindaco - nessuno ci ha mai informati. Se qualcuno è venuto a fare ispezioni non ce l’hanno detto. Neanche una mail». Neglia dice di non sapere neanche la zona individuata. «Il sito del Cnapi - aggiunge - è bloccato. Non posso neanche controllare per sapere se c'è la contrada specifica individuata».  

Anche il sindaco di Butera, Filippo Balbo, denuncia di essere stato tenuto all'oscuro dai ministeri dello Sviluppo Economico e dell’Ambiente. «Avrebbero potuto quanto meno comunicarlo agli enti locali interessati - ha detto il sindaco - Non rinuncio a fare un referendum popolare su questa questione coinvolgendo i cittadini e capendo qual è la volontà di tutti. Farò fare anche una relazione da tecnici specializzati per capire qual è il sito, che allo stato non conosco, e quali sarebbero gli eventuali rischi e ci comporteremo di conseguenza. Noi abbiamo un territorio votato all’agricoltura e anche al turismo perché abbiamo 8,5 chilometri di costa e non possiamo permetterci di avere un sito di questo tipo con materiale radioattivo. Nelle prossime ore comunque cercherò di avere dettagli in più sulla questione». 


Il sindaco di Trapani Giacomo Tranchida dice: «Noi non ci stiamo. Sconosciamo l’argomento e la cosa ci preoccupa non poco perché in periodo di pandemia il governo richiama alla responsabilità sanitaria dei sindaci, tranne quando si ha l’esigenza, nemmeno informando la locale autorità sanitaria, di trovare silente una discarica».

Il Deposito nazionale dei rifiuti radioattivi è una struttura con barriere ingegneristiche e barriere naturali poste in serie, progettata sulla base delle migliori esperienze internazionali e secondo i più recenti standard Aiea (Agenzia Internazionale Energia Atomica) che consentirà la sistemazione definitiva di circa 78 mila metri cubi di rifiuti di bassa e media attività.

Di questi rifiuti, circa 50mila metri cubi derivano dall’esercizio e dallo smantellamento degli impianti nucleari per la produzione di energia elettrica e circa 28.000 dai settori della ricerca, della medicina nucleare e dell’industria. Sul totale di 78.000 metri cubi, circa 33.000 metri cubi di rifiuti sono già stati prodotti, mentre i restanti 45.000 metri cubi verranno prodotti nei prossimi 50 anni.

Il Deposito Nazionale ospiterà anche il complesso per lo stoccaggio temporaneo di lungo periodo (50 anni) di circa 16.600 metri cubi di rifiuti ad alta attività, derivanti dallo smantellamento delle installazioni nucleari e dalle attività medicali, industriali e di ricerca. Saranno custoditi, inoltre, circa 800 metri cubi di residui del riprocessamento del combustibile (separazione di materiale riutilizzabile dal rifiuto) effettuato all’estero e del combustibile non riprocessabile.

https://www.lasicilia.it/news/cronaca/383461/deposito-scorie-nucleari-individuate-in-sicilia-quattro-aree-idonee-ecco-dove.html

Della Sicilia si ricordano solo quando si debbono cercare aree di stoccaggio di rifiuti tossici o di depositi di armi nucleari Usa.
Poi mi dovranno spiegare come faranno a trasportare tutti questi materiali tossici e pericolosi con le linee ferroviarie risalenti all'800 o con le strade fatiscenti e i viadotti pericolanti...
c.

Giuseppe Conte e il tramonto del renzismo. - Tommaso Merlo

 

Quest’anno drammatico si chiude con Giuseppe Conte sotto pressione da parte di quello che rimane del renzismo. Un partitino nato in parlamento raccogliendo fuoriusciti che nonostante non esista nel paese paventa la crisi ogni santo giorno. Un tira e molla riprovevole che ricorda la peggiore egopolitica del passato. Un tira e molla intollerabile perché nel bel mezzo di una devastante crisi pandemica globale che sta mettendo in ginocchio il paese. Decine di migliaia di morti. Macerie economiche, macerie sociali, macerie psicologiche e spaventosi interrogativi per il futuro. In uno scenario di tale gravità era lecito attendersi senso di responsabilità da parte di tutta la politica nostrana. Ed invece le opposizioni sovraniste tentano di lucrare voti fin dal paziente uno mentre quello che rimane del renzismo ha ricominciato a minare il governo di cui fa parte. Invece cioè di lavorare e dare il proprio contributo, quello che rimane del renzismo aizza i giornali e i social con lamentele e provocazioni e ultimatum colpendo Giuseppe Conte in uno dei momenti più topici. La gestione dall’uscita dal tunnel e la progettazione della ripartenza. Un tira e molla politicamente assurdo. Il renzismo è stata una fase politica breve e miseramente tramontata per sempre. È stata una sbornia a destra del Pd. Non riscendo cioè a partorire mezza idea, il Pd ha copiato quelle neoliberiste. Tradendo la sua storia, tradendo i suoi ideali, tradendo le classi sociali che diceva di voler tutelare. Il Pd renziano pensava che andando a braccetto con lobby e padroni sarebbe ripartita la crescita e quindi tutto il paese. Ed invece han solo falcidiato i diritti sociali e fatto dilagare povertà e ingiustizia sociale e l’Italia ha continuato ad occupare gli ultimi posti di tutte le classiche europee. Anche tutti i loro maldestri tentativi di riforma sono finiti male. Una stagione davvero rovinosa e aggravata da due errori storici. La sottovalutazione della questione morale e quella dell’impatto di un’immigrazione clandestina di massa finita fuori controllo. Quello che rimane del renzismo parla spesso di populismo come causa di tutti i mali, ma se è scoppiato il populismo la colpa è loro. La colpa è di una fantomatica sinistra che ha rinnegato le sue radici e che arroccata nei palazzi ha perso completamente il polso di quello che succedeva fuori. La paura, la rabbia, la miseria morale ed economica. Il renzismo è stato il colpo di grazia al centrosinistra italiano e se è esploso il Movimento e il sovranismo, lo si deve proprio ai disastri del vecchio sistema partitocratico in cui destra e sinistra erano diventati la stessa identica cosa. Lo si vede anche oggi, quello che rimane del renzismo e quello che rimane del berlusconismo sono cocci sovrapponibili di quella deleteria stagione. Ma invece di prenderne atto e mettersi al servizio del nuovo corso, quei cocci tramano per una fantomatica risurrezione affidandosi ai soliti vecchi giochetti di palazzo. Poveri illusi. La storia non ha la retromarcia e la nefasta era degli egopartitini è alle spalle. Se lo capiranno da soli bene, altrimenti ci penseranno gli italiani nelle urne. Un presidente del consiglio serio, specchiato e capace come Giuseppe Conte non si vedeva da decenni in Italia. Se venisse tradito dopo quello che sta facendo per il paese e in un momento così drammatico, altro che ammucchiata parlamentare per rimpiazzarlo. Tutti al voto per un 4 marzo bis ancora più devastante. Per riconfermare Giuseppe Conte, per riprendere il cammino interrotto e per sbarazzarsi una volta per tutte dei cocci di una stagione politica fallimentare che non vogliono rassegnarsi al loro irreversibile tramonto.  

Tommaso Merlo

https://repubblicaeuropea.wordpress.com/2020/12/31/giuseppe-conte-e-il-tramonto-del-renzismo/

Poltrone, valigie e alti ideali. - Antonio Padellaro

 

Pure ieri le ministre di Italia Viva, Teresa Bellanova ed Elena Bonetti, hanno comunicato al Paese di avere “le valigie pronte”, a conferma dell’estrema gravità di una decisione che è politica e non certamente legata alle “poltrone”. Esse infatti si dicono pronte a “lasciare” a un segnale del loro leader e mentore, Matteo Renzi. Tra le suppellettili più o meno figurate del potere, le valigie e le poltrone ricorrono spesso, quasi sempre in simbiosi poiché come nel caso in esame si fanno le valigie quando si lasciano le poltrone, o viceversa. E nel lasciare le poltrone – se animati da quello spirito di servizio che certamente ispira la ministra dell’Agricoltura e quella per le Politiche della famiglia – non si esita, non si indugia, non si rimugina, non si ritarda neppure di un minuto, tanto è vero che le valigie sono là belle che pronte, presumibilmente accanto alle poltrone.

Una simbologia che denota un deciso e lodevole distacco dagli orpelli del comando, dalle tentazioni terrene – oh vanitas vanitatum – ma che tuttavia possono lasciare irrisolte alcune domande sulle modalità del drammatico abbandono. Curiosità niente affatto banali considerata l’eccezionalità del duplice e coordinato gesto all’interno di un costume politico generalmente poltronista e arraffone. Per esempio, poiché è da almeno un paio di settimane che le ministre hanno fatto sapere che “le valigie sono pronte”, ci auguriamo che nel frattempo abbiano avuto un cambio di abiti a portata di mano. Anche perché, su certi principi, Matteo non transige: quando uno annuncia lascio la poltrona la lascia e basta. Non è che dice che se perde il referendum si ritira dalla politica, e poi non si fa niente (forse perché non aveva preparato il trolley).

Poi c’è lo straordinario caso di Ivan Scalfarotto, sottosegretario agli Esteri di Iv, che afferma: “Io le dimissioni le ho già date a febbraio, ma Renzi mi ha detto di aspettare”, ed è la pura verità. Dunque è quasi un anno che, a causa di una disposizione contraddittoria, costui ha lasciato la poltrona, ma non ancora la stanza dove si presume sosti restando in piedi (ogni tanto forse una corsetta per sgranchirsi le gambe) con accanto un nécessaire

con il rasoio e lo spazzolino. Potete immaginare perciò la disperazione del poveretto quando il capo ha dichiarato a Conte “non vogliamo strapuntini”, che un riposino se lo sarebbe pure meritato. Questa, per sommi capi, è la vita aspra di chi ha giurato fedeltà a un ideale.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2021/01/06/poltrone-valigie-e-alti-ideali/6056713/#

Perché lo fa? - Marco Travaglio

 

Più leggiamo le spiegazioni di Messer Due Per Cento sulla crisi di governo, giunte ieri a quota 937, più abbiamo la sensazione che quella vera sia la numero 938. Secondo voi, qual è? Sondaggio a risposta multipla.

1. Conte è presidente del Consiglio e lui no.

2. Conte è primo nei sondaggi e lui ultimo.

3. Tra due mesi e mezzo Conte supera i suoi giorni di permanenza a Palazzo Chigi e lui rosica.

4. Per stare fisso su tutti i giornali e le tv deve minacciare la crisi di governo fissa.

5. Così Iv ha più interviste che voti, persino a Bellanova e Rosato, financo a Bonetti e Scalfarotto.

6. Così, mentre il governo fa le notti sul Covid e sulla scuola, lui sta da Porro a fare il fenomeno.

7. Italia viva è morta e lui non ha un cazzo da fare.

8. Anche le pulci hanno la tosse.

9. Gli han detto che Draghi non vede l’ora di mettersi al suo servizio. E lui ci ha creduto.

10. Gli han detto che, se piazza Guerini all’Interno e Rosato alla Difesa, lo fanno segretario generale della Nato, e pure del Patto di Varsavia. E lui ci ha creduto.

11. L’altro Matteo gli ha detto che lo vuole leader del centrodestra. E lui ci ha creduto.

12. I miliardi del Recovery sono 209, le prossime nomine sono 500 e Gli avvoltoi hanno fame (per le querele, rivolgersi a Don Siegel per il film con Clint Eastwood e Shirley MacLaine).

13. Crede che il Mes sia una roba che si mangia.

14. De Benedetti è a digiuno di insider da Palazzo Chigi.

15. I finanziatori di Open, dopo le ultime perquisizioni, hanno interrotto i bonifici.

16. Gliel’han chiesto babbo Tiziano, Alfredo Romeo e Carlo Russo in un baretto a Firenze.

17. È la prima clausola del Patto di Rebibbia con Verdini.

18. La Boschi ha la faccia come la Boschi e del resto, “dopo una certa età, ognuno è responsabile della sua faccia” (per le querele, rivolgersi ad Albert Camus).

19. Vuole entrare nel Guinness dei primati come il primo politico al mondo che finisce sotto zero nei sondaggi.

20. Vuole finalmente mantenere la promessa di lasciare la politica e si butta nel racket.

21. Scrivere letterine a Conte gli dà più gusto che scriverle a Babbo Natale, che gliele respinge sempre al mittente.

22. Confonde i servizi segreti con i servizi igienici.

23. Vuole la Boschi ministra perché non sopporta un governo senza indagati e neppure lui sa chi siano queste Bellanova&Bonetti.

24. Raccontare 937 balle in un solo mese e venire creduto è una novità persino per il Bomba.

25. Da piccolo lo prendevano tutti in giro e ora si vendica sul primo che capita.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2021/01/06/perche-lo-fa/6056682/

Tutti i ricatti renziani a giornaloni unificati. - Lorenzo Giarelli

 

Cinquanta interviste in un mese, solo per restare ai quotidiani nazionali. Con menzione speciale per Teresa Bellanova, capace di farsi ospitare 10 volte da 8 giornali diversi.

Sfogliando le principali testate, non si fa fatica a capire la strategia comunicativa di Italia Viva durante la crisi di governo. Da un mese i renziani riempiono i giornali di condizioni, appelli, moniti, avvisi che i quotidiani sono ben lieti di accogliere, distribuendosi ogni mattina gli intervistati. Qui forniamo un didascalico resoconto.

5 dicembre: Teresa Bellanova sul Foglio, Matteo Renzi su La Stampa. 6.12: Bellanova su Avvenire. 7.12: Bellanova sul Messaggero, Renzi su Repubblica. 8.12: Maria Elena Boschi sul Corriere, Davide Faraone sul Foglio e su La Stampa, Ettore Rosato sul Messaggero. 9.12: Faraone sul Dubbio, Rosato su Avvenire, Bellanova su Repubblica. 10.12: Luciano Nobili sul Dubbio, Boschi su La Stampa. 11.12: Renzi sul Messaggero. 12.12: Renzi su La Stampa, Michele Anzaldi sul Giornale. 13.12: Gennaro Migliore sul Mattino, Bellanova sul Corriere. 14.12: Elena Bonetti su Repubblica. 15.12: Rosato sul Foglio, Faraone sul Mattino. 16.12: Boschi sul Messaggero, Rosato su Qn. 17.12: Nobili sul Foglio, Luigi Marattin sul Riformista, Rosato su La Stampa, Bellanova sul Foglio. 18.12: Renzi sul Corriere, Bellanova su Mattino e La Stampa. 21.12: Rosato su Repubblica, Bonetti sul Corriere.

E ancora, il 22.12: Faraone sul Dubbio. 23.12: Boschi sul Foglio, Bellanova su La Stampa. 30.12: Raffaella Paita su Repubblica, Bellanova sul Corriere. 31.12: Boschi su Avvenire, Ivan Scalfarotto sul Corriere, Renzi sul Sole 24 Ore. 2.1: Renzi sul Messaggero, Boschi su Repubblica. 3.1: Bonetti su Avvenire, Rosato su La Stampa. 4.1: Renzi sul Corriere, Bonetti su Repubblica, Faraone sul Giornale, Rosato sul Mattino. 5.1: Scalfarotto sul Foglio.

Il totale è di 50 interviste in 30 giorni, con Bellanova a quota 10, Renzi e Rosato a 8, Boschi e Faraone a 6. Tra i quotidiani, il record ce l’ha La Stampa con 8 interviste, poi Corriere, Repubblica e Foglio a 7, Messaggero a 5 e Mattino, che appartiene allo stesso gruppo, a 4.

E proprio i grandi gruppi editoriali, più che i renziani, sembrano essere i protagonisti di questa storia. Molti proprietari dei quotidiani sono da tempo forti oppositori del Conte 2 e le bizze di Iv possono essere il grimaldello per un ribaltone. Basti pensare a cosa disse qualche mese fa Carlo De Benedetti, fondatore del Domani: “Per isolare Salvini e Meloni trangugio anche Berlusconi, purché col benservito a Conte, che rappresenta il vuoto pneumatico ed è peggio di Berlusconi”.

Chi meglio impersonifica questo desiderio diffuso è Sabino Cassese, già giudice della Corte costituzionale e ora instancabile editorialista (quando non è intervistato) su metà dei quotidiani sopracitati. Giusto per stare alle ultime uscite, il 3 gennaio, sul Giornale, Cassese ha parlato di un esecutivo che “disprezza il Parlamento”. Quattro giorni prima, eccolo sul Corriere a commentare la manovra, i cui autori “non hanno avuto paura del ridicolo” nel partorire questa “apoteosi del corporativismo in salsa populista”, giacché “dietro le quinte” agiscono “brokers, lobbies e organizzatori di categoria”. Prima di Natale, Cassese era su Libero: “Il premier è un pirata, usurpa i poteri dei ministri e dei governatori. Draghi? Avrebbe autorevolezza ed esperienza”.

L’idea di un nuovo premier stuzzica anche Carlo Verdelli, che due giorni fa sul Corriere ha stroncato il governo: “Non è mai stato un governo normale. Ha trovato un senso nella prima emergenza, l’ha perso durante l’estate e da allora non l’ha più recuperato”. Soluzioni? “Sostituire chiunque abbia una qualche responsabilità. Resta da capire se c’è la volontà di mettere subito nei posti chiave donne e uomini capaci”.

E che dire di Stefano Folli, che su Repubblica ha già celebrato il funerale dell’esecutivo: “È la difficoltà del premier di garantire un sufficiente grado di efficienza nella messa in opera del Recovery a infastidire i partner. Una questione di credibilità, in primo luogo”. Quanto al Messaggero della famiglia Caltagirone, basta l’ultimo editoriale di Carlo Nordio: “Può un giovane fidarsi di un governo che lo ha gettato nella confusione totale? Insieme alla fiducia, rischia di perdere anche quel residuo di disciplina che nasce solo dalla convinzione di uno scopo condiviso. Uno scopo che il governo non riesce nemmeno più a elaborare, tra promesse ondivaghe e reiterati rinvii. Che, come è noto, sono, assieme all’indecisione, i genitori del fallimento”. E crisi sia.

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