Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
mercoledì 9 giugno 2021
Tane di fossili collegate come un social network.
martedì 8 giugno 2021
Il grillino buono. - Marco Travaglio
La scena di Marcello De Vito, grillino della prima ora, presidente del Consiglio comunale di Roma prima, durante e dopo l’arresto per corruzione, che passa a Forza Italia in una solenne cerimonia officiata da Tajani e Gasparri e confessa di sentirsi finalmente a casa perché “Berlusconi è decisamente meglio di Grillo”, conferma due cose. 1) I 5Stelle sbagliano classe dirigente almeno una volta su due. 2) I forzisti non la sbagliano mai. Se non sei imputato o almeno indagato per tangenti, non ti calcolano proprio. Se poi addirittura ti arrestano e ti processano, fai proprio al caso loro. Noi abbiamo sempre nutrito seri dubbi sull’arresto di De Vito su richiesta della Procura di Roma, che sui 5Stelle capitolini non ne ha mai azzeccata una. Gli incarichi professionali affidati a De Vito dal costruttore Parnasi che trattava col Campidoglio per lo stadio della Roma, configurano un plateale conflitto d’interessi che avrebbe dovuto provocarne l’espulsione dal M5S per opportunità politica, non penale. Ma che siano tangenti, in mancanza di contropartite, è piuttosto opinabile, infatti la Cassazione bocciò i suoi tre mesi e più di custodia cautelare. De Vito notoriamente è un avversario interno della Raggi e non ha alcuna influenza sulla giunta, che anzi fa regolarmente l’opposto di quel che dice lui.
Ma queste sottigliezze ai forzisti interessano poco: sono uomini di principio. Un principio semplice ed elementare: ogni grillino è, per definizione, un incompetente populista giustizialista manettaro pauperista e pure comunista, insomma feccia umana (“li manderei tutti a pulire i cessi di Mediaset”, disse B. a corto di stallieri); ma, se lo arrestano e/o lo processano, diventa un tipo interessante. Infatti i talent scout berlusconiani avevano adocchiato Marcello fin dal giorno delle manette. Vuoi vedere – si dicevano – che non è onesto come gli altri grillini? Vedi che, scava scava, può esserci del buono anche in quel covo di pericolosi incensurati? Figurarsi la delusione quando la Cassazione definì il suo arresto “immotivato” e frutto di “congetture”: fu un duro colpo, che frenò per un bel po’ le loro avance. Con tutti i problemi che ha FI, manca solo quello di mettersi in casa un innocente. Creando, fra l’altro, un pericoloso precedente. Poi arrivò la richiesta di rinvio a giudizio e i contatti ripresero festosi, sino al lieto fine di ieri: se qualcuno protesta, si risponde che il nuovo acquisto è imputato, quindi ha tutte le carte in regola. Almeno come soldato semplice. Se poi arriva la condanna (che sarebbe proprio l’ideale), ma anche la prescrizione (che fa comunque punteggio), scatta la promozione. Se invece lo assolvono, il codice etico forzista non perdona: espulsione immediata.
IlFQ
L’inesorabile declino di Alitalia tra ritardi e mancanza di liquidità. - Gianni Dragoni
La compagnia non ha i soldi per saldare gli stipendi di maggio e per pagare la quattordicesima di giugno. Il negoziato del governo con la Ue per il decollo di Ita non è concluso. Guadagnano terreno i vettori stranieri.
I dipendenti di Alitalia hanno ricevuto solo metà dello stipendio di maggio e i commissari dell’azienda non sanno quando avranno i soldi per saldare l’altra metà. I commissari avvertono che non ci sono i soldi per pagare la quattordicesima insieme allo stipendio di giugno, servono “22-23 milioni di euro”, secondo il commissario Giuseppe Fava. Gli aerei, pochi, continuano a volare. Il decollo di Ita, la nuova società pubblica che dovrebbe prendere il posto di Alitalia, è rimandato a dopo l’estate. In realtà nessuno sa quando potrà partire e con quale flotta, manca l’autorizzazione della Commissione europea sugli aiuti di Stato.
Parziale ripresa del trasporto aereo.
Mentre il trasporto aereo si sta lentamente riprendendo dopo la mazzata del Covid, la Iata stima che i passeggeri globali nel mondo quest’anno saranno il 52% rispetto all’anno precedente la pandemia, il 2019. Per la compagnia italiana invece la situazione è sempre più critica. Gli aerei sarebbero stati messi a terra alla fine di aprile, se non fosse arrivato un nuovo salvagente del governo, con il decreto legge “Riaperture” che consente l’anticipazione dei 53 milioni residui di indennizzi Covid, stanziati per il 2020. Di questi fondi solo 12,83 milioni sono stati quindi versati alla compagnia, che in totale finora ha ricevuto 310 milioni, sui 350 milioni stanziati per il 2020. Con il decreto “Sostegni bis” di fine maggio il governo ha concesso altri 100 milioni alla compagnia, formalmente un prestito oneroso per non interrompere l’attività, ma questi soldi non sono arrivati sul conto corrente di Alitalia presso Intesa Sanpaolo.
Senza soldi.
Senza nuovi finanziamenti pubblici i tre commissari di Alitalia non saranno in grado di pagare né il saldo del 50% degli stipendi di maggio né di versare le buste paga di giugno, che comprendono la quattordicesima, hanno detto in audizione il 3 giugno alla commissione Bilancio della Camera. «È vitale per noi avere un'iniezione di liquidità. Non solo per garantire gli stipendi ma anche tutti gli altri servizi collaterali al mantenimento in servizio dell'attività di Alitalia», ha detto Fava.
La mazzata del Covid.
Ai guai cronici si è aggiunta la mazzata del Covid. «Nel 2020 i ricavi da passeggeri sono crollati da 2.673 milioni a 590 milioni. Abbiamo avuto un sostegno di 272 milioni, che di fronte a uno choc sui ricavi di circa due miliardi non è una cifra congrua, se si considera anche l’intervento, per multipli di miliardi, fatto da altri Stati europei per le loro compagnie», ha spiegato il commissario Giuseppe Leogrande. Con erogazioni successive quest'anno Alitalia ha ricevuto ulteriori 37,5 milioni. Pertanto ad oggi ha ottenuto 310 milioni, sui 350 stanziati dal governo precedente per il Covid. «Abbiamo ancora una dotazione di circa 40 milioni nel fondo stanziato per il 2020 per l'indennizzo Covid. Abbiamo già presentato le relative richieste, ma l'erogazione dipende da Bruxelles», ha detto Leogrande. Il Covid ha messo ko una compagnia che non era virtuosa, già perdeva 600 milioni all’anno.
L’annuncio di Conte a maggio 2020.
Per quale motivo non si fa il passaggio da Alitalia alla nuova società? Ita è stata costituita il 10 novembre 2020, ma è una scatola vuota, una società di carta, con 39 dipendenti, nove consiglieri di amministrazione e molti consulenti. Nel maggio 2020 il governo Conte ha annunciato la nascita di Ita con uno stanziamento di 3 miliardi, per dotarla del capitale necessario a operare e rinnovare la flotta. Finora sono stati versati 20 milioni. I successivi versamenti potranno avvenire per tranche, solo dopo che la Commissione Ue avrà approvato il piano industriale di Ita. Dopo il primo annuncio, il governo Pd-M5S ha perso 5 mesi a litigare sui nomi dei vertici di Ita, nominati solo il 20 ottobre. Il piano industriale è stato approvato dal consiglio di Ita il 18 dicembre. Ma l’8 gennaio scorso il piano è stato bocciato dalla Ue.
Intesa di massima.
Con Bruxelles è stata raggiunta solo un’intesa di massima, annunciata il 26 maggio dalla Ue e dal governo dopo quattro mesi di scontri tra Roma e la Commissione. Ma c’è tutto un negoziato a livello tecnico da completare e i dettagli sono fondamentali. Insomma, non si sa quando si concluderà «questa benedetta negoziazione con Bruxelles», parole di Leogrande. Poi Ita dovrà ridefinire il piano industriale e l’offerta da presentare ai commissari per l’acquisto del ramo d’azienda di volo di Alitalia, che potrà avvenire con un passaggio diretto, senza una gara. Secondo l’ultima versione del piano, Ita partirà con 47 aerei passeggeri e fra 3.000 e 3.500 dipendenti, rispetto a un totale di Alitalia di 10.106 dipendenti, questa la cifra aggiornata comunicata dall’avvocato Fava. Ita sarebbe una microcompagnia, avrebbe la metà della flotta di Alitalia, che è “più di 95 aerei” secondo un comunicato della Ue di un mese fa.
I bandi di gara e lo spezzatino.
L’accordo di massima tra i ministri Giorgetti e Franco e l’eurocommissaria Vestager prevede che le altre attività di Alitalia saranno messe in vendita con bandi di gara “aperti e trasparenti”. Ita potrà partecipare alle gare per il marchio e il logo. Ci sarà lo spezzatino delle attività di manutenzione e dei servizi aeroportuali, il cosiddetto handling: verranno create due nuove società. Ita potrà avere la maggioranza dei servizi aeroportuali, ma nella manutenzione potrà avere solo una partecipazione di minoranza. Il potenziale candidato alla maggioranza della manutenzione è la società Atitech di Napoli.
Incertezza sui tempi.
Ma in quali tempi si realizzerà questo programma? Nessuno lo sa. Dipende quando si chiuderà l’accordo con la Ue. Il negoziato potrebbe richiedere ancora diverse settimane. E, quando ci sarà l’autorizzazione di Bruxelles, occorreranno «da 60 a 90 giorni per dare il via operativo a Ita», ha detto l’amministratore delegato di Ita, Fabio Lazzerini. Pertanto Ita non potrà decollare prima della fine di settembre. Ma si potrebbe anche andare oltre.
Nuovo volo per Tokyo.
Il problema è che intanto Alitalia non ha le risorse per poter programmare i voli per l’estate. La compagnia ha annunciato un aumento dei voli per le mete delle vacanze, anche un secondo collegamento intercontinentale, da Roma per Tokyo, da luglio; adesso vola solo da Roma a New York. Ma le altre compagnie che volano in Italia fanno molti più voli. E sono pochi i clienti che comprano i biglietti di Alitalia. Se la compagnia dovesse arrivare al collasso e mettere gli aerei a terra, i biglietti sarebbero carta straccia. Non potrebbero neppure essere usati per la nuova società Ita, la Ue non vuole perché ci deve essere discontinuità economica.
In maggio venduti biglietti per 29,7 milioni.
In maggio Alitalia ha trasportato 483.616 passeggeri, sono quasi sei volte quelli del maggio 2020 (erano 86.295), ma sono solo circa un quarto rispetto al livello pre-Covid, nel maggio 2019 erano stati 1,83 milioni. I ricavi dalla vendita di biglietti in maggio sono stati 29,7 milioni, il triplo dell’anno scorso (9,38 milioni), ma una frazione del livello pre-Covid, erano 223,8 milioni nel maggio 2019, dunque -87 per cento.
Ita partirà “a ottembre”.
«Il problema è che tutto è stato posticipato. Doveva partire a ottobre 2020, poi a gennaio, ad aprile, a luglio, ma non so più se questa data sia valida...», ha detto Leogrande riferito a Ita. Leogrande ha detto che c'è totale incertezza «sulle date, sul perimetro e sulle modalità» dell'accordo tra governo e Ue per il trasferimento delle attività a Ita. Tra alcuni osservatori del dossier circola una battuta, “Ita partirà a ottembre”. Di quale anno, non si sa...
IlSole24Ore
L'Italia ammaina la bandiera in Afghanistan.
Si avvia a conclusione la missione del contingente che accelera il ritiro dal Paese.
Si avvia a conclusione la quasi ventennale presenza del contingente italiano in Afghanistan. Ad Herat è arrivato oggi il ministro della Difesa Lorenzo Guerini, per il saluto finale ai militari e la cerimonia dell'ammaina-bandiera alla base di Camp Arena, che sarà consegnata alle forze di sicurezza locali.
Le operazioni di rimpatrio di uomini (erano 800 a inizio anno) e mezzi, avviate a maggio, si concluderanno a breve, in sintonia con l'accelerazione impressa dagli Usa che intendono lasciare il Paese entro metà luglio, in anticipo sulla data simbolica dell'11 settembre annunciata dal presidente Joe Biden.
"Non vogliamo che l'Afghanistan torni ad essere un luogo sicuro per i terroristi.
Vogliamo continuare a rafforzare questo Paese dando anche continuità all'addestramento delle forze di sicurezza afghane per non disperdere i risultati ottenuti in questi 20 anni", ha spiegato Guerini.
"Non abbandoniamo il personale civile afghano che ha collaborato con il nostro contingente ad Herat e le loro famiglie: 270 sono già stati identificati e su altri 400 si stanno svolgendo accertamenti. Verranno trasferiti in Italia a partire da metà giugno", ha spiegato il ministro della Difesa parlando della sorte dei collaboratori afgani che rischiano ritorsioni da parte dei talebani una volta che il contingente Nato avrà lasciato l'Afghanistan.
I Paesi che stanno ritirando le loro truppe dall'Afghanistan dovrebbero accelerare i programmi per il reinsediamento di ex interpreti afghani e altri dipendenti di truppe o ambasciate straniere minacciati di ritorsioni dalle forze talebane: è l'appello di Human Rights Watch rivolto in particolare agli Stati Uniti e a tutti quei Paesi che si apprestano a ritirare ogni loro presenza nel Paese entro l'11 settembre di quest'anno. "Gli afghani che hanno lavorato con truppe o ambasciate straniere affrontano enormi rischi di ritorsioni da parte dei talebani", ha affermato Patricia Gossman, direttore associato per l'Asia di Human Rights Watch. "I Paesi con le truppe in partenza dovrebbero impegnarsi ad assistere chi si trova ad affrontare un pericolo per aver lavorare per loro".
Foto: "La cerimonia dell'ammaina-bandiera a Herat" - Ansa
ANSA
Confermata in appello la condanna all'ergastolo per Mladic.
La sentenza è definitiva. I giudici dell'Aja hanno confermato le accuse di genocidio, crimini di guerra e contro l'umanità.
Il Tribunale dell'Aja ha confermato oggi in appello la condanna all'ergastolo per Ratko Mladic, il boia di Srebrenica. La sentenza è definitiva, senza ulteriori possibilità di ricorsi.
Respingendo il ricorso della difesa, i giudici dell'Aja hanno confermato le accuse di genocidio, crimini di guerra e contro l'umanità a carico dell'ex capo militare dei serbi di Bosnia, ribadendo il carcere a vita per l'ex generale.
Mladic (78 anni) era presente in aula e ha seguito con le cuffie della traduzione la lettura del lungo dispostivo della sentenza.
In giacca scura e cravatta azzura, affiancato da due agenti della sicurezza, l'ex generale è apparso in buone condizioni, accigliato e perplesso per tutte le accuse confermate a suo carico.
Ratko Mladic, ultimo criminale di guerra eccellente giudicato dalla giustizia internazionale, è stato riconosciuto responsabile in particolare per il genocidio di Srebrenica, dove nel luglio 1995 furono massacrati 8 mila bosniaci musulmani, e per il lungo assedio di Sarajevo durante il conflitto armato in Bosnia del 1992-1995.
Ansalunedì 7 giugno 2021
Conte: “Nel nuovo M5s non sarò un uomo solo al comando, presto il popolo grillino in piazza”.
Giuseppe Conte parla del proprio ruolo all’interno dell’M5S e del futuro del Movimento in un’intervista al Corriere della Sera, precisando che “dopo che i tecnici avranno verificato i dati degli iscritti annunceremo le tappe, lanceremo il cronoprogramma e anche la manifestazione a cui stiamo lavorando. Ho assunto con grande entusiasmo l’impegno a elaborare il nuovo progetto e portare il nuovo statuto, che sarà votato prima delle cariche elettive. Il leader sarà eletto dagli iscritti. Li consulteremo ancor più di prima, attraverso una piattaforma telematica che rimarrà lo strumento principale”.
Conte ha confermato il sostegno del M5s al governo Draghi: “Alcune decisioni hanno scontentato i cittadini e suscitato perplessità, penso al sostegno alle imprese, ad alcuni indirizzi in materia di tutela dell’occupazione e di transizione ecologica. Disorientamento hanno provocato anche il condono fiscale e adesso l’emarginazione dell’Autorità anticorruzione. È normale che il disagio dei cittadini si ripercuota anche sulla forza che conserva la maggioranza relativa in Parlamento. Ma noi che abbiamo lavorato per la tenuta del Paese durante le fasi più acute della pandemia vogliamo essere protagonisti anche della ripartenza. Lo saremo in modo leale e costruttivo senza rinunciare ai nostri valori e alle nostre battaglie”.
E ancora: “In questo momento è importante che il Governo possa proseguire il suo percorso e dobbiamo evitare che il totoQuirinale diventi un elemento di confusione”, dice l’ex premier che, riguardo la scelta di Draghi di dare la delega ai Servizi a Gabrielli e di sostituire al Dis Vecchione con Belloni, afferma che “sono scelte che rientrano nelle prerogative del premier. Durante la scorsa esperienza di governo altri sembravano averlo dimenticato e si stracciavano le vesti ogni giorno, perché esercitavo queste prerogative di legge. Il dibattito su continuità e discontinuità non mi appassiona, non vivo la politica sulla base di personalismi”.
La difesa di Arcuri.
In tema di riforma della giustizia, Conte prosegue dicendo che ”con Bonafede abbiamo programmato massicci investimenti per accelerare i processi, per una giustizia più efficiente ed equa. Siamo invece contrari a meccanismi che alimentino la denegata giustizia. Ci confronteremo in modo chiaro e trasparente con le altre forze politiche”. Su Figliuolo e Arcuri, afferma che ”sono situazioni incomparabili. Arcuri ha fatto un lavoro straordinario nonostante critiche ingenerose e spesso strumentali, ha permesso all’Italia di partire con il piede giusto nella fase in cui dovevamo fare i conti con la mancanza dei vaccini e comunque anche allora eravamo tra i primi in Europa. La situazione oggi è molto diversa, Figliuolo e le Regioni stanno efficacemente completando la campagna vaccinale”.
Infine, la difesa del “suo” commissario Domenico Arcuri: “Sono situazioni incomparabili. Arcuri ha fatto un lavoro straordinario nonostante critiche ingenerose e spesso strumentali. Ha permesso all’Italia di partire con il piede giusto nella fase in cui dovevamo fare i conti con la mancanza dei vaccini. E comunque anche allora eravamo tra i primi in Europa”.
La Notiziailgiornale.it
Lavoro, ambiente: Conte pronto a “sfidare” Draghi. - Paola Zanca
Prime mosse - Dopo il divorzio da Casaleggio, parte la “rifondazione”.
Alzati gli occhi dal proprio ombelico, i 5 Stelle dicono che la prima cosa da cambiare sarà al governo: niente più ambiguità su chi debba essere titolato a trattare con Mario Draghi, sarà l’ex premier a confrontarsi con l’attuale capo del governo sulle richieste del Movimento nell’esecutivo. E così, come oggi è in programma un incontro tra il presidente del Consiglio e il segretario della Lega Matteo Salvini, si intuisce che – dopo la prossima legittimazione della base – avverrà lo stesso con Giuseppe Conte. I due si sono già sentiti nei giorni scorsi, ma ora che la partita con Casaleggio si è chiusa e il voto sulla nuova piattaforma è vissuto come una formalità, l’ex premier è intenzionato a rimettere in fila un po’ di questioni, dopo settimane di sbandamento. Le schermaglie interne hanno inciso non poco nella tenuta dei gruppi parlamentari M5S e anche al governo è mancata un’interfaccia “ufficiale”: i rapporti tra Mario Draghi e il capo delegazione Stefano Patuanelli si sono decisamente raffreddati, non solo per le politiche anti-Covid prese dal governo appena insediato in materia di scuola, ma anche per la difficoltà a confrontarsi con un esecutivo in cui i testi dei decreti arrivano sul tavolo del Consiglio dei ministri senza che vi sia prima il tempo e il modo di ragionarne assieme. Non a caso, nelle ultime partite delle nomine, Draghi aveva individuato nel ministro degli Esteri Luigi Di Maio il suo interlocutore di riferimento.
Ora, ragionano nel Movimento, questa “ambiguità” verrà superata e sarà Conte a confrontarsi direttamente con il capo del governo. A cominciare da due dossier considerati di particolare urgenza. Il primo è quello che riguarda il lavoro, in particolare in merito alla fine del blocco dei licenziamenti e alle ripercussioni che avrà in materia di occupazione. L’altro è l’ambiente: se i Cinque Stelle sono entrati al governo in nome della “transizione ecologica”, è ormai evidente ai più che quello che gli è stato concesso non va oltre aver dato un nuovo nome al ministero. Le scelte del titolare della materia, quel Roberto Cingolani che Beppe Grillo presentò come “uno dei nostri”, si scontrano ormai quotidianamente con la svolta green che Conte va ripetendo di voler imprimere al M5S.
Infine, ma questa è faccenda delle ultime ore, l’ex premier ha spiegato ai suoi di voler chiedere chiarimenti a Draghi anche sul “conflitto di interessi” appena sancito dal decreto Semplificazioni, secondo il quale controlli e verifiche anticorruzione passeranno dalla gestione dell’Anac, autorità indipendente, agli uffici del ministero della Funzione pubblica: ovvero sarà il governo a controllare se stesso.
Sono questi, dunque, i primi tasselli che Conte ha intenzione di rimettere in sesto. L’obiettivo è chiudere le questioni interne quanto prima, ma – come ha ricordato ieri Vito Crimi – per modificare lo Statuto serve “un preavviso di convocazione di almeno 15 giorni rispetto alla data della votazione”. Prima le nuove regole andranno illustrate agli iscritti: era già stata organizzata una kermesse negli studi di Cinecittà, con interventi video di attivisti e portavoce, ma – ora che quasi tutta l’Italia sarà zona bianca – si è valutato di virare sulla piazza, anche se ancora non si è deciso quale. Il “trasloco” dei dati degli iscritti è in corso, a gestirli saranno una società informatica viterbese, la Isa srl, e un’altra azienda con sede a Roma, Corporate Advisors-Trust company, già citate nel provvedimento del Garante per la privacy che ha obbligato Casaleggio alla consegna dei dati. “Non fatemi fare l’avvocato perché altrimenti divento cattivo”, aveva confidato Conte ai suoi nelle lunghe settimane di trattativa. Alla fine, ha vinto la mediazione: a Casaleggio resta il marchio Rousseau, al M5S la libertà di superare “l’anomalia” di un fornitore di servizi che in realtà esercitava un condizionamento politico costante. Anche se forse, sono pronti a giurare, il desiderio di fare politica non gli passerà.
I PARERI
Cosa deve fare il nuovo leader M5S?
Obiettivi. Rianimare la collettività in coma, Amnistia per gli espulsi.
Giuseppe Conte non ha certo bisogno dei miei consigli e, infatti, ha già programmato un giro d’Italia estivo per ricordare chi sono i 5stelle ai tanti che pensano a un movimento in un declino inarrestabile, impegnato a dilaniarsi in squallide beghe da cortile. Inutile girarci attorno: dopo il tragico video di Beppe Grillo, le auto-flagellazioni non richieste di Luigi Di Maio, le risse mercantili con Casaleggio e Rousseau, i “non ci sto” dei Di Battista e associati, l’ex premier deve al più presto spendersi e spendere senza risparmio nome, esperienza e popolarità per rianimare una collettività politica in stato comatoso. Secondo. Una volta che l’M5S abbia ripreso i sensi occorre dare vita una normale struttura politica che preveda un dibattito interno trasparente e, quindi, la formazione di maggioranze e minoranze alla luce del sole. E quindi basta con la fenomenite di chi si reputa migliore del resto del mondo perché non è così. Terzo. Una grande amnistia secondo il precetto evangelico: lasciate che gli espulsi tornino a me. Amen.
Antonio Padellaro
Critiche. Non perdere tempo a scusarsi, anche se si resta al governo
Il movimento guidato da Giuseppe Conte non ha bisogno di passare il tempo scusandosi per quel che ha pensato o detto in passato, specie sulla giustizia, la povertà, la costruzione europea da riformare. Non porta fortuna essere riammessi nei salotti che comandano, come dimostrato dalla storia del Pd. Vale invece la pena riprendere le critiche radicali fatte all’Unione europea quando Conte negoziò il Recovery Plan e ottenne dalla Merkel, finalmente, l’accettazione di un debito comune e solidale. Il rischio, oggi, è che la parentesi virtuosa si chiuda, che Berlino torni all’ortodossia ordoliberale, all’austerità, al distruttivo scontro fra Stati creditori e debitori. Il rischio è quello di un’Europa neo-atlantica, che dilatando spese di difesa, commercio e armi, si unisca per strategie di regime change. Draghi è un garante di questa Restaurazione post-Covid, auspicata dall’ex ministro del Tesoro Schäuble. Tutto sta a non sprecare il tempo in autocritiche, anche se si resta nel governo.
Barbara Spinelli
Temi. Occupazione, green e salute: dia un motivo agli elettori per votare.
Un consiglio gratis a Giuseppe Conte: la smetta subito di parlare di dati degli iscritti, piattaforme telematiche, Carta dei Valori, Garante della privacy, debiti con Casaleggio etc. Non se ne può più. La trasparenza, certo; ma a forza di essere trasparente il M5S si sta avviando alla metafisica mentre il Governo dei Migliori fa cose politiche travestite da tecniche. Cominci a parlare dell’orizzonte politico: “lotta alle disuguaglianze socio-economiche” è vago. Se il Pd ha avuto un’idea (tassa di successione) può ben partorirne una anch’esso. Che si fa dopo lo sblocco dei licenziamenti? Il Jobs Act, modificato in parte dal dl Dignità, è ancora in vigore: non va abolito? Conte è stato rimosso perché un preciso gruppo di potere non voleva che gestisse i soldi del Recovery e che gli fosse riconosciuto il merito di aver portato l’Italia fuori dalla pandemia: capitalizzi quell’esperienza di Sanità pubblica e la faccia valere davanti a Draghi. E la Transizione ecologica (al nucleare)? Gli 11 milioni di elettori del 2018 devono avere motivi veri per votare M5S, non basta “perché il Pd è invotabile” o “perché l’alternativa è Salvini”, visto che adesso ci governano insieme.
Daniela Ranieri
Sondaggi. Per miracolo superano ancora il 15%: solo Conte può salvarli.
Ultimamente parlare di Movimento 5 Stelle non è solo noioso: è pure impossibile. Come fai a parlare del niente? Come lo racconti il sommamente evanescente? Servirebbe un filosofo, o meglio ancora un medium. Il M5S è entrato nel governo Draghi dopo una trattativa ridicola. Ha esultato pateticamente per la nomina del diversamente verde Cingolani, rivelatosi poi un ministro “grillino” quanto Gaia Tortora. Non sta toccando palla. Non ha anima. Non va in tivù per scelta (o per ammissione di evaporazione). Sui social è moscio come un post di Porro. Per mesi ce l’ha menata con la piattaforma Rousseau, per mesi ce la menerà (ancora!) col doppio mandato. Ha persino sdoganato il Ponte sullo Stretto e scoperto il fascino del garantismo in salsa Foglio. Noioso, esangue, caricaturale: il M5S è per distacco al suo minimo storico. Quindi tutto male? Tranne due aspetti. 1) Nonostante questa fase imbarazzante, stanno ancora sopra il 15%. 2) D’ora in poi deciderà tutto Conte. L’unico che può salvarli.
Andrea Scanzi
IlFQ