venerdì 10 settembre 2021

Malloppo da padroni e palazzinari: Calenda è il candidato de’ Paperoni. - Stefano Vergine

 

Finanziatori - 180mila euro per l’aspirante sindaco: in prima fila i suoi amici di Confindustria.

Per la comunicazione ha scelto una delle più potenti società al mondo: Publicis, multinazionale francese proprietaria di marchi come Saatchi&Saatchi e Leo Burnett. Carlo Calenda nel 2020 ha speso circa 400mila euro per comunicare al meglio le idee di Azione. Per un partito nato due anni fa, con quattro parlamentari all’attivo, è una cifra invidiabile. Ma d’altra parte Azione non ha problemi di soldi. La gestione – dati dell’ultimo bilancio – si è chiusa con un avanzo di 246mila euro. Molto meglio di buona parte dei concorrenti. L’ex dirigente di Confindustria può spendere tanto, perché riceve molte donazioni private: in proporzione al peso in Parlamento, più di tutti gli altri. L’anno scorso ha incassato 1,7 milioni, divisi quasi esclusivamente tra liquidità e 2×1000. Come già raccontato dal Fatto, la somma è costituita dalle regalie di alcuni dei più noti industriali e finanzieri italiani: dai Rocca ai Loro Piana, da Davide Serra a Patrizio Bertelli, da Carlo Pesenti ad Alberto Bombassei.

Per finanziare la campagna di Roma è stato creato un comitato ad hoc. I documenti pubblici sulle donazioni sono aggiornati a fine luglio e dicono che l’ex ministro dello Sviluppo economico aveva già raccolto 180mila euro. Tra i donatori più generosi c’è Massimo Caputi: l’ex capo di Prelios, tra i nomi più noti nella finanza immobiliare italiana, ha regalato 20mila euro. La sua società principale, Feidos, controlla aziende in vari settori: energie rinnovabili, crediti deteriorati, turismo, ma soprattutto il mattone, sempre caro a Caputi, che tra i vari interessi immobiliari ne ha parecchi anche su Roma. A una richiesta di commento, l’imprenditore non ha risposto.

Altri 20mila euro sono stati donati a Calenda dalla Italtronic, azienda padovana che produce contenitori di plastica per l’elettronica. Il numero uno, Alberto Baban, vice presidente di Confindustria, dice di averlo fatto perché “lui è l’unico candidato credibile per guidare la nostra amata Capitale”. Del Calenda ministro, Baban ricorda soprattutto “il suo piano Industria 4.0 (incentivi fiscali per comprare macchinari innovativi, ndr), che ha consentito a molte imprese come la mia di migliorare la propria competitività investendo e assumendo”.

Tutte le altre donazioni sono di cifre più contenute, dai 1.000 ai 5.000 euro massimo, ma i nomi dei mittenti aiutano a capire chi punta ad accreditarsi con Calenda in vista del post elezioni. Nella lista ci sono ad esempio il manager Giuseppe Recchi, ex presidente di Eni e Telecom Italia; l’imprenditore Luciano Cimmino, patron dei marchi Carpisa e Yamamay; il giovane Giordano Riello, erede della famiglia veneta specializzata in impianti di climatizzazione. “L’ho conosciuto quando ero presidente dei giovani di Confindustria Veneto: ha progetti concreti e mette l’economia al centro del Paese”, dice Riello, 30 anni, presidente di una delle società società del gruppo Giordano Riello International. Tra i donors di Calenda c’è anche l’ex presidente di Confindustria, Antonio D’Amato, e Diamara Parodi Delfino, moglie di Giancarlo Leone, già dirigente Rai e oggi presidente dell’Associazione produttori televisivi. Fanno parte del mondo della comunicazione anche altri due sponsor eccellenti: il produttore Pietro Valsecchi e l’editore Carlo Perrone. Valsecchi ha regalato 1.000 euro al comitato elettorale dell’ex assistente di Luca Cordero di Montezemolo. Più generoso – 5mila euro – è stato Perrone: già proprietario de Il Secolo XIX, oggi è vicepresidente di Gedi, il gruppo della famiglia Agnelli-Elkann che edita la Repubblica e La Stampa. Chiudono la lista dei sostenitori due renziani. Annalisa Renoldi, coordinatrice di Italia Viva in provincia di Varese (2mila euro), e Cesare Trevisani, vicepresidente del Gruppo Trevi (1.000 euro). Che c’entra Trevisani con Renzi? Fino a poco tempo l’imprenditore finanziava il senatore toscano: prima la Fondazione Open, poi il Comitato Leopolda 9 e 10. Ora ha scelto evidentemente di puntare su Calenda.

ILFQ

Stangata in vista su famiglie e imprese. Quadruplicati i costi di gas e luce. - Jacopo Gilberto

 

Sulla Borsa elettrica il prezzo medio all’ingrosso della corrente elettrica è passato dai 38 euro dell’anno scorso a 145 attuali.

Testa incassata fra le spalle e mandibole strette, prepariamoci alla botta. Prezzo medio all’ingrosso della corrente elettrica l’anno scorso: 38,92 euro per mille chilowattora. Ecco i dati della borsa elettrica italiana del Gestore dei Mercati Energetici: il 9 settembre per le forniture delle ore 20 la corrente elettrica all’ingrosso costa 174,23 euro per mille chilowattora. È il prezzo fissato l’8 settembre per le consegne del 9 settembre ai grossisti di elettricità.
Prezzo medio per oggi 145,03 euro, prezzo minimo 130,28 euro per mille chilowattora per le consegne elettriche delle 14.
In media, quattro volte tanto, spinti dai costi internazionali del metano e dalle speculazioni sui mercati europei Ets delle emissioni di CO2.

Ottobre bollente.

Il 1° ottobre è vicinissimo, e quel giorno come ogni tre mesi l’autorità dell’energia Arera aggiornerà le bollette di luce e gas. Le decisioni salvabollette su cui sta lavorando il Governo (si vedano sul Sole24ore gli articoli di Celestina Dominelli e Carmine Fotina del 5 settembre) potrebbero solamente attenuare una botta rintronante, peggio di quell’aumento scattato il 1° luglio con +9,9% per l’elettricità e +15,3% per il gas. 

Non basta. Sull’aggiornamento Arera si orientano anche i valori del mercato libero delle famiglie. Chi un anno fa aveva stipulato contratti a prezzo fisso con listini un quarto di quelli attuali potrebbe avere un rinnovo da cavar la pelle. 

Non basta. Il 1° ottobre comincia l’anno termico, cioè i contratti industriali di fornitura energetica durano dal 1° ottobre al 30 settembre, e in questi giorni molte aziende cominciano a chiamare per il rinnovo i fornitori di energia elettrica, metano, gasolio e così via. Ma in questi giorni molte telefonate tra clienti e fornitori hanno toni luttuosi.

Il pane e le brioche.

Non basta. L’energia, si sa, è alla base di un’infinità di consumi e di beni, come l’ossigeno ospedaliero, l’uva Italia, l’attività dei server dei motori di ricerca, il detersivo per piatti, i viaggi in treno o le vernici per legno. L’Assopanificatori ha dato un avviso sui rincari del prezzo più rappresentativo del ribollire della storia, brioche comprese: il pane.

In Europa gas ed elettricità.

Il tema non è solamente italiano e il rincaro autunnale dei costi dell’energia riguarda tutta Europa e in generale tutto il mondo.

Il metano sul mercato olandese Ttf, riferimento per tutta Europa, mercoledì 8 settembre ha raggiunto il prezzo da primato di 55 euro per mille chilowattora (sì, anche il gas si può misurare in termini di energia sviluppata).

I prezzi medi delle borse elettriche europee sono infiammati, il listino elettrico Epex rileva per giovedì 9 settembre quotazioni medie di 131,76 euro per mille chilowattora in Francia, 130,23 euro in Germania, 132 in Austria e così via.

Londra, un euro al chilowattora.

Ma in Inghilterra la media per le forniture elettriche del 9 settembre è 279,94 sterline, pari a 325 euro, con prezzi pazzeschi per stasera: 783 sterline per le 18 (911 euro), 867 per le ore 19 (1.009 euro), 687,55 sterline per mille chilowattora le consegne della sera alle 20 (800 euro).

Ripeto per i lettori più distratti: all’ingrosso per le forniture del 9 settembre la corrente in Inghilterra è quotata 1 euro al chilowattora.

L’industria: servono interventi.

Osserva Aurelio Regina, delegato Energia della Confindustria: «Bisogna intervenire in sede Ue sulla speculazione finanziaria nel mercato della CO2 che, assieme all’escalation dei prezzi del gas, è una delle cause principali dei rincari energetici».

Massimo Bello (Wekiwi), presidente dell’associatione dei grossisti e trader dell’energia Aiget, avverte che «tra le voci di rincaro la forte impennata del costo della CO2 non è un fenomeno transitorio e rischia di diventare strutturale. Difficile dire come contenere i prezzi; ed è un problema europeo, non italiano. Bisogna intervenite nella concentrazione e poca concorrenza delle materie prime? Nella struttura della formazione del costo della CO2? Nel creare nuova capacità? Nel favorire contratti pluriennali? Ci ha colpito — nota Bello — la scarsa attenzione data al fenomeno, e noi intermediari ci troviamo con l’esposizione al rischio dei pagamenti».

«Le aziende non si sono ancora rese conto», commenta Diego Pellegrino (Eroga Energia), presidente dell’associazione Arte che raccoglie circa 120 trader e rivenditori di elettricità e gas soprattutto di dimensioni medie o piccole. «Sarà una spallata per i settori energìvori, ad altissima intensità d’energia. Noi imprese energetiche in questi mesi abbiamo comprato a prezzo salatissimo e rivenduto al prezzo fisso stracciato e ora siamo assediati da fideiussioni pazzesche».

Gianni Bessi, analista politico dell’energia: «Bene l’azione del Governo sulle leve regolatorie delle tariffe. Non basta; serve una crescita strutturale per un Paese che non cresce dal 2008. Ecco perché gli attacchi al ministro Roberto Cingolani per una transizione ecologica che verte sul pragmatismo è mossa da un calcolo egoistico di partito o di una cultura asfittica alla crescita».

ILSole24Ore

Shock energetico in Europa: gas ed elettricità mai così cari. - Sissi Bellomo

 

Ogni giorno nuovi record di prezzo, in un’avanzata sempre più rapida che in vista dell’inverno solleva forti preoccupazioni.

Elettricità, gas, diritti per la CO2, persino il vecchio carbone di cui puntiamo a liberarci. Sui mercati energetici ogni giorno (o quasi) è segnato da una raffica di record. I prezzi, in rialzo da mesi, hanno addirittura accelerato la corsa durante l’estate – stagione di vacanze e di termosifoni spenti, in cui in teoria non dovrebbero crearsi forti tensioni – portandosi in Europa a livelli senza precedenti.

È un rally che sta diventando sempre più preoccupante per le possibili ricadute sull’economia: bollette troppo pesanti rischiano di frenare la ripresa post Covid e di alimentare ulteriormente l’inflazione, in una fase già critica a causa delle strozzature che tuttora bloccano le supply chain, provocando rincari e difficoltà di approvvigionamento di molte materie prime e componenti, a cominciare dai microchip.

La componente energia.

Per le banche centrali – compresa la Bce – è una situazione delicata e da gestire. Un ritiro anticipato degli stimoli per raffreddare l’inflazione potrebbe mettere in pericolo la crescita, ma le politiche monetarie espansive mal si conciliano con l’aumento dei prezzi al consumo, soprattutto se questo dovesse rivelarsi più duraturo dell’auspicata «fiammata temporanea».

La componente energia, volatile come quella dei prezzi alimentari, non entra nella cosiddetta inflazione “core”, a cui guardano i banchieri centrali. Ma rincari esasperati in bolletta rischiano di trasmettersi fino agli ultimi anelli della catena del valore e di persistere a lungo.

Nell’Eurozona ad agosto l’inflazione si è impennata al 3%, il massimo da un decennio, e la voce più pesante era proprio quella dell’energia, con un aumento del 15,4% su base annua. Ma anche l’inflazione “core” ha iniziato a risvegliarsi: all’1,6% è la più alta dal 2012. C’è solo da augurarsi che davvero rimanga un fenomeno transitorio.

Il gas come epicentro.

Oggi come oggi, tuttavia, è difficile vedere la luce in fondo al tunnel, sia per i problemi di rifornimento e di trasporto delle merci – che restano in gran parte irrisolti – sia per le condizioni dei mercati energetici, che rischiano addirittura di peggiorare con l’arrivo dell’inverno, soprattutto in caso di temperature molto rigide.

Se negli shock energetici del passato era il petrolio ad essere protagonista, stavolta l’epicentro è il mercato del gas: il prezzo del combustibile è quintuplicato nell’ultimo anno sui principali hub europei, spingendosi sopra 55 euro per Megawattora mercoledì 8 al TTF.

La salita, sempre più impetuosa, è legata a carenze di offerta che hanno ostacolato la ricostituzione delle scorte per l’inverno e trascina con sè anche i prezzi dell’elettricità: sul mercato all’ingrosso in Italia ci sono stati picchi mai visti, superiori a 150 €/MWh.

Intanto anche i diritti europei per l’emissione di CO2 bruciano un record dietro l’altro, mantenendosi sopra 60 euro per tonnellata, quasi il doppio rispetto a inizio anno. Nello stesso periodo il carbone ha guadagnato il 70% superando 120 dollari per tonnellata in Europa (ma il gas è così caro da renderlo comunque conveniente).

Il petrolio stesso – così come i carburanti alla pompa – non è certo economico: il Brent scambia sopra 70 dollari al barile, in rialzo del 40% da gennaio. Ma anche l’oro nero è stato sorpassato dal gas, che fatte le dovute equivalenze ormai vale più di 100 dollari al barile, fa notare Bloomberg. E il peggio forse deve ancora venire.

Offerta scarsa.

«I problemi non sono nemmeno cominciati – avverte Julien Hoarau di Engie EnergyScan – L’Europa dovrà affrontare un inverno segnato dalla scarsità di offerta. Se avremo di nuovo un fenomeno meterologico come la Beast of the East (l’ondata di gelo estremo del 2018, Ndr) non sarei sorpreso di vedere prezzi spot a tre cifre».

«Lo spettro della povertà energetica potrebbe abbattersi rapidamente sull’Europa», rincarano gli analisti di Citi.

Anche senza sorprese climatiche, in ogni caso «i prezzi di gas e carbone resteranno probabilmente elevati fino a fine anno» , prevede Stefan Konstantinov, Senior Analyst di ICIS Energy, perché l’offerta è troppo limitata e i consumi con la stagione fredda cresceranno.

L’inverno è ormai alle porte, il nuovo anno termico comincia il 1° ottobre. E le scorte di gas europee sono a livelli di guardia, ai minimi da 10 anni per questo periodo: in media gli stoccaggi sono pieni al 69% (dati Gie). L’Italia sta un po’ meglio con l’83%, ma l’anno scorso in quest’epoca erano al 95%.

Per ora non ci sono carenze. Prima di tutto perché il sole splende. Ma anche perché i prezzi record di fatto stanno già scoraggiando la domanda di gas nel termoelettrico (in qualche caso purtroppo a favore del carbone e non solo delle rinnovabili).

In Italia, secondo un’analisi di Staffetta Quotidiana, i consumi delle centrali sono calati del 6,9% ad agosto rispetto a un anno prima. I guai rischiano di arrivare con l’inverno, quando l’Europa potrebbe sperimentare carenze di energia tali da costringere a rallentare la produzione industriale, avvertono gli esperti.

Un problema non solo europeo.

Non sarà il Gnl – né dagli Usa né da altre origini – a venirci in soccorso, se non a prezzi ancora più alti di quelli attuali: la scarsità di gas non è un problema solo europeo e l’Asia è in competizione per attirare carichi spot. Restano le forniture via tubo, che però oggi sono molto ridotte.

Dal Mare del Nord arriva pochissimo gas, a causa di manutenzioni più volte rinviate causa Covid. L’Algeria ha avvertito di «problemi upstream» che per tutto settembre potranno provocare cadute fino al 25% dei flussi verso l’Italia. E poi c’è la Russia, che in passato ci ha salvato più volte dall’emergenza, ma che da mesi si limita a rispettare gli obblighi contrattuali, senza offrire forniture extra: un mistero che ha spinto molti analisti a ipotizzare una forma di ricatto, per forzare la mano sul Nord Stream 2, di cui ora Gazprom ha ultimato la costruzione, ma che per l’avvio ha bisogno di certificazioni e permessi che tardano ad arrivare.

Ora tuttavia sta crescendo il sospetto (già avanzato lo scorso luglio dal Sole 24 Ore) che Gazprom in realtà non riesca a fare di più. È emerso che a inizio agosto c’è stato un incendio nell’impianto di trattamento del gas di Urengoy, in Siberia occidentale, di cui ancora oggi si osservano ricadute: cali di fornitura attraverso il gasdotto Yamal-Europe, che non si spiegano con teorie del complotto.

Inoltre la stessa Russia ha scorte di gas troppo basse, che il Governo ha imposto di ricostituire, con precedenza assoluta rispetto al rifornimento dei clienti europei. Per raggiungere l’obiettivo servono iniezioni di 280 milioni di metri cubi al giorno fino a fine ottobre, stima Bloomberg: volumi pari a circa l’80% delle normali forniture di Gazprom all’Europa occidentale.

(Illustrazione di Federico Bergonzini)

IlSole24Ore

giovedì 9 settembre 2021

Blitz della Polizia contro No Vax, perquisizioni in varie città.

 

Su Telegram avevano ipotizzato violenze durante manifestazioni.


La Polizia ha eseguito una serie di perquisizioni in diverse città nei confronti di appartenenti ai movimenti No Vax che su un gruppo Telegram avevano ipotizzato di compiere azioni violente nel corso delle manifestazioni contro i provvedimenti del Governo. Le indagini, coordinate dalla procura di Milano, sono state condotte dalla Digos e dalla Polizia Postale. Le perquisizioni sono scattate a Milano, Bergamo, Roma, Venezia, Padova e Reggio Emilia.

Oltre alle abitazioni degli indagati, i controlli hanno riguardato pc, cellulari, tablet e account social. 

Ipotizzavano su alcune chat di Telegram violenze, anche con armi, durante un imminente raduno No Vax a Roma, gli indagati individuati nel corso dell'operazione della Polizia di Stato contro alcune delle frange più scalmanate dei No Vax in Lombardia e in Italia.

Si definivano "i guerrieri', su Telegram, gli indagati nell'operazione della Polizia di Stato coordinata dalla Sezione distrettuale Antiterrorismo della Procura di Milano, che ha portato oggi a eseguire numerose perquisizioni in varie regioni. La frangia No Vax, che aveva intenzione di costruire rudimentali ordigni "fai da te" e di approvvigionarsi di coltelli, era composta da 5 donne e 3 uomini.

Le "azioni violente" che stavano programmando, anche con l'uso di armi, i 'no vax' che si facevano chiamare 'guerrieri' su Telegram, perquisiti oggi dalla polizia e indagati per istigazione a delinquere aggravata, erano "tese a mutare o condizionare la politica governativa e istituzionale in tema di campagna vaccinale". Lo scrivono il capo del pool antiterrorismo di Milano Alberto Nobili e il pm Piero Basilone nei decreti di perquisizione. Gli indagati portavano avanti "iniziative volte ad affermare le convinzioni dell'area cosiddetta 'no vax'".

Per gli inquirenti il blitz di stamani, come viene chiarito, rientra in una "importante attività preventiva contro dei disordini" che erano stati programmati. Da un lato, c'è il riscontro che questi gruppi stanno "alzando il tiro" e dall'altro si dimostra che le istituzioni e le forze dell'ordine sono presenti nel contrastarli. Le perquisizioni, come si legge nel decreto, riguardano documenti "di qualsiasi natura (anche informatici)" e dispositivi, come notebook, cellulari, memorie o supporti informatici, "utili alla ricostruzione dei fatti e della responsabilità". Si cercano anche "armi" e elementi "riguardanti i rapporti tra gli indagati e tra questi e altri soggetti che potrebbero aver concorso all'istigazione alla commissione di delitti connotati dalla violenza contro persone e cose" e per la "delineazione dei rispettivi ruoli".

Nel corso delle perquisizioni di oggi nei confronti del gruppo di No Vax che stava progettando azioni violente, soprattutto per la manifestazione di sabato prossimo a Roma, sarebbero state trovate armicome coltelli e bastoni. Lo si apprende nelle indagini della Digos, coordinate dal capo del pool antiterrorismo milanese Alberto Nobili e dal pm Piero Basilone.

"Quando andremo a Roma i primi" da aggredire "sono i giornalisti"Lo affermavano in chat gli 8 No Vax coinvolti nell'operazione di oggi della Polizia di Stato invitando a "usare le molotov" (che non risulta possedessero) per "far saltare i furgoni delle tv".  Secondo quanto riferito in questura a Milano, "per la stampa, ritenuta asservita al regime, avevano un vero e proprio odio". 

"Non risulta, al momento, dal nostro monitoraggio, che ci siano altre chat analoghe, con No Vax che istigano ad azioni violente", hanno precisato, nel corso di un incontro in Questura, a Milano, i dirigenti della Digos Guido D'Onofrio e del Compartimento di Polizia Postale e delle Comunicazioni Lombardia, Tiziana Liguori. Il gruppo Telegram di cui gli 8 indagati erano gli ispiratori aveva circa 200 partecipanti. 

ANSA

Ottanta scheletri con le mani legate trovati davanti a un casolare: la scoperta durante la costruzione di una casa di riposo.

 

Siamo a Buckingham, città a 110 chilometri da Londra, in Gran Bretagna. Durante i lavori di costruzione di una casa di riposo, la macabra scoperta, avvenuta nel 2020: ecco perché si torna a parlarne ora.

La notizia, rilanciata dal locale Bucks Free Press, torna sui giornali britannici. Ottanta scheletri con le mani legate trovati da alcuni operai a Buckingham, città a 110 chilometri da Londra, in Gran Bretagna. Durante i lavori di costruzione di una casa di riposo, ecco la macabra scoperta, avvenuta nel 2020: i corpi sarebbero stati tumulati nel terreno che circonda un casolare, lo West End Farm, in Brackley Road. “Il più grande ritrovamento di questo tipo, probabilmente prigionieri di guerra”, ha detto lo storico Ed Grimsdale alla Bbc. Ma perché si è tornati a parlarne adesso? Un consigliere comunale locale, Robin Stuchbury, non ha ben chiaro come mai non si sia andati a chiarire la provenienza di questi corpi: “Vorrei che il responsabile di gabinetto per la pianificazione e l’urbanistica redigesse un rapporto con le analisi di base fatte fino ad adesso per chiarire ciò che realmente è accaduto a questi uomini e a queste donne, e quando è accaduto”. Il Network Archaeology che si stava occupando delle ricerche ha avuto problemi economici ma Robin Stuchbury chiede che il Consiglio trovi altre vie per continuare.

ILFQ

mercoledì 8 settembre 2021

Ruby ter, disposta perizia sulle condizione di Berlusconi. La pm: “È vecchiaia, senza il suo stuolo di medici sarebbe qui a fare il processo”.

 

Di fronte all'ennesima richiesta di legittimo impedimento, il collegio della settima sezione penale di Milano ha deciso per una perizia medico legale sulle condizione di salute del leader di Forza Italia. La procuratrice aggiunta Siciliano: "Lo abbiamo visto scorrazzare in kart nella sua Sardegna, parlare con i leader politici. Se non fosse supportato da una serie di medici infinita e di avvocati sarebbe qui a farsi il processo". L'avvocato: "Negli ultimi tempi diversi episodi di fibrillazione atriale, medici preoccupati".

Serve una perizia medico legale sulle condizione di salute di Silvio Berlusconi per “poter prendere una decisione motivata e ragionata” sul processo Ruby ter. Dopo uno stop di oltre tre mesi, questa è la decisione presa dal collegio della settima sezione penale di Milano, presieduto da Marco Tremolada, di fronte all’ennesima richiesta di un rinvio per motivi di salute presentata martedì dai legali del leader di Forza Italia. Il processo è stato rinviato al 15 settembre per conferire l’incarico ai periti. Quello di Berlusconi è un “quadro di malattia di vecchiaia“, ha spiegato la procuratrice aggiunta Tiziana Siciliano davanti ai giudici, sottolineando che l’imputato “lo abbiamo visto scorrazzare in kart nella sua Sardegna, parlare con i leader politici“. “Se non fosse supportato da una serie di medici infinita e di avvocati sarebbe qui a farsi il processo”, ha detto Siciliano, che sostiene l’accusa con il pm Luca Gaglio. “C’è stato sicuramente un moderato miglioramento nel periodo estivo, che però invece negli ultimi tempi è stato al tempo stesso condizionato da diversi e importanti episodi soprattutto di fibrillazione atriale, che sono quelli che maggiormente preoccupano i medici“, ha sostenuto invece il legale di Berlusconi, Federico Cecconi.

L’istanza di rinvio si basava sulla certificazione medica allegata e l’esito dei controlli a cui si è sottoposto l’ex premier al rientro dalle vacanze a Villa Certosa, in Costa Smeralda. Nelle ultime due settimane per tre volte Berlusconi è andato al San Raffaelelunedì per una visita durata circa 15 minuti con il suo medico personale, il dottor Alberto Zangrillo, il 26 agosto per una serie di analisi che hanno comportato il ricovero per una notte, mentre mercoledì scorso per altri accertamenti durati poche ore. Dal 2016 ad oggi “noi non abbiamo mai chiesto una verifica e un controllo sulle certificazioni”, ha sottolineato la pm Siciliano in Aula. “Le malattie si curano, ma la vecchiaia è una malattia ingravescente”, ha aggiunto, ricordando che il quadro rappresentato dalla difesa prima dell’estate presentava una “gravissima situazione psicologica” del leader di Fi. Nel corso dell’estate, però, le condizioni di Berlusconi apparivano migliorate: “Abbiamo visto che l’imputato Berlusconi stava meglio, lo abbiamo visto scorrazzare in kart nella sua Sardegna, parlare con i leader politici, decidere del nostro futuro e di quello dei nostri figli”, ha sottolineato l’aggiunta, precisando però che a fronte di questo “è arrivata la richiesta di legittimo impedimento” e “nuovi certificati fatti con la telemetria, cioè in una situazione tale che il medico non si è dovuto nemmeno scomodare a visitarlo”.

Quello di Berlusconi è un “quadro di malattia di vecchiaia, costellato da patologie compatibili con la vecchiaia, il quadro di uomo vecchio che nel corso della sua vita ha avuto tante patologie, un uomo molto vecchio, ripeto, con tante piccole fastidiose patologie”, ma che “se non fosse supportato da una serie di medici infinita e di avvocati sarebbe qui a farsi il processo”, ha detto Siciliano, spiegando che, anche sulla base delle relazioni mediche presentate dalla difesa, “questo quadro” non è “tale da costringere 50 persone a rinviare” il processo. L’istanza del leader di Fi, dunque, per l’aggiunta Siciliano e per il pm Luca Gaglio, doveva essere “respinta“.

Silvio Berlusconi ha “ancora necessità di riposo assoluto per evitare” ci sia ancora una “recrudescenza di questi episodi” di fibrillazione atriale cardiaca che sono quelli che più preoccupano il “pool” di medici che lo sta seguendo, ha invece spiegato l’avvocato Cecconi, illustrando ai giudici l’istanza di legittimo impedimento. “Tra il 30 agosto e l’1 settembre ha avuto vari episodi di fibrillazione, uno durato anche più di 9 ore“, ha aggiunto il legale, chiarendo poi che, secondo i medici, non si può escludere la “cronicizzazione” di questi problemi di salute. Stabilire se Berlusconi, per via dei suoi problemi di salute, abbia la capacita di stare in giudizio “è un problema legato proprio a queste situazioni che possono essere destabilizzanti anche perché incominciamo ad avvicinarsi a una serie di fasi processuali, come ad esempio l’interrogatorio, dove la sua presenza è inevitabilmente importante”, ha sostenuto ancora l’avvocato Cecconi.

Lo scorso 26 maggio il Tribunale aveva concesso un lungo rinvio di tre mesi e mezzo, rigettando la richiesta di accusa e difesa di stralciare temporaneamente la posizione di Berlusconi per andare avanti con il dibattimento solo per gli altri 28 imputati, tra cui le molte ‘olgettine‘ accusate di falsa testimonianza e corruzione in atti giudiziari riguardo alle serate del ‘bunga-bunga‘. La difesa, comunque, ha già ottenuto lo ‘stralcio’ nel filone processuali sul Ruby ter pendente a Siena. Il processo va avanti dal 2017 senza che ancora si sia conclusa l’istruttoria dell’accusa: mancano due testi convocati dai pm tra cui il ragionier Giuseppe Spinelli, collaboratore fidato di Berlusconi e definito ‘ufficiale pagatore’ delle ragazze ospiti delle “cene eleganti”. Nel frattempo, le imputazioni di falsa testimonianza sono a un passo dalla prescrizione.

“La decisione del Tribunale mi sembra equilibrata a fronte di consulenze tecniche e certificazioni”, è stato il commento dell’avvocato Cecconi, dopo la decisione dei giudici. “È un po’ ondivaga la posizione della Procura, ma lo dico senza nessuna forma di polemica”, ha aggiunto. “Qui – ha proseguito Cecconi – ci sono i consulenti tecnici e poi i medici curanti di altissimo profilo che hanno fatto una fotografia molto asettica che noi doverosamente dovevamo rappresentare al Tribunale. Credo – ha spiegato – che in termini di onestà intellettuale si debba anche apprezzare che questi medici non hanno espresso poi una prognosi così circostanziata in termini di impedimento, ma hanno fatto una fotografia da adesso e quindi trovo che la valutazione, attraverso la quale il tribunale ha risolto questa diatriba, è molto ordinata e corretta”.

ILFQ

Madia “copiona” perde la causa col Fatto: “Cronaca d’inchiesta”.

 

La sentenza: respinta la citazione della ex ministra.

Marianna Madia perde la causa civile contro il Fatto Quotidiano relativa alla sua tesi “copiata”. La dottoressa Damiana Colla del Tribunale di Roma ha infatti respinto la sua citazione contro il nostro giornale e i giornalisti Laura Margottini e Stefano Feltri sulla base di una sentenza che fa onore al lavoro giornalistico. Oltre a rigettare la domanda, il giudice condanna Madia al risarcimento delle spese nella misura di 6.183 euro “per compensi, oltre spese generali ed accessori come per legge”.

Il caso passa quindi il vaglio del Tribunale. I nostri articoli riferivano di una sostanziale copiatura da parte di Marianna Madia di parte della sua tesi di dottorato in Economia del Lavoro con la quale aveva conseguito nel 2008 il titolo presso la Scuola Imt di Lucca. Altra accusa è stata anche la sua mancata presenza presso l’Università olandese di Tilburg per svolgere un esperimento riportato nella medesima tesi di laurea, tale da determinare la contestazione circa la paternità dell’esperimento stesso.

A fronte di articoli documentati Madia ha deciso di citare il Fatto per diffamazione in una causa civile con richiesta di risarcimento “nella somma ritenuta per giustizia” e quindi non quantificata. L’accusa ai nostri giornalisti è stata, con molta sicurezza, quella di aver dato una notizia “falsa”.

E invece il Tribunale non solo conferma che la notizia non era falsa, ma dà atto a Margottini e Feltri di aver svolto un lavoro che rientra “pienamente nel giornalismo investigativo” portato avanti in modo “accurato con notizie rese con approfondimento e precisione”. Tra le prove di accuratezza c’è anche il fatto che Laura Margottini si è “premurata di acquisire il parere di un esperto in materia di plagio nel settore accademico (Gerhard Dannemann, componente del VroniPlag, ‘il gruppo di accademici che ha analizzato le tesi di dottorato di decine di politici e professori tedeschi’), il cui scambio di email è allegato in atti e il cui parere è riportato nel brano in esame”.

La documentazione prodotta ha dunque “confermato il fondamento dell’indagine e la sua finalità di ingenerare il sospetto di illeciti”.

“Quanto alla verità, prosegue la sentenza, nei limiti in cui tale requisito è applicabile al diritto di critica, deve appena rilevarsi che le frasi pronunciate dall’attrice sono da ritenersi riferite a notizia vera nel suo nucleo essenziale, considerato che proprio nella specie la testata convenuta e i suoi giornalisti hanno svolto attività di inchiesta nei confronti dell’attrice, finalizzata peraltro a ingenerare sospetti di plagio e a denunciare irregolarità nel percorso post universitario della Madia”.

“Non appaiono dunque condivisibili, in conclusione, le doglianze dell’attrice relative al preteso difetto di verità della notizia contenuta nei quattro articoli in contestazione”.

La copiatura è un fatto, tutto il resto chiacchiera.

ILFQ