Lo ripete più volte, come a rivendicare lo spirito grillino che fu: “Se prevarrà il Sì non sarà la vittoria del M5S, ma quella dei cittadini, la Costituzione è di tutti e va aggiornata con riforme puntuali”. Il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Riccardo Fraccaro giura che non è questione di bandiere da sventolare, “votare Sì servirà per rendere il Parlamento più efficiente e la legislatura più solida”.
A poche ore dal voto, il Partito democratico è sempre più diviso sul referendum. Ieri su Repubblica si è espresso per il No anche Walter Veltroni, primo segretario e fondatore del partito. Teme conseguenze?
Si tende a confondere la posizione dei cittadini e la loro libera espressione con quella dei partiti e dei politici, e per me fare questa confusione è un errore. La direzione del Pd si è espressa a netta maggioranza per il Sì, e la riforma è stata approvata quattro volte in Parlamento da quasi tutti i partiti.
Esprimere un’opinione diversa è lecito.
Certo, ma non si può approvare una riforma e poi invitare a votare No al referendum. È un atteggiamento bipolare. E comunque girando per l’Italia la mia impressione è che i cittadini siano fortemente per il Sì.
Anche il centrodestra ha votato la riforma, ma in questi ultimi giorni è ambiguo sull’orientamento, senza dimenticare il No esplicito del leghista Giorgetti. Mettendo assieme i contrari trasversali magari i cittadini potranno essere influenzati, no?
È vero, ufficialmente i leader del centrodestra invitano a votare Sì per coerenza, ma i loro eletti ammiccano al No con l’obiettivo di far cadere il governo. Ma per la mia esperienza ormai questi giochi da vecchia politica non funzionano più.
Il solo taglio dei parlamentari, senza una riforma più complessiva dell’assetto istituzionale, rischia di essere una mossa solo propagandistica. Lo dicono tutti i sostenitori del no: hanno proprio torto?
Molti costituzionalisti hanno sempre detto che è meglio varare riforme puntuali, piuttosto che un pacchetto di norme, così da sottoporre ai cittadini quesiti chiari. Meglio procedere per singoli passi.
Ma una legge elettorale è indispensabile, no?
Serve, ma a prescindere dalla riduzione dei parlamentari. Dobbiamo restituire ai cittadini la possibilità di scegliere chi li rappresenta, indipendentemente dal numero degli eletti.
Due giorni fa Alessandro Di Battista ha invocato una legge con le preferenze.
È una storica richiesta del Movimento. Noi siamo assolutamente a favore delle preferenze, ma la legge elettorale è pertinenza del Parlamento, e il governo farebbe meglio a non entrarci.
Per capire: il Pd le vuole o no?
Spero e penso di sì. Noi 5Stelle non siamo maggioranza da soli. Se ne discuterà.
Da giorni non si parla altro che di rimpasto dopo le urne. Lei che ne pensa?
Tutti, me compreso, vanno valutati in base al proprio operato e ai risultati, e non in base al fatto che un candidato governatore abbia perso o meno. Non ci può essere correlazione tra le Regionali e il governo. Un’eventuale valutazione andrebbe fatta solo sul merito. E comunque io penso che il governo stia lavorando bene.
Per il ministro degli Affari regionali, il dem Francesco Boccia, “sul Mes il M5S dovrà decidere se stare con Meloni e Salvini oppure con l’Europa e il Pd”.
Per noi del Movimento non è e non può essere un tema ideologico. Il Mes è un prestito, ma presenta delle criticità per i trattati su cui si basa. Ora dobbiamo occuparci di utilizzare al meglio i soldi del Recovery Fund, che non dà questi problemi.
Ma sul Fondo salva-Stati dovrete decidere prima o poi…
Lo ripeto, non può essere una questione ideologica: se ci sarà un confronto bisognerà valutare se è utile al Paese. Noi diciamo di no.
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