Caro Dino, perdonami il tu e il tono confidenziale pur non essendoci mai conosciuti. Siamo entrambi iscritti all’ordine dei giornalisti, ed entrambi appassionati di questa professione. Tu fai parte dell’elite della categoria. Sei abituato a trattare contratti milionari e articoli di risonanza televisiva col partito dei preti. Io no, sono un umile cronista che paga il mutuo e che finora non si è mai venduto a nessuno. Ho lavorato per quasi 15 anni in realtà piccole e locali, pagato tanto al chilo e quanto un addetto alle pulizie part time (con rispetto per la categoria). La notorietà che mi ritrovo qui in rete negli ultimi 2 anni la devo soprattutto a Beppe Grillo, che ho avuto la fortuna di conoscere, di godere della sua stima e di collaborarci in questo underground della comunicazione online. Sconosciuta ai più, soprattutto ai lettori un po’ vecchiotti dell’Avvenire, il quotidiano che hai diretto fino a ieri e che ora non dirigi più perché ti hanno cacciato.
Insomma, avrai capito che ti ha fatto cacciare Vittorio Feltri, primatista italiano delle montature, ingaggiato con 15 milioni di euro dal puttaniere a dirigere il Giornale di suo fratello Paolo Berlusconi, oltre ai 3 milioni di euro annui che percepisce per screditare chi scrive o dice una sola verità sul suo editore, che è anche presidente del consiglio dei piduisti.
Ti ha fatto cacciare, dicevo, perché ha scritto a tutta pagina che nel 2002 sei stato condannato dal tribunale civile di Terni per stalking ai danni della moglie del tuo ex amante.
Mi spiace che sia bastato così poco per farti fuori. Davvero! Soprattutto da colui che di stalking in redazione se ne intende!
Se ben ricordi quando Feltri già dirigeva il Giornale, a metà anni ‘90, incaricò il suo vice Renato Farina (alias agente Betulla) di corrompere il collega di giudiziaria Vittorio Locatelli per fargli scrivere un pezzo bugiardo e infamante ai danni di Piercamillo Davigo, il magistrato di Mani pulite che stava processando alcuni stilisti che avevano pagato tangenti alla Guardia di finanza per ammorbidire i controlli fiscali. La stessa Finanza che fu corrotta dall’attuale corruttore presidente del consiglio - nel mirino delle tue salaci critiche - lo stesso che non dormiva la notte in attesa del relativo processo alle porte.Ecco, Vittorio Locatelli si rifiutò di calunniare Davigo e per questo fu destituito dall’incarico in giudiziaria per essere destinato ad altri compiti.
Dimmi un po’ tu che razza di iena è Feltri! Ciambellano di corte assieme al già ricordato Renato Farina (ora anche deputato), nel calderone dei burattini che scimmiottano il giornalismo di inchiesta. Sputtanatori di brava gente, calunniatori e bugiardi che in un paese normale sarebbero a fare i lavavetri abusivi ai semafori. In un paese normale, non in Italia! dove invece, dopo aver venduto la propria dignità e la propria credibilità di uomini, prima che di giornalisti, sono sempre e ancora lì. Arricchiti per scrivere qualunque malignità, vera o presunta, ma sempre su commissione, per far fuori “gli avversari“. Termine che Feltri ha usato ancora pochi giorni fa sulla prima pagina del Giornale per motivare lo sputtanamento ai tuoi danni, dimenticandosi che il giornalista non ha avversari politici. Dovrebbe attenersi soltanto ai fatti.Beffarda ma tristemente vera la frase di Roberto Benigni, che ieri dal palco della festa del Pd di Genova ha detto che Berlusconi ha fatto l’affare dell’anno vendendo Kakà e comprandosi Feltri.
Del resto tu sai bene che Chiesa e Berlusconi, Berlusconi e Pdl, Pdl e Comunione e Liberazione sono un corpo unico a forma di serpente. Una sola bocca che mangia e un solo culo che evacua. Tu sai bene che i parlamentari di CL non voteranno mai contro il loro puttaniere che li paga. E’ proprio grazie a questa maggioranza senza precedenti se il corruttore fa il vandalo nei confronti della chiesa mandando al patibolo piccoli servitori come te.
Converrai con me che se il papa proprio ieri ha detto che “Dio persegue le colpe e tuttavia protegge chi sbaglia purché costoro siano pronti a un radicale cambiamento di vita“, ti è voluto venire incontro giustificando in qualche modo il fatto che Feltri, nella sua cattiveria, è protetto da Dio. Tu sai quale. Anche noi qui sul blog sappiamo quale.
Sei finito sull’Economist, sul New York times come “ultima vittima” del puttaniere e sputtanato primo ministro italiano. Lo stesso che teme di perdere consensi fra i cattolici e che ancora oggi ti mastica come oggetto da “bugie sui giornali“.Persino la sinistra ti sta strumentalizzando. Con tutti i problemi che abbiamo in Italia, L’Unità, il Riformista, ma soprattutto Repubblica sbattono ormai da giorni in prima pagina editoriali chilometrici al sapore di finti piagnistei sul tuo caso. I D’Avanzo, i Prosperi e i Giannini fanno tutti il gioco del corruttore dipingendoti come vittima. E’ incredibile come tu, caro Dino, sia oggetto di quella “bassa macelleria giornalistica” che denunciano proprio quei colleghi che non spendono una sola riga sul concetto di privacy.
Nessuno che abbia ancora contrastato le fesserie in merito del garante di “quale privacy” Rodotà, che appena ieri ha tuonato “violazione della privacy” nei tuoi confronti! Ma tu sai, e tutti noi giornalisti dovremmo saperlo, che non c’è stata alcuna violazione di privacy nei tuoi confronti ma soltanto sproporzione sull’entità della condanna e la sua nulla rilevanza nella vita pubblica italiana. Che, scusa la modestia, è ben diversa da quella che può avere un malato e delirante Silvio Berlusconi e la sua incredibile sequela di reati prescritti e auto derubricati a norma di leggi incostituzionali.
Corriere, Repubblica e a rimorchio le televisioni di Raiset. Sono stati loro i carnefici che amplificando le porcherie di Feltri ti hanno portato sulla bocca di tutti. Persino su quella di Clemente Mastella, che alla festa dell’Udeur ha avuto il coraggio di rivederti “nella sua vicenda giudiziaria” (!!) Lui però è stato rinviato a giudizio assieme alla moglie per almeno 7 reati penali e, in attesa di sentenza, catapultato al parlamento europeo per lamentarsi dei 7 mila e “scarsi” euro al mese che percepisce.
Ha ragione Don Sciortino dire che il tuo caso è una “nuova pagina triste della democrazia“. E’ triste perché è finita in prima pagina al posto del lodo alfano, che di chiasso non ne ha assolutamente fatto (a parte qui in rete) nemmeno da parte del cortigiano Vittorio Feltri. E’ una pagina triste della democrazia perché l’italiano medio che si sciroppa il telegiornali minchiolini non potrà dare il giusto peso a quello che è realmente accaduto perché le televisioni hanno mistificato tutto. Non ci sono santi né miracoli che tengano caro Dino, in una videocrazia dedita all’applauso in cui un alleato della mafia fa il capo del governo!
Del resto potevi prevederlo. La “ferocia squadrista” denunciata da Massimo D’Alema è l’unica che sta facendo gioco in questo sciagurato quindicennio di sultanato berlusconiano, che contrappone potentati compromessi di scaglie marce. Come quello della chiesa, che tramite il cardinale Ruini ha commesso la svista di nominarti direttore della tivù satellitare dei vescovi e ti ha ingaggiato per dirigere il loro quotidiano, su cui moralizzare il premier in prima pagina secondo la loro parola. Quei maledetti vescovi che, denudandoti di qualunque forma di privacy sul loro “Avvenire“, ti hanno reso beffardo e galeotto quel nome.
Ora che sei a spasso con qualche milioncino sul conto corrente fattene una ragione! Evidentemente stavi sulle scatole a qualcuno dentro lo stesso Vaticano. D’ora in avanti se ti innamorerai ancora senza essere ricambiato, evita il ruolo di pretendente eroe che tormenta il partner della fiamma. Sii prudente perché purtroppo tu non ti chiami Vittorio Feltri, e nemmeno Silvio Berlusconi detto il puttaniere. Ti chiami Dino Boffo, colui del quale i vescovi, una volta usato, si sono fatti un baffo. Col culo del serpente.
http://www.danielemartinelli.it/
Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
domenica 6 settembre 2009
venerdì 4 settembre 2009
Vaccino.
OT SALUTE
Influenza suina: spunta una lettera del governo ai neurologi. Dopo il vaccino aumento della Guillain-BarrèE’ un articolo del 29 Luglio sul Daily Mail. Lo trovate qui:
http://www.dailymail.co.uk/news/article-1206807/Swine-flu-jab-link-killer-nerve-disease-Leaked-letter-reveals-concern-neurologists-25-deaths-America.html
I reporter inglesi (che salvo i casi delle testate gossippare sono veramente reporter, non come in Italia) hanno intercettato una lettera riservata dal ministero della salute inglese indirizzata ad oltre 600 neurologi.
Nella comunicazione si invitano tutti i medici a prestare attenzione perchè a seguito della indiscriminata campagna vaccinatoria degli ultimi tempi, si è potuto constatare un aumento vertiginoso dei casi di sindrome da Guillain Barrè.
Avevo già parlato di questo possibile effetto collaterale dei vaccini odierni, ma questa volta è addirittura un governo a mettere in allarme la comunità medica, ovviamente in sordina e cercando di non fare troppo chiasso.
Fortunatamente questa sindrome nella maggior parte dei casi si risolve spontaneamente nel giro di pochi mesi, o un anno circa, lasciando pochi strascichi, ma… Sapete che cosa vuol dire cuccarsi questa sindrome?
Dunque:
si inizia con strane sensazioni agli arti e alle dita, poi con dolori veri e propri. La malattia colpisce tutti i nervi periferici e si può arrivare a tetraplegia completa, nel giro di pochissimo tempo. Immaginatevi di svegliarvi alla mattina con una strana sensazione alle estremità, poi di avvertire verso sera dei dolori acuti e improvvisi in zone assurde del corpo. Sono i vostri nervi che mandano messaggi strampalati al cervello ma a voi questo non dice nulla. L’unica cosa di cui vi accorgete sono i dolori e la progressiva perdita di funzionalità degli arti.
In pochi giorni potreste ritrovarvi su una sedia a rotelle oppure sdraiati su un letto e intubati, perchè la GBS porta ad arresti respiratori e cardiocircolatori improvvisi.
CONTINUA SOTTOCOMMENTI
Max Stirner , 02.09.09 01:35
Grillo168 - Terra Reloaded
http://www.francescoamato.com/blog/2009/09/01/influenza-suina-spunta-una-lettera-del-governo-ai-neurologi-dopo-il-vaccino-aumento-della-guillain-barre/#ixzz0PtxbX9XA
http://www.meetup.com/grilli-del-parco-sud/it/messages/boards/thread/6117661/10#29584585
http://www.dailymail.co.uk/news/article-1206807/Swine-flu-jab-link-killer-nerve-disease-Leaked-letter-reveals-concern-neurologists-25-deaths-America.html
http://www.meetup.com/grilli-del-parco-sud/it/messages/boards/thread/6117661/10#29548296
Influenza suina: spunta una lettera del governo ai neurologi. Dopo il vaccino aumento della Guillain-BarrèE’ un articolo del 29 Luglio sul Daily Mail. Lo trovate qui:
http://www.dailymail.co.uk/news/article-1206807/Swine-flu-jab-link-killer-nerve-disease-Leaked-letter-reveals-concern-neurologists-25-deaths-America.html
I reporter inglesi (che salvo i casi delle testate gossippare sono veramente reporter, non come in Italia) hanno intercettato una lettera riservata dal ministero della salute inglese indirizzata ad oltre 600 neurologi.
Nella comunicazione si invitano tutti i medici a prestare attenzione perchè a seguito della indiscriminata campagna vaccinatoria degli ultimi tempi, si è potuto constatare un aumento vertiginoso dei casi di sindrome da Guillain Barrè.
Avevo già parlato di questo possibile effetto collaterale dei vaccini odierni, ma questa volta è addirittura un governo a mettere in allarme la comunità medica, ovviamente in sordina e cercando di non fare troppo chiasso.
Fortunatamente questa sindrome nella maggior parte dei casi si risolve spontaneamente nel giro di pochi mesi, o un anno circa, lasciando pochi strascichi, ma… Sapete che cosa vuol dire cuccarsi questa sindrome?
Dunque:
si inizia con strane sensazioni agli arti e alle dita, poi con dolori veri e propri. La malattia colpisce tutti i nervi periferici e si può arrivare a tetraplegia completa, nel giro di pochissimo tempo. Immaginatevi di svegliarvi alla mattina con una strana sensazione alle estremità, poi di avvertire verso sera dei dolori acuti e improvvisi in zone assurde del corpo. Sono i vostri nervi che mandano messaggi strampalati al cervello ma a voi questo non dice nulla. L’unica cosa di cui vi accorgete sono i dolori e la progressiva perdita di funzionalità degli arti.
In pochi giorni potreste ritrovarvi su una sedia a rotelle oppure sdraiati su un letto e intubati, perchè la GBS porta ad arresti respiratori e cardiocircolatori improvvisi.
CONTINUA SOTTOCOMMENTI
Max Stirner , 02.09.09 01:35
Grillo168 - Terra Reloaded
http://www.francescoamato.com/blog/2009/09/01/influenza-suina-spunta-una-lettera-del-governo-ai-neurologi-dopo-il-vaccino-aumento-della-guillain-barre/#ixzz0PtxbX9XA
http://www.meetup.com/grilli-del-parco-sud/it/messages/boards/thread/6117661/10#29584585
http://www.dailymail.co.uk/news/article-1206807/Swine-flu-jab-link-killer-nerve-disease-Leaked-letter-reveals-concern-neurologists-25-deaths-America.html
http://www.meetup.com/grilli-del-parco-sud/it/messages/boards/thread/6117661/10#29548296
mercoledì 2 settembre 2009
La mafia come spettacolo per non parlare della mafia vera
31 agosto 2009 - di Riccardo De Gennaro.
Molte “fiction” finiscono per essere, si spera senza volerlo, una specie di propaganda di Cosa Nostra. Mafiosi superuomini, improbabili investigatori, e silenzio quasi assoluto - ma si potrebbe anche dire omertà - sui livelli alti del sistema di potere mafioso, quello vero. Anche la mafia, oggi, conosce perfet tamente l’importanza del mezzo televisi vo: se il figlio di Ciancimino dice il vero, Provenzano chiese con una lettera a Berlusconi la disponibili tà, o perlome no i favori, di una rete Mediaset. La tv è un’arma, non crea soltanto l’immagine, ma la scolpisce nelle menti dei telespet tatori, al di là di ogni oggettiva contesta zione. La grande maggioranza degli ita liani, quella che non legge libri e giorna li, si fa oggi della mafia l’idea suggerita dagli sceneggiati televisivi e dai film. È un’idea che naturalmente, fin dai tempi de “Il padrino” o de “Il giorno della ci vetta” esce sempre, volontaria mente o involontariamente, “edulco rata” dal ba gno nella natura fantastica dello sceneg giato e del film, che – per ragioni di cas setta e al contrario dei documentari e dei reportage giornali stici – non permette di rispecchiare compiutamente la verità nuda e cruda. Ora, tuttavia, con questo governo, si ha la sensazione che il rap porto ma fia-tv-cinema sia entrato in una nuova fase, diversa da quella cui appar tengono il Padrino e la Piovra. Non ci sono le prove, ma è possibile che gli uo mini della mafia riescano a influenzare direttamente i contenuti degli sceneggiati e dei film, imponendo un “filtro ideologico” al prodotto, un filtro studiato per spingere lo spettatore a identificarsi con i protagonisti di Cosa Nostra, a difenderne i valori e le scelte, a guardare al mondo della criminalità organizzata come a un fenomeno legittimo e, per certi versi, condivisibile. A Berlusconi e Dell’Utri, che prima delle ultime elezioni definirono “un eroe” il mafioso Mangano, rischiano di unirsi, ad esempio, i telespettatori della fiction televisiva “Il capo dei capi”, dedicata a Totò Riina.Se la lotta alla mafia è prima di tutto un problema culturale, l’abdicare da parte degli autori e dei registi di questi prodotti d’intrattenimento a un ruolo di spietata denuncia del fenomeno mafioso è particolarmente grave, al punto che tre magistrati, impegnati sul fronte della criminalità organizzata (Roberto Scarpinato e Antonio Ingroia della procura di Palermo, Raffaele Marino di quella di Torre Annunziata) hanno sentito la necessità di prendere posizione contro questa deriva culturale con un intervento sul prossimo numero della rivista “I Duellanti”, che dedica uno “speciale” al rapporto tra film, fiction e mafia.I magistrati si chiedono: perché questi sceneggiati non rappresentano «i retroscena del potere mafioso, invece della sua dimensione più colorita e folcloristica»?È solo distrazione? È omertà? Come per i film sui nazisti, che per certi versi finiscono per esaltare la potenza del Terzo Reich, come per la trasposizione cinematografica e televisiva di “Romanzo Criminale”, che accentuando la linea estetizzante del mezzo espressivo, spinge quasi a simpatizzare per i componenti della Banda della Magliana, così i più recenti film e sceneggiati sulla mafia e sulla camorra (“Gomorra” a parte) ottengono il solo risultato di ammorbidire il problema mafioso, di renderlo accettabile, di predisporre lo spettatore a una non troppo scomoda convivenza. E in qualche caso si può parlare di vera e propria propaganda.
http://www.antimafiaduemila.com/content/view/18986/48/
Molte “fiction” finiscono per essere, si spera senza volerlo, una specie di propaganda di Cosa Nostra. Mafiosi superuomini, improbabili investigatori, e silenzio quasi assoluto - ma si potrebbe anche dire omertà - sui livelli alti del sistema di potere mafioso, quello vero. Anche la mafia, oggi, conosce perfet tamente l’importanza del mezzo televisi vo: se il figlio di Ciancimino dice il vero, Provenzano chiese con una lettera a Berlusconi la disponibili tà, o perlome no i favori, di una rete Mediaset. La tv è un’arma, non crea soltanto l’immagine, ma la scolpisce nelle menti dei telespet tatori, al di là di ogni oggettiva contesta zione. La grande maggioranza degli ita liani, quella che non legge libri e giorna li, si fa oggi della mafia l’idea suggerita dagli sceneggiati televisivi e dai film. È un’idea che naturalmente, fin dai tempi de “Il padrino” o de “Il giorno della ci vetta” esce sempre, volontaria mente o involontariamente, “edulco rata” dal ba gno nella natura fantastica dello sceneg giato e del film, che – per ragioni di cas setta e al contrario dei documentari e dei reportage giornali stici – non permette di rispecchiare compiutamente la verità nuda e cruda. Ora, tuttavia, con questo governo, si ha la sensazione che il rap porto ma fia-tv-cinema sia entrato in una nuova fase, diversa da quella cui appar tengono il Padrino e la Piovra. Non ci sono le prove, ma è possibile che gli uo mini della mafia riescano a influenzare direttamente i contenuti degli sceneggiati e dei film, imponendo un “filtro ideologico” al prodotto, un filtro studiato per spingere lo spettatore a identificarsi con i protagonisti di Cosa Nostra, a difenderne i valori e le scelte, a guardare al mondo della criminalità organizzata come a un fenomeno legittimo e, per certi versi, condivisibile. A Berlusconi e Dell’Utri, che prima delle ultime elezioni definirono “un eroe” il mafioso Mangano, rischiano di unirsi, ad esempio, i telespettatori della fiction televisiva “Il capo dei capi”, dedicata a Totò Riina.Se la lotta alla mafia è prima di tutto un problema culturale, l’abdicare da parte degli autori e dei registi di questi prodotti d’intrattenimento a un ruolo di spietata denuncia del fenomeno mafioso è particolarmente grave, al punto che tre magistrati, impegnati sul fronte della criminalità organizzata (Roberto Scarpinato e Antonio Ingroia della procura di Palermo, Raffaele Marino di quella di Torre Annunziata) hanno sentito la necessità di prendere posizione contro questa deriva culturale con un intervento sul prossimo numero della rivista “I Duellanti”, che dedica uno “speciale” al rapporto tra film, fiction e mafia.I magistrati si chiedono: perché questi sceneggiati non rappresentano «i retroscena del potere mafioso, invece della sua dimensione più colorita e folcloristica»?È solo distrazione? È omertà? Come per i film sui nazisti, che per certi versi finiscono per esaltare la potenza del Terzo Reich, come per la trasposizione cinematografica e televisiva di “Romanzo Criminale”, che accentuando la linea estetizzante del mezzo espressivo, spinge quasi a simpatizzare per i componenti della Banda della Magliana, così i più recenti film e sceneggiati sulla mafia e sulla camorra (“Gomorra” a parte) ottengono il solo risultato di ammorbidire il problema mafioso, di renderlo accettabile, di predisporre lo spettatore a una non troppo scomoda convivenza. E in qualche caso si può parlare di vera e propria propaganda.
http://www.antimafiaduemila.com/content/view/18986/48/
martedì 1 settembre 2009
Sostituitelo, per amor di Patria
Dopo la risposta di Silvio Berlusconi ai portavoce Ue "di stare zitti", avvenuta in seguito alla richiesta di spiegazioni sui respingimenti dei barconi di migranti attuati dall’Italia e da Malta, è seguita la minaccia di bloccare il Consiglio europeo come se fosse il motore del suo falciaerba ad Arcore.
A questo punto ritengo che il Presidente del Consiglio abbia bisogno di una perizia psichiatrica per poter continuare a governare il Paese.
Ormai Berlusconi è in guerra con il mondo intero: la Chiesa, l’Europa, i cittadini, la stampa estera e nazionale. Sta isolando l’Italia a livello internazionale, fatta eccezione per gli Stati a cui paga a suon di miliardi la propria amicizia, quali la Libia.
L’idea che l’Ue si sta facendo dell’Italia è drammaticamente squallida e reca danni d’immagine sia alle imprese italiane all’estero, o che comunque con l’estero commerciano, sia ai cittadini italiani che ci vanno per una vacanza. Il comportamento di Silvio Berlusconi provoca danni economici al nostro Paese e lo esclude dagli importanti tavoli internazionali.
Pertanto la maggioranza parlamentare si decida a ripensare alla leadership, l’opposizione saprà accontentarsi di un governo tecnico per amor di Patria. Tutto purchè si interrompa questo harakiri giornaliero ad opera di un Presidente del Consiglio che sembra affetto dai sintomi della paranoia.
lunedì 31 agosto 2009
Le verita' nascoste.
di Luigi Li Gotti
Riporto una mia intervista rilasciata a Il Crotonese sulle verità nascoste che ora stanno riafforando riguardo le stragi di mafia dei primi anni Novanta, da quelle di via Capaci e via D’Amelio a quelle di Roma e Firenze, che passarono per la presunta ‘trattativa’ tra gli uomini di Cosa nostra e lo Stato.
Intervista:
Giornalista: Quali sono questi nuovi scenari?
Li Gotti: “La Commissione parlamentare antimafia ha deciso di avviare un’indagine sul periodo stragista della mafia, sulle possibili deviazioni, sull’ipotizzabile coinvolgimento di uomini delle istituzioni. Ovviamente si avrà l’accortezza di non pregiudicare e interferire con l’attività della magistratura”.
Giornalista: L’indagine avviata dall’Antimafia e quelle che già da tempo sta svolgendo la magistratura possono portare a dei risultati di conoscenze ulteriori rispetto a ciò che è scritto nelle sentenze?
Li Gotti: “Le indagini potrebbero dare alcune risposte agli interrogativi più inquietanti, ma c’è il rischio che si faccia confusione e che un polverone scentificamente provocato, possa portare al risultato di lasciare tutto a livello delle conoscenze attuali”.
Giornalista: Quali sono le pagine ancora oscure?
Li Gotti: “A mio parere le pagine, ed è ciò che ho detto in Commissione, ancora oscure sono: il ruolo di Paolo Bellini nella trattativa avviata da Nino Gioè (l’uomo morto suicida a Rebibbia nel 1993 e che era al fianco di Giovanni Brusca quando venne azionato il telecomando che provocò l’esplosione a Capaci). Bellini conobbe Gioè alcuni anni prima delle stragi, durante una comune detenzione nel carcere di Trapani. All’epoca Bellini agiva sotto copertura dei servizi segreti, essendo in possesso di documentazione di identità riferibile a tale Da Silva Josè. Proprio con questo nome venne tratto in arresto e conobbe Nino Gioè”.
Giornalista: Che successe dopo?
Li Gotti: “Alcuni anni dopo Bellini ritorna in Sicilia (fine 1991 inizi 1992) e prende contatto con Gioè, sollecitandolo ad aiutare il Nucleo del patrimonio artistico a recuperare alcune opere d’arte trafugate alla pinacoteca di Modena. Bellini agiva per conto del maresciallo dei carabinieri Roberto Tempesta e fornì al Gioè le fotografie delle opere da ritrovare. In cambio Gioè chiese un trattamento di favore per cinque capimafia detenuti. Bellini consegnò l’elenco con i cinque nomi al maresciallo Tempesta che, a sua volta, le consegnò al colonnello Mario Mori del Ros dei carabinieri. Sino a questo punto i fatti sono riscontrati con buona tranquillità”.
Giornalista: E quali sono allora i misteri ulteriori?
Li Gotti: “Bellini e Tempesta riferirono di progetti di Cosa Nostra di attentati al patrimonio artistico italiano (si parlò, da parte di Gioè, della Torre di Pisa). Tempesta ha dichiarato di averne riferito a Mori ma questi lo escluse. È comunque oggettivo il fatto che nel 1993 Cosa Nostra colpì il patrimonio artistico oltre a provocare morte (attentato a Firenze in via dei Georgofili e alla chiesa del Velabro a Roma). È un mistero chi fosse Bellini ed il ruolo che effettivamente svolse”.
Giornalista: Quali sono le altre pagine oscure?
Li Gotti: “L’incontro in carcere, in Inghilterra, del mafioso (poi diventato collaboratore di giustizia) Franco Di Carlo con misteriosi uomini dei servizi segreti, che chiedevano di sapere quale mafioso sarebbe stato in grado di compiere attentati di alto livello. Di Carlo fece il nome di suo cugino, ossia Nino Gioè. Le stragi non si erano ancora verificate. La vicenda rimane misteriosa”.
Giornalista: Dopo la strage di Capaci, a distanza di meno di due mesi, Cosa Nostra uccise Paolo Borsellino.
Li Gotti: “Ci si interroga sul perché di quella che è sembrata un’accelerazione. La risposta a questa domanda è estremamente difficile. È certo che fosse in preparazione l’attentato per la uccisione di Calogero Mannino, Totò Riina bloccò l’azione, essendo diventata urgente l’azione per eliminare Paolo Borsellino”.
Giornalista: Quale fu e se ci fu una “trattativa” tra lo Stato e Cosa Nostra?
Li Gotti: “Ci furono dei contatti tra Vito Ciancimino e il colonnello Mario Mori. Un punto oscuro è quello dell’inizio della trattativa. Prima della strage di via D’Amelio e dopo Capaci (così secondo alcune fonti probatorie) o dopo le due stragi (secondo il colonnello Mario Mori)? Non è da escludere che la morte di Borsellino possa essere collegata proprio alla ‘trattativa’”.
Giornalista: Ci sono altri interrogativi che attendono risposte?
Li Gotti: “La misteriosa scomparsa dell’agenda rossa che Borsellino teneva sempre con sé e che utilizzava per annotare sue valutazioni o accertamenti o sospetti; l’origine del misterioso foglietto, rinvenuto dopo la strage, in via D’Amelio con annotato un numero telefonico riconducibile ai servizi segreti; l’approfondimento dello studio del traffico telefonico già esaminato dal consulente Genchi e i contatti con Castello Utveggio e uomini di Cosa Nostra.
Quale era la struttura che era collocata in Castello Utveggio in Palermo? Il cambio improvviso del ministro dell’Interno (sino al 30 giugno 1992 era Vincenzo Scotti; dal 1° luglio 1992, diviene Nicola Mancino). Scotti, a una mia domanda durante il processo per la strage, disse di ignorare l’esistenza di trattative e di non sapersi spiegare la ragione del suo allontanamento dal ministero dell’Interno. Senonché, in questi ultimi giorni, Claudio Martelli, all’epoca delle stragi ministro della Giustizia, ha dichiarato, in un’intervista, che addirittura ci sarebbe stata una spaccatura nel governo tra i duri (tra essi egli stesso e Scotti) e i propensi alla trattativa. Scotti sarebbe stato sostituito, perché contrario alla trattativa. Per altro, se così fosse, la trattativa sarebbe precedente il cambio di governo (30 giugno 1992) e, quindi, precedente la strage di via D’Amelio (19 luglio 1992). Ma il colonnello Mario Mori, colloca invece l’inizio della trattativa (e il suo incontro con Vito Ciancimino) il 5 agosto 1992”.
Giornalista: Si trattò di un’unica trattativa o di più trattative?
Li Gotti: “In verità Martelli ha dichiarato di più contatti cercati da Cosa Nostra con lo Stato. Rimane l’ombra sull’incontro di Borsellino con il nuovo ministro dell’Interno, Mancino, il 1° luglio 1992. Mancino non lo ricorda e non ricorda di trattative. Il suo non ricordo risale a quegli anni (dichiarazioni rese nel 1997). Non è un cattivo non ricordo di oggi. Ma l’incontro è un fatto certo, perché riferito da chi accompagnò Borsellino sino all’anticamera del Ministro”.
Giornalista: Le indagini della Magistratura aprono nuovi scenari?
Li Gotti: “Sicuramente il nuovo scenario è rappresentato dal ruolo centrale svolto dalla famiglia mafiosa di Brancaccio (dichiarazioni del nuovo collaboratore Gaspare Spatuzza, ritenuto attendibile dalla magistratura e reo confesso del furto dell’autovettura imbottita d’esplosivo). Di tale furto si era accusato Vincenzo Scarantino, condannato definitivamente”.
Giornalista: Cosa significa ciò?
Li Gotti: “La responsabilità di Spatuzza significa diretto coinvolgimento della famiglia di Brancaccio, ossia dei capi mafiosi, i fratelli Graviano. Cioè i più attivi nel tessere alleanze politiche, in specie con le nuove realtà politiche che si affacciavano nel Paese. Nel quartiere Brancaccio (presso l’Hotel S. Paolo) fu costituito il primo e più importante circolo di Forza Italia, poi sciolto perché manifestamente infiltrato da mafiosi. Rimane per me un interrogativo da sciogliere la possibile incidenza sulla strage dell’intervista di Borsellino, resa il 22 maggio 1992 e in cui parlò dello ‘stalliere’ Mangano, di Dell’Utri e di Berlusconi. Così come rimane un interrogativo che merita risposte quali fossero le indagini che, dopo Capaci, Borsellino voleva segretamente avviare traendo spunto dal dossier mafia-appalti. Ne ha riferito Mori. Bisogna saperne di più”.
Giornalista: Ma il quadro che viene fuori potrebbe evidenziare, più che una trattativa, una collusione?
Li Gotti: “Non bisogna banalizzare e fare confusione. Bisogna tenere sempre a mente che il generale Mario Mori e gli uomini del Ros hanno catturato Salvatore Riina, il capo dei capi, e che, nel volgere di tre anni, le forze dell’ordine (Carabinieri e Polizia) sono riuscite a catturare i maggiori capi di Cosa Nostra. L’unica domanda che potrebbe farsi è: vi è stata una rigenerazione di Cosa Nostra, con la chiusura della stagione stragista, l’arresto dei capi corleonesi e l’avvento di una nuova mafia alleata del nuovo ceto politico? Ossia c’è stata anche una ‘seconda repubblica’ per Cosa Nostra, speculare a quella della politica?”
http://www.politicamentecorretto.com/index.php?news=15200
Riporto una mia intervista rilasciata a Il Crotonese sulle verità nascoste che ora stanno riafforando riguardo le stragi di mafia dei primi anni Novanta, da quelle di via Capaci e via D’Amelio a quelle di Roma e Firenze, che passarono per la presunta ‘trattativa’ tra gli uomini di Cosa nostra e lo Stato.
Intervista:
Giornalista: Quali sono questi nuovi scenari?
Li Gotti: “La Commissione parlamentare antimafia ha deciso di avviare un’indagine sul periodo stragista della mafia, sulle possibili deviazioni, sull’ipotizzabile coinvolgimento di uomini delle istituzioni. Ovviamente si avrà l’accortezza di non pregiudicare e interferire con l’attività della magistratura”.
Giornalista: L’indagine avviata dall’Antimafia e quelle che già da tempo sta svolgendo la magistratura possono portare a dei risultati di conoscenze ulteriori rispetto a ciò che è scritto nelle sentenze?
Li Gotti: “Le indagini potrebbero dare alcune risposte agli interrogativi più inquietanti, ma c’è il rischio che si faccia confusione e che un polverone scentificamente provocato, possa portare al risultato di lasciare tutto a livello delle conoscenze attuali”.
Giornalista: Quali sono le pagine ancora oscure?
Li Gotti: “A mio parere le pagine, ed è ciò che ho detto in Commissione, ancora oscure sono: il ruolo di Paolo Bellini nella trattativa avviata da Nino Gioè (l’uomo morto suicida a Rebibbia nel 1993 e che era al fianco di Giovanni Brusca quando venne azionato il telecomando che provocò l’esplosione a Capaci). Bellini conobbe Gioè alcuni anni prima delle stragi, durante una comune detenzione nel carcere di Trapani. All’epoca Bellini agiva sotto copertura dei servizi segreti, essendo in possesso di documentazione di identità riferibile a tale Da Silva Josè. Proprio con questo nome venne tratto in arresto e conobbe Nino Gioè”.
Giornalista: Che successe dopo?
Li Gotti: “Alcuni anni dopo Bellini ritorna in Sicilia (fine 1991 inizi 1992) e prende contatto con Gioè, sollecitandolo ad aiutare il Nucleo del patrimonio artistico a recuperare alcune opere d’arte trafugate alla pinacoteca di Modena. Bellini agiva per conto del maresciallo dei carabinieri Roberto Tempesta e fornì al Gioè le fotografie delle opere da ritrovare. In cambio Gioè chiese un trattamento di favore per cinque capimafia detenuti. Bellini consegnò l’elenco con i cinque nomi al maresciallo Tempesta che, a sua volta, le consegnò al colonnello Mario Mori del Ros dei carabinieri. Sino a questo punto i fatti sono riscontrati con buona tranquillità”.
Giornalista: E quali sono allora i misteri ulteriori?
Li Gotti: “Bellini e Tempesta riferirono di progetti di Cosa Nostra di attentati al patrimonio artistico italiano (si parlò, da parte di Gioè, della Torre di Pisa). Tempesta ha dichiarato di averne riferito a Mori ma questi lo escluse. È comunque oggettivo il fatto che nel 1993 Cosa Nostra colpì il patrimonio artistico oltre a provocare morte (attentato a Firenze in via dei Georgofili e alla chiesa del Velabro a Roma). È un mistero chi fosse Bellini ed il ruolo che effettivamente svolse”.
Giornalista: Quali sono le altre pagine oscure?
Li Gotti: “L’incontro in carcere, in Inghilterra, del mafioso (poi diventato collaboratore di giustizia) Franco Di Carlo con misteriosi uomini dei servizi segreti, che chiedevano di sapere quale mafioso sarebbe stato in grado di compiere attentati di alto livello. Di Carlo fece il nome di suo cugino, ossia Nino Gioè. Le stragi non si erano ancora verificate. La vicenda rimane misteriosa”.
Giornalista: Dopo la strage di Capaci, a distanza di meno di due mesi, Cosa Nostra uccise Paolo Borsellino.
Li Gotti: “Ci si interroga sul perché di quella che è sembrata un’accelerazione. La risposta a questa domanda è estremamente difficile. È certo che fosse in preparazione l’attentato per la uccisione di Calogero Mannino, Totò Riina bloccò l’azione, essendo diventata urgente l’azione per eliminare Paolo Borsellino”.
Giornalista: Quale fu e se ci fu una “trattativa” tra lo Stato e Cosa Nostra?
Li Gotti: “Ci furono dei contatti tra Vito Ciancimino e il colonnello Mario Mori. Un punto oscuro è quello dell’inizio della trattativa. Prima della strage di via D’Amelio e dopo Capaci (così secondo alcune fonti probatorie) o dopo le due stragi (secondo il colonnello Mario Mori)? Non è da escludere che la morte di Borsellino possa essere collegata proprio alla ‘trattativa’”.
Giornalista: Ci sono altri interrogativi che attendono risposte?
Li Gotti: “La misteriosa scomparsa dell’agenda rossa che Borsellino teneva sempre con sé e che utilizzava per annotare sue valutazioni o accertamenti o sospetti; l’origine del misterioso foglietto, rinvenuto dopo la strage, in via D’Amelio con annotato un numero telefonico riconducibile ai servizi segreti; l’approfondimento dello studio del traffico telefonico già esaminato dal consulente Genchi e i contatti con Castello Utveggio e uomini di Cosa Nostra.
Quale era la struttura che era collocata in Castello Utveggio in Palermo? Il cambio improvviso del ministro dell’Interno (sino al 30 giugno 1992 era Vincenzo Scotti; dal 1° luglio 1992, diviene Nicola Mancino). Scotti, a una mia domanda durante il processo per la strage, disse di ignorare l’esistenza di trattative e di non sapersi spiegare la ragione del suo allontanamento dal ministero dell’Interno. Senonché, in questi ultimi giorni, Claudio Martelli, all’epoca delle stragi ministro della Giustizia, ha dichiarato, in un’intervista, che addirittura ci sarebbe stata una spaccatura nel governo tra i duri (tra essi egli stesso e Scotti) e i propensi alla trattativa. Scotti sarebbe stato sostituito, perché contrario alla trattativa. Per altro, se così fosse, la trattativa sarebbe precedente il cambio di governo (30 giugno 1992) e, quindi, precedente la strage di via D’Amelio (19 luglio 1992). Ma il colonnello Mario Mori, colloca invece l’inizio della trattativa (e il suo incontro con Vito Ciancimino) il 5 agosto 1992”.
Giornalista: Si trattò di un’unica trattativa o di più trattative?
Li Gotti: “In verità Martelli ha dichiarato di più contatti cercati da Cosa Nostra con lo Stato. Rimane l’ombra sull’incontro di Borsellino con il nuovo ministro dell’Interno, Mancino, il 1° luglio 1992. Mancino non lo ricorda e non ricorda di trattative. Il suo non ricordo risale a quegli anni (dichiarazioni rese nel 1997). Non è un cattivo non ricordo di oggi. Ma l’incontro è un fatto certo, perché riferito da chi accompagnò Borsellino sino all’anticamera del Ministro”.
Giornalista: Le indagini della Magistratura aprono nuovi scenari?
Li Gotti: “Sicuramente il nuovo scenario è rappresentato dal ruolo centrale svolto dalla famiglia mafiosa di Brancaccio (dichiarazioni del nuovo collaboratore Gaspare Spatuzza, ritenuto attendibile dalla magistratura e reo confesso del furto dell’autovettura imbottita d’esplosivo). Di tale furto si era accusato Vincenzo Scarantino, condannato definitivamente”.
Giornalista: Cosa significa ciò?
Li Gotti: “La responsabilità di Spatuzza significa diretto coinvolgimento della famiglia di Brancaccio, ossia dei capi mafiosi, i fratelli Graviano. Cioè i più attivi nel tessere alleanze politiche, in specie con le nuove realtà politiche che si affacciavano nel Paese. Nel quartiere Brancaccio (presso l’Hotel S. Paolo) fu costituito il primo e più importante circolo di Forza Italia, poi sciolto perché manifestamente infiltrato da mafiosi. Rimane per me un interrogativo da sciogliere la possibile incidenza sulla strage dell’intervista di Borsellino, resa il 22 maggio 1992 e in cui parlò dello ‘stalliere’ Mangano, di Dell’Utri e di Berlusconi. Così come rimane un interrogativo che merita risposte quali fossero le indagini che, dopo Capaci, Borsellino voleva segretamente avviare traendo spunto dal dossier mafia-appalti. Ne ha riferito Mori. Bisogna saperne di più”.
Giornalista: Ma il quadro che viene fuori potrebbe evidenziare, più che una trattativa, una collusione?
Li Gotti: “Non bisogna banalizzare e fare confusione. Bisogna tenere sempre a mente che il generale Mario Mori e gli uomini del Ros hanno catturato Salvatore Riina, il capo dei capi, e che, nel volgere di tre anni, le forze dell’ordine (Carabinieri e Polizia) sono riuscite a catturare i maggiori capi di Cosa Nostra. L’unica domanda che potrebbe farsi è: vi è stata una rigenerazione di Cosa Nostra, con la chiusura della stagione stragista, l’arresto dei capi corleonesi e l’avvento di una nuova mafia alleata del nuovo ceto politico? Ossia c’è stata anche una ‘seconda repubblica’ per Cosa Nostra, speculare a quella della politica?”
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