Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
sabato 15 novembre 2014
Il Papa: no ad aborto ed eutanasia, i medici cattolici debbono obiettare.
Il Pontefice: «Il pensiero dominante propone una falsa compassione: quella che ritiene sia un aiuto alla donna favorire l’aborto».
Il Papa ribadisce la tradizionale dottrina cattolica su aborto ed eutanasia ed invita i medici cattolici ad adeguarsi. «Il pensiero dominante propone una falsa compassione: quella che ritiene sia un aiuto alla donna favorire l’aborto, un atto di dignità procurare l’eutanasia, una conquista scientifica produrre un figlio considerato come un diritto invece di accoglierlo come dono» ha detto il Santo Padre parlando all’associazione dei medici cattolici.
Obiezione
Quindi, secondo il Pontefice, i medici cattolici, per essere fedeli «al Vangelo della vita e al rispetto di essa come dono di Dio», debbono fare «scelte coraggiose e controcorrente che, in particolari circostanze, possono giungere all’obiezione di coscienza». Lo ha detto il Papa parlando all’associazione dei medici cattolici”.
Non è un peccato tenere in vita chi Dio ha chiamato a sé?
E non è peccato lasciare che una donna porti a compimento una gravidanza indesiderata, sapendo che non potrà tenere con sé il nascituro?
Anche la chiesa subisce il fascino delle lobby del potere economico?
Putin lancia “Sputnik” in Occidente: è la neo-guerra fredda dell’informazione. - Leonardo Coen
Per rilanciare la propria immagine nel mondo dopo la guerra in Ucraina, Mosca ha creato "Sputniknews.com", piattaforma informativa internazionale che nel 2015 sarà in 130 città di 34 Paesi, con redazioni da 30 a 70 giornalisti: "Il mondo è stanco di un punto di vista unipolare". Ecco come il leader del Cremlino e i suoi oligarchi controllano i media russi.
Nella nuova “neoguerra fredda” che vede Putin e il suo cerchio magico contro il Resto del Mondo, la propaganda è diventata una questione assillante, fondamentale, quasi paranoica per il Cremlino, assediato dalle sanzioni per le vicende ucraine, l’economia russa in crisi, il declassamento del debito pubblico al livello Baa2, col rublo in picchiata (ha perso quasi il 20 per cento) e i prezzi del petrolio che calano bruscamente: meno introiti, più difficoltà dello Stato a far quadrare i conti, e la non remota prospettiva di forti aumenti delle bollette, quanto ai prezzi, quelli già corrono, e l’inflazione pure (8,3 per cento a ottobre). Putin rischia un infelice calo di popolarità anche nella sua Russia, dopo aver visto la sua immagine in grande sofferenza presso l’opinione pubblica mondiale. Poco importa se la rivista Forbes sostiene che è l’uomo più potente del mondo, il problema di Putin è molto semplice: bisogna ridare forza all’anima russa, al nostro orgoglio di grande nazione, “la Russia deve essere trattata con rispetto”. Già, la parola uvajenie (rispetto, ndr.) è sempre più citata nei discorsi del presidente russo, così come alcune considerazioni sull’America che cerca di imporre al mondo il suo “modello” e il suo “diktat unilaterale” sono sempre più ricorrenti. E forse, è l’idea putiniana, qualcuno in Occidente la pensa come me. Dunque, perché non creare uno strumento mediatico internazionale che controbatta lo strapotere dei media Usa? Cominciando a raccontare una versione della Storia diversa?
Fin qui, nulla da eccepire se gli eredi dell’Impero del Male – formula sprezzante usata dagli anticomunisti più feroci – chiedono d’essere ascoltati e non demonizzati. Così, sorprende poco la notizia che Mosca ha deciso di varare l’ambizioso progetto di Sputniknews, definita l’altro giorno da Dmitri Kisilev, direttore dell’agenzia Rossia Sivodnija (Russia Oggi), nata sulle spoglie di Ria Novosti (Notizie russe), “una voce alternativa all’Occidente”, sorellastra dell’emittente governativa in lingua inglese Russia Today. Il pelato Kisilev è stato un popolare anchorman televisivo, fedelissimo portavoce putiniano, zelante al punto da creare qualche situazione incresciosa, successe per esempio ai Giochi Invernali di Soci, quando ebbe un’infelice uscita sui gay… l’infortunio creò parecchio imbarazzo al Cremlino, qualcuno pensò che prima o poi Putin l’avrebbe punito. Può darsi che la missione di Sputniknews.com possa essere impossibile e che Kisilev si giochi il futuro. Ma a sentire i russi, su essa si riverseranno ingenti risorse finanziarie, si dice nell’ordine di almeno 500 milioni di dollari, un sacco di quattrini in un momento in cui si chiudono ospedali e si tagliano le spese,a cominciare dagli aiuti alla Crimea… Non è una cifra sparata a caso: lo ha confermato lo stesso governo russo che nel bilancio 2015-2017 è contabilizzato un cospicuo aumento dei contributi per i media statali, in modo particolare di quelli internazionali, cioè la tv Russia Today e l’agenzia Rossija Sivodnija, alle quali andranno oltre mezzo miliardo di dollari.
Imponente, di sicuro, è il progetto: la piattaforma informativa internazionale – cito l’ufficiale ItarTass – prevede una collocazione on line e supporti radiofonici (più avanti, anche web tv) in 130 città di 34 Paesi, inizialmente trasmetterà per 800 ore quotidiane in quattro lingue (russo, inglese, spagnolo, arabo). Dal primo dicembre si aggiungerà il cinese. Ogni redazione sarà composta da 30 sino a 70 redattori. Insomma, un multimedia hub che dovrebbe costare un occhio della testa. Sputniknews.com lavorerà in sinergia con Rossia Sivodnia e Russia Today. Lo slogan del lancio è assai significativo: “Telling the untold”, parlare di ciò che è taciuto. Assicurazioni professionali, “saremo affidabili. Offriremo interpretazioni alternative che sono, indubbiamente, in crescente richiesta nel mondo. Pensiamo che il mondo sia stanco di un punto di vista unipolare. Crediamo che la base di un tale mondo multicolore e multipolare sia la legge internazionale, un mondo in base alla legge”.
Peccato che la realtà russa sia assai poco multicolore, tantomeno multipolare. E che la legge sia spesso ingabbiata dalla deriva autoritaria del potere, sempre più in mano ai siloviki – i rappresentanti delle cosiddette ‘istituzioni di forza’ (servizi segreti, ministero degli Interni, ministero degli Esteri e forze armate) – e sempre più in proficua sintonia con gli oligarchi sopravvissuti alle brutali ri-nazionalizzazioni operate da Putin. Lo Stato è tornato padrone, limitando fortemente le tendenze neoliberiste, con l’alibi (giustificato) che avevano sconquassato l’economia russa negli anni Novanta, dimenticando però l’assalto alla diligenza di oligarchi ed ex funzionari sovietici. Una terapia d’urto che si è riverberata pure nel mondo dei media. Poco per volta, giornali e tv, radio e portali sono finiti nelle mani degli oligarchi “amici” di Putin. O meglio, degli oligarchi che devono assecondarlo se vogliono continuare a fare affari ed arricchirsi. Di fatto, solo un’infima percentuale di media può ancora ritenersi indipendente. Il giornalismo libero è quasi inesistente: farlo, è rischioso. Ci si lascia la pelle. Chiedere a Muratov, il direttore di Novaja gazeta, il giornale bisettimanale di Anna Politkovskaja: molti colleghi di Anna sono stati uccisi o feriti, altri sono in esilio. Mutavo dirige il giornale come se stesse sul filo di una lama… ogni numero, è una battaglia: per la distribuzione, per la sopravvivenza.
Mica come le testate del magnate uzbeko Alisher Usmanov, considerato l’uomo più ricco della Russia, primo produttore di ferro con la sua Metalloinvest, azionista dell’Arsenal, mille investimenti in giro per il mondo, anche negli States, ma soprattutto il boss di mail.ru, la più importante azienda internet russa, controllata tramite la società sudafricana Naspers e New Media Technologies. E’ proprietario del prestigioso quotidiano economico Kommersant, dei settimanali Denghi (soldi), Vlast (potere), Ogoniok e Week-end. Ha la maggioranza del canale tematico Disney russo, nonché di You-tv, Mustv (sorta di Mtv). Tramite Af-Telekom, detiene il 31 per cento di MegaFon (telefonia mobile).
Più spettacolare, in ogni senso, l’irruzione dell’avvenente Alina Kabaeva, 32 anni, detta la “zarina”, ex campionessa olimpica di ginnastica artistica (Atene 2004), copertine di Vogue, Maxim,Glamour, Cosmopolitan (le edizioni russe, ovviamente), incontro fatale con Putin nel 2000 e deputata alla Duma per Russia Unita, il partito del presidente, nel 2007, ad appena 24 anni. Fa gavetta in tv dapprima come ospite, poi come conduttrice di trasmissioni di varietà. Viene rieletta nel 2011, diventa vicepresidente della commissione gioventù, sport e cultura fisica, ma in aula parla poco, appena tre volte. In compenso la blogosfera russa da tempo sostiene che sia l’amante segreta di Putin: per lei il presidente ha divorziato da Ljudmila. Da lei avrebbe avuto due figli segreti, uno di 5 e l’altro di due anni. Il gossip accompagna la sua straordinaria ascesa. Culminata poche settimane fa con l’annuncio: Alina Maratovna Kabaeva è nominata presidente della NMG, il Nazionalna Media Group.
Proprietario è l’oligarca Yurij Kovalchuck, 64 anni, un fedelissimo putiniano. Si dice sia il suo cassiere personale, di sicuro lo chiamano il Murdoch russo. E’ entrato nel mirino delle sanzioni Usa e Ue, poiché presiede la Banca Rossija, di cui è il maggiore azionista, “considerata la banca personale dei funzionari di alto grado della Federazione russa”, recita la motivazione del provvedimento. Una banca di invidiabili performances, se in quindici anni ha visto moltiplicarsi i suoi attivi da 4 milioni a 11 miliardi di dollari. La Rossija controlla a sua volta le compagnie di assicurazioni Sogas e Transneft. Il gruppo dispone del 25 per cento di Prvij Kanal (il Primo Canale in cui al 49 per cento c’è Roman Abramovich), che è il più seguito del Paese. Poi, nel portafoglio ci sono Canale 5 e Ren Tv (rispettivamente quinta e ottava nella classifica delle emittenti russe). Inoltre, ha il 23 per cento della prestigiosa testata storica Izvestija, il tabloid Tvoi Dien, il quotidiano gratuito Metro di San Pietroburgo, il diffuso Rossiskaja gazeta, la Parlamentariji gazeta, la radio Russkaja Sluzhba Novostej(Servizio russo delle notizie) e radio Montecarlo russa. Guarda caso, a far da corona a tutto questo ben di Dio mediatico nella dote della Kabaeva, spunta l’Agenzia Internazionale di Informazione (Mia)Rossija Sivodnia, nata in seguito alla sospetta liquidazione di Ria Novosti dello scorso anno, dalla cui costola è partorito Sputniknews.com, diretto formalmente da Kisilev: per finanziare il progetto sono previsti 75 milioni di dollari l’anno.
L’elenco potrebbe continuare all’infinito. Non c’è oligarca che non abbia un giornale o una tv, la normalizzazione imposta da Putin è stata accettata senza tanti rimorsi. Il bavaglio rende pesante l’atmosfera giornalistica. Nazionalismo e patriottismo sono enfatizzati, soprattutto in tv. Usmanov, tramite Mail.ru, ha scucito un miliardo e mezzo di dollari per acquisire il pieno controllo di Vkontakte, clone russo di Facebook che è abbastanza popolare anche nei Paesi dell’ex Urss e vanta 270 milioni di account. La scalata, iniziata in sordina nel 2007, è costata in totale oltre due miliardi e 100 milioni di dollari. Gazprom Media ha inglobato ProfMedia (1,5 miliardi di dollari). La Rambler-Afisha che fa capo a Vladimir Potanin e Alexandre Mamut è stato uno dei primi motori di ricerca del web russo: da esso dipende Sup Media che è proprietaria di Live Journal, molto influente nella vita politica del Paese. Inter-Ros, grosso fondo di investimenti di Potanin, detieneProfMedia. Cioè pubblicazioni, tv e radio (Avtoradio, Energy,Humour Fm, Radio Romantica).
Lenta.ru, portale assai frequentato, fa parte di Medio Imperio, altra società del gruppo. Come Gazeta.ru, che è stato il primo giornale russo interamente on line. La prima pagina in Rete apparve il 28 febbraio del 1999. Poi, dopo l’avvento di Putin, apparvero gli oligarchi pronti a papparsi Gazeta.ru. Nel 2005 passò alla Sekret Firmy Publishing di Usmanov che la cedette poco dopo alla Sup Fabrik. Nel 2012 il passaggio alla Sup Media di Alexandre Mamut fu definitivo. Nel 2013 nasce Afisha.Rambler.SUP, e lì va a finire Gazeta. Il bavaglio è ben stretto, ormai. Quanto ai media stranieri, una legge approvata di recente stabilisce che il tetto delle quote siano abbassate dal 50 al 20 per cento, compreso quelli controllati indirettamente da partner russi. Vittima illustre, il quotidiano economico Vedomosti, sovente critico nei confronti delle scelte governative. Il gruppo finlandese Sanoma che lo controlla voleva già disfarsene. Sinora, senza successo. L’ultimo atto, riguarderà Internet: social networks e blogger equiparati ai media e quindi ai loro oneri. Dulcis in fundo, dal primo gennaio tutte le società di comunicazione, pure le straniere, online saranno obbligate a tenere i loro server in Russia. I media serve(r) del Cremlino.
Che fa l'Europa? Che succede in giro per il continente? - Sergio Di Cori Modigliani
"Es hora del sentido comùn, de recuperar la soberanìa y la democracia. Todos juntos, claro que podemos!". Pablo Iglesias.
(trad.: "E' l'ora del buon senso, di recuperare la sovranità e la democrazia. Tutti insieme, ma certo che possiamo farcela!")
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In Europa, in questo momento, esistono quattro nazioni e mezzo nelle quali non è assolutamente possibile andare a votare.
In comune, questi paesi hanno il fatto di coprire l'intera area del Mediterraneo.,
Sono la Grecia, il Portogallo, la Spagna, la Francia e l'Italia.
L'Italia è il "mezzo paese", non è ancora certo se possa o non possa.
I sondaggi in Grecia (sembra quelli veri, a disposizione del ministero degli interni e che vengono letti ogni mattina sia dalla troika che dalla commissione europea) sono molto chiari ed espliciti in proposito: per la terza settimana di seguito rivelano un trend ormai accertato.
Se si andasse a votare, la lista Tsipras vincerebbe alla grande con un risultato intorno al 25/30% dei consensi. Il secondo partito sarebbe, probabilmente, la lista neo-nazista di Alba Dorata, intorno al 15/18%. Finirebbero terzi e quarti il centro-destra e il centro-sinistra, ovvero le due compagini che hanno amministrato la Grecia, a turno, negli ultimi 15 anni.
Risultato: in Grecia non si può andare a votare.
In Portogallo, in seguito a una miriade di scandali finanziari, la prospettiva è cambiata radicalmente negli ultimi sei mesi. Un mini partito di ecologisti volenterosi (O'Tierra Madre) risulterebbe addirittura il primo partito, con una totale debacle della destra e della sinistra e un fallimento annunciato per Josè Manuel Barroso, l'uomo di ferro dell'Unione Europeo che ha presieduto negli ultimi 5 anni la commissione fino a venti giorni fa: è dato quarto.
In Francia, è cosa nota, Marie Le Pen vincerebbe alla grande con una differenza di 20 punti rispetto a Hollande.
In Spagna, un partito figlio degli indignados de la Puerta (il primo movimento europeo ad aver dato il via, nel 2011, al risveglio dei cittadini) che si chiama "Podemos", fondato il 15 marzo del 2014, vincerebbe le elezioni. Nel maggio scorso, alle europee, ha ottenuto l'8,5% dei suffragi. Ma ai primi di settembre arriva la clamorosa sorpresa. La pattuglia di deputati europei -autonomi, indipendenti, senza nessuna affiliazione perché non sono riusciti ad accorpare il numero richiesto di nazioni- inizia a lavorare "virtualmente", grazie a un eccezionale e altamente professionale ufficio di comunicazione, costituito da personalità ad alta competenza specifica, e "fingono" di partecipare ai lavori della commissione europea. Emettono quotidiani e regolari comunicati stampa e lanciano un programma specifico inventato da un informatico di Valencia per varare le prime piattaforme di democrazia diretta. Propongono delle leggi (il tutto, si intende virtuale) e le fanno votare in rete. Per poter votare basta essere cittadini spagnoli e residenti nel territorio del regno iberico.
Gli organizzatori si aspettano circa 20.000 votanti.
Ne arrivano, invece, 275.000. Dopo venti giorni, una seconda votazione su un altro provvedimento raggiunge i 340.000 votanti.
Diventa un "caso di interesse sociologico" di cui si comincia a discutere e parlare in Spagna.
Ma a ottobre arrivano i sondaggi dell'istituto demoscopico reale: per la terza settimana di seguito indicano la lista "Podemos" al 28% nel caso di elezioni, con il partito socialista al secondo posto con il 22% e il centro-destra (attualmente al governo) con un 15/18%.
Il leader di Podemos, Pablo Iglesias (proveniente dal settore della sinistra anarchica di catalana memoria) che ha 37 anni di età, giornalista, scrittore, intellettuale, viene intervistato da tutte le televisioni e il suo indice di gradimento tocca livelli vertiginosi-
El Pais, il più importante e diffuso quotidiano della nazione, pubblica un ampio reportage sull'inedito quadro politico della nazione e chiede una verifica di questo clamoroso dato proponendo di indire nuove elezioni.
Arriva il no perentorio dell'Unione Europea.
Così come per la Grecia.
Così come il Portogallo.
Così come per la Francia.
I popoli europei sono stati sequestrati.
Come sosteneva Pablo Iglesias in una intervista televisiva (42% di share, superiore alla finale dei mondiali di calcio di quattro anni fa quando la Spagna vinse) rispondendo alla domanda capziosa "ma lei si considera un democratico alla guida di un partito democratico?" ha risposto: "Prima di tutto il nostro è un movimento e non un partito, è orizzontale ed è strutturalmente posizionato in termini liquidi; stiamo formando un'adeguata classe dirigente e siamo pragmatici. Il termine "democratico" è obsoleto e retorico. La democrazia in Europa è finita. Non esiste più. Noi viviamo nella post-democrazia. Siamo dentro una realtà radicalizzata dove esistono due fazioni: da una parte una oligarchia sempre più ristretta e sempre più ricca, dall'altra l'intero corpus sociale. Non esiste più lo scontro capitale-lavoro. E' anche ridicola la dizione destra-sinistra. C'è un unico tavolo che va aperto: quello tra l'oligarchia e i rappresentanti dei ceti sociali che producono e lavorano, o che vorrebbero farlo visto che in Spagna la disoccupazione giovanile ha raggiunto il 50%. Il problema consiste nella re-distribuzione delle ricchezze, non nei dati del pil".
E l'Italia?
Ecco il punto: come al solito siamo il 1/2 paese.
Una incognita.
Neppure i più accurati sondaggi sono in grado di prevedere lo stato reale di una potenziale elezione politica.
Perché siamo diventati un "paese virtuale".
E' il risultato della comunicazione politica iniziata da Berlusconi a tambur battente nel 2001, in seguito proseguita e sempre più perfezionata da Monti, da Letta, che raggiunge l'apice con il caro leader: la pratica dell'annuncio, la titolazione che sostituisce il contenuto, la visibilità che sostituisce la sostanza, il nominalismo magico che sostituisce la realtà dei fatti.
E poiché il disagio aumenta e dilaga, i soldi sono sempre meno, i consumi quindi non possono ripartire, aumenta la confusione e l'annebbiamento.
Mentre, nel resto d'Europa, chi sta al potere sente il fiato sul collo dell'opposizione collettiva della nazione e corre ai ripari (se non altro) per tappare un buco immediato e le falle di emergenza applicando dei provvedimenti reali, fattibili, immediatamente operativi, nel nostro paese si va avanti a tweet e post su facebook, con conseguenti forum da bar.
In Francia, ad esempio, la notizia migliore per Hollande -che considero comunque un uomo molto intelligente e capace, un "vecchio politico" che ha scelto quindi la strada del compromesso debole, pensando nel frattempo di rabbonire i tedeschi che, con realismo storico, teme perché li conosce - è stata risultato europeo e i susseguenti sondaggi che lo davano straperdente a favore dell'estrema destra.
Migliore, secondo me, perché si è liberato del fardello di "mantenere il consenso" visto che non ce l'ha e ha attuato subito dei dispositivi finanziari che in Francia stanno funzionando, migliorando la situazione nel paese. Hollande ha avuto quindi la possibilità di andare dai suoi poteri forti locali (ciascuno conosce i propri polli ed è sempre con loro che è necessario fare i conti) per dire con chiarezza "o redistribuiamo la ricchezza in maniera intelligente oppure ve la vedete con la Le Pen e posso anche dimettermi" (confermato da Le Point e da Le Monde).
In Spagna, il movimento "podemos" sta obbligando Rajoy a fare i salti mortali pur di sopravvivere e impedire una vera rivoluzione in Spagna, e la stessa cosa sta accadendo in Grecia.
Da noi, invece, non cambia nulla perché il caro leader ha fatto di twetter il suo distintivo preferito.
Ciascuno ha i propri gusti. ma si tratta di una finzione narrativa. Il nostro premier è vecchio, stantio, obsoleto.
La considero l'ultima (in ordine di tempo) grande truffa : offrire ai cittadini del paese dei balocchi una mummia incartapecorita democristiana che ha le parvenze di un giovanotto high tech.
E l'Europa lo sa benissimo.
Gli avvoltoi dei colossi finanziari ne approfittano.
Anche le grandi potenze.
E' di oggi la notizia che il gruppo nipponico Hitachi sta acquistando la Ansaldo cantieri.
E i giapponesi li sanno fare gli affari, non sono certo una società di beneficenza innamorata del Bel Paese.
Bloccata la cordata cinese per papparsi le nostre banche decotte piene zeppe di debiti (è il costo delle clientele oligarchiche) pare che il Monte dei Paschi di Siena finirà acquistato da BNP-Paribas. Forse si prenderà anche Banca Carige, Banca delle Marche e altri sei istituti di credito.
La commissione finanze dei paesi della zona euro sanno che l'Italia è una mina vagante e un pericolo per tutti, e preferiscono che siano i tedeschi o i francesi a gestire il nostro paese invece che i cinesi o i giapponesi o i catarioti. Dopotutto, tra europei, se si vuole, ci si capisce sempre al volo.
Imperdonabile la nuova linea di Confindustria che per bocca di Squinzi fa comprendere la totale latitanza dell'imprenditoria italiana dalla realtà del mondo post-moderno in cui viviamo. Seguitano a comportarsi come ai tempi della famiglia Agnelli.
Come se la realtà geo-politica fosse la stessa.
Mentre la destra estrema si gioca tutte le sue carte in Italia alimentando in maniera da sciacallo la rabbia per gestirla a modo loro, insieme ai refusi rifondaroli e a qualche mummia che sogna la rivoluzione bolscevica (il tutto mescolato in una salsetta retorica basata su una ricetta demagogica) il paese reale è appiattito dal genocidio culturale e non riesce più a produrre attualità, che vuol dire essere partecipi dell'autentico scenario reale.
L'Italia sta diventando una comparsa di un film scritto da altri.
La perdita totale delle nostre bussole culturali ci sta condannando -come in una tragica legge del contrappasso- a girovagare in una terra deserta litigando sui miraggi.
Mentre le cifre, le scadenze, i programmi li decidono altrove.
Ci rimangono gli annunci, i titoli, le striscette di facebook.
L'Europa si sta risvegliando.
Ogni nazione lo sta facendo a modo suo, ed è tanto più convincente quanto più segue e rispetta la tradizione culturale autoctona.
Se non si coglie la palla al balzo in questo momento e non si costruisce, tutti insieme, una nuova narrazione colta, perderemo l'ennesimo appuntamento con il destino della storia e non saremo in grado di costruirci la "nostra alternativa italiana".
Finiremo per seguire capipopolo che arringano le folle incitando alla guerra di una parte dei poveri contro una parte di poveri altri. Per far guadagnare i mega ricchi.
E' inevitabile.
Un paese intelligente e istruito (com'era l'Italia un tempo) che rinuncia alla propria tradizione culturale denunciando la propria incapacità a promuovere il merito e la competenza, si condanna da solo alla marginalità.
E non è colpa né della Merkel né di Goldman Sachs, né dei massoni, né degli ebrei, né dei mussulmani, né dei rom.
E' colpa dell'ipocrisia collettiva, da tutti praticata con disinvolto senso di irresponsabilità.
Noi, non podemos proprio fare un bel nulla.
Il successo scientifico della navicella Rosetta, frutto dell'impegno e ingegno italiano è una prova lampante: non appena ce lo consentono, non appena ce lo permettono, non appena c'è uno straccio di investimento, di riconoscimento, il genio italiano lascia sempre la sua firma indelebile.
Ed è questo il patrimonio che va rimpinguato.
Tutto il resto sono chiacchiere inutili. E si ricomincia da lì.
Altrimenti, dovremo seguitare a sorridere dello splendido aforisma di Ennio Flaiano, scritto nel 1962, e promuoverlo a profezia "Essere italiani: che grande e tragica perdita di tempo".
E invece, nel frattempo, in Europa hanno già iniziato a rimboccarsi le maniche.
http://sergiodicorimodiglianji.blogspot.it/2014/11/che-fa-leuropa-che-succede-in-giro-per.html
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