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venerdì 5 luglio 2019

Putin a Roma fa aspettare tutti, 'Ma con l'Italia c'è intesa.'


Giuseppe Conte e Vladimir Putin, durante la cena alla fine dell'incontro a Villa Madama, Uff. Stampa Palazzo Chigi.

La capitale blindata per l'occasione. Lungo colloquio con il Papa, poi incontra Mattarella e Conte.


Dopo oltre due ore è terminata la cena a Villa Madama tra le delegazioni italiana e russa. Alla cena, oltre al presidente russo Vladimir Putin e al premier Giuseppe Conte, hanno partecipato i due vicepremier Luigi Di Maio e Matteo Salvini, il ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi e il suo omologo russo Sergej Lavrov. Al termine della cena Putin è andato allo scalo di Fiumicino dove ha incontrato Silvio Berlusconi.
Menù di pesce e tavoli dedicati all'arte italiana alla cena italo-russa a Villa Madama, che vede assieme il presidente russo Vladimir Putin, il premier Giuseppe Conte e i vice Luigi Di Maio e Matteo Salvini. "L'incontro tra il pescato e il crostacei con dadolata di mela verde e pesca" figura come antipasto. Come primo piatto sono servite mazzancolle con moscardini, gamberetti e scorfano mentre come secondo a tavola arriverà una spigola agli agrumi accompagnata da un flan di verdure di campo. Come dessert il menù presenta fragoline di bosco con gelato alla vaniglia, prima del caffè finale. E ciascun tavolo presenta il nome di un grande pittore italiano: da Raffaello a Pinturicchio, da Tiziano a Leonardo fino a Caravaggio.
"Abbiamo confermato l'eccellente stato delle nostre relazioni bilaterali, nonostante il permanere delle condizioni che hanno condotto al deterioramento delle relazioni con l'Ue e quindi alle sanzioni. In un momento delicato per l'economia globale è di reciproco interesse" una buona relazione tra i due Paesi. Lo ha detto il premier Giuseppe Conte in conferenza stampa a Palazzo Chigi con il presidente russo Vladimir Putin.
"Riteniamo che Mosca sia un attore ineludibile per individuare soluzioni nelle principali crisi regionali. Con Putin siamo d'accordo sul fatto che queste soluzioni, per essere sostenibili, devono essere politiche". Lo afferma il premier Giuseppe Conte in conferenza stampa.
"Noi riteniamo che le sanzioni siano un fine, riteniamo che sia un regime transitorio e l'Italia lavora perché si creino le premesse per un superamento di questo stato di rapporti tra l'Ue e la Russia che non fa bene alla Russia, all'Ue e nemmeno all'Italia che potrebbe aumentare le relazioni commerciali. Per raggiungere questo obiettivo, cui l'Italia è devota, occorre che maturino le circostanze e noi lavoreremo per questo", ha affermato Conte.
Comprendiamo che l'Italia è legata con gli impegni europei e non abbiamo nessuna pretesa rispetto agli amici italiani ma speriamo che l'Italia sulle sanzioni porti avanti la posizione di un ritorno dei rapporti a 360 gradi con la Russia". Lo afferma il presidente russo Vladimir Putin in conferenza stampa congiunta con il premier Giuseppe Conte. "Siamo grati all'Italia per la posizione che consiste nel fatto che bisogna ristabilire il regime pieno dei rapporti tra Usa e Russia", aggiunge.
Il premier italiano ha accolto Putin nel cortile di Palazzo Chigi dove il presidente russo è entrato con la Aurus, la macchina presidenziale del numero uno del Cremlino. I due, dopo una stretta di mano, si sono intrattenuti per un paio di minuti per uno scambio di battute, prima di ascoltare il picchetto d'onore composto dai Carabinieri e dai lancieri di Montebello. Putin è arrivato a Palazzo Chigi con un'ora e trenta di ritardo rispetto all'agenda iniziale.
Putin ha lasciato il Quirinale, dopo l'incontro con il presidente Sergio Mattarella.

Tra Russia e Italia "i rapporti bilaterali sono ottimi". E' quanto riferiscono fonti del Quirinale al termine dell'incontro tra il presidente Sergio Mattarella e il presidente russo Vladimi Putin. I rapporti bilaterali, si è appreso da fonti del Quirinale, rimangono quindi ottimi nonostante il raffreddamento delle relazioni tra la Federazione e l'Occidente dovuta alle diverse valutazioni sull'Ucraina.

E' stata registrata una "preoccupazione comune per la guerra civile in Libia e il conseguente ritorno del terrorismo islamico battuto in Siria". Lo fanno sapere fonti del Quirinale al termine del colloquio tra il presidente Sergio Mattarella e il presidente Vladimir Putin. E' stata anche evidenziata l'importanza della stabilità libica per l'Italia e per l'Europa. Da parte russa si è sottolineata la diversa posizione dei Paesi vicini sulla soluzione politica.

Il presidente russo ha avuto in tarda mattinata un colloquio con papa Francesco e successivamente col cardinale segretario di Stato Pietro Parolin. La visita è durata in tutto circa un'ora e 45 minuti. "Grazie per il tempo che mi ha dedicato e per il discorso molto sostanzioso e interessante", ha detto il presidente russo Vladimir Putin al Papa al momento di congedarsi. "Preghi per me", gli ha detto a sua volta Francesco.
LA GIORNATA - Dopo essere atterrato a Fiumicino il presidente è stato ricevuto in udienza da papa Francesco. Il corteo di auto, proveniente direttamente da Fiumicino, è giunto in Vaticano attraversando Piazza San Pietro e l'Arco delle Campane, per raggiungere quindi il Cortile di San Damaso. Qui Putin e il suo seguito, in presenza del picchetto d'onore della Guardia Svizzera, sono stati accolti dal prefetto della Casa Pontificia, mons. Georg Gaenswein, che poi li accompagna all'ascensore per salire alla Terza Loggia e all'incontro col Pontefice. Il presidente russo Vladimir Putin è stato accolto da papa Francesco al suo arrivo nella Sala del Tronetto dell'Appartamento pontificio con una calorosa stretta di mano.Quello di oggi è stato il terzo incontro in Vaticano tra papa Francesco e Vladimir Putin. Il primo fu il 25 novembre 2013 e il secondo il 10 giugno 2015. Ma in tutto le udienze avute da Putin con tre Papi in 19 anni salgono a sei, dato che il 6 giugno 2000 e il 5 novembre 2003 incontrò anche Giovanni Paolo II e il 13 marzo 2007 Benedetto XVI, tanto da diventare in assoluto uno dei più 'assidui' capi di Stato in visita Oltretevere.
Il leader del Cremlino, atterrato con quasi mezz'ora di ritardo, è arrivato in Vaticano per l'incontro con il Papa quasi un'ora dopo l'orario previsto. Il ritardo si è quindi accumulato ulteriormente, di almeno un'ora e dieci, all'arrivo di Putin al Quirinale, previsto inizialmente tra le 14.45 e le 15. Putin è noto per far aspettare i suoi interlocutori e ospiti illustri, dal presidente americano Donald Trump alla cancelliera tedesca Merkel, dalla regina Elisabetta allo stesso papa Francesco, tutti "vittime" dei suoi lunghi ritardi. Solo con il leader nordcoreano Kim Jong-un si è presentato non solo puntuale ma con 30 minuti di anticipo in un recente incontro a Vladivostok. Nel cortile d'onore sono risuonati gli inni nazionali dei due Paesi mentre veniva issata sul Torrino del Quirinale la Bandiera della Federazione russa.

giovedì 4 luglio 2019

Vladimir Putin in visita a Roma da Mattarella e papa Francesco, poi il vertice a Palazzo Chigi con il premier Conte.

Vladimir Putin in visita a Roma da Mattarella e papa Francesco, poi il vertice a Palazzo Chigi con il premier Conte

Le sanzioni contro la Russia persistono, ma Putin sarà accolto da un governo, quello giallo-verde, che non solo rivendica l’amicizia con il capo del Cremlino ma si offre come vera e propria sponda per Mosca in Europa e oltre Oceano.

“Restituirò a Vladimir Putin la stessa calorosa ospitalità ricevuta a Mosca” lo scorso ottobre. Sono le parole del presidente del Consiglio Giuseppe Conte, affidate ai media russi, in occasione della visita del presidente russo nella Capitale che oggi incontra, oltre al premier e ai suoi due vice Salvini e Di Maio, anche il capo dello stato Sergio Mattarella e papa Francesco, senza dimenticare un saluto all’amico di sempre, Silvio Berlusconi.
Putin torna in Italia per la prima volta dal 2015: all’epoca l’isolamento internazionale di Mosca, dovuto alla crisi in Ucraina e all’annessione della Crimea, era cosa recente, a Palazzo Chigi c’era Matteo Renzi e Roma puntava già a giocare un ruolo di pontiere. Oggi le sanzioni contro la Russia persistono, ma Putin sarà accolto da un governo, quello giallo-verde, che non solo rivendica l’amicizia con il capo del Cremlino ma si offre come vera e propria sponda per Mosca in Europa e oltre Oceano. “Lavoriamo per coinvolgere in un dialogo costruttivo tutte le parti”, ha infatti assicurato Conte, sottolineando che “le sanzioni non sono un obiettivo in sé” ma che “per superarle servono certi passi sia dall’Ucraina che dalla Russia” sulla crisi del Donbass.
In una Roma blindatissima per consentire il passaggio della sua mega-limousine – così larga che potrebbe non passare per i portoni del Quirinale e di Palazzo Chigi – e accompagnato da una delegazione di ministri e manager di alto livello, Putin sarà ricevuto in mattinata dal Papa in Vaticano – al quale non ricambierà l’invito a Mosca, ha fatto sapere il Cremlino, per evitare tensioni con la Chiesa ortodossa – poi dal presidente Mattarella per una colazione di lavoro. Ma al centro della visita c’è ovviamente l’incontro nel pomeriggio con il premier Conte a Palazzo Chigi, seguita da una conferenza stampa congiunta nel cortile d’onore, nonostante le temperature torride di questi giorni. I due si sposteranno poi alla Farnesina per partecipare al Foro di Dialogo Italo-Russo delle società civili, organizzato in collaborazione con l’Ispi, che torna a riunirsi per la prima volta in sei anni.
A seguire la cena a Villa Madama, dove a Conte si affiancheranno anche i due vicepremier Luigi Di Maio e Matteo Salvini: quest’ultimo, in particolare, grande estimatore e sostenitore dello zar, tanto da attirarsi le accuse dell’opposizione e degli europeisti dell’Ue di essere “al servizio” del Cremlino. Conte, riporta la Tass, è però sicuro che i buoni rapporti bilaterali tra la Russia e l’Italia vengano rafforzati proprio dai rapporti amichevoli personali con il presidente Putin. Basta guardare i nomi che compongono la delegazione russa per capire il tenore degli incontri e degli accordi previsti: ci sarà il ministro degli Esteri Serghei Lavorv, ma anche quelli del Commercio, dell’Energia, della Cultura e della Sanità. E ci sarà il capo della Confindustria russa Alexander Shokhin, quello del fondo per gli investimenti VEB Igor Shuvalov, l’ad di Rosneft Igor Sechin, il numero uno delle Ferrovie russe Oleg Belozerov e altri grandi nomi. La serata di Putin però non si concluderà prima di un incontro “puramente privato” con Berlusconi, al quale lo lega un rapporto di amicizia ormai più che decennale: il Cremlino ricorda infatti che i due “sono in contatto continuo, si parlano al telefono, spesso Berlusconi viene in Russia, una continuazione di contatti amichevoli e informali“.
Alla vigilia della sua visita, Putin ha espresso la sua volontà di abolire le contro-sanzioni che colpiscono pesantemente l’export italiano, ma ha ricordato anche come queste siano state una risposa a decisioni prese “da tutti i Paesi della Ue”, compresa, naturalmente, l’Italia. Il presidente russo ha affrontato la questione in un’ampia intervista al Corriere della Sera, nella quale ha spiegato che, “con l’Italia abbiamo veramente rapporti particolari, collaudati dal tempo. È stato messo a punto un dialogo basato sulla fiducia con la sua dirigenza. Viene costantemente condotto un lavoro congiunto nella sfera politica, economica, scientifica ed umanistica. Noi apprezziamo molto questo capitale di reciproca fiducia e di partenariato. Certamente abbiamo tenuto conto di questo fatto. E non avevamo il desiderio di estendere le limitazioni ai legami economici con l’Italia -prosegue Putin- ma il punto è che nel prendere le misure di risposta, contro le sanzioni illegittime introdotte, non potevamo agire in modo selettivo perché altrimenti ci saremmo imbattuti in problemi nell’ambito dell’Organizzazione mondiale del commercio”.

martedì 7 luglio 2015

Grecia, Merkel: “Tsipras faccia proposte precise”. Da Atene trattativa con Mosca. - Paolo Fior

Grecia, Merkel: “Tsipras faccia proposte precise”. Da Atene trattativa con Mosca
Se l’Europa continua a mostrarsi sorda a ogni ipotesi di compromesso e i falchi spingono per la Grexit e per una drammatizzazione della crisiAtene – forte della vittoria del “no” al referendum – ha iniziato a giocare apertamente su due tavoli: da un lato spinge sui partner europei per ritornare al più presto al tavolo negoziale e chiudere l’accordo, dall’altro colloquia con Vladimir Putin informandolo sullo stato dell’arte dei negoziati. A darne notizia con malcelata soddisfazione è Iuri Ushakov, consigliere diplomatico del presidente russo, che ha riferito di una telefonata in cui il premier greco Alexis Tsipras ha detto a Putin che le trattative con i creditori (per ora) proseguiranno.
Telefonata non di circostanza, che fa seguito a una richiesta di incontro immediato da parte dello stesso Putin, e da leggere come un chiaro segnale a partner europei e alleati: la Grecia vuole restare in Europa e nell’euro, ma con la Russia è in corso una vera e propria trattativa parallela. E’ il “piano B” che prende corpo tanto più Berlino si mostra intransigente e determinata nel voler mettere Atene all’angolo. D’altro canto Tsipras sembra avere idee molto chiare su tattica e strategia: da un lato vuole rilanciare le trattative con i creditori togliendo ogni alibi all’Europa. Per fare questo non solo ha sacrificato il “suo” ministro delle Finanze Yanis Varoufakis, ma ha anche chiesto al presidente della repubblica greca di convocare una riunione con gli altri partiti per costruire un solido fronte nazionale a supporto del negoziato, incassando subito l’apertura di diversi partiti d’opposizione, primo fra tutti il Pasok.
Dall’altro lato il premier greco tratta con Mosca perché non può permettersi di perdere altro tempo dopo aver mancato il rimborso da 1,6 miliardi al Fondo monetario internazionale: altri prestiti sono in scadenza a luglio e per importi ben superiori, a partire dai 3,5 miliardi della rata dovuta alla Bce in pagamento il 20 luglio. Che tipo di sostegno Atene possa ottenere dalla Russia e a quali condizioni non è ancora chiaro, ma con ragionevole certezza si può dire che non si tratta di bluff, anche alla luce della crisi Ucraina e del ruolo che sta giocando un’Europa sempre più germano-centrica. Ovviamente non sfuggono le implicazioni geopolitiche di un avvicinamento della Grecia (Paese membro della Nato) alla Russia di Putin, ma l’Europa pare concentrata su altro e nient’affatto preoccupata delle conseguenze di una Grexit sull’economia e anche (e soprattutto) sull’Europa stessa.
Anche lunedì i tedeschi hanno ripetuto i loro mantra ossessivi sul debito greco, sul disaccordo totale ad ogni tipo di ristrutturazione (Schaeuble: “Il taglio del debito per noi non è un tema) e sulla scarsa serietà del governo Tsipras: “Al momento non ci sono i presupposti per nuove trattative su altri programmi di aiuto”, ha detto il portavoce di Angela Merkel prima che la cancelliera tedesca incontrasse il presidente Francois Hollande per discutere della crisi greca. Concetto poi ribadito dal vice cancelliere Sigmar Gabriel: “Se vorrà restare nell’euro la Grecia dovrà presentare un’offerta che vada al di là del passato e sia accettata dagli altri Paesi della zona euro. Mi manca la fantasia per immaginare”. Affermazioni che non aiutano certo il negoziato, sul quale invece il presidente francese Hollande ha fatto politicamente più di un’apertura, ribadendo che la ristrutturazione del debito greco non può e non deve essere un tabù.
Una sfumatura di pensiero molto diversa da quella della Merkel e motivata anche dalla debolezza della Francia che dalla fine dell’austerity pensa di trarre beneficio e spinge dunque per l’accordo. L’Italia, più della Francia, avrebbe tutto da guadagnare ad appoggiare il tentativo di Tsipras, ma – anche in quest’occasione – ha scelto la strada del silenzio e dell’acquiescenza con le posizioni del più forte. Un servilismo autolesionista che non è ripagato nemmeno da un aumento di prestigio in ambito europeo: anche questa volta l’Italia non è stata invitata al tavolo, così come non lo sono stati altri importanti Paesi dell’Eurozona. A che titolo Merkel e Hollande decidono e l’Eurogruppo è poi chiamato a ratificare? L’insofferenza per questa governance dell’Europa sta crescendo e mina alla base la fiducia dei cittadini che vedono prendere decisioni sopra le loro teste in un modo totalmente antidemocratico.
Grecia o non Grecia è questo un detonatore formidabile che potrebbe portare inesorabilmente il progetto europeo al fallimento e alla disgregazione. Non voler mettere sul tavolo ciò che anche per il Fondo monetario è ormai pacifico e necessario – ossia la ristrutturazione del debito greco – e al tempo stesso professarsi dispiaciuti per le difficoltà in cui versa il popolo al punto da proporre un piano di “aiuti umanitari” dà la misura di quanto la Germania, e con essa l’Europa, abbiano smarrito il senso della costruzione europea che a questo punto, per salvarsi, necessita di un profondo ripensamento. Se la Grecia avrà molto da perdere dall’eventuale Grexit e dall’abbraccio con Putin, noi abbiamo da perdere molto di più.

martedì 7 aprile 2015

Vladimir Putin, l'aereo supersonico: vola a 2mila km/h e può trasportare fino a 400 carri armati.




Vladimir Putin si gioca la carta dell'aereo supersonico. Volerà a quasi 2 mila chilometri all'ora, potrà trasportare un carico di 200 tonnellate  - ovvero un'intera flotta - e fino a 400 carri armati da combattimento. Il nome di questo mostro alato è Pakta
La Commissione militare-industriale della Federazione russa prevede la produzione di 80 aeromobili entro il 2024. In più sarà un ibrido, turbogas e motore elettrico, grazie ai quali riuscirà ad avere un'autonomia di non meno di 7 mila chilometri
Ciò significa che un'itera flotta russa potrebbe raggiungere qualunque parte del mondo in tempi da record. 
C'è un però - Il super aereo russo è stato presentato nei giorni scorsi su Russia Today , un canale televisivo di news finanziato dal Cremlino. 
E' subito sorto il dubbio che si tratti solamente di propaganda. Il progetto infatti risulta eccessivamente ambizioso in quanto le dimensioni del mezzo e il suo peso richiederebbe una pista di atterraggio apposite. Il consumo di carburante sarebbe elevato e l'apertura alare lo renderebbe un facile bersaglio per le forze nemiche. 
E' un palese tentativo di ridare lustro alla Russia il Cremlino avrebbe stanziato 130 miliardi dollari entro il 2020 per modernizzare la flotta aerea.



mercoledì 4 marzo 2015

Russia, io non so chi ha ucciso Boris Nemtsov. - Giulietto Chiesa

People attend a march to commemorate Kremlin critic Nemtsov in central St. Petersburg
Può sembrare banale dirlo, ma, con i tempi che corrono non lo è affatto: io non so chi ha ucciso Boris Nemtsov. Ma, poiché se ne deve parlare, essendo evidente l’eccezionale importanza del delitto, avvenuto a poche centinaia di metri dal Cremlino (non credo sfugga a nessuno il significato simbolico del luogo del misfatto), non resta che affidarsi a un freddo uso del normale buon senso. E il normale buon senso dice che Vladimir Putin è stato il bersaglio di questo attentato, insieme alla Russia che egli sta guidando in questo periglioso frangente. Ed, essendo il bersaglio, è ben difficile che egli ne sia stato autore, o ispiratore.
Lo dimostra proprio – a posteriori – l’ondata di accuse che sta dilagando su tutti i mass media occidentali. Angelo Panebianco, in un editoriale del Corriere della Sera, è arrivato addirittura a paragonare Putin a Mussolini, e l’assassinio di Boris Nemtsov a quello di Matteotti. Evidentemente Panebianco ha già concluso l’indagine, non si sa con quali elementi. Di certo non con l’uso del buon senso. E, per quanto concerne le analogie, sarebbe utile usarle cum grano salis. 
Bisognerebbe supporre, ad esempio, per seguire Panebianco nel suo ragionamento, che Boris Nemtsov costituisse un serio pericolo per Vladimir Putin. Ma così non era da parecchio tempo. Nemtsov era , al contrario, molto distante dall’apice di popolarità di cui godette quando Eltsin lo nominò primo vice premier del suo governo, ai tempi del suo – di Eltsin – declino alcoolico. Poi fondò il Partito “Unione delle forze di destra” (SPS) e entrò nella Duma, già come oppositore di Putin. Ma alla tornata successiva il suo SPS non raggiunse il quorum elettorale e rimase fuori dal parlamento. Da allora, negli ultimi anni, il declino della sua figura è stato costante. In uno degli ultimi sondaggi d’opinione Nemtsov non era nei primi sei posti tra le personalità di rilievo della politica russa.
Certo era noto, e non poco. Un bell’uomo, di grande fascino, amato dal pubblico femminile, dall’oratoria sciolta ed efficace. Ma non era attorno a lui che, da tempo, si riunivano le frastagliate e divise opposizioni extraparlamentari al governo di Putin. Questo spiega, ad esempio, perché Nemtsov decise di rilanciarsi recandosi in Ucraina e diventando, per un certo periodo, consigliere dell’allora presidente “arancione” Viktor Jushenko. Fallita la rivoluzione arancione, Nemtsov tornò a Mosca, restando in ombra, per riemergere solo l’anno scorso schierandosi contro la politica del Cremlino nella crisi ucraina. Su questa interpretazione – mio malgrado – mi trovo d’accordo con Edward Luttwak: non può essere stato Putin a inscenare questo assassinio, poiché Nemtsov “era sì una delle voci più critiche della politica di espansione di Putin in Ucraina, ma la sua protesta non era assolutamente in grado di minare la popolarità del presidente”.
Fin qui giusto. Del resto tutti i più recenti sondaggi erano lì a dimostrare, con l’86% dei consensi al Presidente in carica, che Putin può stare tranquillo, almeno da quella parte.
E fin qui basta il buonsenso. Ma la macchina comunicativa occidentale è in grado di annullare anche quello, e su larga scala. Così si spiega la rapidissima reazione dello stesso Putin, a poche ore dall’assassinio: una dichiarazione centrata su due pilastri. L’assassinio “è stato commissionato”, e “si configura inequivocabilmente come una provocazione”. Commissionato da chi? Putin non lo dice, per ora. Provocazione per cosa? La risposta l’ha data Mikhail Gorbaciov, ancora una volta arrivato in soccorso del suo nemico: “Per destabilizzare la situazione interna della Russia”.
Qui s’innesta la seconda interpretazione che è corsa anch’essa, in lungo e in largo, su molti media, seconda solo all’affermazione perentoria sulla colpevolezza di Putin. Interpretazione che potrebbe essere sintetizzata in questo modo: gli assassini sono da ricercare in Russia, tra gli ultra-nazionalisti russi; oppure tra i russi che volevano che Putin intervenisse militarmente in Ucraina, a difesa del Donbass; oppure in settori dei servizi segreti russi, anch’essi scontenti per la “debolezza” di Putin di fronte all’Occidente. In realtà sono varianti della stessa cosa. Che serve a un doppio scopo: concentrare l’attenzione “sull’interno”, affermando l’esistenza di un’altra frattura della società russa; e allontanando perfino l’idea che possa trattarsi di qualcosa che è venuto dall’esterno”.
Tutto è naturalmente possibile, ma dovrebbe essere suffragato da qualche elemento di prova o, quanto meno, di analisi. Ora ciò che è visibile è, al contrario, un consistente appoggio a Putin proprio dei settori nazionalisti, di tutti i settori nazionalisti russi. Non si è vista traccia, in tutti questi mesi di durissimo scontro tra l’Occidente e la Russia, di un’opposizione a Putin da parte di settori dell’esercito e delle cosiddette “strutture della forza”. L’ipotesi è dunque peregrina, anche se a sostenerla sono in molti, insieme a Edward Luttwak.
E non è a questa ipotesi che pensa Vladimir Putin. Lo sappiamo perché proprio lui aveva avanzato quella di un intervento “dall’esterno”. Lo fece, in pubblico, il 28 febbraio del 2012, durante un talk show. “Queste tattiche le conosco da tempo – disse – soprattutto quelle di chi sta all’esterno (…) Lo so: cercano una vittima sacrificale tra qualcuna delle personalità più in vista, per poi mettere sotto accusa i poteri dello Stato. Sono capaci di tutto. E lo dico senza alcuna esagerazione”. Ed era – si noti – il 2012, quando la crisi in Ucraina era ancora di là da venire. Putin ragionava però sulla base delle esperienze del decennio appena trascorso: agli Stati Uniti facevano capo una serie di “guerre”, più o meno civili, in Libia, in Siria, in Irak. Mancavano ancora all’appello l’Ucraina e la stessa Russia: l’obiettivo, il trofeo decisivo. Insomma Putin si aspettava che qualcuno, dall’esterno, tentasse di aprire un “fronte interno” per destabilizzare la Russia.
Ecco cosa intende dire oggi Mikhail Gorbaciov.
Ed è strano che, a differenza dei commentatori russi, in Occidente nessuno abbia avanzato l’ipotesi di inquadrare questo assassinio nella strategia americana che punta proprio alla demolizione di Vladimir Putin. Strano davvero. I commentatori “complottisti” di tutti i giornali occidentali manifestano qui una singola distrazione, o carenza d’immaginazione.
E c’è, infine, l’inquietante circostanza dell’intervista che Boris Nemtsov rilasciò al giornale online Sobesednik il 2 marzo del 2014, nella quale egli affidava alla preoccupazione della madre, la sua propria: di essere ucciso proprio da Putin. All’intervistatore, che lo incalzava, rispose che sì, anche lui “un poco” temeva questa eventualità. Quasi un tremendo, involontario suggerimento a chi – non sappiamo sotto quale meridiano – stava appunto cercando una “personalità in vista” da trasformare in “vittima sacrificale”.

sabato 15 novembre 2014

Putin lancia “Sputnik” in Occidente: è la neo-guerra fredda dell’informazione. - Leonardo Coen

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Per rilanciare la propria immagine nel mondo dopo la guerra in Ucraina, Mosca ha creato "Sputniknews.com", piattaforma informativa internazionale che nel 2015 sarà in 130 città di 34 Paesi, con redazioni da 30 a 70 giornalisti: "Il mondo è stanco di un punto di vista unipolare". Ecco come il leader del Cremlino e i suoi oligarchi controllano i media russi.

Nella nuova “neoguerra fredda” che vede Putin e il suo cerchio magico contro il Resto del Mondo, la propaganda è diventata una questione assillante, fondamentale, quasi paranoica per il Cremlino, assediato dalle sanzioni per le vicende ucraine, l’economia russa in crisi, il declassamento del debito pubblico al livello Baa2, col rublo in picchiata (ha perso quasi il 20 per cento) e i prezzi del petrolio che calano bruscamente: meno introiti, più difficoltà dello Stato a far quadrare i conti, e la non remota prospettiva di forti aumenti delle bollette, quanto ai prezzi, quelli già corrono, e l’inflazione pure (8,3 per cento a ottobre). Putin rischia un infelice calo di popolarità anche nella sua Russia, dopo aver visto la sua immagine in grande sofferenza presso l’opinione pubblica mondiale. Poco importa se la rivista Forbes sostiene che è l’uomo più potente del mondo, il problema di Putin è molto semplice: bisogna ridare forza all’anima russa, al nostro orgoglio di grande nazione, “la Russia deve essere trattata con rispetto”. Già, la parola uvajenie (rispetto, ndr.) è sempre più citata nei discorsi del presidente russo, così come alcune considerazioni sull’America che cerca di imporre al mondo il suo “modello” e il suo “diktat unilaterale” sono sempre più ricorrenti. E forse, è l’idea putiniana, qualcuno in Occidente la pensa come me. Dunque, perché non creare uno strumento mediatico internazionale che controbatta lo strapotere dei media Usa? Cominciando a raccontare una versione della Storia diversa?
Fin qui, nulla da eccepire se gli eredi dell’Impero del Male – formula sprezzante usata dagli anticomunisti più feroci – chiedono d’essere ascoltati e non demonizzati. Così, sorprende poco la notizia che Mosca ha deciso di varare l’ambizioso progetto di Sputniknews, definita l’altro giorno da Dmitri Kisilev, direttore dell’agenzia Rossia Sivodnija (Russia Oggi), nata sulle spoglie di Ria Novosti (Notizie russe), “una voce alternativa all’Occidente”, sorellastra dell’emittente governativa in lingua inglese Russia Today. Il pelato Kisilev è stato un popolare anchorman televisivo, fedelissimo portavoce putiniano, zelante al punto da creare qualche situazione incresciosa, successe per esempio ai Giochi Invernali di Soci, quando ebbe un’infelice uscita sui gay… l’infortunio creò parecchio imbarazzo al Cremlino, qualcuno pensò che prima o poi Putin l’avrebbe punito. Può darsi che la missione di Sputniknews.com possa essere impossibile e che Kisilev si giochi il futuro. Ma a sentire i russi, su essa si riverseranno ingenti risorse finanziarie, si dice nell’ordine di almeno 500 milioni di dollari, un sacco di quattrini in un momento in cui si chiudono ospedali e si tagliano le spese,a cominciare dagli aiuti alla Crimea… Non è una cifra sparata a caso: lo ha confermato lo stesso governo russo che nel bilancio 2015-2017 è contabilizzato un cospicuo aumento dei contributi per i media statali, in modo particolare di quelli internazionali, cioè la tv Russia Today e l’agenzia Rossija Sivodnija, alle quali andranno oltre mezzo miliardo di dollari.
Imponente, di sicuro, è il progetto: la piattaforma informativa internazionale – cito l’ufficiale ItarTass – prevede una collocazione on line e supporti radiofonici (più avanti, anche web tv) in 130 città di 34 Paesi, inizialmente trasmetterà  per 800 ore quotidiane in quattro lingue (russo, inglese, spagnolo, arabo). Dal primo dicembre si aggiungerà il cinese. Ogni redazione sarà composta da 30 sino a 70 redattori. Insomma, un multimedia hub che dovrebbe costare un occhio della testa. Sputniknews.com lavorerà in sinergia con Rossia Sivodnia e Russia Today. Lo slogan del lancio è assai significativo: “Telling the untold”, parlare di ciò che è taciuto. Assicurazioni professionali, “saremo affidabili. Offriremo interpretazioni alternative che sono, indubbiamente, in crescente richiesta nel mondo. Pensiamo che il mondo sia stanco di un punto di vista unipolare. Crediamo che la base di un tale mondo multicolore e multipolare sia la legge internazionale, un mondo in base alla legge”.
Peccato che la realtà russa sia assai poco multicolore, tantomeno multipolare. E che la legge sia spesso ingabbiata dalla deriva autoritaria del potere, sempre più in mano ai siloviki – i rappresentanti delle cosiddette ‘istituzioni di forza’ (servizi segreti, ministero degli Interni, ministero degli Esteri e forze armate) – e sempre più in proficua sintonia con gli oligarchi sopravvissuti alle brutali ri-nazionalizzazioni operate da Putin. Lo Stato è tornato padrone, limitando fortemente le tendenze neoliberiste, con l’alibi (giustificato) che avevano sconquassato l’economia russa negli anni Novanta, dimenticando però l’assalto alla diligenza di oligarchi ed ex funzionari sovietici. Una terapia d’urto che si è riverberata pure nel mondo dei media. Poco per volta, giornali e tv, radio e portali sono finiti nelle mani degli oligarchi “amici” di Putin. O meglio, degli oligarchi che devono assecondarlo se vogliono continuare a fare affari ed arricchirsi. Di fatto, solo un’infima percentuale di media può ancora ritenersi indipendente. Il giornalismo libero è quasi inesistente: farlo, è rischioso. Ci si lascia la pelle. Chiedere a Muratov, il direttore di Novaja gazeta, il giornale bisettimanale di Anna Politkovskaja: molti colleghi di Anna sono stati uccisi o feriti, altri sono in esilio. Mutavo dirige il giornale come se stesse sul filo di una lama… ogni numero, è una battaglia: per la distribuzione, per la sopravvivenza.
Mica come le testate del magnate uzbeko Alisher Usmanov, considerato l’uomo più ricco della Russia, primo produttore di ferro con la sua Metalloinvest, azionista dell’Arsenal, mille investimenti in giro per il mondo, anche negli States, ma soprattutto il boss di mail.ru, la più importante azienda internet russa, controllata tramite la società sudafricana Naspers e New Media Technologies. E’ proprietario del prestigioso quotidiano economico Kommersant, dei settimanali Denghi (soldi), Vlast (potere), Ogoniok Week-end. Ha la maggioranza del canale tematico Disney russo, nonché di You-tvMustv (sorta di Mtv). Tramite Af-Telekom, detiene il 31 per cento di MegaFon (telefonia mobile).
Più spettacolare, in ogni senso, l’irruzione dell’avvenente Alina Kabaeva, 32 anni, detta la “zarina”, ex campionessa olimpica di ginnastica artistica (Atene 2004), copertine di VogueMaxim,Glamour, Cosmopolitan (le edizioni russe, ovviamente), incontro fatale con Putin nel 2000 e deputata alla Duma per Russia Unita, il partito del presidente, nel 2007, ad appena 24 anni. Fa gavetta in tv dapprima come ospite, poi come conduttrice di trasmissioni di varietà. Viene rieletta nel 2011, diventa vicepresidente della commissione gioventù, sport e cultura fisica, ma in aula parla poco, appena tre volte. In compenso la blogosfera russa da tempo sostiene che sia l’amante segreta di Putin: per lei il presidente ha divorziato da Ljudmila. Da lei avrebbe avuto due figli segreti, uno di 5 e l’altro di due anni. Il gossip accompagna la sua straordinaria ascesa. Culminata poche settimane fa con l’annuncio: Alina Maratovna Kabaeva è nominata presidente della NMG, il Nazionalna Media Group.
Proprietario è l’oligarca Yurij Kovalchuck, 64 anni, un fedelissimo putiniano. Si dice sia il suo cassiere personale, di sicuro lo chiamano il Murdoch russo. E’ entrato nel mirino delle sanzioni Usa e Ue, poiché presiede la Banca Rossija, di cui è il maggiore azionista, “considerata la banca personale dei funzionari di alto grado della Federazione russa”, recita la motivazione del provvedimento. Una banca di invidiabili performances, se in quindici anni ha visto moltiplicarsi i suoi attivi da 4 milioni a 11 miliardi di dollari. La Rossija controlla a sua volta le compagnie di assicurazioni Sogas e Transneft. Il gruppo dispone del 25 per cento di Prvij Kanal (il Primo Canale in cui al 49 per cento c’è Roman Abramovich), che è il più seguito del Paese. Poi, nel portafoglio ci sono Canale 5 e Ren Tv (rispettivamente quinta e ottava nella classifica delle emittenti russe). Inoltre, ha il 23 per cento della prestigiosa testata storica Izvestija, il tabloid Tvoi Dien, il quotidiano gratuito Metro di San Pietroburgo, il diffuso Rossiskaja gazeta, la Parlamentariji gazeta, la radio Russkaja Sluzhba Novostej(Servizio russo delle notizie) e radio Montecarlo russa. Guarda caso, a far da corona a tutto questo ben di Dio mediatico nella dote della Kabaeva, spunta l’Agenzia Internazionale di Informazione (Mia)Rossija Sivodnia, nata in seguito alla sospetta liquidazione di Ria Novosti dello scorso anno, dalla cui costola è partorito Sputniknews.com, diretto formalmente da Kisilev: per finanziare il progetto sono previsti 75 milioni di dollari l’anno.
L’elenco potrebbe continuare all’infinito. Non c’è oligarca che non abbia un giornale o una tv, la normalizzazione imposta da Putin è stata accettata senza tanti rimorsi. Il bavaglio rende pesante l’atmosfera giornalistica. Nazionalismo e patriottismo sono enfatizzati, soprattutto in tv. Usmanov, tramite Mail.ru, ha scucito un miliardo e mezzo di dollari per acquisire il pieno controllo di Vkontakte, clone russo di Facebook che è abbastanza popolare anche nei Paesi dell’ex Urss e vanta 270 milioni di account. La scalata, iniziata in sordina nel 2007, è costata in totale oltre due miliardi e 100 milioni di dollari. Gazprom Media ha inglobato ProfMedia (1,5 miliardi di dollari). La Rambler-Afisha che fa capo a Vladimir Potanin e Alexandre Mamut è stato uno dei primi motori di ricerca del web russo: da esso dipende Sup Media che è proprietaria di Live Journal, molto influente nella vita politica del Paese. Inter-Ros, grosso fondo di investimenti di Potanin, detieneProfMedia. Cioè pubblicazioni, tv e radio (Avtoradio, Energy,Humour Fm, Radio Romantica).
Lenta.ru, portale assai frequentato, fa parte di Medio Imperio, altra società del gruppo. Come Gazeta.ru, che è stato il primo giornale russo interamente on line. La prima pagina in Rete apparve il 28 febbraio del 1999. Poi, dopo l’avvento di Putin, apparvero gli oligarchi pronti a papparsi Gazeta.ru. Nel 2005 passò alla Sekret Firmy Publishing di Usmanov che la cedette poco dopo alla Sup Fabrik. Nel 2012 il passaggio alla Sup Media di Alexandre Mamut fu definitivo. Nel 2013 nasce Afisha.Rambler.SUP, e lì va a finire Gazeta. Il bavaglio è ben stretto, ormai. Quanto ai media stranieri, una legge approvata di recente stabilisce che il tetto delle quote siano abbassate dal 50 al 20 per cento, compreso quelli controllati indirettamente da partner russi. Vittima illustre, il quotidiano economico Vedomosti, sovente critico nei confronti delle scelte governative. Il gruppo finlandese Sanoma che lo controlla voleva già disfarsene. Sinora, senza successo. L’ultimo atto, riguarderà Internet: social networks e blogger equiparati ai media e quindi ai loro oneri. Dulcis in fundo, dal primo gennaio tutte le società di comunicazione, pure le straniere, online saranno obbligate a tenere i loro server in Russia. I media serve(r) del Cremlino.