mercoledì 19 agosto 2015

Permessi edili, una sentenza cambia le regole Nessuna autorizzazione per i manufatti. - Armando Yari Siporso

Permessi edili, una sentenza cambia le regole <br /> Nessuna autorizzazione per i manufatti

Costruire ed installare pergolati e strutture amovibili su balconi e terrazzi privati è possibile anche senza chiedere alcuna autorizzazione al Comune. La sentenza 1777/2014 del Consiglio di Stato chiarisce una questione da anni dibattuta, aprendo di fatto la strada a proprietari ed inquilini che intendano sfruttare al meglio le superfici esterne delle proprie abitazioni e dei propri uffici.
Non occorre chiedere alcun “Nulla osta” alle amministrazioni locali – si legge nella sentenza – per “strutture di arredo, installate su pareti esterne dell’unità immobiliare ad esclusivo servizio, costituite da strutture leggere e amovibili, caratterizzate da elementi in metallo o in legno di esigua sezione, coperte da telo anche retrattile, stuoie in canna o bambù o materiale in pellicola trasparente, prive di opere murarie e di pareti chiuse di qualsiasi genere, costituite da elementi leggeri, assemblati tra loro, tali da rendere possibile la loro rimozione previo smontaggio e non demolizione – dal momento che queste opere – non configurano né un aumento del volume e della superficie coperta, né la creazione o modificazione di un organismo edilizio, né l’alterazione del prospetto o della sagoma dell’edificio cui è connessa, in ragione della sua inidoneità a modificare la destinazione d’uso degli spazi esterni interessati, della sua facile e completa rimovibilità, dell’assenza di tamponature verticali”.
Il permesso di costruire, in genere, è un atto amministrativo rilasciato dal Comune che trova la propria disciplina nell’art. 10 del d.p.r. n. 380/2001 per cui: “Costituiscono interventi di trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio e sono subordinati a permesso di costruire: gli interventi di nuova costruzione; gli interventi di ristrutturazione urbanistica; gli interventi di ristrutturazione edilizia che portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente e che comportino aumento di unità immobiliari, modifiche del volume, della sagoma, dei prospetti o delle superfici o che comportino mutamenti della destinazione d’uso nonché gli interventi che causino modificazioni della sagoma di immobili sottoposti a vincoli ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 e successive modificazioni”.
E proprio le tante modificazioni alla normativa avvenute nel corso degli anni hanno generato una certa confusione nei cittadini chiamati ad interpretarle per esercitare i propri diritti senza commettere abusi.
Alla luce dell’art. 10 del d.p.r. n. 380/01, in via generale, le nuove costruzioni e gli interventi di ristrutturazione edilizia e urbanistica di un certo rilievo sono quasi sempre soggetti al rilascio del “nulla osta”, ma ora, con la sentenza del Consiglio di Stato, si apre una nuova strada per l’installazione di strutture prive di opere murarie e di pareti chiuse di qualsiasi genere, costituite da elementi leggeri.

LE CASE GROTTE DEI MONACI MEDIOEVALI A ZUNGRI.


E’ da molto tempo che al seguito di Calabria Travel mi porto a visitare luoghi ancestrali della nostra Regione, visitando romiti, chiese basiliane scavate nel  tufo disseminate tra Vibonese e Reggino da cui si potrebbe trarre una importante via del Basilianesimo, potendo così far scoprire ai viaggiatori di Calabria posti spettacolari.
Effettivamente la Calabria è costellata da grotte utilizzate come grange, romitori e cenobi che testimoniano un particolare modello di vita sociale che ebbe come protagonisti i monaci “Basiliani”.Questa volta ci troviamo per questo reportage a Zungri sul Monte Poro l’acroco Vibonese. Fin dal Medioevo era sotto la giurisdizione di Kastellion di Mesiano.
Tuttavia il toponimo è chiaramente di formazione neogreca e sta a significare roccia, che si adatta alle caratteristiche morfologiche del luoghi nei quali, intorno all’anno mille, molti insediamenti monastici influenzarono la vita di “chorioi“(villaggi), nuclei di intenso e produttivo lavoro rurale.
Da Zungri scendiamo all’insediamento  Rupestre degli Sbariati  un vasto sito di elevata importanza. Il sito sembra essere frequentato per studi già dal XIV secolo avendo integrato in molti casi le strutture di case scavate nella roccia con manufatti fuori terra che contribuiscono ad arricchire, sul piano storiografico ed urbanistico/architettonico, l’insediamento rupestre del comune di Zungri.
Indubbiamente rappresenta un complesso unico nel suo genere almeno nella nostra Regione. Al visitatore non superficiale, ma amante di una lettura attenta e meditata di ciò che resiste ai secoli, esse parlano di mondi lontani fatti di semplicità, ma anche di religiosità, di vita e di lavoro, oltre che di spirito comunitario molto avanzato.
La visita a questa singolare forma di antico insediamento umano è una tappa obbligata e stimolante per il visitatore attento, curioso di capire come popolazioni così lontane nel tempo hanno vissuto ed organizzato il loro habitat.
In primo piano l’insediamento rupestre, poi il centro storico caratterizzato da architetture semplici che ripropongono un modello sociale e di vita di una civiltà contadina, che si è evoluta nel tempo, ma che conserva suggestive espressioni di una tecnica edilizia povera ma misurata nelle proporzioni e quindi nel senso estetico del rapporto tra uomo e luogo. Ad accompagnarci alle grotte è una rigogliosa macchia mediterranea, terrazzamenti che degradano sul torrente Malopera.
Il villaggio rupestre datato dagli studiosi fra il XII – XIV secolo è costituito da circa 100 case-grotta scavate nella roccia con ambienti monocellulari e bicellulari, alcuni anche a più piani. Il villaggio si articola su un costone lungo uno dei versanti del fosso Malopera ed occupa una superficie di circa 2900 mq.
Il  villaggio di una straordinaria bellezza costituisce il quadro di una struttura urbanistica completa: stradelle, gradinate e un sistema di approvvigionamento idrico.  Le cellule abitative di forma circolare o quadrate, hanno una copertura a cupola per permettere l’aerazione. Ogni nicchia è caratterizzata da incassi nelle pareti per sistemare letti e suppellettili. Interessantissimo quindi il sito archeologico, che ci mostra e ci fa capire l’organizzazione socio – economica di popolazioni antiche.
La visita all’insediamento rupestre di Zungri, ci lascia stupiti e affascinati dalla particolarità del sito e dal mistero che ogni angolo e ogni scorcio evocano, per un periodo storico del quale spesso si ignorano aspetti così particolari. Una civiltà rupestre e una natura incontaminata per riscoprire le origini e il misterioso fascino di un mondo perduto e ritrovato.
Un luogo unico che testimonia le raffinate conoscenze architettoniche dei monaci.  Nascono e si diffondono in oriente (Basilio vive tra il 330 e il 379), ma nell’VIII secolo d.C. sono costretti alla fuga per le persecuzioni della cosiddetta lotta iconoclasta (il divieto di riprodurre immagini sacre). Si rifugiano prevalentemente nell’Italia meridionale: Puglia, Sicilia e Calabria.
A Zungri arrivano nel XII secolo e vi restano per due secoli. Qui costruiscono l’insediamento degli Sbariati seguendo la regola di San Basilio, che prevedeva un cenobio con celle individuali e aree comuni per la preghiera e il lavoro. Al contrario di altri ordini, i Basiliani non si appartavano dalle città, ma si dedicavano a compiti caritativi e a diffondere le loro conoscenze artigianali, agricole e architettoniche; rivelandosi, così, preziosi per la comunità.
Saliamo e scendiamo per le varie viuzze e lungo tutto il costone di roccia si notano le aperture di tante altre grotte. Sparse in diversi punti troviamo le vasche-silos, dove i monaci conservavano l’olio e il grano. Il tufo è un isolante naturale: fresco d’estate e temperato d’inverno.
Provo a immaginarmi a gennaio durante una giornata di pioggie torrenziali e mi viene difficile considerare accoglienti queste grotte. Ma i monaci Basiliani erano uomini di altra tempra e non temevano di sicuro le intemperie di stagione. Basta vedere il modo in cui hanno reso la roccia una dimora per il corpo e lo spirito per capirlo.
Maria Lombardo
Consigliere Commissione Cultura Cds
Centro Studi e Ricerche
Comitati Due Sicilie.
 

martedì 18 agosto 2015

Grecia, tedesca Fraport gestirà oltre 10 aeroporti regionali.

Photo
ATENE/FRANCOFORTE (Reuters) - La Grecia ha confermato che darà in gestione oltre una decina di aeroporti regionali alla tedesca Fraport e un funzionario ha reso noto che l'accordo da 1,2 miliardi di euro, che era stato congelato, verrà finalizzato nelle prossime settimane.
Un accordo preliminare era infatti stato raggiunto nel 2014, ma poi bloccato dopo l'elezione a gennaio del primo ministro Alexis Tsipras, che ne aveva annunciato una revisione.
Oggi, un funzionario del governo greco ha spiegato che la pubblicazione della decisione sulla gazzetta ufficiale conferma l'impegno del governo a procedere coi termini già fissati in precedenza, anche in base agli accordi per ottenere l'ultimo bailout.
Una volta ratificato, l'accordo rappresenterà la prima privatizzazione completata dal governo Tsipras, che si è a lungo opposto alla vendita di asset strategici statali, ma che ha dovuto dare l'ok all'implementazione delle privatizzazioni in cambio di nuovi fondi.
"Si apre la strada per un accordo definitivo nelle prossime settimane", ha spiegato il funzionario, parlando coperto dall'anomiato, aggiungendo che restano ancora aperte alcune questioni tecniche e legali.
Un portavoce di Fraport ha detto che la decisione del governo è "la base per ulteriori negoziati", ma che non è stato ancora firmato alcun contratto.
Fraport e la greca Copelouzos si erano accordati con l'agenzia ellenica per le privatizzazioni nel 2014 per la gestione di 14 aeroporti in diverse destinazioni turistiche, tra cui Corfù.
In base all'accordo, il nuovo gruppo dovrebbe spendere circa 330 milioni di euro nei primi quattro anni per migliorare gli aeroporti, che resterebbero in gestione per 40 anni.

Tanti stranieri tra i nuovi direttori dei più grandi musei italiani. Agli Uffizi arriva un tedesco.

In alto da sin: Pierini, Bellenger, Gennari Santori, Bagnoli, Assmann, Aufreiter, degl'Innocenti, Zuchtriegel, Bradburne, D'Agostino, Pagella, Marini, Felicori, Schmidt, Giulierini, Malacrino, Bertolucci, Hollberg, Coliva, Collu.
Dall'estero sette nuovi dirigenti su 20. Franceschini: 'Si volta pagina'.

Il cambio che farà forse più clamore arriva per gli Uffizi, dove lo storico direttore Antonio Natali deve cedere il passo ad un esperto di arte fiorentina che arriva da Friburgo in Germania, Eike Schmidt, 47 anni. Ma sono ben sette su 20 i direttori stranieri chiamati a guidare i 20 musei superstar del patrimonio pubblico italiano.
Tra questi la tedesca Cecile Hollberg, 48 anni, storica e manager culturale tedesca che andrà alle Gallerie dell'Accademia di Firenze,James Bradburne, 59 anni, nato in Canada ma di nazionalità britannica per Brera, Sylvain Bellenger, storico dell'arte francese per Capodimonte.
L'età media dei vincitori è di 50 anni. Su 20, 10 sono uomini e 10 sono donne.
Gli italiani che tornano dall'estero sono 4 (Bagnoli, Gennari  Santori e D'Agostino che rientrano dagli Stati Uniti e Degl'Innocenti dalla Francia). Quanto alle professioni: 14 storici dell'arte, 4 archeologi, 1 museologo/manager culturale e 1 manager culturale. Nominata anche un'interna del ministero.
A storcere il naso sulle nuove nomine è Vittorio Sgarbi, per il quale "la scelta di fare un concorso per i direttori dei 20 principali musei italiani è un atto politico pericoloso, che il ministro pagherà". "Tra i 20 selezionati - spiega Sgarbi -ci sono persone capaci, ma non credo che il neo direttore degli Uffizi Eike Schmidt sia più bravo di quello uscente, Antonio Natali''.

Questi i nomi (VAI AI PROFILI):
1) GALLERIA BORGHESE (ROMA):Anna Coliva - 62 anni, storica dell'arte.
2) GALLERIE DEGLI UFFIZI(FIRENZE): Eike Schmidt - 47 anni, storico dell'arte. 
3) GALLERIA NAZIONALE DI ARTE MODERNA E CONTEMPORANEA DI ROMA Cristiana Collu - 46 anni, storica dell'arte
4) GALLERIE DELL'ACCADEMIA DI VENEZIA: Paola Marini - 63 anni, storica dell'arte
5)MUSEO DI CAPODIMONTE(NAPOLI): Sylvain Bellenger - 60 anni, storico dell'arte.
6) PINACOTECA DI BRERA (MILANO):James Bradburne - 59 anni, museologo e manager culturale.
7) REGGIA DI CASERTA: Mauro Felicori - 63 anni, manager culturale.
8) GALLERIA DELL'ACCADEMIA DI FIRENZE:Cecilie Hollberg - 48 anni, storica e manager culturale.
9) GALLERIA ESTENSE (MODENA):Martina Bagnoli - 51 anni, storica dell'arte.
10) GALLERIE NAZIONALI DI ARTE ANTICA (ROMA):Flaminia Gennari Santori - 47 anni, storica dell'arte.
11) GALLERIA NAZIONALE DELLE MARCHE (URBINO): Peter Aufreiter - 40 anni, storico dell'arte.
12) GALLERIA NAZIONALE DELL'UMBRIA (PERUGIA):Marco Pierini - 49 anni, storico dell'arte e filosofo.
13) MUSEO NAZIONALE DEL BARGELLO (FIRENZE):Paola D'Agostino - 43 anni, storica dell'arte.
14) MUSEO ARCHEOLOGICO NAZIONALE DI NAPOLI: Paolo Giulierini - 46 anni, archeologo.
15) MUSEO ARCHEOLOGICO NAZIONALE DI REGGIO CALABRIA:Carmelo Malacrino - 44 anni, archeologo e architetto.
16) MUSEO ARCHEOLOGICO NAZIONALE DI TARANTO Eva Degl'Innocenti - 39 anni, archeologa.
17) al PARCO ARCHEOLOGICO DI PAESTUM:Gabriel Zuchtriegel - 34 anni, archeologo.
18) PALAZZO DUCALE DI MANTOVA:Peter Assmann - 61 anni, storico dell'arte.
19)Al PALAZZO REALE DI GENOVA:Serena Bertolucci - 48 anni, storica dell'arte.
20) POLO REALE DI TORINO: Enrica Pagella - 58 anni, storica dell'arte.

Via dell'Onestà.



"Alcune" auto in via dell'onestà.

https://www.facebook.com/MoVimento5StelleSicilia/photos/a.237719516277565.53760.221238591258991/882465405136303/?type=1&theater

lunedì 17 agosto 2015

Lucia Borsellino nell'inferno sanità. - Lirio Abbate


Quella conversazione ha rotto il silenzio ipocrita

In Sicilia l'assistenza medica vale nove miliardi l'anno. E lì si concentrano gli interessi politici e mafiosi. Ma l'opera di rigore della Borsellino è stata "aggredita" dagli amici del governatore. Fino alle dimissioni.


In Sicilia la Regione spende poco più di 9 miliardi all’anno per l’assistenza sanitaria, e per questo è la principale industria dell’isola. È una miniera d’oro in cui tanti in passato si sono lanciati per grattare, scavare e portare via a palate somme di denaro che finivano spesso nelle casse di società in mano alla mafia. E dove la politica è spesso andata a braccetto con imprenditori collusi e medici compiacenti che hanno devastato la sanità siciliana, mortificandola professionalmente, preferendo le raccomandazioni dei padrini alle tante capacità che ci sono negli ospedali per ricoprire incarichi di responsabilità nelle strutture sanitarie e in particolare nei reparti.

La politica ancora una volta spiana la strada ai raccomandati, preferendoli ai medici - e sono tanti - che invece dimostrano nelle corsie e in sala operatoria quanto sono bravi. Sono purtroppo storie di mafia, politica e sanità intrecciate, descritte in tante sentenze giudiziarie.

Del resto quello dell’assistenza sanitaria è un settore in cui il denaro non manca mai, in cui i controlli sono labili e le possibilità per i mafiosi di esercitare la loro principale vocazione, l’intermediazione privata, sono infinite. A raccontarlo è un bollettino della procura che a partire dal 1980 registra, solo a Palermo, l’apertura di decine di indagini. Uno dopo l’altro finiscono in carcere medici, farmacisti, dirigenti sanitari, politici, mafiosi per appalti pilotati, truffe e forniture mediche. È lo stesso Bernardo Provenzano, come riportano i pentiti, a decidere di investire nelle società che forniscono servizi a nosocomi e ambulatori pubblici. Mazzette a iosa circolano anche nel mondo dello smaltimento dei rifiuti ospedalieri e quasi sempre, quando scattano le perquisizioni, si scopre che molti degli indagati sono legati tra loro da vincoli di fratellanza massonica.

In questo clima la mafia ha prosperato. Tradizionalmente molti medici sono uomini d’onore, spesso capi di mandamenti. Altri sono invece considerati a disposizione dei boss. Anche i due presidenti della Regione che hanno preceduto Rosario Crocetta erano entrambi medici ed entrambi hanno avuto problemi con il mondo della Sanità. Salvatore Cuffaro è in carcere per aver favorito Cosa nostra dopo aver concordato il tariffario regionale nel retrobottega di un negozio a Bagheria con l’imprenditore della sanità privata, Michele Aiello. E Raffaele Lombardo è stato condannato in primo grado a sei anni e otto mesi per concorso esterno in associazione mafiosa.

Quando Lucia Borsellino nel novembre 2012 viene nominata assessore regionale alla Salute, il passo amministrativo e le linee sulla sanità sembrano cambiare in meglio. La figlia di Paolo Borsellino in quel periodo testimoniava la “rivoluzione” politica che aveva propagandato Rosario Crocetta nella sua vincente campagna elettorale. Lei, dipendente della Regione, lavorava proprio all’assessorato alla Salute come dirigente del settore farmaceutico. E di assessori ne aveva conosciuti diversi, fino a quando nel 2010, uno degli allievi del papà, l’ex pm Massimo Russo, passato alla politica con il governo Lombardo, la porta ai vertici dell’assessorato. Poi con Crocetta diventa la responsabile della Salute.

Ha le idee chiare Lucia e punta a «una sanità libera in Sicilia». Ma non tutti sembrano seguirla su questa idea. Tanto che l’organizzazione degli ospedali inizia a zoppicare. Sulla sua strada incrocia due persone che tenteranno di dirigere alle sue spalle nomine e incarichi.

Il primo è Matteo Tutino, il medico personale e amico di Crocetta, arrestato lo scorso giugno per truffa, peculato, abuso d’ufficio e falso che chiamava il governatore siciliano «il mio confessore». Avrebbe dovuto limitarsi a gestire il reparto di Chirurgia plastica a Villa Sofia ma di fatto si comportava come se fosse un manager della sanità. E poi l’ex dirigente dell’ospedale Villa Sofia di Palermo, Giacomo Sampieri, anche lui coinvolto in questa inchiesta giudiziaria.

Sampieri e Tutino al telefono si definiscono «uomini del presidente», che operano per «la legalità» e su «mandato» di Crocetta. Davanti all’opera di sbarramento fatta da queste due persone Lucia Borsellino comincia a comprendere che la sua strada è in salita, ostacolata pure da fuoco amico. Come emerge da intercettazioni depositate dalla procura di Palermo che indaga su Tutino e Sampieri. Entrambi si davano un gran da fare per far nominare manager, tanto da stilare una lista «di fedelissimi» per consegnarla a Crocetta. Alcune delle persone citate nelle intercettazioni sono state poi nominate.

«La Borsellino un elemento di disturbo»

I verbali dell'interrogatorio dell'assessore regionale. In cui i pm le chiedono se sapeva che Tutino la metteva «in cattiva luce» con Crocetta. E le svelano lo scandalo dell'ospedale Villa Sofia. Il giorno in cui comincia il calvario della donna che voleva risanare la sanità siciliana

Sentita dai magistrati, Lucia Borsellino ha spiegato che il comportamento di Tutino era «assolutamente irrituale» e «questa irritualità la riferisco anche agli aspetti comportamentali diciamo... una persona che si relaziona direttamente con l’amministrazione... devo dire con la stessa frequenza con cui lo può fare un direttore generale o un commissario...  sicuramente altri direttori di struttura complessa non fanno altrimenti...».

Un comportamento che Tutino avrebbe avuto che superava le sue competenze di primario. Ma era l’amicizia di Crocetta a spingerlo ad avere questo comportamento tanto che Tutino e Sampieri si definivano nelle intercettazioni «pretoriani del presidente». E così mettevano alle corde Lucia Borsellino, pretendendo di guidare, da dietro le quinte, la sanità siciliana. Lei voleva nominare persone competenti ai vertici delle Asp (aziende sanitarie provinciali) e per questo non voleva alla guida di Villa Sofia Giacomo Sampieri. L’allontanamento di quest’ultimo dall’ospedale ha provocato “pressioni” politiche su Borsellino, da lei denunciate ai pm, che sarebbero state esercitate da due deputati regionali del Megafono, il movimento di Crocetta, affinché Sampieri venisse piazzato a Trapani. Sampieri era su tutte le furie per la sua rimozione: «Faccio immediatamente un esposto alla magistratura e la denuncio...  me ne sto fottendo, pure se si chiama Lucia Borsellino». E Tutino è pronto a rispondergli: «Bravo».

L’assessore ha tenuto duro a questi attacchi frontali e sotterranei per oltre un anno, e come ha detto Manfredi Borsellino, «ha portato la croce». 

«Lucia Borsellino sapeva delle offese»

Il fratello Manfredi interviene alla commemorazione della strage di via D'Amelio: «Ha portato la croce, le hanno fatto vivere lo stesso calvario di mio padre». E ha denunciato il «silenzio delle istituzioni» sulle sue dimissioni. Dichiarando: «Le rivelazioni sull'intercettazione non l'hanno turbata perché ha vissuto il clima di ostilità». L'abbraccio del presidente Mattarella
Un gruppetto di donne, parlando dell’assessore, riunite nella stanza di Tutino il 6 giugno 2014, dicono: «Crocetta se la tiene perché la Borsellino è una cosa inutile e può manovrarla come vuole». Da quando Borsellino ha iniziato a tentare di stravolgere il mondo dei manager e degli assetti dirigenziali della sanità siciliana per lei il clima si è fatto pesante, e il suo isolamento è cresciuto. Gli atti giudiziari ci consegnano uno spaccato inquietante, con Tutino che avrebbe controllato il lavoro che stava svolgendo Lucia Borsellino nei giorni in cui si discuteva della creazione di una banca dei tessuti a Villa Sofia. Ed era stato anche firmato un protocollo di intesa con un partner privato senza informare l’assessorato. E su questo punto l’assessore dice ai pm: «La procedura non è per niente conforme e poi in ogni caso sarebbe stato necessaria quanto meno una informazione preventiva».

I pm chiedono: «Lei ha avuto modo di percepire un particolare interesse da parte di Tutino e Sampieri in relazione al buon fine di questa convenzione?». E Borsellino risponde: «Sì, era evincibile proprio dalla frequenza con la quale gli stessi chiedevano anche lumi all’assessorato circa la possibilità di portare a buon fine questo obiettivo». Come pure quello di introdurre la chirurgia estetica, passione di Tutino, in ospedale. Per l’assessore «la normativa nazionale nonché gli atti assunti dall’amministrazione regionale non hanno mai previsto questa possibilità».

E così Tutino attaccava violentemente Lucia Borsellino con telefonate infuocate dirette al suo “confessore” Rosario Crocetta. Per difendere il suo amico Sampieri il 27 marzo 2014 Tutino chiama il governatore, che alcuni giorni prima aveva subito un intervento chirurgico, e dice: «Presidente, Lucia sta facendo la revoca». Crocetta risponde: «No. No, ho chiarito...» e aggiunge subito dopo: «Più tardi mi devi togliere i punti eh!!». Tutino: «Certo, gli hai parlato? Che sta succedendo un...» e il governatore: «già fatto... per... che è dimissionario (Sampieri ndr)...». E Crocetta insiste: «mi devi togliere i punti eh!!». Il governatore sembra non far caso all’attacco di Tutino all’assessore. A Crocetta interessava in quel momento solo che il suo medico gli togliesse i punti «perché già sono due settimane... ok».

I magistrati ascoltano in procura Lucia Borsellino, la quale «censura in toto il connubio Tutino-Sampieri» e con le sue dichiarazioni «sconfessa il tenore di numerose conversazioni intercorse (ed intercettate) tra i due principali indagati» scrivono i pm, e aggiungono: «Criticava aspramente l’opera del consolidato binomio, col quale non era affatto in sintonia a dispetto di quanto millantato» da Tutino e Sampieri.

Così, dopo l’arresto del medico personale di Crocetta, il 2 luglio scorso Lucia Borsellino consegna al suo presidente una lettera dai contenuti molto critici nei confronti dell’operato del governatore, e con questa si dimette dall’incarico di assessore alla Salute.

Lucia Borsellino, ecco le dimissioni-denuncia

«Aggredita l'istituzione e la mia persona». Il testo della lettera di addio dell'assessore alla Sanità: «Deluse le aspettative dei siciliani, lascio per ragioni di ordine etico e morale». Un j'accuse rimasto nel silenzio fino alle rivelazioni de "l'Espresso"

Ma, come ha detto il fratello di Lucia, Manfredi Borsellino, davanti al Capo dello Stato alla vigilia della commemorazione della strage di via d’Amelio a Palermo: «Quella lettera ha prodotto solo il silenzio sordo delle istituzioni, soprattutto regionali. È una lettera che dice tutto...».

È una lettera di addio al governo regionale, contraddistinta dalla sobrietà di chi la scrive che però fissa nero su bianco alcuni passaggi chiave. L’ex assessore parla di «prevalenti ragioni di ordine etico e morale e quindi personale» alla base della sua decisione. Lucia Borsellino sceglie proprio quelle parole «etica» e «morale» per fare esplicito riferimento alle motivazioni che stanno alla base del suo addio e che hanno reso incompatibile la sua permanenza in giunta.

Intervistata da “Repubblica” ha detto di essere stata «tradita» da Crocetta. L’etica e la morale di Lucia Borsellino non potevano più trovare posto al fianco del governatore. Non solo, in un altro passaggio l’ex assessore fa riferimento al «valore morale e civico» del suo impegno, aspetti fortemente messi in discussione dagli «accadimenti che hanno aggredito la credibilità dell’istituzione sanitaria che sono stata chiamata a rappresentare e quindi, della mia persona». Usa un termine di chiara durezza: «aggredito». Che anche in questo caso è stato esplicitato e amplificato dal fratello Manfredi: «Da oltre un anno mia sorella Lucia era consapevole del clima di ostilità e delle offese che le venivano rivolte».

Nelle sue dimissioni, l’assessore che voleva risanare la sanità siciliana parla di «deluse aspettative» in questa esperienza di governo regionale. Delusa per non aver visto quella rivoluzione tanto urlata in campagna elettorale dal presidente. E in questa lettera prende le distanze dal presidente Crocetta, fino ad affrontare il «caso del primario di chirurgia plastica e maxillo-facciale dell’Azienda ospedaliera Villa Sofia-Cervello», Matteo Tutino. Vicende giudiziarie che secondo l’ex assessore ledono «l’immagine dell’istituzione sanitaria e dell’intera Regione siciliana». E in conclusione indirizza al presidente le sue riflessioni «con l’auspicio che inducano a scelte responsabili».

Ma come ha detto Manfredi Borsellino, questa lettera ha prodotto solo il «silenzio sordo» delle istituzioni regionali. Un silenzio che è stato spezzato dopo due settimane dalle rivelazioni de “l’Espresso” sull’intercettazione tra Crocetta e Tutino (smentita dalla Procura di Palermo), rivelazioni che, come ha dichiarato Manfredi, «non hanno turbato l’interessata, mia sorella Lucia per una semplice ragione: perché da oltre un anno, perché l’ho vissuto da fratello, era consapevole del clima di ostilità in cui operava, delle offese che le venivano rivolte per adempiere nient’altro che il suo dovere, purtroppo sono corsi e ricorsi storici drammatici».

Il cane che si morde la coda.



Hanno deciso: siamo troppi.

Intanto, in mancanza di guerre invasive create per occupare ed espandere i propri spazi vitali, si occupano gli spazi altrui per accaparrarsi le ricchezze del sottosuolo avvalendosi della scusa dell'instaurazione della democrazia ove si ritiene che sussista una dittatura. 
E a parlare di democrazia sono li stessi che ne distruggono e demoliscono il significato giornalmente, un pezzettino alla volta.

Ma il problema sussiste: restiamo sempre troppi; si potrebbe risparmiare sul consumo di prodotti alimentari se buona parte della popolazione venisse a mancare. 
Ma siamo in democrazia, così, almeno, dicono le leggi che loro stessi hanno ideato e non si può procedere istintivamente in modo cruento. Allora, che si fa? 
Si studiano altri metodi, anch'essi coercitivi, ma apparentemente non cruenti. 

Uno dei metodi ammantati di protezionismo e tutela amorevole consiste nel costringere la popolazione a fare vaccini dei quali tanto si discute: (http://www.mednat.org/vaccini/dannivacc.htm). 
Questo è un metodo ottimistico/quadripolare: 
1) si ammanta di buonismo democratico, 
2) insinua il concetto di tutela e protezione da parte di chi governa, 
3) foraggia l'industria lobbistico/farmaceutica,
4) foraggia quella parte malata della sanità pubblica che specula sulle disgrazie altrui. 

Un altro metodo molto utilizzato è quello di affamare intere popolazioni.
Qui il problema si aggrava ulteriormente, perchè sulla fame nel mondo c'è chi ci specula con la creazione di onlus che racimolano ingenti somme di denaro del quale solo il 10% viene utilizzato per lo scopo iniziale, il restante 90% viene utilizzato per foraggiare le tasche di avvoltoi senz'anima che riempiono le loro pance di prelibatezze alla faccia di chi muore di fame.

Un altro metodo è quello di spargere nell'aria sostanze dannose attraverso scie chimiche, ma questa è una delle tante teorie di pazzi "complottisti-populisti-cheagiscononell'ombra". Meglio non credergli anche se non guadagnano nulla nel rendere la popolazione partecipe, meglio credere a chi le porcate le fa e ci guadagna.

Una altro metodo efficace è quello di inquinare fiumi e territori coltivabili.
A questo provvedono la grandi industrie che, oltretutto, scaricano sul sociale le spese di ripristino dell'ambiente. A guadagnarci sono le industrie generiche che non pagano le spese di bonifica, le industrie farmaceutiche, una delle più potenti lobby esistente, e la sanità pubblica e privata che specula sulle malattie indotte dallle industrie con il beneplacito della politica asservita. 

Meglio fermarsi qui!
Non senza citare, però, un altro aspetto riprovevole dell'epoca che stiamo vivendo, quello più intimo, quello legato al tenore di vita, quello individuale: l'aumento dell'instabilità, dell'insicurezza, della coscienza di sapere che mai si potrà sperare di migliorare la propria condizione sociale, che sarà sempre più difficile accedere al sapere con l'istruzione pubblica, che diventerà impossibile curarsi.
Il metodo è quello di rendere schiava la popolazione con la carenza di lavoro, con l'instabilità, con l'austerità imposta per avviare una fantomatica ricrescita economica utilizzando il metodo opposto e imponendolo come l'unica panacea possibile ed utilizzabile. 

Anche una casalinga capirebbe che l'austerità può dar vita solo ad una decrescita... ma non abbiamo casalinghe al potere, abbiamo solo affaristi, servi di lobbisti, ammalati di protagonismo, tutta gente che non ama pensare e prodigarsi per il bene comune, ma ha scelto di prostrarsi ai potenti con la speranza di usufruire delle briciole del loro potere.

Non so se si potrà mai ripristinare una vera democrazia basata sulla logica, sulla meritocrazia, sulla giusta ed equa distribuzione dei beni disponibili, offerti ed elargiti con tanta generosità dalla terra che ci ospita. 
Chissà se sarà più possibile sentirsi parte di un mondo in cui non esistono differenze di nessun tipo, dove sia possibile vivere senza sentirsi stranieri o ospiti.

Utopia? Forse, ma la speranza che qualcosa cambi non mi abbandona.

Cetta.