giovedì 2 marzo 2017

La tela di Bocchino "Così gli appalti vanno alle coop per ritorni politici". - Massimo Malpica



L'ex Fli tra gli indagati: spiegava a Romeo i vantaggi del sistema Consip. Il ruolo del dirigente Gasparri. Ombre su De Luca e Caldoro.

Roma Tutto per gli appalti. Dall'ordinanza d'arresto di Alfredo Romeo per lo stralcio romano dell'indagine sulla Consip, emerge un quadro inquietante. Il presunto intreccio tra la fame di business dell'imprenditore partenopeo e la centrale acquisti della Pubblica amministrazione getta ombre oscure anche sulla Consip e sui suoi scopi.
Che il «facilitatore» Italo Bocchino (indagato per traffico di influenze e ieri perquisito) riassume, intercettato con il suo datore di lavoro Romeo, ritagliando uno spazio speciale per le coop.

GLI APPALTI CONSIP? SERVONO ALLE COOP

È il 19 gennaio, e Bocchino racconta all'imprenditore «di esperienze legate al suo recente passato di parlamentare, dal quale emerge chiaramente che gli appalti di Consip devono essere gestiti per favorire prevalentemente le cooperative, in quanto rappresentano sia un bacino di voti dal quale poter attingere (a differenza dei grandi gruppi come Romeo) ed è anche e soprattutto un modo lecito per finanziare la politica e/o il politico di turno». Bocchino sembra anche rivelare una richiesta di soldi da un politico che gli inquirenti hanno oscurato: «Perché un politico - racconta intercettato l'ex parlamentare - può venire da te a chiederti sessantamila euro che ti ha chiesto (omissis), ma i mille pulitori sul territorio, sono mille persone che danno 5mila euro ciascuno, sono mille persone che quando voti si chiamano i loro dipendenti (...) quindi secondo me c'è una scelta politica». Sembra di rileggersi gli atti di Mondo di Mezzo, l'inchiesta su Mafia Capitale che aveva scoperchiato il malaffare nella cooperazione. O anche, come scrive il gip, il sistema, vantaggioso solo per la politica «cattiva», di «copertura capillare dei pubblici appalti mediante finanziamento illecito della politica già emerso 25 anni fa» con Mani Pulite.

I CONTATTI TRA ROMEO E I VERTICI POLITICI

Più volte il grande accusatore di Romeo, il dirigente Consip Marco Gasparri, evoca nei suoi verbali i contatti altolocati di Romeo anche nella sfera politica. Proprio l'uomo Consip racconta che Romeo contava anche su altre fonti interne alla società, e aggiunge che a settembre dello scorso anno «mi disse che aveva fatto un intervento sui vertici della Consip attraverso il massimo livello politico. Non mi disse chi era il politico o i politici presso i quali era intervenuto, ma mi disse che si trattava del livello politico più alto». E per capire se l'intervento era servito, aggiunge Gasparri, Romeo «mi chiese se io avevo registrato un cambiamento di atteggiamento dell'Ad di Consip Marroni nei suoi confronti».

OMAGGI ALBERGHIERI PER AMICI E CONSULENTI

Il gip racconta in che modo Romeo utilizzava gli hotel suoi o dei suoi familiari per «fornire a illustri ospiti vacanze gratuite, probabilmente nel contesto corruttivo qui in corso di esame». Come esempio, subito dopo, il giudice accenna al «soggiorno molto costoso (3.233 euro) presso l'albergo Romeo» offerto a Carlo Russo, l'imprenditore di Scandicci, amico di Tiziano Renzi e che pure il ministro Luca Lotti sponsorizzò con Michele Emiliano affinché il Governatore pugliese accettasse di incontrarlo. Ma i nomi di Russo e della sua compagna non sono gli unici riportati sul «pizzino» riprodotto nell'ordinanza. Dove si legge anche, per due volte, il nome del «presidente De Luca», al quale sarebbe stato offerto il 24 ottobre 2015 qualcosa relativo a «il Comandante» (nome del ristorante dell'hotel Romeo di Napoli) e un non meglio precisato «voucher». Sempre lo stesso foglietto riporta poi i nomi di altri «omaggiati» dal ristorante dell'hotel, il «sig. Lettieri» e il «sig. Caldoro». Il gip non si sbilancia, non dice se Caldoro è l'ex governatore campano (tra l'altro indagato nell'inchiesta Consip), non accenna se Lettieri sia il candidato sindaco del centrodestra a Napoli o un omonimo, né dice nulla sull'eventuale identificazione del «presidente De Luca» con il presidente Dem della Regione Campania Vincenzo De Luca. Non si azzarda a ipotizzare se quella fattura recuperata dalla carta straccia si riferisca a movimenti di soldi, o a dire se «tali vantaggi siano stati resi dal Romeo al fine di ottenere atti contrari ai doveri di ufficio e traffici di influenze». Ma di certo ha offerto «vantaggi gratuiti a terzi soggetti» dai nomi certamente suggestivi.

QUELLA FRUTTUOSA AGITAZIONE DI BOCCHINO

Bocchino ha un ruolo chiave «per favorire i progetti criminali del Romeo», scrive il gip. Che poi riporta stralci di un'intercettazione tra l'imprenditore e il suo ex parlamentare-facilitatore. I due discutono di bandi a loro dire fatti su misura per favorire alcuni e danneggiare altri, tra cui la società Manital che, ricorda Bocchino, «piglia zero, zero... è fuori da tutti i lotti». E l'ex deputato conclude ricordando che «se loro (intesi come gruppo Romeo) non si fossero mossi con mirate entrature» avrebbero potuto puntare solo agli appalti campani: «Se non ci agitavamo come ci siamo agitati nell'ultimo anno - chiosa Bocchino - l'operazione era... chiuditi in Campania».

IL VESTITO DI GASPARRI DOZZINALE PER ROMEO

Tra le tante chiacchiere intercettate c'è anche spazio per schermaglie verbali tra Romeo e il suo uomo in Consip Marco Gasparri, che a botte di 5mila euro a dazione avrebbe preso per la procura circa 100mila euro. Talvolta Romeo è sprezzante con il suo prezioso insider, come quando a settembre «schernisce il suo interlocutore per i suoi abiti: La vuole smettere di comprare sti vestitiell' e 40 euro, 35 euro al mercatino della stazione Garibaldi?».

Consip e il sistema Romeo: nei 'pizzini' le "dazioni da 30mila euro al mese" al signor T.


Nella foto, da sinistra: Alfredo Romeo, Tiziano Renzi e Carlo Russo 

L'imprenditore partenopeo arrestato sapeva di essere intercettato. Per questo scriveva su foglietti di carta le cifre e i nomi delle persone che lo avrebbero aiutato ad aprire le porte della Consip. I carabinieri li hanno recuperati in discarica e ricomposti. 'Pizzini' con la cifra "30" e l'iniziale "T". Su questo si basa la tesi che individua in Tiziano Renzi il destinatario dei pagamenti. Il padre dell'ex premier, che respinge le accuse, sarà interrogato domani. L'ad di Consip Marroni, intanto, resta e annuncia: annulleremo le gare sospette.

Cinquemila euro poco prima di Natale 2012, pagamenti "in più occasioni" successive, uno 'stipendio mensile', di importo variabile, dal 2014 al 2016. Il tutto per un ammontare di circa 100mila euro. Sarebbe il 'prezzo' della corruzione di Marco Gasparri, dirigente della Consip, che avrebbe "venduto la sua funzione" di pubblico ufficiale all'imprenditore napoletano Alfredo Romeo, illecitamente favorito - sostiene la procura di Roma - nell'aggiudicazione di appalti pubblici, tra cui la maxi-gara europea FM4 da 2,7 miliardi, ancora in corso. Entrambi sono accusati di corruzione. Romeo è finito in carcere, proprio nel giorno del suo sessantatreesimo compleanno. Gasparri è rimasto a piede libero perché ha deciso di collaborare con gli inquirenti.  

Non è la prima volta che l’imprenditore- originario di Caserta, ma napoletano di adozione e noto come “l’avvocato”- viene arrestato. Accadde già nel dicembre 2008 nell’ambito dell’inchiesta partenopea sul Global service, cioè l’appalto da 400 milioni di euro (mai aggiudicato) per riparare le buche stradali e rinnovare l’arredo urbano a Napoli. Alcuni assessori comunali della giunta Iervolino furono indagati e il caso giudiziario suscitò un enorme clamore. I pm gli contestarono ben dodici capi di imputazione, tra i quali corruzione, turbativa d’asta, rivelazione di segreto, associazione a delinquere. Scontò nel carcere di Poggioreale 75 giorni di carcerazione preventiva. Al termine del processo con rito abbreviato, che si concluse nel marzo del 2010, l’impianto accusatorio fu demolito. Gli assessori assolti, Romeo e l’ex provveditore alle opere pubbliche Mario Mautone condannati per un unico episodio di corruzione. Nell’aprile del 2013 la Corte d’Appello confermò l’assoluzione degli assessori ma inasprì la condanna per lui e per Mautone. Condanna infine annullata dalla Cassazione nel luglio del 2014. Ci fu anche il caso della sua dimora di famiglia a Posillipo, palazzina a sei piani con giardino sul mare: inevitabile che la costruzione finisse nel mirino dell’antiabusivismo. Procedimenti giudiziari, sequestri, ma, anche in questo caso, Romeo ne uscì sostanzialmente pulito. 

Nell’inchiesta Consip a inguaiare Romeo ci sono intercettazioni ambientali, telefoniche, sequestri e perquisizioni, come quelle compiute ieri a carico dell'ex parlamentare di An e del Pdl Italo Bocchino, consulente di Romeo, e di Carlo Russo, imprenditore farmaceutico di Scandicci, amico di Tiziano Renzi, padre dell'ex premier. Secondo l'accusa Russo e Tiziano Renzi, entrambi indagati per traffico di influenze, si sarebbero fatti "promettere indebitamente" da Romeo "somme di denaro mensili, come compenso per la loro mediazione verso Marroni", ad di Consip, proprio in relazione allo svolgimento di gare. Ma la smentita del papà dell'ex premier è netta: "Nessuno mi ha mai promesso soldi, né io ho chiesto alcunché. Gli unici soldi che spero di ottenere sono quelli del risarcimento danni per gli attacchi vergognosi che ho dovuto subire in questi mesi". 

Luigi Marroni parla stamani dalle colonne di Repubblica. Spiega di aver presentato le dimissioni, di aver chiesto un colloquio con il ministro Padoan, che gli ha confermato la fiducia invitandolo ad andare avanti. E annuncia che le gare sospette saranno annullate. “Vado avanti con l'amarezza che la Consip sia portata al disonore della cronaca, e che questo magari impatti sul lavoro di centinaia di persone oneste" dice l'ad Consip ed ex assessore alla sanità della Regione Toscana. Circa l'ipotesi di 'pressioni', aggiunge: "Da molti anni occupo posizioni che mi danno potere decisionale, così la gente pensa di potermi chiedere favori e che io possa farli. Il segreto è uno solo: non fare questi favori, lasciare che te li chiedano e non farli. Anche se dire no magari comporta un prezzo". Quanto all'inchiesta "Noi su questa indagine siamo parte offesa e i nostri avvocati stanno agendo. Questa vicenda risale al passato, al 2012. Da quando io sono qui abbiamo aumentato i controlli" precisa, spiegando che "ci muoviamo in linea con il codice degli appalti e con la consulenza di Anac e Antitrust”. "Lunedì- annuncia- presenteremo una modifica al nostro regolamento che preveda la revoca delle gare sulle quali nutriamo dei sospetti. E' una misura estrema e molto grave, che genererà preoccupazione nel mondo degli appalti. Ma dobbiamo farlo. La gara assegnata a Romeo è uno di quei casi su cui potremo intervenire". 

A provare i pagamenti illeciti fatti da Romeo a Rossi e Renzi - secondo gli inquirenti, i carabinieri del Noe e la Gdf – ci sarebbe anche un 'pizzino' scritto dall’imprenditore e trovato nella spazzatura. E' stato Marco Gasparri a raccontare che Romeo era solito usare questa accortezza, convinto com'era di essere intercettato. E' la sua confessione, contenuta in due lunghi interrogatori, a "delineare - scrive il gip nell'ordinanza di custodia cautelare - un preciso quadro accusatorio". Le circostanze e i nomi più delicati, secondo quanto raccontato da Gasparri, non li diceva al suo interlocutore, ma Romeo li scriveva su dei foglietti che poi stracciava e buttava. 

Al racconto di Gasparri si aggiunge quello di Alfredo Mazzei, commercialista napoletano oltre che noto esponente dell'ex area migliorista Pci, poi Pd, oggi animatore di tre librerie e una casa editrice.  Nella sua deposizione davanti ai pm di Napoli e Roma, scrive oggi Repubblica, ha ricostruito il suo duplice rapporto di amicizia: da un lato con l'area politica di Matteo Renzi, "in cui ho creduto dall'inizio, perché migliore interprete della tradizione riformista", dall'altro con Romeo. E ha raccontato di una cena segreta. Un tavolo per tre in "una bettola romana": Tiziano Renzi, Alfredo Romeo e Carlo Russo riuniti per discutere di affari. Romeo li raggiunse "da un ingresso riservato, attraverso il cortile di un palazzo". L'incontro riservato, dunque, ci fu. Mazzei ha risposto e spiegato ai magistrati il senso di molte conversazioni intercettate tra lui e Romeo. Le sue parole sono ritenute attendibili, e si iscrivono nello snodo più delicato dell'inchiesta: quello in cui si ipotizza che, per aprire le porte di Consip, Romeo avrebbe concordato, con Russo, dazioni di 30mila euro al mese per Tiziano Renzi. Una tesi che si regge sulla base di quei pizzini con la cifra "30" e l'iniziale "T". I carabinieri li hanno recuperati in discarica e ricomposti. In questo modo hanno trovato traccia di pagamenti e iniziali dei nomi dei possibili destinatari delle mazzette: su questo aspetto gli inquirenti stanno facendo approfondimenti e l'inchiesta potrebbe avere presto sviluppi. 

Romeo - che parlava della sua attività corruttiva all'interno di Consip come una forma di "legittima difesa" alla luce di "analoghe modalità" adottate dai suoi concorrenti – conduceva questa lotta imprenditoriale per aggiudicarsi gli appalti "a suon di tangenti" e, si legge nelle carte dell'inchiesta, attraverso la "ricerca di appoggi all'interno dell' 'alta politica'". Dalle indagini, scrive il gip, è emerso un "gravissimo quadro di possibile infiltrazione criminale in Consip, almeno quanto ad alcune gare". Quadro grave che era emerso già nel 2016 in seguito a una ispezione dell'Anac che aveva evidenziato criticità relative in particolare agli appalti per il Facility Management FM3 ed FM4: per questo l'Autorità Anticorruzione aveva inviato gli atti alla Procura di Roma. Ma l'operato della Consip, come ha precisato l'ad Marroni, "è stato, e continua a essere, improntato alla massima correttezza, trasparenza ed efficacia". 

Nell'ordinanza ampio spazio viene dedicato al ruolo dell'ex parlamentare Italo Bocchino, di cui è stato perquisito anche l’ufficio al Secolo d'Italia nell'ambito del filone campano dell'inchiesta in cui è indagato per corruzione. Inconsapevole di essere intercettato, l'ex deputato fa spuntare il nome dell'ex presidente del consiglio Matteo Renzi. Un anno fa, nel corso di una telefonata, Bocchino spiegava all’imprenditore che ci sarebbe stata una volontà politica per sostenere le cooperative nell’assegnazione degli appalti per favorire il voto di scambio.  E nel constatare che una società grande come quella di Romeo ha più difficoltà a gestire i dipendenti per il voto di scambio, osservava che i politici hanno meno interesse a chiedergli soldi. Nello specifico affermava: "Perché un politico può venire da te a chiederti sessantamila euro che ti ha chiesto Renzi (si tratta di una regolare donazione elargita da Romeo alla fondazione riconducibile a Renzi, ndr), ma i mille pulitori sul territorio sono mille persone che danno cinquemila euro ciascuno... sono mille persone che fanno un’assunzione ciascuno... sono mille persone che quando voti si chiamano i dipendenti... tu, invece, i tuoi dipendenti neanche sai chi sono..". L’ex premier, comunque, è totalmente estraneo all’inchiesta.  

Di Bocchino, definito "il 'facilitatore' degli interessi illeciti di Romeo" o il "lobbista dedicato al traffico illecito di influenze", gli inquirenti sottolineano la capacità di "accedere a informazioni riservate anche grazie al suo trascorso di deputato e membro del Comitato parlamentare di controllo sui Servizi segreti e con perduranti contatti con sedicenti ed effettivi appartenenti all'intelligence, nonché con politici e pubblici funzionari in posizione apicale". E "presumibilmente anche grazie alla costante attività di relazione" di Bocchino, scrive il pm, Romeo "ha avuto contezza di indagini sul proprio conto sicuramente già dal settembre 2016". 

Gli sviluppi dell'inchiesta Consip hanno provocato immediate reazioni nella politica. Il M5s chiede al ministro Lotti, indagato per rivelazione di segreto d'ufficio, insieme al comandante generale dell'Arma Tullio Del Sette e al generale Emanuele Saltalamacchia, di spiegare i suoi rapporti con Russo. La replica: 'Sono tranquillissimo'. 

http://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/Consip-sistema-Romeo-corruzione-pizzini-30mila-euro-al-mese-al-signor-T-15eb21c4-2ba2-4880-82db-d9ceba79e433.html

Leggi anche: 
http://www.ilgiornale.it/news/cronache/pap-renzi-nei-guai-seri-si-faceva-promettere-soldi-1370371.html

mercoledì 1 marzo 2017

Nuovo sistema planetario e forme di vita intelligenti, è solo questione di tempo. - Vladimiro Bibolotti

Nuovo sistema planetario e forme di vita intelligenti, è solo questione di tempo

Spettacolare conferenza della Nasa per confermare la scoperta di sette pianeti a 39 anni luce dal nostro sistema solare che orbiterebbero attorno a una stella, una Nana Rossa ultrafredda denominata Trappist 1, tre dei quali rientranti nella cosiddetta “fascia di abitabilità”. Come al solito la suggestione principale oltre la tipologia o la morfologia dei pianeti, riguarda la probabilità della presenza di acqua allo stato liquido e quindi la scoperta di trovare terre simili alla nostra e magari forme di vita anche intelligente. Ma se così fosse stato il bailamme generato per l’evento sarebbe stato certamente diverso e probabilmente avrebbe coinvolto anche le Nazioni Unite.
In realtà come ha affermato Thomas Zurbuchen, capo del Direttorato Missioni scientifiche della Nasa, nella conferenza stampa di Washington: “Per la prima volta abbiamo scoperto il maggior numero di pianeti di tipo terrestre attorno a una singola stella, e per la prima volta siamo stati capaci di misurarli. Questa scoperta ci dà un suggerimento: trovare una seconda terra non è più una questione di se, ma di quando“.
Quest’ultima notizia giunge a distanza di una settimana dall’altra importante notizia riguardante il nostro sistema solare: il 16 febbraio scorso la Nasa annunciava infatti, di aver individuato per la prima volta in modo inequivocabile tracce di materiale organico sulla superficie del pianeta nano Cerere. Tali composti possono essere considerati i “mattoni della vita” e sarebbero nati spontaneamente, cioè senza lo svilupparsi di quel processo previsto dalla teoria della Panspermia cosmica: piccole comete o meteoriti potrebbero aver contaminato il terreno inseminando la superficie.
Altra importante scoperta, quella fatta con il telescopio Kepler che ha portato il numero delle galassie da duecento miliardi a duemila miliardi elevando esponenzialmente il numero dei pianeti di tipo terrestre abitabili nella nostra Via Lattea dove le stime arrivano a calcolarne circa 60 miliardi. Un calcolo percentuale che permette anche al più pessimista dei ricercatori di elevare a centinaia di migliaia le possibilità di trovare non più solo sulla Terra, civiltà intelligenti magari tecnologicamente evolute.
Forse è questa la svolta della Nasa che in breve tempo ha prodotto una serie di conferenze mirate a creare interesse circa la possibilità e la scoperta di terre abitabili o abitate. Quasi in sincronia, bisogna ricordare le esternazioni del fisico Stephen Hawking, secondo cui la sopravvivenza del genere umano (prevista ancora per massimo 1000 anni) dipende dalla possibilità di trasferimento su altri pianeti simili alla Terra.
Se si aggiungono anche le nuove missioni previste per il 2022 sulle lune di Giove per trovare forme di vita sotto gli oceani, dobbiamo pensare che gli scienziati della Nasa, del Seti e di altre agenzie spaziali, stiano preparando l’opinione pubblica alla notizia della scoperta di forme di vita magari intelligenti nella nostra galassia.
Intanto sulle ali dell’entusiasmo anche il nostro astronauta Paolo Nespoli citando la statistica dei grandi numeri, subito dopo la conferenza di Washington, ha affermato: “E’ ormai sicuro che non siamo soli”.

Consip, arrestato Alfredo Romeo.

 © ANSA

Contestato episodio di corruzione, ordinata custodia in carcere.

(ANSA) - ROMA, 1 MAR - L'imprenditore campano Alfredo Romeo è stato arrestato questa mattina dai carabinieri e dalla guardia di Finanza in relazione ad un episodio di corruzione nell' ambito dell' inchiesta Consip. Nei confronti di Romeo il gip del tribunale di Roma ha emesso un'ordinanza di custodia cautelare in carcere. Il provvedimento è stato eseguito dal comando Carabinieri tutela ambiente, dai militari dell' Arma di Napoli e dai finanzieri del Nucleo di polizia tributaria di Napoli.


lunedì 27 febbraio 2017

Eutanasia, morto dj Fabo. L'ultimo viaggio in Svizzera.



Nell'ultimo audio: 'Sono qui senza l'aiuto del mio Stato'. Cappato: 'Ha scelto di andarsene rispettando le regole, di un Paese che non è il suo'.

'Dj Fabo e' morto alle 11,40, ha scelto di andarsene rispettando le regole, di un paese che non e' il suo''. A dare la notizia è Marco Cappato sul suo profilo Facebook. Nella struttura svizzera dove Fabiano è morto - la clinica Dignitas di Forck - ci sono la mamma, la fidanzata e alcuni amici.

Fabiano Antoniano, questo il nome del 39enne tetraplegico e cieco dall'estate 2014 in seguito ad un grave incidente stradale, aveva chiesto al tesoriere dell'Associazione Luca Coscioni di accompagnarlo in Svizzera, in una clinica specializzata. 
"Fabo è libero - affermano Marco Cappato e Filomena Gallo della Associazione Luca Coscioni - e la politica ha perso. L'esilio della morte è una condanna incivile. Compito dello Stato è assistere i cittadini, non costringerli a rifugiarsi in soluzioni illegali per affrontare una disperazione data dall'impossibilità di decidere della propria vita morte. Chiediamo che il Parlamento affronti la questione del fine vita per ridurre le conseguenze devastanti che questo vuoto normativo ha sulla pelle della gente".
"Sono finalmente arrivato in Svizzera - aveva detto stamani Fabiano nel suo ultimo audio - e ci sono arrivato purtroppo con le mie forze e non con l'aiuto dello Stato. Grazie a Marco Cappato per avermi sollevato da un inferno fatto di dolore".  Con Fabo c'è Marco Cappato, dell'associazione Luca Coscioni. 
"Grazie a te Fabo", è la risposta di Marco Cappato, che ora - secondo Filomena Gallo, segretario dell'associazione Coscioni - rischia fino a 12 anni di carcere. Gallo ha ricordato come molti malati siano "costretti ad emigrare per ottenere l'eutanasia e ciò è discriminatorio anche per i costi che ciò richiede, fino a 10mila euro". 

Fabiano Antoniani aveva 39 anni ed era tetraplegico e cieco dall'estate 2014 in seguito ad un grave incidente stradale. L'Associazione Coscioni era già in precedenza intervenuta in casi simili, e quello di Antoniani è il sesto di cui si ha notizia. Cappato aveva annunciato di aver accettato di aiutare Fabo ricevendo subito centinaia di commenti e condivisioni.
Tutti messaggi per DJ Fabio, anche sul suo profilo social, di saluto, affetto, commozione, tristezza, "auguri di buon viaggio". Ma anche critiche allo "Stato sordo". A questi si sono aggiunti però anche gli appelli come quelli di Dj Aniceto, "per favore vivi", e di Matteo Nassigh, 19 anni, disabile gravissimo dalla nascita, pubblicato stamani sull'Avvenire: "non chiedere di morire, noi non possiamo correre ma siamo pensiero, e il pensiero migliora il mondo". 

Il dibattito sulle norme in materia di eutanasia è stato avviato in Parlamento per la prima volta nel marzo 2013 e attualmente vi sono sei proposte di legge (una di iniziativa popolare presentata proprio dalla Coscioni) che dovrebbero confluire in un unico testo di legge, ma è tutto fermo da un anno. Va invece un po' più spedito il ddl sul Biotestamento, ma è stato proprio il terzo rinvio all'approdo in Aula alla Camera a determinare l'appello di due giorni fa di DJ Fabo al presidente della Repubblica Sergio Mattarella per "sbloccare lo Stato di impasse voluto dai parlamentari". Da parte del Quirinale, però, finora non sono arrivati commenti.
In un video-appello del mese scorso "Fabo per vivere #LiberiFinoAllaFine", Antoniani, che si era rivolto all'Associazione Luca Coscioni per arrivare "al cuore della politica", spiegava di "non essere depresso e di mantenere tutt'ora il senso dell'ironia", ma di sentirsi umiliato dalle proprie condizioni: "immobile e al buio, considera la propria condizione insopportabile, consapevole che potrebbe durare per decenni". 
Non è noto in quale clinica svizzera si sia recato Dj Fabio, ma nella confederazione elvetica organizzazioni quali Exit et Dignitas forniscono un'assistenza al suicidio nel quadro previsto da un articolo del Codice penale in virtù del quale l'assistenza al suicidio non è punibile se non vi sono "motivi egoistici". 
Cappato in un video sul suo profilo Facebook ha spiegato questa sera di essere "in Svizzera con Fabiano Antoniani che oggi ha avuto la sua prima visita medica e domani mattina farà la seconda, per controllare le sue condizioni fisiche e anche per confermare eventualmente la sua volontà di ottenere l'assistenza medica alla morte volontaria". "Un tipo di aiuto e di assistenza - ha sottolineato - che dovrebbe essere riconosciuta a tutti i cittadini ovunque invece di condannare e costringere persone a questa sorta di esilio della morte che ritengo debba essere al più presto superato". 
Beppino Englaro, padre di Eluana e protagonista di una lunga battaglia per il diritto all'autodeterminazione anche per chi non è più in grado di esprimere la sua volontà, sostiene che "L'eutanasia è una questione che tutte le nazioni civili devono affrontare, con la quale prima o poi ogni paese deve fare i conti e anche il nostro Parlamento deve dare delle risposte". Alberto Gambino, giurista cattolico e presidente dell'associazione Scienza & Vita, vicina alla Cei, dal canto suo ha però invitato a distinguere tra la vicenda di DJ Fabo, "che merita pietà" e "lascia senza parole", e la proposta di legge sul biotestamento in discussione in Parlamento: "è strumentale fare come i Radicali, che legano le due cose per chiedere l'approvazione veloce della legge in Italia".
http://www.ansa.it/canale_saluteebenessere/notizie/medicina/2017/02/26/eutanasia-dj-fabo-in-una-clinica-svizzera-per-morire_d947c70b-df83-477d-afea-588c0aec4f92.html

Ogni uomo potrà definirsi emancipato solo quando potrà decidere di vivere la propria vita pienamente e non sarà più costretto a viverla male per l'egoismo di chi lo circonda.

Cetta.

domenica 26 febbraio 2017

Privatizzazioni, in 25 anni venduti 'gioielli di famiglia' per 168,5 mld.

Privatizzazioni, in 25 anni venduti 'gioielli di famiglia' per 168,5 mld

I gioielli della 'famiglia' italiana hanno fatto incassare, in 25 anni, 168,5 miliardi di euro. 

La quota maggiore arriva dalle operazioni effettuate dal ministero dell'Economia, che dal primo gennaio 2004 al 30 settembre 2016 ha realizzato 60 operazioni per un totale di 110,1 miliardi di euro. Poi ci sono le privatizzazioni realizzate dall'Iri-Fintecna, che vanno dal luglio 1992 al novembre 2012, che ammontano a 58,4 miliardi. I dati sono contenuti nella relazione del Mef al Parlamento, sulle operazioni di cessione delle partecipazioni in società controllate dallo Stato, ed elaborati dall'Adnkronos.

L'anno d'oro delle privatizzazioni è stato il 1997, quando vennero cedute quote di società per un totale di 19,2 miliardi di euro, con la cessione del 29,18% della Telecom (11,5 mld) e del 18,2% dell'Eni (6,6 mld) tra le maggiori 'donatrici'. Due anni dopo, nel 1999, lo Stato venderà un'alta quota consistente delle sue 'proprietà', per un totale di 18,3 miliardi, incassati per la maggior parte grazie alla cessione del 32,4% del capitale Enel (16,2 mld).

La quota restante è stata incassata, per la maggior parte, con la cessione del 100% di Mediocredito centrale. Altro anno importante per le dismissioni è stato il 2003, quando sono stati raccimolati 16,6 miliardi di euro, sommando diverse operazioni di dismissione tra cui le più rilevanti sono: Eni (la cessione del 10% ha fatto incassare 5,3 mld), Enel (cessione del 16,9% pari a 5,3 mld), Poste italiane (35% della quota ceduta e 2,5 mld incassati), Ente tabacchi (100% venduto per 2,3 mld), Cdp (30% della quota di capitale ceduta per 1 mld).

Al confronto le operazioni degli ultimi anni, come gli 8,8 miliardi del 2012, non possono competere. Il 100% della Sace ha fatto incassare 6 miliardi di euro, mentre il 100% di Fintecna ha portato nelle casse dello Stato 2,5 miliardi.

BACHA BAZI: IL DRAMMA DEI BAMBINI AFGHANI RAPITI, ABUSATI E COSTRETTI A VESTIRSI DA DONNA. - Dominella Trunfio

bacha_bazi

Vengono adescati per strada, rapiti o comprati dai ricchi signori che li costringono a ballare travestiti da donne e a soddisfare i loro bisogni sessuali. Sono i Bacha-Bazi, i “bambini per gioco”, le vittime della pedofilia che ancora viene tollerata in Afghanistan.
Per la prima volta, le autorità pensano all’introduzione di severe sanzioni contro i Bacha Bazi, una pratica molto diffusa soprattutto nel sud del paese. I ragazzini tra gli otto e i quattordici anni, sono costretti a indossare abiti femminili, a cantare e ballare durante le feste per intrattenere uomini adulti.
Letteralmente Bacha Bazi, significa appunto 'bambino per gioco' che tradotto vuol dire giocattoli nelle mani di persone senza scrupoli, che non hanno un’altra definizione se non quella di pedofili. Bambini e adolescenti che vengono rapiti per strada o negli orfanotrofi o ancora che sono venduti dalle loro stesse famiglia a causa della povertà dilagante.
Adesso, nel codice penale afgano dovrebbe essere finalmente introdotto il reato con pene dai sette anni di carcere per violenza sessuale fino alla condanna a morte per gli abusi su più di un ragazzo.
L’intero capitolo sulla criminalizzazione dei Bacha Bazi dovrebbe già essere adottato dal mese di marzo. Un passo significativo anche perché, le stesse vittime non potranno essere perseguite dalla legge per prostituzione o con l’accusa di omosessualità (considerati entrambi reati in Afghanistan).
Le autorità locali garantiscono che la nuova normativa non lascerà spazio a riserve e che all’entrata in vigore, la forma di schiavitù sessuale e di istigazione alla prostituzione minorile saranno punibili.

Ma chi sono questi uomini che sfruttano dei ragazzini innocenti?

Comandanti di polizia, militari, politici e membri di famiglie molto ricche. Tenere un bachas è simbolo di benessere, i bambini sono schiavi di proprietà, agghindati con vestiti femminili, trucco e campane ai piedi.
Nessuno finora ha avuto il coraggio di opporsi a loro, le famiglie troppo povere sono succubi di una condizione paradossale e disgustosa denunciata nel 2010 dal giornalista Najibullah Quraishi, nel documentario “The dancing boy of Afghanistan”. Dall’altro canto, in un paese devastato da decenni di guerra, violenze di questo tipo vengono sottaciute e alimentate nelle zone controllate dai telebani.
Può capitare, infatti, che gli stessi talebani adeschino bambini da addestrare che una volta in casa dei ricchi signori, sono costretti anche a farsi autoesplodere. Una sottomissione totale perché nessuno dei bacha ha mai avuto il coraggio di denunciare il proprio aguzzino. Il perché è molto semplice, oltre le violenze subite i ragazzi potrebbero essere accusati di omosessualità, reato punito anche con la pena di morte.
All’età di 18 anni i Bacha-Bazi vengono liberati, ma dopo anni di violenze la loro vita è segnata per sempre e il loro futuro è fatto di esclusione sociale e discriminazione.