mercoledì 8 maggio 2019

Trani, ex pm arrestato Savasta: «Mi sono venduto per 120mila euro». - Massimiliano Scagliarini

Ex pm Trani arrestato: «Savasta insabbiò l'indagine su Giancaspro»

Si va verso l'incidente probatorio. La confessione: «Nardi mi ricattava, se mi avessero scoperto era la fine».

«Effettivamente c’è stata la mia deviazione dal punto di vista morale di magistrato e tutto il resto». Antonio Savasta ha ammesso di aver preso circa 120mila euro: un sacco di soldi per vendere la giustizia, eppure quasi nulla rispetto alle molte centinaia di migliaia di euro che sembrerebbero essere passati di mano negli anni in cui nel Tribunale di Trani era in servizio la cricca dei giudici. L’ex pm ha confessato, ammettendo le responsabilità in oltre 200 pagine di verbali: «Ero ai limiti, vi dico sinceramente, del suicidio, vi giuro ho pensato un giorno di buttarmi sotto la metro, non ce la facevo più». Ma ha anche detto di sentirsi «ricattato» da Michele Nardi, l’ex gip tuttora in carcere, e da Flavio D’Introno per conto del quale ha creato procedimenti penali fasulli allo scopo di proteggere l’imprenditore da un processo per usura.

GLI INIZI.
È tutto nelle carte che la Procura di Lecce ha depositato in vista dell’incidente probatorio in cui, da lunedì, Savasta, D’Introno e il poliziotto Vincenzo Di Chiaro (anche lui in carcere) verranno messi a confronto con gli altri indagati (tra cui pure l’ex pm Luigi Scimè, ora giudice a Salerno) per trasformare in prove le decine di ore di interrogatori raccolti dal procuratore Leonardo Leone de Castris e dalla pm Roberta Licci. Le parole di Savasta sono il fulcro di tutto.
Savasta dice di essere stato avvicinato da Nardi «per mero interesse»: «Aveva l’interesse di tutelare il D’Introno, quindi l'interesse suo era ricavare dal D’Introno quanto più denaro poteva essere e spostare diciamo il sottoscritto per tutta una serie di cose, tenuto conto poi che io in quel periodo poi, perché dal 2012 in poi visto i miei problemi disciplinari, e lui si faceva diciamo “non ti preoccupare, ti aiuterò” e infatti poi dopo successe anche nel 2016 (..) e quindi io stavo in una situazione tale che diciamo in un certo senso mi sentivo in debito nei confronti di questa persona, anche se questa persona non ha fatto niente per me». Ma cosa avrebbe promesso Nardi a Savasta? «Vantava ottimi rapporti con il procuratore (Capristo, ndr), e mi rappresentava che grazie alla sua posizione avrebbe potuto in qualche modo fare andare bene le cose anche per me, tutelarmi o rovinarmi». Ed ecco che, sempre secondo Savasta, Nardi gli chiede di aiutare D’Introno sequestrando alcune cartelle esattoriali milionarie: «“Ma perché ci tieni tanto a questa persona?”, dice: “Sai il D’Introno è una persona che mi sta aiutando nella mia vicenda personale, cioè lui in realtà si presta nei confronti di mia moglie a giustificare il fatto che delle volte io faccio delle scappatelle». Insomma, bisogna fare in modo di bloccare le cartelle esattoriali: «Qui entra in gioco la Cuomo (avvocato di D’Introno attualmente interdetta, ndr) che fece un’istanza nel fascicolo dicendo sostanzialmente che c’era uno soggetto, questo Patruno Gianluigi, che era amico di alcuni messi notificatori...».

«IL RICATTO»
È questo, secondo Savasta, il punto di non ritorno. «Feci presente alla Cuomo che probabilmente non avrei chiesto un rinvio a giudizio, loro invece lo volevano (...). E quindi fu lì che il D’Introno diciamo esce fuori una vicenda particolare che è quella che io ritengo diciamo del ricatto. Allora qui dice (D’Introno, ndr) “io ho speso soldi, ho fatto regali a vostro cognato, regali a Nardi, voi siete tutti d'accordo, io cioè in questa situazione non posso essere condannato”. Allora io in questa situazione diciamo ho accettato di fare un rinvio a giudizio, (...) qua si trattava veramente di fare una cosa non giusta, però d'altro canto se questo a un certo punto cominciava a mettere nei guai, cioè a raccontare di queste vicende dalla cartella esattoriale, io in quel periodo ero sotto procedimento disciplinare, ci sono tutte quelle vicende note della masseria e quei procedimenti in questione, cioè una cosa del genere per me avrebbe rappresentato la fine, sostanzialmente da quel momento in poi mi sono asservito a queste richieste del D’Introno». In cambio, per quel primo rinvio a giudizio, intorno a Natale 2014 «il D’Introno mi portò 10.000 euro».

I 120.000 EURO
La Procura di Lecce contesta a Savasta di aver preso circa 300mila euro. Lui, però, rifà i conti e riduce il totale a 120.000, compresi i soldi che D’Introno aveva speso per favorire il cognato del magistrato aprendogli una palestra in locali di sua proprietà, ammettendo anche alcuni viaggi tra cui uno in Turchia: «Vicenda Tarantini 60.000 euro, ristrutturazione della palestra, a dire di D’Introno, aveva speso circa 30-40mila euro, poi le 10.000 euro delle piante che io pensavo fossero regalo di D’Introno invece poi pare che è stato fatturato a Tarantini, i viaggi che lui (D’Introno, ndr) dice “complessivamente ho speso 20mila euro di viaggi tra te, Savino, la sorella, mia sorella... Poi ricordo, come dissi l’altra volta, che a Natale in una busta mise, non ricordo se erano 8-10mila euro come dissi l’altra volta, basta».
LICCI: «Poi c’era altro? Da Trony lei non ha mai comprato niente? Manco un telefonino?».
SAVASTA: «Non mi piacciono i telefonini».
L: «Neanche un televisore?».
S: «No No».
L: «Un frullatore? Niente?».
S: «No no».

LA STANGATA
Una delle accuse riguarda i soldi che Savasta e Nardi avrebbero ottenuto da un altro imprenditore di Corato, Paolo Tarantini, per far sparire una indagine fiscale che era stata inventata apposta: in cambio Savasta dice di aver chiesto 300mila euro, ma di aver avuto molto meno. «A quel punto mia sorella mi consegnò questa cosa, io aprii e dentro stavano circa 60.000 euro. Che questa è la cifra che lui (Tarantini, ndr) ha dato per quanto mi riguarda, naturalmente avendo appreso che Nardi aveva preso 200 eccetera, questo è stato un altro dei motivi per cui dici io cioè questo Nardi, il collega Nardi mi ha messo “nella merda più totale”». Ma da Tarantini arrivano anche i soldi per tacitare un tale Gianluigi Patruno, deferito per falsa testimonianza che minacciava di raccontare del fatto che era stato tutto organizzato da Savasta e D’Introno con l’avvocato Cuomo: «Organizzammo a Corato un incontro a un bar vicino al Duomo di Corato, e li c’era Tarantini, il Tarantini effettivamente diceva all’inizio “io veramente con tutto il rispetto, però non ho in questo periodo... un po’ di difficoltà”, disse “io massimo posso le 40-50.000 euro, non di più”, io dissi “vabbè quello che riuscite a trovare, però io ho necessità con una certa urgenza”, dissi io nella ferocia concordata con il D’Introno, dissi “io è inutile che ritorno a Corato o ci vediamo per prendere soldi eccetera, ve la vedete con D’Introno». E anche D’Introno ci fa la cresta su: «Il D’Introno mi disse questi soldi “allevate” circa 4-5.000 euro da queste 50.000 che mi sono servite perché avevo dei debiti se no mi arrivava a mia moglie delle notifiche", praticamente dice “a parte quello, tutto il resto ho dovuto darglielo al Patruno”. Quindi andai dal Tarantini, il Tarantini disse “io ho dato 50”, dissi “tante grazie ma io non ho ricevuto 50, ne ho ricevuti di meno”, lui disse “Eh si la solita cosa, quel D’Introno”». E poi ci sono i soldi che Tarantini dà a Nardi: «Mi raccontò del fatto che Nardi aveva preso 200.000 con la sorella». L’ex gip avrebbe preso da Tarantini anche altri 30mila euro per truccare un appello di lavoro.

GLI «OMISSIS»
Una parte delle dichiarazioni di Savasta è ancora oscurata, perché fa riferimento a ulteriori episodi di possibile corruzione: riguarderebbero sia fascicoli penali che tributari. Tra le persone coinvolte c’è anche un commercialista, Massimiliano Soave, consulente della Procura di Trani in numerosi procedimenti.

IL CASO D’AGOSTINO
Savasta ha escluso di avere ricevuto tangenti, direttamente o per interposta persona, per favorire il re degli outlet Luigi D’Agostino. Tuttavia ha riconosciuto che avrebbe dovuto astenersi dall’indagine, avendo chiesto favori all’imprenditore barlettano.

https://www.lagazzettadelmezzogiorno.it/news/bat/1138556/trani-ex-pm-arrestato-savasta-mi-sono-venduto-per-120mila-euro.html?fbclid=IwAR3C_1H48Lufvml5GF6M2RGmQwev34Oe7NxuHPyMaKY4sVVcyIrATAgO538

Piantagioni di droga e spaccio in Sardegna: 14 arresti, il capo della banda era un carabiniere. - Nicola Pinna



Chi comprava la droga da loro aveva due possibilità: o pagare con i soldi raccolti durante lo spaccio al dettaglio, oppure andare a rubare e recuperare così le somme richieste. I creditori non aspettavano e facevano sempre valere le loro regole, anche con metodi da film. I proiettili a casa erano il trattamento più gentile. Ed è successo che a farne le spese sia stato il padre di uno di quelli che non avevano ancora pagato, che un giorno ha rischiato di essere travolto in pieno da un’auto lanciata a tutta velocità. Non era un incidente casuale, ma architettato per bene con l’obiettivo di ricordare al figlio dell’anziano di saldare tutti i debiti. Un’altra volta ha rischiato di passarci una donna, una signora che neanche sapeva dei rapporti del figlio con i narcotrafficanti arrestati oggi in Sardegna. Anche lui aveva da versare una cifra ingente per una partita di marijuana e visto che non riusciva a mettere insieme tutto il denaro, la proposta - che di fatto era un’ordine - ha lasciato senza parole anche gli investigatori che intercettavano la banda: «Adesso mandi tua madre a prostituirsi, così porta a casa tutto ciò che ci devi».
Quella finita nella rete degli investigatori (che oggi hanno fatto scattare 14 arresti) era certamente una delle imprese che in Sardegna maturava più utili: quasi 3 milioni di euro nel corso dei cinque mesi in cui i produttori e gli spacciatori sono stati tenuti sotto controllo dai carabinieri della compagnia e del comando provinciale di Oristano. Fin da quando si sono messi sulle tracce di questa organizzazione gli uomini dell’Arma si sono trovati a seguire gli spostamenti e gli affari anche di un loro collega: un militare, ora sospeso dal servizio e da oggi in carcere, che era praticamente il capo di una cellula organizzata come una piccola multinazionale. Era uno dei più temuti dai clienti, perché - dice la procura - usava metodi spietatissimi e qualche volta utilizzava anche la pistola di ordinanza per andare a riscuotere il denaro. La droga che veniva venduta in tutta la Sardegna era tutta prodotta in loco: marijuana a chilometro zero, coltivava all’interno di tante piantagioni, molte delle quali non sono state neanche identificate. L’isola, si sa, è una delle più grandi piattaforme italiane per la produzione di marijuana e i 13 arrestati oggi avevano costruito una filiera capace di arrivare ovunque.
La droga veniva trasportata come se fosse un carico di gioielli: scorta lungo la strada, staffetta per verificare che non ci fossero pattuglie lungo il percorso e uomini armati di fucile e pistola per portare a compimento ogni missione. «Operavano con metodo imprenditoriale, dimostrando con chiarezza che questo era il loro vero lavoro - racconta il comandante provinciale dei carabinieri, Domenico Cristaldi - Non erano spinti dallo stato di necessità o dalla loro tossicodipendenza. Anzi, si vantavano di non aver mai fatto uso di stupefacenti e di non aver neanche mai fumato uno spinello».
Il personaggio che ha stupido di più gli investigatori è di certo il più giovane della banda: un diciannovenne che si occupava soprattutto di far arrivare la droga nelle scuole superiori. Ancora studente all’istituto magistrale, ma già espertissimo nella valutazione degli stupefacenti. Andava a trattare in prima persona con i grossi fornitori ed era riuscito persino a farsi restituire tutti i soldi per una partita che considerava non eccellente. L’addetto al controllo qualità era lui.

martedì 7 maggio 2019

Da un buco nero getti di materia in tutte le direzioni.


Rappresentazione asrtistica del buco nero V404 Cygni, che emette getti di materia della stella che sta divorando (fonte: ICRAR)


Divora una stella, a 8.000 anni luce dalla Terra.


Oscilla come una trottola a 8.000 anni luce dalla Terra. E' un buco nero 'esuberante': emette getti di materia in piu' direzioni, quasi alla velocita' della luce e con regolarita'. Come un orologio cosmico. Le variazioni nel tempo di questi getti sono state osservate per la prima volta dal gruppo del Centro internazionale per la ricerca in radioastronomia (Icrar), coordinato da James Miller-Jones, dell'Universita' australiana Curtin. Lo studio, pubblicato sulla rivista Nature, apre la strada alla comprensione dell'evoluzione dei buchi neri. Fra gli autori della ricerca l'italianoTomaso Belloni, dell'Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf) di Brera. 

I ricercatori hanno studiato il sistema binario V404 Cygni, formato da una stella in orbita intorno a un buco nero. Le osservazioni sono state fatte dal Very Long Baseline Array (Vlba), una rete di 10 antenne negli Usa che si comporta come un unico grande radiotelescopio.
"E' la prima volta che vediamo un getto di materia di un buco nero cambiare direzione in poche ore", ha detto all'ANSA Belloni. "E' un sistema brillante con una massa 12 volte il Sole, individuato nel 1989. Dopo un periodo dormiente - ha aggiunto - nel 2015 e' tornato a brillare emettendo lampi di luce improvvisi e intensi, probabilmente perche' ha ripreso a divorare la stella compagna. In questo modo e' stato possibile studiarlo, e capire che ha oscillazioni regolari come un orologio. Dovute - ha rilevato - allo spazio-tempo che viene trascinato attorno al buco nero, come previsto dalla teoria della relativita' generale. Mentre cio' accade, la parte interna del disco di accrescimento formato dalla materia che cade nel buco nero oscilla come una trottola".

Secondo Belloni queste osservazioni potranno "aiutare a capire i principi fisici che, poco prima di raggiungere il punto di non ritorno dato dal cosiddetto orizzonte degli eventi, permettono alla materia di sfuggire al buco nero sotto forma di getti proiettati nel cosmo quasi alla velocita' della luce. Informazioni preziose - ha concluso - per capire come funzionano i buchi neri".


Appalti pubblici in Calabria, 20 indagati: ci sono il governatore Oliverio (Pd), il sindaco di Cosenza ed ex deputato dem. - Lucio Musolino

Appalti pubblici in Calabria, 20 indagati: ci sono il governatore Oliverio (Pd), il sindaco di Cosenza ed ex deputato dem

La procura di Catanzaro, guidata da Nicola Gratteri, contesta al governatore e all'ex vicepresidente Nicola Adamo, assieme ad altre 4 persone, la “associazione per delinquere con lo scopo di commettere una serie indeterminata di delitti contro la pubblica amministrazione". Sotto inchiesta anche Mario Occhiuto, primo cittadino di Cosenza e candidato in pectore alle Regionali.


Altri guai giudiziari per il governatore della Calabria Mario Oliverio (Pd) e per il sindaco di Cosenza Mario Occhiuto (Forza Italia), entrambi candidati in pectore alle prossime Regionali. La procura di Catanzaro, guidata da Nicola Gratteri, ha chiuso l’inchiesta sulla gestione di alcuni appalti pubblici che hanno riguardato la città di Cosenza e in particolare gli investimenti relativi alla costruzione del nuovo ospedale, della metropolitana di superficie e del museo di Alarico. Venti i soggetti iscritti nel registro degli indagati dal pm Vito Valerio con accuse pesantissime.
Tra questi c’è anche l’ex vicepresidente della Regione Nicola Adamo (Pd) per il quale, assieme al presidente Oliverio, la procura contesta il reato di “associazione per delinquere con lo scopo di commettere – è scritto nel capo di imputazione – una serie indeterminata di delitti contro la pubblica amministrazione e, nello specifico, dei delitti di turbata libertà degli incanti, di corruzione propria aggravata, di traffico di influenze illecite, di abuso in atti di ufficio, di frode nelle pubbliche forniture”. Associazione a delinquere di cui farebbero parte anche il dirigente della Regione Luigi Giuseppe Zinno, il direttore generale delle Ferrovie della Calabria Giuseppe Lo Feudo e gli imprenditori Pietro Ventura e Rocco Borgia.
Mentre Nicola Adamo, ex deputato, sarebbe stato il “punto di riferimento” e “l’elemento di raccordo tra esponenti politici, amministratori pubblici e imprenditori privati”, il presidente Oliverio è considerato dalla procura il “promotore” del sodalizio in quanto si sarebbe attivato per “assicurare che le gare pubbliche si sviluppino secondo i progetti dell’associazione e vengano aggiudicate agli imprenditori graditi”. Non solo: sempre su indicazione di Nicola Adamo, infatti, Oliverio si sarebbe attivato “per far ottenere ai suoi uomini di fiducia la nomina in posti strategici delle amministrazioni pubbliche regionali e locali”.
Uno dei principali affari era senza dubbio la progettazione esecutiva e la realizzazione del sistema di collegamento metropolitano tra Cosenza, Rende e l’università della Calabria. Un gara d’appalto da diversi milioni di euro che – secondo la procura – è stata inquinata mediante “collusioni, accordi, promesse e mezzi fraudolenti”. Ecco quindi che gli indagati sono accusati di turbativa d’asta per aver posto “a base di gara un progetto preliminare illegittimamente realizzato dalla Metropolitana Milanese Spa in quanto affidato senza rinnovo di procedure”. Cosa che è avvenuta anche per quanto riguarda “un progetto preliminare basato su una scelta progettuale di ‘sistema su ferro’ ingiustificata sul piano tecnico ed economico”. Un appalto, quello della metropolitana, per il quale sarebbe stata indetta “la gara per la parte esecutiva” nonostante questa era stata già ricompresa “nella precedente procedura di gara per progettazione preliminare”. Il tutto, quindi, avrebbe provocato una “duplicazione indebita dei costi a base d’asta”.
Un’operazione in cui è stato coinvolto – sempre stando alla ricostruzione degli inquirenti – anche Mario Occhiuto, candidato in pectore di Forza Italia alle prossime regionali. Il sindaco di Cosenza, infatti, è indagato per corruzione. Secondo la procura di Catanzaro, per firmare l’accordo di programma per la realizzazione di un sistema di mobilità sostenibile e il collegamento metropolitano e per adottare ogni altro atto amministrativo di sua competenza, Occhiuto avrebbe accettato “la promessa avanzata da Oliverio per il tramite del dirigente Luigi Zinno, di ottenere da parte della Regione Calabria i finanziamenti e la copertura amministrativa per la realizzazione del Museo di Alarico oggetto di gara d’appalto (illegittima) indetta dal Comune di Cosenza”.
Nell’inchiesta è indagato anche il consigliere regionale Luigi Incarcano. Quest’ultimo è accusato di traffico di influenze perché sfruttando le sue relazioni politiche con molti consiglieri comunali di Cosenza si faceva promettere “da Nicola Adamo e Mario Oliverio un vantaggio patrimoniale rappresentato dalla possibilità di ricoprire incarichi pubblici e istituzionali”. In sostanza, questo era il prezzo “per la mediazione illecita” di Incarnato che ha convinto i consiglieri di Cosenza a dimettersi “allo scopo di determinare l’automatica decadenza di Mario Occhiuto (Forza Italia, ndr) da sindaco di Cosenza”. Promessa che Adamo e Oliverio avrebbero mantenuto “designando e comunque agevolando la nomina di Incarnato a commissario liquidatore della Sorical spa (Società Risorse Idriche Calabresi)”. Della partita faceva parte anche Luca Morrone, l’ex presidente del Consiglio di Cosenza che per le sue dimissioni avrebbe accettato la promessa “effettuata da Adamo e Olverio di ricoprire alternativamente o la carica di vicesindaco in seno alla compagine politica eventualmente vincitrice nelle successive elezioni o comunque un incarico di ingegnere presso la Regione Calabria”.

Pietro Tatarella e Fabio Altitonante, chi sono i 2 consiglieri di Forza Italia arrestati nell’inchiesta su appalti e tangenti.

Pietro Tatarella e Fabio Altitonante, chi sono i 2 consiglieri di Forza Italia arrestati nell’inchiesta su appalti e tangenti

Il primo è vicecoordinatore regionale ed è entrato nelle liste dei candidati delle Europee, dopo essere salito a Palazzo Marino dal 2011; l'altro, consigliere regionale, è coordinatore di Forza Italia a Milano dalla fine del 2015 e sottosegretario alla Rigenerazione e sviluppo area Expo in Regione Lombardia dal 2018. Oggi la procura di Milano ha stoppato la loro scalata alle gerarchie del partito azzurro: uno è ai domiciliari, l'altro in carcere.

Sono gli ex enfant prodige, la classe emergente, la speranza per un ricambio delle file di Forza Italia, nuova linfa possibile per proseguire la storia degli azzurri soprattutto nel cuore della Lombardia, dove il partito è nato oltre 25 anni fa. Oggi Pietro Tatarella e Fabio Altitonante sono finiti agli arresti, il primo in carcere e il secondo ai domiciliari, in un’inchiesta per corruzione condotta dalla Direzione distrettuale antimafiaTatarella, consigliere comunale e vicecoordinatore regionale del partito, è candidato alle Europee nella circoscrizione Nord-Ovest. Altitonante, coordinatore di Forza Italia a Milano da tre anni e mezzo, è sottosegretario in Regione Lombardia con delega all’area Expo. Insieme hanno presentato diverse iniziative, come quando nel 2015 affiancarono Francesco Sicignano, l’uomo che sparò a un ladro a Vaprio d’Adda, nella conferenza Sicurezza e legittima difesa: politica, strategia e azioni. Chi sono i due consiglieri forzisti arrestati?

Fabio Altitonante è coordinatore di Forza Italia a Milano dalla fine del 2015 e sottosegretario alla Rigenerazione e sviluppo area Expo in Regione Lombardia dal 2018. Ha 45 anni: nato a Teramo, è vissuto in Abruzzo fino al diploma al liceo classico. A Milano si trasferisce per studiare al Politecnico dove si laurea in Ingegneria gestionale: è libero professionista dal 2005. Ricopre incarichi elettivi dal 2001 quando fu eletto nel consiglio della Zona 3 di Milano (la zona del Politecnico, appunto). Nel 2006 viene eletto per la prima volta al consiglio comunale di Milano: a Palazzo Marino si occupa in particolare di ambiente, urbanistica, casa. Nella sua mini-biografia sul sito della Regione si legge che da una sua proposta “si introduce il concetto di case low cost e l’edilizia convenzionata assume un ruolo strategico nella programmazione comunale”. Dal 2008 al 2012 è presidente della Napoli Metro Engineering, che si occupa della progettazione e della direzione lavori della metropolitana di Napoli. La gavetta continua e la scalata pure. Diventa assessore della Provincia di Milano con deleghe a Territorio, infrastrutture, casa e acqua pubblica.

Nel 2013 diventa consigliere regionale della Lombardia e ancora una volta si occupa di territorio e infrastrutture. E case, di nuovo: è tra i promotori della riforma delle case popolari. Grazie a una sua proposta, sottolinea nel suo sito, nasce a Milano il polo per la mamma, il bambino e l’età evolutiva, con l’unione di Fatebenefratelli, Macedonio Melloni, Buzzi e Sacco. Nel frattempo, da giugno 2013 alla metà del 2015, tiene anche un’altra poltrona, al consiglio di sorveglianza di Infrastrutture Lombarde Spa.
Pietro Tatarella, 36 anni, è nato a Milano e cresciuto a Baggio, da famiglia pugliese. I genitori, diceva in una vecchia intervista, “mi hanno insegnato rispetto, onestà e umiltà, tutti i valori di cui vado fiero e sui quali ho pesato ogni singola decisione presa nella mia vita”. Anche lui parte dal consiglio di zona, la 7 (che comprende anche Baggio, oltre ad altri quartieri della zona Est della città). Si candida per la prima volta al consiglio regionale a 22 anni, poi collabora con l’allora assessore (poi diventato deputato) Stefano Maullu. A Palazzo Marino siede dal 2011. Aveva più volte invocato la necessità di un cambiamento dentro Forza Italia tanto che voci lo davano in uscita (e in ingresso in un altro dei partiti del centrodestra). Poi i dissidi con i vertici lombardi di Forza Italia sono finiti quando è diventato vicecoordinatore regionale ed è entrato nelle liste dei candidati delle Europee.

Tangenti in Lombardia, 43 misure cautelari: coinvolti politici e imprenditori.



Arresti per tangenti, bufera su Forza Italia in Lombardia (ansa)

In manette anche il consigliere regionale Fabio Altitonante, sottosegretario all'area Expo della Regione Lombardia, e il consigliere comunale milanese e vicecoordinatore regionale di Forza Italia Pietro Tatarella.

Tangenti in Lombardia, il video delle mazzette pagate al tavolino del bar: 
https://tg24.sky.it/cronaca/2019/05/07/tangenti-lombardia-video.html
Sono il consigliere regionale Fabio Altitonante, sottosegretario all'area Expo della Regione Lombardia, e il consigliere comunale milanese e vicecoordinatore regionale Pietro Tatarella, candidato alle Europee, i due esponenti di Forza Italia al centro della maxi operazione della Dda di Milano eseguita questa mattina in Lombardia e Piemonte. Altitonante, accusato di corruzione, è finito ai domiciliari mentre Tatarella in carcere per associazione per delinquere e corruzione. L'inchiesta, in cui figurano 95 indagati, ha al centro due gruppi criminali attivi tra Milano e Varese e costituiti da esponenti politici, amministratori pubblici e imprenditori. I carabinieri di Monza e la guardia di finanza di Varese hanno eseguito 43 ordinanze di custodia cautelare, di cui 12 in carcere. Nell'inchiesta figura inoltre una richiesta di autorizzazione inviata alla Camera dei Deputati per l'arresto, con l'accusa di finanziamento illecito, del parlamentare di Forza Italia Diego Sozzani.
Il sistema corruttivo.
"L'indagine ha preso un'accelerazione con la campagna elettorale politica dell'anno scorso" per la Regione Lombardia, spiega il PM della Dda di Milano Silvia Bonardi. "Il protagonista è l'imprenditore D'Alfonso - aggiunge Bonardi - che fa la 'semina' tra i politici. E' Pietro Tatarella che lo accompagna in questo incontro con il mondo politico. Sulla carta, Tatarella è consulente stabile della Ecol-Service srl, ed è lui a suggerire chi finanziare. Lo convince anche a effettuare operazioni di triangolazione di finanziamento in cui D'Alfonso è intermediario".  

Chi sono Altitonante e Tatarella.
Fabio Altitonante, 44 anni, nato a Teramo, è laureato in Ingegneria gestionale al Politecnico di Milano. Libero professionista, esperto in Certificazione Qualità, energetica e aziendale, nel 2013 è eletto consigliere regionale in Lombardia ed è stato componente delle Commissioni Territorio e Infrastrutture, Sanità e Politiche sociale e Ambiente e Protezione civile. In precedenza ha ricoperto l'incarico di assessore al Territorio, Infrastrutture, Casa e Acqua pubblica della Provincia di Milano ed è stato consigliere comunale a Milano. Attualmente ha, in qualità di sottosegretario, la delega a Rigenerazione e sviluppo area Expo ed è commissario cittadino di Forza Italia a Milano. Pietro Tatarella, 36 anni, è dagli anni '90 impegnato per Forza Italia, di cui è attualmente vice coordinatore regionale. E' nato e cresciuto a Milano, nel quartiere periferico di Baggio. Per il Comune Tatarella è stato eletto due volte, la seconda con circa 5.500 preferenze, ed è candidato alle prossime elezioni europee.

I filoni di indagine.
Diversi i filoni dell'inchiesta coordinata dalla Dda di Milano. Per gli inquirenti il personaggio principale è l'imprenditore del settore rifiuti e bonifiche ambientali Daniele D'Alfonso della Ecol-Service srl, anch'egli arrestato. D'Alfonso risponde dell'aggravante di aver favorito la 'ndrangheta, in quanto con gli appalti ottenuti in cambio di tangenti avrebbe dato lavoro agli uomini della famiglia calabrese dei Molluso di Buccinasco. D'Alfonso inoltre, secondo la ricostruzione di inquirenti e investigatori, avrebbe avuto a libro paga il consigliere comunale milanese e vice coordinatore lombardo di FI Pietro Tatarella, 'stipendiato' con 5mila euro al mese. In cambio il consigliere avrebbe favorito l'imprenditore negli appalti dell'Amsa, in particolare, e l'avrebbe introdotto in altri appalti a Varese e a Novara, dove sarebbe stato attivo il parlamentare di FI Diego Sozzani. "Mi ha fatto dieci cose per centomila, ok, e sto guadagnando", avrebbe detto Daniele D'Alfonso, parlando, intercettato, di una presunta tangente da 100 mila euro in favore di Mauro De Cillis, responsabile operativo di Amsa, l'azienda milanese di servizi ambientali, finito in carcere. Nell'inchiesta sono stati arrestati anche i vertici di altre società partecipate, come Prealpi servizi e Alfa srl.

Le mire sull'Area ex Expo.
Tatarella e D'Alfonso si sarebbero incontrati da Berti, il ristorante milanese nei pressi degli uffici della Regione e già comparso in molte indagini milanesi, e che dagli indagati è chiamato "la mensa dei poveri", definizione che ha dato il nome all'indagine della Dda. Per il Gip Mascarino, poi, c'è "un'ombra quanto mai allarmante sulle modalità con le quali" Fabio Altitonante "potrà gestire la delicatissima delega alla 'Rigenerazione e sviluppo dell'Area ex Expo'". 
In un'intercettazione del 31 ottobre 2018 Tatarella conversando con un imprenditore, spiega il Gip, "spende il nome della Ecol-Service qualificandosi come socio dell'impresa (in realtà egli figura unicamente come consulente con partita iva) e proponendogli una collaborazione". Ciò che rileva, riassume il giudice, è che il consigliere comunale "per mettere in evidenza le potenzialità della 'propria' impresa, sottolinea il suo ruolo di 'collettore' con il mondo istituzionale", dicendo: "io su tutti i contatti diciamo legati all'istituzionale sono molto forte". E riferisce "di aver iniziato a lavorare per la multinazionale spagnola (Acciona spa) presso la quale ha conosciuto il fornitore con il quale adesso lavora", ossia Daniele D'Alfonso, l'imprenditore arrestato. Nel corso del dialogo dice ancora: "l'ex area dove c'era l'expo infatti stiamo cercando di capire se riusciamo ad entrarci un po' pure noi". E "confida di conoscere bene Giuseppe Bonomi, amministratore delegato di Arexpo, e di poter contare su conoscenze istituzionali molto forti". Tatarella, prosegue il Gip, "si avvale della sua funzione pubblica e delle relazioni esistenti con altri Pubblici Ufficiali per incamerare lavori con altre imprese, offrendosi, in caso di alleanze commerciali con questi ultimi, di svolgere anche nel loro interesse, operazioni di illecita intermediazione verso altri Pubblici Ufficiali, nel caso di specie, con l'amministratore delegato di Arexpo, sfruttando le relazioni effettivamente esistenti e accertate dalle intercettazioni". Un "affare", conclude il Gip, quello dell'area ex Expo, che "coinvolge interessi economici di portata milionaria".

Il Gip: "Finanziamenti illeciti a Fratelli d'Italia". 
L'imprenditore D'Alfonso, scrive il Gip nell'ordinanza cautelare, "in occasione della campagna 2018 per le consultazioni politiche e regionali" avrebbe corrisposto "sistematici finanziamenti illeciti a soggetti politici", tra cui Fabio Altitonante, Diego Sozzani, parlamentare di FI, e Angelo Palumbo, anch'egli di FI, "nonché al partito 'Fratelli d'Italia'". Stando ad una delle circa 30 imputazioni dell'inchiesta, Damiano Belli "legale rappresentante della Ambienthesis spa" e Andrea Grossi "amministratore di fatto della stessa" avrebbero elargito "al partito Fratelli d'Italia Alleanza nazionale un contributo economico di complessivi Euro 10.000, in assenza della prescritta delibera da parte dell'organo sociale competente e senza annotare l'elargizione nel bilancio d'esercizio". Il presunto finanziamento illecito sarebbe avvenuto il 5 marzo del 2018 "su richiesta" di Daniele D'Alfonso "a sua volta azionato dal Grossi" e con un bonifico sul conto corrente "intestato a Fratelli d'Italia Alleanza Nazionale, BPM filiale di Roma Montecitorio". Nell'ordinanza si fa notare che l'imprenditore D'Alfonso avrebbe finanziato illecitamente esponenti "tutti riconducibili alla coalizione di centro destra che risulterà vincente nelle elezioni regionali e politiche" dello scorso anno.

Il ruolo di Caianiello.
Un secondo filone, quello di Varese, ha come personaggio principale l'ex coordinatore provinciale di Forza Italia a Varese Gioacchino Caianiello, finito in carcere per associazione per delinquere e corruzione. Caianiello, scrive il Gip nell'ordinanza cautelare, "è al centro di un potentissimo network di conoscenze, interessi, legami che avvincono il potere legale a quello illegale, l'economia alla politica". Il Gip Mascarino ha sottolineato che l'esponente di FI ha manifestato il timore di essere arrestato e l'intenzione di "trasferirsi in Islanda". Inoltre Caianiello, scrive il Gip in base alle intercettazioni, riguardo alla nomina pilotata di Davide Borsani come dirigente della società a totale partecipazione pubblica Alfa di Varese "confessa (...) che la stessa è frutto di un accordo politico preventivo, di cui asserisce di aver reso edotto anche il coordinatore provinciale della Lega Matteo Bianchi". "Lo avevo detto a Matteo Bianchi che c'era l'accordo che prendevo Borsani, no? - dice infatti Caianiello nelle intercettazioni - E' un accordo che è stato fatto al tavolo politico!". Secondo il giudice "il sistema di potere che fa capo" all'ex coordinatore varesino di FI "anche con riferimento ad Alfa, si esprime attraverso la collocazione nei ruoli chiave della società di persone a lui direttamente riferibili". Dalle intercettazioni "emerge un impietoso quadro nel quale tutte le decisioni più importanti - annota il giudice - sono di fatto adottate, ex ante, da Caianiello e solo formalmente ratificate, ex post, all'interno del Consiglio di amministrazione". E riguardo all'episodio specifico della nomina di Borsani il giudice annota che "ancora una volta, la collocazione da parte di Caianiello di uomini di suo riferimento nei posti dirigenziali di una società partecipata, rappresenta la premessa per l'ottenimento, da parte del soggetto designato, di successive utilità". La società Alfa è stata costituita nel giugno 2015 ed è diventata operativa nell'aprile successivo. I suoi soci sono attualmente la Provincia di Varese con 109 Comuni e gestisce il servizio idrico integrato e la distribuzione dell'acqua, la fognatura e la depurazione delle acque reflue, progetta e realizza nuovi impianti e cura la manutenzione di quelli esistenti.

Istigazione alla corruzione nei confronti di Attilio Fontana
Caianiello, insieme al direttore generale dell'ente Afol Metropolitana, Giuseppe Zingale, avrebbe proposto nell'aprile 2018 al governatore lombardo Attilio Fontana, "consulenze onerose in favore dell'avv. Luca Marsico, socio dello studio professionale Fontana-Marsico" in cambio della nomina, non avvenuta, di Zingale alla "direzione generale Istruzione Lavoro e Formazione della Regione". Fontana, parte offesa di una presunta istigazione alla corruzione, non risulta indagato. "Sull'episodio contestato nell'ordinanza di custodia cautelare emessa oggi il governatore lombardo Attilio Fontana è parte offesa - ribadisce il procuratore di Milano Francesco Greco -. E' in corso di valutazione la posizione del governatore sull'episodio relativo all'incarico ottenuto in Regione dal suo socio di studio, Luca Marsico". Il governatore lombardo Attilio Fontana "sarà sentito prossimamente, non sappiamo ancora in quale veste. Non lo abbiamo interrogato prima perché aspettavamo che venissero eseguite le misure cautelari", aggiunge il PM Greco, che sottolinea: "Da tempo in Lombardia politica e imprenditoria locale sono colluse con le cosche del territorio, come evidenziato da tantissime indagini della Dda. C'è una sinergia tra le cosche della 'ndrangheta e imprenditori del luogo". "La nostra preoccupazione in questo momento - conclude il PM - è che magistrati e forze dell'ordine sono pochi per contrastare la criminalità organizzata. La Dda ci ha chiesto aiuto perché è sotto organico".

Il commento di Attilio Fontana.
"Non dico nulla, ho letto che io sono parte offesa. Quindi per rispetto della magistratura le cose che dovrò dire le dirò a loro". Così il governatore della Regione Lombardia, Attilio Fontana. "Se incide sulla candidatura? Penso proprio di no - ha aggiunto Fontana uscendo dal Coni, dove si è svolto un incontro sulla candidatura olimpica di Milano e Cortina ai Giochi invernali del 2026 -. Se c'è qualcuno che ha commesso degli errori non credo possa incidere sulla corsa olimpica".

Le accuse.
Le accuse sono, a vario titolo, di associazione per delinquere aggravata dall'aver favorito una cosca mafiosa e finalizzata a corruzione, finanziamento illecito ai partiti, turbata libertà del procedimento di scelta del contraente, false fatturazioni per operazioni inesistenti, auto riciclaggio e abuso d'ufficio, nell'inchiesta coordinata dal procuratore aggiunto e responsabile della Dda Alessandra Dolci e dai PM Silvia Bonardi, Adriano Scudieri e Luigi Furno.

Le ordinanze cautelari.
Le ordinanze di misura cautelare sono in corso di esecuzione nelle province di Milano, Varese, Monza e Brianza, Pavia, Novara, Alessandria, Torino e Asti. Delle 43 persone destinatarie del provvedimento, firmato dal Gip Raffaella Mascarino, 12 sono finite in carcere, 16 ai domiciliari, 3 con obbligo di dimora e 12 con obbligo di firma. Di queste solo 9 sono accusate di associazione a delinquere. Sono duecentocinquanta i militari, tra carabinieri e finanzieri impegnati dalle prime luci dell'alba nell'operazione.

Il commento della politica.
"Ringrazio sempre le forze dell'ordine quando arrestano corrotti e corruttori", commenta il ministro degli Interni Matteo Salvini, che in merito al coinvolgimento di Fontana aggiunge: "Se qualcuno ha tentato di corrompere un governatore leghista che non si è fatto corrompere sono doppiamente orgoglioso". Parlando dell'inchiesta, Salvini sottolinea che "se c'è prova di colpevolezza tanti saluti a prescindere dal colore politico, però la colpa va dimostrata". "Rispetto all'arresto di un sottosegretario della giunta regionale, ci sembra doveroso che il presidente Fontana appena possibile venga a riferire in Aula quello di cui è a conoscenza - dichiara il capogruppo del Pd, Fabio Pizzul, intervenendo in Consiglio regionale -. Abbiamo letto che sarebbe parte lesa ma per una questione di trasparenza e chiarezza ci aspettiamo una sua comunicazione al più presto". Alla richiesta del Pd si è unito il capogruppo del Movimento 5 Stelle Andrea Fiasconaro: "Fontana ha una grossa responsabilità politica nell'aver scelto Altitonante. Non deve venire quando ha tempo, ma sarebbe già dovuto essere in quest'Aula per riferire non ai 5 Stelle ma ai cittadini lombardi". Alla richiesta dei capigruppo ha risposto il presidente del Consiglio regionale lombardo Alessandro Fermi, dicendo che Fontana "ha appreso la notizia di questi fatti stamattina e conoscendolo sono certo che non si sottrarrà come non lo ha mai fatto".  "Fontana non è qui perché si sta occupando di fatti concreti, le Olimpiadi, che interessano i cittadini lombardi e veneti", ha aggiunto il capogruppo della Lega Roberto Anelli.

La mozione dei M5S.
Il Movimento 5 Stelle nel frattempo ha presentato una mozione urgente in Consiglio regionale della Lombardia per chiedere al presidente della Regione Attilio Fontana la revoca immediata dell'incarico di sottosegretario della giunta a Fabio Altitonante. "I fatti di reato in questione, la cui gravità è testimoniata all'applicazione di misure cautelari personali coercitive, sembrerebbero configurare un sistema consolidato ed endemico di comportamenti illeciti nell'ambito dell'amministrazione della Regione Lombardia", si legge nel testo depositato dai 5 Stelle, motivo per cui "è indifferibile l'adozione da parte del Consiglio regionale di un atto di indirizzo politico".

Zingaretti indagato per finanziamento illecito.

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Nicola Zingaretti, proclamato appena domenica scorsa dall’assemblea nazionale del Pd segretario del partito dopo aver vinto con il 66% dei voti le primarie del 3 marzo scorso, sarebbe indagato dalle procure di Roma e di Messina per finanziamento illecito. Secondo quanto riportato dall’Espresso on line il nome di Zingaretti emerge dagli interrogatori degli avvocati siciliano Piero Amara e Giuseppe Calafiore: arrestati nel febbraio 2018 per corruzione in atti giudiziari, hanno poi patteggiato 3 e 2,9 anni a testa.
Sotto inchiesta anche Berlusconi.
Sotto inchiesta ci sarebbe anche Silvio Berlusconi per corruzione in atti giudiziari su una sentenza del Consiglio di Stato che, secondo l’accusa, gli consentì di non cedere parte del pacchetto azionario di Mediolanum così come aveva invece stabilito la Banca d’Italia. Per quanto riguarda invece il neo segretario del Pd l’inchiesta è invece portata avanti dai pm Paolo Ielo e Stefano Fava e prende spunto dalle dichiarazioni di Calafiore in un interrogatorio del luglio scorso. Tra l’altro Calafiore si sarebbe detto sicuro di non essere arrestato grazie a erogazioni fatte per favorire l’attività politica di Zingaretti. Ma finora, precisa l’articolo dell’Espresso, prove di tali presunte erogazioni non sarebbero state trovate.
Zingaretti fiducioso
Immediata la reazione di Zingaretti, che si dice estraneo ai fatti e fiducioso: «In merito all’articolo dell’Espresso sulla mia iscrizione nel registro degli indagati della Procura di Roma per un presunto finanziamento illecito, voglio affermare di essere estremamente tranquillo perché forte della certezza della mia totale estraneità ai fatti che, peraltro, sono stati riferiti come meri pettegolezzi “de relato” e senza alcun riscontro, come affermato dallo stesso articolo del
settimanale». E ancora: «Mai nella vita ho ricevuto finanziamenti in forma illecita e attendo quindi con grande serenità che la giustizia faccia tutte le opportune verifiche per accertare la verità».
L’attacco dei pentastellati.
Sulla vicenda, però, salgono subito i pentastellati. «Questo sarebbe il nuovo che avanza? Cambiano i segretari ma gli affari oscuri sembrano rimanere di casa nel Pd. Zingaretti abbia il pudore di mollare la nuova poltrona», dice il sottosegretario agli Affari esteri Manlio Di Stefano. E altri, come il vicepresidente del Movimento 5 stelle alla Camera Francesco Silvestri, parlano di perdita del pelo ma non del vizio ricordando che Zingaretti era finito sotto inchiesta anche con Mafia Capitale.
Zingaretti: non mi faccio intimidire dalle bassezze del M5S.
«Non mi faccio intimidire dalle bassezze del M5s - è la ferma replica di Zingaretti -. Comprendi la disperazione per il disastro politico che stanno combinando, per essere da mesi succubi del loro alleato di governo, per essere in caduta libera nel gradimento dei cittadini e per le batoste elettorali avute in Abruzzo e Sardegna. Ma se pensano di aggrapparsi alle fantasie di qualcuno sbagliano di grosso».