Siccome gli sciacalli da tastiera e i virologi da poltrona sono tutti intenti a dare retta ai due Matteo e a raccontarci quanto staremmo meglio con un altro governo, possibilmente di destra o comunque con la destra, secondo le formule del governissimo di unità nazionale o di salute pubblica (battutona), o direttamente del supercommissario-dittatore, li prendiamo sul serio. Come gli autori di quei romanzi che immaginano come sarebbe il mondo se la Seconda guerra mondiale l’avesse vinta Adolf Hitler.
Ipotesi del primo tipo.
L’estate scorsa, dopo la crisi del Papeete, il Pd segue gli amorevoli consigli di Repubblica-Espresso-Stampa-Messaggero-Corriere. I 5Stelle, anziché a Grillo, danno retta a Paragone. Mattarella si attiene alla scuola di pensiero costituzionale di Sallusti-Feltri-Sgarbi-Maglie-Capezzone. E si va alle elezioni anticipate a novembre. Salvini vince e forma il suo primo governo con B., Meloni e i loro statisti. Sorvolando sull’esercizio provvisorio, l’aumento dell’Iva, la procedura d’infrazione Ue, le figure di merda nazionali e internazionali, si arriva alla crisi coronavirus. Salvini disdetta subito Schengen e chiude le frontiere, levando le castagne dal fuoco ai governi europei più anti-italiani che ci trattano da untori e non vogliono più farci uscire dall’Italia. Poi chiude i porti, salvo accorgersi che non arriva più un immigrato neppure a pagarlo (gli scafisti sono i primi a mettersi in autoquarantena). E rimpatria con un ponte aereo verso la Cina tutti i cinesi in Italia, che contano ben due positivi al virus contro migliaia di italiani. Le regioni dei due focolai, Lombardia e Veneto, leghiste ma amministrate da gente un po’ meno insensata di lui, adottano misure restrittive per contenere il contagio, che c’entra poco con cinesi e africani e molto con i padani. Ma il premier, convinto dagli amici Trump e Johnson che il Covid-19 sia un’invenzione dell’Oms, del Mes e delle Ong, tesi confermata dalla rivista scientifica Libero (“Virus, ora si esagera”, “Veneti e lombardi: ‘Fateci lavorare, basta con le restrizioni’”), sale al Quirinale e dice: “Riaprire, riaprire tutto: palestre, musei, gallerie, stadi, bar, centri commerciali, fabbriche, negozi, discoteche”. Fontana e Zaia chiedono ai virologi se per caso il coronavirus attacchi anche le vie cerebrali, poi si rassegnano all’evidenza del tampone: il premier è negativo al coronavirus, ma positivo al cazzarovirus, e non da ora. Infatti i contagiati sono 1 milione, i morti a 50 mila e persino gli scienziati di Libero insultano chi minimizzava (cioè se stessi) e chiedono di chiudere tutto.
Al che Salvini dichiara: “Ho sempre detto che chiudere la Lombardia non basta e la zona arancione in tutt’Italia neppure. Subito serrata di tutto il Paese e zona rossa per l’intera Europa”. In preda allo sconforto, Fontana s’iscrive al Pd e Zaia ai 5Stelle.
Ipotesi del secondo tipo.
Il 25 febbraio, dalle fertili menti del Cazzaro Verde e del Cazzaro Innominabile, nasce il governissimo Draghi (non Mario, che ha cortesemente declinato, ma Matìas, portiere della squadra di calcio argentina Estudiantes de Mérida), sostenuto da tutti i partiti fuorché i 5Stelle. Un governo del fare. Un governo smart-trendy- smile-friendly-choc, che ha pure il pregio di liberarci da Conte, notoriamente poco serio. Infatti, fra i nuovi ministri, svettano Salvini all’Interno, B. alla Giustizia, l’Innominabile agli Appalti Consip e Famiglia (la sua) e Sala all’Expo-Salute e Retrodatazione Appalti. Il quale Sala rilascia un’intervista a Repubblica: “Riapriamo Milano”, “non si può spegnere tutto, iniziamo dai musei”. E lancia l’hashtag #milanononsiferma, con apposita t-shirt bianca e video di gaia normalità, subito rilanciato dall’Innominabile (“ripartire si può, tutti insieme. Lo dimostra questo bellissimo video su Milano che mi piace condividere con voi”). Appena sei giorni dopo, Sala aderisce all’hashtag #iostoacasa e invita i milanesi a non credere al sindaco cazzaro che li esortava a non fermarsi: “Rimanete in casa il più possibile”. Ammirato da tanta coerenza, Salvini gli regala la tessera ad honorem della Lega.
Ipotesi del terzo tipo.
Pressato dai due Cazzari e dalla stampa al seguito, Conte nomina Guido Bertolaso supercommissario con pieni poteri all’emergenza coronavirus. Ma i due Cazzari ripetono in stereofonia che “Bertolaso non basta”, così arriva anche un secondo supercommissario, con pieni poteri fratto due: Gianni De Gennaro, con delega alla repressione dei renitenti alle prescrizioni. Memore della radiosa esperienza del G8 di Genova 2001, con particolare riferimento alle scorribande indisturbate dei black bloc e delle botte da orbi ai manifestanti inermi che dormivano nella scuola Diaz o venivano interrogati nella caserma di Bolzaneto, Supergianni fa subito manganellare chi sta a casa propria, mentre chi gironzola e socializza senza motivo non ha nulla da temere. Dal canto suo, Superguido richiama in servizio la squadra vincente che aveva ben meritato sul terremoto in Abruzzo e sull’altro G8, quello fissato alla Maddalena e poi traslocato all’Aquila. E cioè Bernardo De Bernardinis, che minimizza l’emergenza virus con le stesse parole usate alla vigilia della scossa mortale del 6 aprile 2009: “Bevetevi un bel bicchiere di Montepulciano”, possibilmente tutti dallo stesso bicchiere. Balducci e De Santis invece si occupano dell’appalto per le mascherine e i respiratori. Ma purtroppo vengono riarrestati nel giro di mezz’ora per averlo affidato a un’impresa di pulizie e giardinaggio dell’amico Diego Anemone, ovviamente senza gara. Così Bertolaso può annunciare trionfalmente a reti unificate:
“Finalmente l’Italia è tornata alla normalità”.
“Finalmente l’Italia è tornata alla normalità”.
FQ 12 marzo