1996. Stefania Ariosto rivela a Ilda Boccassini che B. e gli avvocati Previti e Pacifico compravano giudici e sentenze. Giornale e Panorama accusano la Boccassini di aver offerto 500 milioni a un pentito per incastrare l’ex pm e deputata FI Tiziana Parenti in un traffico di droga: tutto falso. Allora Renato Farina, sul Giornale di Feltri, scrive che la Boccassini ha arrestato ingiustamente una somala, Sharifa, sottraendole il marito e due bambini (“Quella Procura che rapisce i bambini”): balle anche quelle.
1998. L’Avanti! pubblica un falso dossier sulla Ariosto agente dei servizi segreti. E i media berlusconiani la accusano di essere prezzolata dalla Finanza: altra maxi-balla, con le solite condanne per diffamazione. Ma ecco due nuove campagne sulle testate di B. (Rai inclusa) contro la Boccassini e Gherardo Colombo: i due pm avrebbero manipolato con lo Sco l’intercettazione dei giudici romani Renato Squillante e Francesco Misiani al bar Mandara (tutto falso, appurerà il gup di Perugia). E occultato le prove dell’innocenza di B. e Previti nel fascicolo segreto 9520/95, negato illegalmente ai difensori (tutte balle, stabilirà il gup di Brescia).
2001.Mentre il governo B. è impegnato ad abolire le rogatorie che incastrano il premier e Previti e a opporsi al mandato di arresto europeo, Panorama e Giornale pubblicano uno scoop di Lino Jannuzzi (“Il gioco dei quattro congiurati”) che racconta nei dettagli un incontro segreto in un hotel di Lugano fra la Boccassini e i colleghi Carlos Castresana, Carla Del Ponte ed Elena Paciotti per architettare l’arresto del presidente del Consiglio. Poi i congiurati dimostrano che quel giorno si trovavano in quattro città diverse e piuttosto lontane: Boccassini a Milano, Castresana a Madrid, Paciotti a Bruxelles, Del Ponte in Tanzania. Jannuzzi, anziché andare a nascondersi, giura di avere “le prove”. Il Cda di Panorama chiede lumi al direttore Carlo Rossella. Che difende Jannuzzi perché, vertice o non vertice, “il problema esiste”. Sarà condannato per diffamazione. Jannuzzi si farà eleggere al Senato e nominare al Consiglio d’Europa, con doppia immunità.
2003. La Cassazione sta per decidere sulla richiesta di B. di traslocare i processi a Brescia per “legittimo sospetto”. La triade Tg1-Studio Aperto-Giornale spara un nuovo scoop. In una bacheca della IV sezione del Tribunale di Milano, quella del processo Mondadori, i giudici avrebbero affisso foto di Previti sotto una frase di Platone contro i tiranni: la prova del nove che tutti i giudici milanesi sono prevenuti. Ma è una bufala. Le foto, ritagliate dai giornali, non sono nell’ufficio dei giudici, ma dietro una colonna della stanza di una cancelliera.
E la frase di Platone non c’entra: è lì appesa da 12 anni e non è contro i tiranni, ma contro i governi troppo corrivi con i moti di piazza.
2009. Il giudice civile Raimondo Mesiano condanna la Fininvest e B. a risarcire con 750 milioni di euro Carlo De Benedetti per lo scippo della Mondadori col famoso verdetto comprato e definisce il premier “corresponsabile nella corruzione” del giudice Vittorio Metta. E viene linciato da tv e giornali berlusconiani e pedinato dalle telecamere di Mattino 5 dal barbiere e al parco zoomando sui suoi calzini turchesi. “Tra la stravaganza del personaggio e la promozione del Csm, qualcosa non funziona”, denuncia il direttore Claudio Brachino. E Sallusti: “Non è solo stravaganza fisica, ma anche professionale”. Brachino verrà sospeso dall’Ordine dei giornalisti per due mesi.
2011. B. è indagato per la prostituzione minorile di Ruby e le chiamate in Questura per farla rilasciare. Il Giornale di Sallusti contrattacca con “Gli amori privati della Boccassini”, che nel lontano 1981 fu sorpresa da un“addetto alle pulizie del tribunale” nientemeno che a “baciare un cronista di Lotta Continua”.
2013. Il processo Mediaset (B. condannato in I e II grado a 4 anni per frode fiscale) arriva in Cassazione. Il Giornale blandisce il presidente Esposito e i giudici Franco, D’Isa, Aprile e De Marzo: “toghe moderate e di lungo corso”. Ma, appena questi condannano B., per i suoi house organ diventano dei farabutti. Tranne Franco, risparmiato chissà perché dal linciaggio, sebbene abbia firmato la sentenza come gli altri. Il Giornale accusa Esposito di aver definito B. “grande corruttore” e “genio del male” in una cena privata a Verona nel lontano 2009. Lui smentisce. Libero e Panorama gli scagliano addosso le accuse più fantasiose: persino una cena con l’attore Franco Nero, oltre al solito fango su tutti i parenti fino al terzo grado. Anche i giornali “indipendenti”, Corriere, Sole 24 Ore, La Stampa e Messaggero, sdraiati sul governo Letta Pd-FI, attaccano la sentenza e invocano l’amnistia o la grazia. Il Mattino intervista Esposito, che risponde solo su questioni generali senza entrare nel processo, ma poi gli infilano una domanda mai fatta sulla condanna di B. Un assist al Pdl, che scatena il putiferio, ricorre a Strasburgo, chiede la testa del giudice e la revisione della sentenza. Esposito viene trascinato dinanzi al Csm, dove ovviamente sarà prosciolto da tutto. Intanto il suo collega Franco sta spifferando i segreti (peraltro falsi) della camera di consiglio al neopregiudicato armato di registratore. Ma questo ancora nessuno lo sa: se ne riparlerà soltanto sette anni dopo, su Rete4 e sul Giornale. Nella migliore tradizione della casa.
(2 – fine)