(Leoni)
Aspi aveva presentato ricorso contro il decreto con cui veniva istituito il commissario per la ricostruzione dell'opera, escludendo di fatto la società. La Consulta: "Scelta dettata dalla grave situazione". I 5Stelle esultano: "Avevamo ragione". Conte: "Una scelta che ci conforta".
"L'eccezionale gravità della situazione" giustifica l'esclusione di Aspi dai lavori per la ricostruzione del ponte di Genova. Con questa motivazione la Corte costituzionale ha respinto i 6 ricorsi del Tar della Liguria che aveva sollevato dubbi di costituzionalità sull'articolo 41 della Carta per l'esclusione di Aspi dalla ricostruzione del Morandi, il cui crollo provocò la morte di 43 persone. Era stata la società a rivolgersi al Tar per lamentare la violazione di una serie di diritti che sconfinavano, secondo i legali dell'azienda, nell'illegittimità costituzionale. La sentenza arriva nel giorno delle polemiche per la notizia che sarà Aspi a gestire il nuovo ponte di Genova, almeno fino alla possibile revoca della concessione. A reagire sono innanzitutto i 5Stelle: "Avevamo ragione". E Di Maio: "Grazie a Toninelli". "La sentenza ci conforta", dice il premier, Giuseppe Conte. "Conferma la piena legittimità costituzionale della soluzione normativa a suo tempo elaborata dal governo". Ma ecco il comunicato con cui la Corte ha annunciato la sua decisione.
Il comunicato della Corte.
"La Corte costituzionale ha esaminato nell'odierna camera di consiglio le questioni sollevate dal Tar della Liguria riguardanti numerose disposizioni del Decreto legge n. 109 del 2018 (cosiddetto Decreto Genova) emanato dopo il crollo del Ponte Morandi. Il Decreto ha affidato a un commissario straordinario le attività volte alla demolizione integrale e alla ricostruzione del Ponte nonché all'espropriazione delle aree a ciò necessarie. Inoltre, è stato demandato al commissario di individuare le imprese affidatarie, precludendogli di rivolgersi alla concessionaria Autostrade Spa (Aspi) e alle società da essa controllate o con essa collegate. Infine, il Decreto impugnato ha obbligato Aspi a far fronte ai costi della ricostruzione e degli espropri.In attesa del deposito della sentenza, l'Ufficio stampa fa sapere che la Corte ha ritenuto non fondate le questioni relative all'esclusione legislativa di Aspi dalla procedura negoziata volta alla scelta delle imprese alle quali affidare le opere di demolizione e di ricostruzione. La decisione del Legislatore di non affidare ad Autostrade la ricostruzione del Ponte è stata determinata dalla eccezionale gravità della situazione che lo ha indotto, in via precauzionale, a non affidare i lavori alla società incaricata della manutenzione del Ponte stesso. La Corte ha poi dichiarato inammissibili le questioni sull'analoga esclusione delle imprese collegate ad Aspi e quelle concernenti l'obbligo della concessionaria di far fronte alle spese di ricostruzione del Ponte e di esproprio delle aree interessate".
La ricostruzione del caso.
Il ricorso affrontato oggi dalla Consulta era intitolato "Aspi contro la presidenza del Consiglio dei ministri e altri undici". Fra questi "undici" c'era soprattutto la struttura commissariale, presieduta da Marco Bucci, il sindaco di Genova e commissario per la ricostruzione del ponte Morandi, che ha poi ricostruito il viadotto sul Polcevera.Con il celebre decreto Genova, poi diventato legge, Autostrade per l'Italia era stata estromessa dalle attività di ricostruzione del Ponte Morandi, affidate al Commissario straordinario con spese a carico del concessionario. Aspi aveva presentato una serie di ricorsi al Tar Liguria. L'elenco delle presunte violazioni di diritti costituzionali era lungo e ruotava in primis attorno al mancato rispetto della Convenzione fra Stato e concessionaria. Soprattutto sull'imposizione ad Aspi, lasciata fuori dalla porta della ricostruzione, dei costi per il nuovo viadotto ma anche di quelli per i risarcimenti alle imprese e agli sfollati: "Non è dato comprendere - hanno scritto i giudici del Tar - con precisione sulla scorta di quali parametri economici sono state determinate le indennità per metro quadro".
I giudici, nelle sei ordinanze sul tavolo della Consulta, sostenevano "la sussistenza di un contrasto con i principi di separazione dei poteri, di difesa e del giusto processo, nonché del complesso delle disposizioni censurate con il principio di proporzionalità". E che "l'esclusione della società concessionaria dalle attività in questione costituirebbe una restrizione della libertà di iniziativa economica in contrasto con l'articolo 41 della Costituzione (che garantisce la libertà dell'iniziativa economica privata, ndr)".
L'esclusione di Aspi dalla ricostruzione, inoltre, era stata decisa in assenza di qualsiasi responsabilità accertata processualmente della società - visto che l'inchiesta della procura non è neppure arrivata all'udienza preliminare - nel crollo del 14 agosto 2018. Secondo i giudici del Tar "il legislatore" avrebbe "alterato il complesso di diritti e obblighi attribuiti alla ricorrente Aspi dalla Convenzione unica". Sulla base di queste considerazioni giuridiche il Tar ha sospeso il giudizio sul ricorso perché ha ritenuto "rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale". Ma oggi la Consulta ha bocciato queste argomentazioni. E ora, tra governo ed Autostrade, si preannuncia lo scontro finale.
https://www.repubblica.it/politica/2020/07/08/news/consulta_ponte_concessione_autostrade-261342237/?fbclid=IwAR3e0KZ4IO5QSURk2KcQolWOfSNpk0OK-Ku3oBDotin2XMp3cFtCJ9MEKME