mercoledì 23 giugno 2021

Qualcuno volò… - Marco Travaglio

 

Il 27 febbraio 2020, mentre l’Italia piange i primi morti per Covid, il premier X invita il presidente francese Emmanuel Macron a Napoli per un bilaterale su nuove misure europee contro la pandemia. Il 23 marzo consulta i leader di altri 8 Paesi Ue (Francia, Spagna, Portogallo, Belgio, Grecia, Irlanda, Lussemburgo e Slovenia) e con loro mette a punto una “Lettera dei Nove” al presidente del Consiglio europeo Charles Michel per proporre “uno strumento di debito comune emesso da una Istituzione dell’Ue per raccogliere risorse sul mercato a beneficio di tutti gli Stati membri… per un finanziamento stabile e a lungo termine delle politiche utili a contrastare i danni della pandemia”. È il primo cenno agli Eurobond o Coronabond. Germania e Paesi “frugali” del Nord guidati dall’Olanda rispondono picche: Eurobond mai, al massimo un Mes sanitario con condizionalità sospese sino a fine emergenza (all’Italia andrebbero 36-37 miliardi di prestiti). Il premier X rifiuta.

Il 26 marzo, al Consiglio europeo, sei ore di scontro fra i Nove e il fronte del Nord più Merkel, che dice: “Noi preferiamo il Mes, no ai Coronabond”. Il premier X lancia l’idea, perfezionata con Macron, di “titoli europei vincolati alla crisi Covid ed emessi una tantum”: gli “European Recovery Bond”. E avverte: “Nessuno vuole mutualizzare i debiti: ciascun Paese risponderà del proprio e l’Italia ha le carte in regola. Qui servono strumenti innovativi e adeguati a una guerra che dobbiamo combattere tutti insieme. Se qualcuno di voi pensa a meccanismi di protezione personalizzati del passato, non disturbatevi, potete tenerveli: l’Italia non ne ha bisogno”. E farà da sé con gli otto alleati. Merkel: “Il Mes è lo strumento che abbiamo, non capisco perché Giuseppe voglia minarlo”. Premier X: “Angela, tu e non solo tu guardate la realtà di oggi con gli occhiali di dieci anni fa. Il Mes è stato disegnato nella crisi dell’euro per i Paesi che hanno commesso errori”. Macron: “Il Mes serve per gli choc asimmetrici, questa pandemia è uno choc simmetrico. Ci riguarda tutti”. La presidente Bce Christine Lagarde si schiera coi Nove. I nordici chiedono un rinvio senza decidere. Il premier X pone il veto sulle conclusioni finali. E ottiene un nuovo testo che impegna i cinque europresidenti (Commissione, Consiglio, Parlamento, Eurogruppo e Bce) a presentare in 14 giorni un “Recovery Plan adeguato”. Risate e pernacchie sulla stampa italiana, che pressa il premier X perché chieda i 36 miliardi di Mes e lasci perdere la follia del Recovery. Per convincere i popoli dei Paesi più riottosi ad accettare i Coronabond, il premier X si fa intervistare da tv e giornali di tutta Europa.

Il 9 aprile l’Eurogruppo sospende le condizionalità al Mes, ma rinvia al Consiglio la decisione sui bond. Salvini e Meloni accusano il premier X di “alto tradimento” per aver chiesto il Mes di nascosto. Polemiche a non finire perché il premier X risponde che è tutto falso. Il 23 aprile, al Consiglio Ue, il premier X illustra la proposta dei Nove: un “Recovery Fund finanziato con bond comuni”. Von der Leyen l’appoggia e così pure, a sorpresa, Germania e frugali, che però non vogliono sussidi a fondo perduto, ma solo prestiti. Il 18 maggio, mentre l’Italia esce dal lockdown, Macron (per i Nove) e Merkel (per i frugali) propongono alla Commissione un Recovery Fund di 500 miliardi a fondo perduto raccolti con titoli comuni. È la metà di quanto chiedono la Von der Leyen e il premier X. Che dice: “Buona base di partenza, ma l’importo deve salire”. Il 27 maggio la Von der Leyen presenta un Recovery Fund di 750 miliardi (500 a fondo perduto, 250 di prestiti). All’Italia andrebbe la fetta più grossa: 172 miliardi, di cui 81,8 di sussidi e 90,9 da restituire.

Il premier X consulta le parti sociali e la società civile agli “Stati generali” per raccogliere idee sul Recovery Plan, sbeffeggiato dall’intera stampa italiana. Poi, in vista del decisivo Consiglio Ue del 17 luglio, incontra i colleghi Costa, Sánchez, Rutte e Merkel: “Non si scende di un euro sotto i 750 miliardi”. La stampa italiana invoca Draghi e vaticina che il premier X tornerà sconfitto: sia sul potere di veto dei singoli governi sui fondi agli Stati, sia sull’importo del Recovery (500 miliardi al massimo). Soprattutto i giornali di destra. Repubblica: “Ue, l’Italia all’angolo”. Giornale: “Conte Dracula. In Europa rischiamo di restare a secco”. Libero: “L’Ue non ci dà i soldi perché non si fida di Conte. Voi al suo posto cosa fareste?”. Verità: “La Merkel ci concederà poche briciole”. Il Consiglio Ue, anziché due giorni, ne dura quattro e all’alba del 21 luglio, dopo lunghe battaglie diurne e notturne con Rutte e i frugali, il premier X ottiene ciò che voleva: 750 miliardi e nessun potere di veto dei singoli Stati (solo un “freno di emergenza” a maggioranza in caso di inadempienze rispetto ai piani approvati dall’Ue). L’Italia ne avrà 36,5 in più del previsto: 81,4 a fondo perduto e 127,4 in prestito. Ora che ha vinto, il nome del premier X scompare dalle prime pagine italiane, sostituito da Merkel e Macron, mentre la stampa estera lo elogia. Ieri, a Cinecittà, la cerimonia per festeggiare la prima rata in arrivo del Recovery Fund, alla presenza della Von der Leyen e del premier Draghi.

Ps. Dicono gli ornitologi che il cuculo è noto per il “parassitismo di cova”, che consiste nel deporre il proprio uovo nel nido di altri uccelli.

IlFQ

Omofobia: il Vaticano contro il ddl Zan, 'viola il Concordato'. L'obiettivo "non è bloccare ma rimodulare" il ddl. - Città del Vaticano

 

La Santa Sede ha chiesto "informalmente" al governo italiano di modificare il disegno di legge contro l'omofobia. Letta: "Pronti al dialogo sui nodi". Ostellari: "Sediamoci per confronto".


Qualcuno lo vede come un intervento a gamba tesa, altri come una occasione per riaprire il dialogo tra i vari fronti opposti sulla questione. La Santa Sede ha ufficialmente chiesto al governo italiano di ripensare, "rimodulare" è la parola usata Oltretevere, il ddl Zan perché, così com'è ora, potrebbe configurare una violazione del Concordato, mettendo a rischio "la piena libertà" della Chiesa cattolica.

Un appunto che mons. Richard Gallagher, il diplomatico vaticano che tiene i rapporti con gli Stati, ha fatto pervenire sul tavolo del ministro degli Esteri Luigi Di Maio. Il premier Mario Draghi interverrà sulla questione domani. "Sarò in Parlamento tutto il giorno, mi aspetto che me lo chiedano e risponderò in maniera ben più strutturata di oggi. E' una domanda importante", ha assicurato rispondendo ai giornalisti. Un commento arriva anche dalla Presidente Ue Ursula von der Leyen: "I Trattati europei proteggono la dignità di ogni singolo essere umano e proteggono la libertà di parola, tra altri valori. E portare questi valori in equilibrio è un lavoro quotidiano nella nostra Ue", ha detto pur non entrando nella diatriba tutta italiana.

La maggioranza giallo-rossa difende a spada tratta la legge, da M5s al Pd. Il segretario Enrico Letta però lascia anche uno spiraglio al confronto: "Siamo pronti a guardare i nodi giuridici, siamo disponibili al dialogo, ma sosteniamo l'impianto della legge che è una legge di civiltà". Letta con il Pd vuole vedere approvata la legge, lo conferma anche oggi, e da una parte avrebbe attivato canali 'diplomatici' con il Vaticano per disinnescare il contenzioso, ma dall'altra si è subito confrontato con Di Maio. Italia Viva, che ha sempre auspicato un confronto più ampio, oggi, per bocca di Ettore Rosato, manda un segnale: "Proviamo ad ascoltarle queste obiezioni di merito che sono arrivate, non solo dal mondo cattolico". E anche dal fronte della Lega arrivano parole nella direzione di una apertura al confronto, senza il muro contro muro: "Sul ddl Zan io sono pronto a incontrare Letta, anche domani", dice Matteo Salvini. Una convergenza che fa scrivere ad Avvenire, il quotidiano dei vescovi: "Dal dibattito sul Concordato lo spunto per il dialogo". Quello che aveva chiesto il presidente della Cei, il card. Gualtiero Bassetti, anche sfidando l'anima più conservatrice della Chiesa italiana che ha fatto del ddl Zan un totem da abbattere. Sta di fatto, comunque, che è la prima volta che il Vaticano sfodera l' 'arma' del Concordato per chiedere la revisione di una legge italiana. La preoccupazione è che la libertà di espressione venga compressa dalle nuove norme e che "non si possa più svolgere liberamente l'azione pastorale, educativa, sociale".

Ma il pensiero del Papa è anche per quelle scuole cattoliche per i quali i genitori pagano una retta e che invece si dovrebbero 'adeguare' a nuovi eventi e programmi legati, sì, all'omofobia e anche al gender e ad una concezione della famiglia che non coincide con la dottrina della Chiesa. "Certamente c'è preoccupazione nella Santa Sede", ha confermato il card. Joseph Farrell, Prefetto del Dicastero per i Laici e la Famiglia. Sul piede di guerra le associazioni Lgbt: "Il tentativo esplicito e brutale è quello di sottrarre al Parlamento il dibattito sulla legge e trasformare la questione in una crisi diplomatica, mettendola nella mani del Governo Draghi per far si che tutto venga congelato", denuncia l'Arcigay. Franco Grillini, ex parlamentare e storico esponente del movimento gay italiano, chiede invece di "abolire definitivamente" proprio il Concordato, "questo retaggio fascista. La pretesa vaticana di dettare legge all'Italia interferendo con la sua attività legislativa è irricevibile".

"La questione è molto semplice, il ddl Zan da oggi non è più solo una questione parlamentare ma governativa". Una fonte dell'esecutivo, al termine di una giornata a dir poco tesa dentro e fuori la politica, descrive così il delicatissimo compito che, da qui alle prossime ore, il premier Mario Draghi avrà di fronte a sé. Il capo del governo, parlando alle Camere, non entrerà comunque "in tackle" su un tema che per lui, si ragiona in ambienti parlamentari della maggioranza, era e resta parlamentare. Fonti di primo piano della maggioranza spiegano che il suo sarà un intervento più che altro "procedurale" accompagnato da un sostanziale appello per una condivisione parlamentare più ampia e meditata. Fonti di Palazzo Chigi interpellate al riguardo non entrano nel merito chiarendo che il premier sta approfondendo la questione e si esprimerà parlando alle Camere dopo aver fatto tutte le valutazioni. Quella di Draghi, insomma, sarà un'iniziativa morbida.

Il premier non vuole e non può andare oltre, si rileva sempre in ambienti di maggioranza, soprattutto parlando da un "palco" come quello delle comunicazioni del presidente del Consiglio alle Camere prima del Consiglio europeo. Spetta ai partiti di maggioranza trovare la giusta quadra per portare avanti una legge che è di iniziativa parlamentare. Certo, nel governo un timore c'è: quello dell'impugnazione del Concordato da parte della Santa Sede una volta che il ddl Zan diventerà legge.

E il rischio, spiegano fonti parlamentari di rango, è che la protesta della segreteria di Stato abbia radicalizzato le posizioni di chi vuole la legge al più presto. La protesta da Oltretevere è stata consegnata all'ambasciata italiana presso la Santa Sede e gli uffici diplomatici l'hanno a loro volta inviata al Quirinale. Si tratta di una nota verbale, che nel linguaggio delle feluche è una forma di corrispondenza tra ambasciate o tra una missione diplomatica stabilita in uno Stato accreditatario e il ministero degli Esteri dello Stato medesimo. E' redatta in terza persona e non è firmata. E di prassi non viene diffusa ai media, cosa che nella maggioranza ha seminato il sospetto di una "manina" che abbia disvelato la nota. Che arriva come un fulmine a ciel sereno nel giorno in cui, da Cinecittà, Draghi e Ursula von Der Leyen celebrano il sì dell'Ue al Recovery italiano. In realtà, come dimostra l'articolata replica della presidente della commissione Ue ad una domanda sul tema in conferenza stampa allo studio 10, von der Leyen era ampiamente a conoscenza della protesta vaticana. E, nella sua risposta, usa una formula che, concettualmente, Draghi potrebbe "girare" alle forze parlamentari: quella di trovare un equilibrio tra la tutela della diversità e quella della libertà di parola, entrambi valori protetti dai Trattati Europei. Del resto, in Ue, le tematiche Lgbt non sono meno foriere di polemiche e chissà che non sfiorino anche il prossimo Consiglio.

Lo dimostra il no dell'Uefa allo "stadio arcobaleno" proposto dal sindaco di Monaco di Baviera per la partita Germania-Ungheria. O l'iniziativa di 13 Paesi Ue contro la legge ungherese anti Lgbtiq, alla quale solo in serata si aggiunge l'Italia. In Parlamento il rischio è che l'intervento vaticano "affossi" il ddl Zan. Una modifica in versione soft di alcune sue parti - come quella sulla partecipazione delle scuole a iniziative contro l'omofobia - sarebbe nell'ordine delle cose. E l'intesa a non vedersi all'orizzonte. La maggioranza è spaccata ma anche all'interno dei partiti emergono divisioni, a cominciare dal Pd, dove Enrico Letta è costretto a mediare tra le sensibilità dei cattolici e quelle più vicine all'attivismo Lgbtq. Anche negli M5S - schierato finora al fianco del Pd per la legge - potrebbero emergere divisioni, visti anche i cordiali e stretti rapporti che, nel suo premierato, Giuseppe Conte ha intessuto con la Chiesa. Del resto, basterebbe ricordare cosa accadde per la legge sulle unioni civili del maggio 2016, approvata dopo mesi e mesi di tensione tra i partiti della maggioranza di Matteo Renzi e all'interno degli stessi Dem. Sono passati 5 anni e 4 governi e queste tematiche, nella politica italiana, restano esplosive.

ANSA

Giuswppe Conte su fb.

 

Questa è una giornata importante per l’Italia e per tutti i suoi cittadini: la Commissione Europea ha dato il via libera al PNRR italiano, confermando che entro il mese di luglio arriveranno i primi 25 miliardi di euro. Sono fondi che andranno a dare manforte ad ogni settore del Paese, stimolando quella ripresa economica e sociale a cui tutti stiamo lavorando e contribuendo senza risparmio.

Oggi arriva la conferma che la strada che l’Italia ha da subito indicato nell’ora più buia della pandemia era quella giusta. Lo dissi allora, lo ribadisco oggi: questo non è il Piano del governo di turno. Non era allora del governo Conte, non lo è oggi del governo Draghi.

È il Piano di tutti gli Italiani, delle donne e degli uomini che hanno combattuto il virus in prima linea, delle famiglie che non si sono arrese davanti alle difficoltà economiche e al disagio sociale imposto dalla pandemia. È il Piano dei tanti bambini che hanno rinunciato a ritrovarsi tutti insieme a scuola; è degli anziani e dei più fragili, di chi ha teso la mano trovando l’aiuto di un Paese intero.

È il Piano di tutti noi: che abbiamo rispettato le regole, che guardiamo oggi con rinnovata fiducia al domani, che torniamo a popolare le nostre strade, i nostri bar, gli uffici, le scuole e anche gli stadi.

Questo successo è di tutti noi, nessuno escluso. E dimostra la forza, la compattezza e la responsabilità della nostra comunità nazionale. Questa è l’Italia. 

Giuseppe Conte

martedì 22 giugno 2021

Consip, i pm chiedono di assolvere Verdini ma ribadiscono: “Processate Tiziano Renzi”.

 

Rinvio a giudizio per Tiziano Renzi e altre sei persone. Lo ha ribadito ieri il pm romano Mario Palazzi nell’ambito di uno dei filoni dell’inchiesta Consip, che si sta discutendo davanti al gup Annalisa Marzano. Nella stessa udienza di ieri, il sostituto procuratore ha chiesto invece l’assoluzione “perché il fatto non sussiste” per l’ex senatore Denis Verdini, per l’imprenditore Ezio Bigotti, per l’ex parlamentare Ignazio Abrignani, per l’ex ad di Grandi Stazioni Silvio Gizzi e per l’ex ad di Consip, Domenico Casalino. Per l’imprenditore campano Alfredo Romeo, che non aveva optato per il rito abbreviato, è stato chiesto il luogo a procedere per l’accusa di turbativa d’asta.

Nel caso di Verdini e di altri (tra cui l’ex parlamentare Abrignani), l’accusa è quella di concussione. Secondo il capo di imputazione Verdini nel 2016, quando era ancora parlamentare, “costringeva Marroni”, ad di una “società pubblica i cui vertici vengono designati proprio dal governo”, “a erogare a Ezio Bigotti (…) l’utilità consistita nell’incontrarlo e ascoltarlo in quanto interessato a conoscere notizie riservate sulla gara FM4 e a sollecitare una minore resistenza di Consip nei contenziosi pendenti”. Accuse che però non stanno in piedi secondo il pm, che ha chiesto l’assoluzione di Verdini perché il fatto non sussiste. Diversa la posizione di Tiziano Renzi. Durante una delle scorse udienze davanti al gup, la difesa del padre dell’ex premier aveva fatto sapere di star valutando la possibilità di chiedere il rito abbreviato. Richiesta che poi non si è concretizzata ed è stato scelto dunque il rito ordinario. Ieri per il padre dell’ex premier e altri imputati, il pm Palazzi ha ribadito la richiesta di rinvio a giudizio. Per Tiziano Renzi, indagato inizialmente per il solo reato di traffico di influenze, la Procura molti mesi fa aveva chiesto l’archiviazione, rigettata dal gip Gaspare Sturzo che ha disposto nuove indagini. E così alla fine Renzi si è ritrovato indagato per traffico di influenze e turbativa d’asta in relazione a due gare: l’appalto Fm4 indetto da Consip (del valore di 2,7 miliardi di euro) e la gara per i servizi di pulizia bandita da Grandi Stazioni. A settembre dovrebbe arrivare la decisione del gup, che dovrà ascoltare prima le difese.

IlFQ

La Carta à la carte. - Marco Travaglio

 

Nell’ultimo soffietto del prof. Cassese al governo Draghi, si legge che è “tornata la normalità costituzionale” perché “non sono state le forze politiche a indicare al presidente della Repubblica il capo del governo”, ma viceversa. Tesi singolare, visto che per la Costituzione “la sovranità appartiene al popolo che la esercita nelle forme e nei limiti previsti”, cioè attraverso il Parlamento, dove il popolo è rappresentato dagli eletti nelle famigerate forze politiche. Cassese invece trova geniale che sia “stato il presidente della Repubblica a indicare alle forze politiche, dopo averle consultate, il capo del governo” (il che fra l’altro è falso, perché Mattarella chiamò Draghi senza consultare i partiti). Segue un Magnificat al “Consiglio dei ministri rivitalizzato” (purtroppo tutti, tranne lui, sanno che i Cdm sono brevi messe cantate che del “consiglio” – cioè della collegialità prevista dalla Carta – non hanno nulla: qualche ministro dice qualcosa, poi Draghi riunisce i 3 o 4 tecnici e Giorgetti e decide); e ai “frequenti pre-consigli’ (purtroppo tutti, tranne lui, sanno che i pre-consigli sono rarissimi e inutili: i ministri non vedono quasi mai il testo completo dei provvedimenti che devono vidimare al buio). E via delirando.

Ma ormai non è più il premier ad adeguarsi alla Costituzione: sono i costituzionalisti alla Cassese che adeguano la Carta a Draghi. Vedi anche il trattamento riservato al ministro Speranza e al Cts, scelti da Draghi e dunque per definizione “competenti e capaci” (per Cassese, Egli “sceglie le persone in base a competenze ed esperienze”): quelli decidono, con l’Aifa, che i vaccinati con AstraZeneca devono fare il richiamo omologo sopra i 60 anni e l’eterologo sotto. Poi però Draghi decide di farsi l’eterologo anche se ne ha 73. E quelli allora adeguano la scienza al suo capriccetto: eterologo libero per gli over 60, omologo libero per gli under 60. E il povero Sergio Abrignani, immunologo del Cts, rilascia alla Stampa un’intervista che nemmeno Fantozzi: “Draghi non è un cittadino qualsiasi, è il premier e ha il dovere di essere seguito clinicamente meglio di tutti noi”. Ah sì? Quindi tutti gli over 60 con prima dose AZ devono andare dal medico a misurarsi gli anticorpi? “No, perché tutti non sono Draghi. Non ha senso che tutti facciano il test sierologico, specie dopo la prima dose. Magari dopo 15-20 giorni dopo la seconda”. Ma, si sa, i nostri sono anticorpucci gné-gné, mentre quelli di SuperMario sono SuperAnticorpi modello Bce col master a Goldman Sachs che, appena li misuri, recitano il Whatever it takes. Lo spot di una caramella diceva: “Il buco con la menta intorno”. Così sono la Costituzione e la Scienza nell’Anno Domini 2021: due buchi con il Draghi intorno.

ILFQ

Omofobia: il Vaticano contro il ddl Zan, 'viola il Concordato'. L'obiettivo "non è bloccare ma rimodulare" il ddl.

 

La Santa Sede ha chiesto "informalmente" al governo italiano di modificare il disegno di legge contro l'omofobia. Letta: "Pronti al dialogo sui nodi". Ostellari: "Sediamoci per confronto".

"Certamente c'è la preoccupazione della Santa Sede e di ciascuno di noi": così il card. Kevin Joseph Farrell, Prefetto del Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita, rispondendo, nel corso di una conferenza stampa sugli anziani, ad una domanda sull'intervento della Santa Sede sul ddl Zan. 

Il Vaticano ha chiesto al governo italiano di modificare il ddl Zan, il disegno di legge contro l'omofobia.

Secondo la Segreteria di Stato violerebbe "l'accordo di revisione del Concordato". E' stata per questo consegnata all'ambasciata italiana presso la Santa Sede una nota a firma del Segretario vaticano per i rapporti con gli Stati monsignor Paul Richard Gallagher. Lo scrive il Corriere della Sera. Il Corriere della Sera ricorda che l'intervento del Vaticano sul governo italiano per il ddl Zan è "un atto senza precedenti nella storia del rapporto tra i due Stati". Mai la Santa Sede è infatti intervenuta nell'iter di approvazione di una legge italiana esercitando formalmente le facoltà che le derivano dai Patti Lateranensi. Un atto che va ben oltre la 'moral suasion' che spesso la Chiesa ha usato per leggi controverse. Nella nota consegnata da monsignor Gallagher si evidenzia che "alcuni contenuti della proposta legislativa in esame presso il Senato riducono la libertà garantita alla Chiesa cattolica dall'articolo 2, commi 1 e 3 dell'accordo di revisione del Concordato". Tra le questioni sollevate c'è il fatto che le scuole cattoliche non sarebbero esentate dall'organizzazione della futura Giornata nazionale contro l'omofobia, ma si evidenziano anche timori più generali per la "libertà di pensiero" dei cattolici e anche delle possibili conseguenze giudiziarie nell'espressione delle proprie idee. "Chiediamo che siano accolte le nostre preoccupazioni", scrive la Santa Sede al governo italiano.

"La Nota Verbale della Segreteria di Stato è stata consegnata informalmente all'Ambasciatore d'Italia presso la Santa Sede il 17 giugno 2021", precisa la sala stampa Vaticana confermando all'ANSA l'intervento sul ddl Zan. L'intervento della Santa Sede sul governo italiano ha l'obiettivo "non di bloccare" il ddl Zan ma di "rimodularlo in modo che la Chiesa possa continuare a svolgere la sua azione pastorale, educativa e sociale liberamente". E' quanto spiegano fonti vaticane. 

"Noi sosteniamo la legge Zan e, naturalmente, siamo disponibili al dialogo. Siamo pronti a guardare i nodi giuridici ma sosteniamo l'impianto della legge che è una legge di civiltà". Lo ha detto il segretario del Pd Enrico Letta a 'Radio anch'io' su Radio Rai 1 a proposito della notizia di una iniziativa della Santa Sede contro il disegno di legge Zan.

"Abbiamo letto indiscrezioni oggi sul Corriere e attendiamo quindi di vedere i contenuti della Nota della Santa Sede lì preannunciata. Ma abbiamo fortemente voluto il ddl Zan, norma di civiltà contro reati di odio e omotransfobia e confermiamo il nostro impegno a farla approvare". Così il segretario Pd Enrico Letta su twitter.

"Aspettiamo di vedere i testi e leggerli. Ma rimaniamo convintamente a sostegno del ddl Zan". Così fonti del Nazareno, interpellate dall'Ansa, chiariscono la posizione del Pd dopo l'intervento del Vaticano e dopo le parole del segretario del Pd Enrico Letta.

"Sul ddl Zan io sono pronto a incontrare Letta, anche domani, per garantire diritti e punire discriminazioni e violenze, senza cedere a ideologie o censure, e senza invadere il campo di famiglie e scuole". Lo annuncia su twitter il leader della Lega, Matteo Salvini.

"La mia proposta è sempre valida. Riuniamo i presidenti dei gruppi del Senato e i capigruppo in commissione e sediamoci a un tavolo. Le audizioni si possono ridurre. Inauguriamo, finalmente, una fase di confronto, leale e costruttivo. Letta dia seguito a questa apertura e il Pd si sieda al tavolo". Così il senatore leghista, Andrea Ostellari, presidente della commissione giustizia a palazzo Madama dopo che il segretario dem si è detto pronto al dialogo sui nodi. "Sentita la presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati, ho fatto richiesta formale di acquisire il testo della rilevante nota che lo Stato Vaticano ha inviato alla Farnesina. Ai fini del lavoro che sta compiendo la Commissione Giustizia del Senato, è fondamentale conoscere e valutare i rilievi sollevati dalla Santa Sede", ha aggiunto Andrea Ostellari. 

"L'attivazione della diplomazia Vaticana con l'utilizzo del Concordato per cercare di bloccare l'iter della legge Zan al Senato è un qualcosa senza precedenti nelle relazioni tra la Repubblica Italiana e la Santa Sede, il tentativo esplicito e brutale è quello di sottrarre al Parlamento il dibattito sulla Legge e trasformare la questione in una crisi diplomatica, mettendola nella mani del Governo Draghi per far si che tutto venga congelato". Lo dichiara Gabriele Piazzoni, segretario generale di Arcigay.

ANSA

I Diversi esistono e provano emozioni, Dio li ha fatti così, ma la chiesa non li accetta. Oltretutto, lo Stato Pontificio non può decidere interferendo sulle leggi emanate da un altro stato, come l'Italia non interferisce sulle leggi che lo S.P. emette, e che chiude entrambi gli occhi sulla pedofilia praticata in gran misura da chi pretende di non riconoscere i "Diversi" creati da Dio.
cetta

lunedì 21 giugno 2021

Puma Punku e Tiwanaco - Bolivia. Wikipedia



Pumapunku, anche detto “Puma Pumku” o “Puma Puncu”, è parte di un ampio complesso o gruppo di monumenti del sito di Tiahuanaco, in Bolivia. In Aymara, il suo nome significa “La porta del Puma”.

La scoperta di Pumapunku.

All'inizio del XX secolo l'ingegnere tedesco Arthur Posnansky (1873-1946) dedicò lunghi anni delle sue ricerche alle rovine di Tiwanaku, un antico villaggio indio situato sull'altipiano boliviano. L'ingegnere concentrò i suoi studi su una zona del villaggio, dove alcune pietre erano disposte verticalmente. Da questo lo studioso dedusse che in quel luogo, migliaia di anni prima sorgeva un osservatorio astronomico. Così il sito di Tiwanaku richiamò altri studiosi tra cui l'italiano Giampaolo Dionisi Piomarta, i quali scoprirono un altro sito presente a poche centinaia di metri di distanza, Pumapunku.

Un antico sistema modulare.

Nel campo di rovine si trovano blocchi che arrivano a pesare sino a 130 tonnellate. Pare quindi che ci si trovi davanti ai resti di parecchi edifici. Però è insolita la forma delle pietre, lavorate in modo così preciso da poter essere unite l'una all'altra in diversi modi, paragonabili a un moderno sistema modulare. Per fissare le pietre venivano infatti utilizzate delle cambrette di metallo, metodo conosciuto dagli archeologi dopo gli scavi di Delfi, città dell'antichità dove risiedeva uno tra i più famosi oracoli di tutti i tempi. I blocchi modulari del sito inoltre denominati "blocchi H" mostrano un grado di precisione elevato sia nell'intaglio degli angoli retti, che nelle misure relative a ciascun blocco. Gli incavi dei blocchi H inoltre, presentano scanalature dalle pareti non parallele, per costituire degli incastri oggi conosciuti denominati "a coda di rondine".

Non è ancora stato possibile appurare come sia avvenuta la distruzione di Pumapunku e Tiahuanaco. Confrontando però la lavorazione delle pietre, si è riscontrato che i due siti non sono sorti nella stessa epoca, altrimenti lo scambio tra le "tecniche costruttive" sarebbe stato inevitabile data la breve distanza. Nel caso di Pumapunku inoltre le devastazioni sono ancora più estese. Infatti è quasi impossibile riconoscere la struttura degli edifici ed esistono solo poche pietre vicine l'una all'altra, mentre a Tiahuanaco sporadicamente è ancora possibile vedere alcuni muri.

La cultura Tiahuanaco (Tiwanaku in inglese) fu un'importante civiltà precolombiana il cui territorio si estendeva attorno alle frontiere degli attuali stati di BoliviaPerù e Cile. Prende il nome dalle rovine dell'antica città omonima, nei pressi della sponda sud-orientale del lago Titicaca e approssimativamente 72 km a ovest di La Paz, sede del governo della Bolivia (la capitale formale dello Stato è Sucre). Alcune ipotesi sul nome, affermano che derivi dall'aymara Taypikala. Tiahuanaco è molto più grande di quel che si è scoperto finora. Grazie ad uno studio con immagini satellitari e droni sembra che essa abbia una superficie almeno doppia rispetto a quella finora nota. Lo studio è stato voluto dall'UNESCO.

La civiltà, il territorio e la città.

Espansione delle culture Huari e Tiahuanaco.

La civiltà Tiahuanaco fu contemporanea di quella Huari, che si trovava a nord di quella Tiahuanaco, condividendone molti attributi, in particolare dal punto di vista artistico. Tuttavia i contatti tra le due culture sembrano essere stati limitati ad un periodo di 50 anni, durante i quali vi furono sporadiche scaramucce riguardanti una miniera occupata per prima dai Tiahuanaco. La miniera delimitava il confine tra le sfere di influenza delle due culture e gli Huari tentarono, senza successo, di assicurarsela tutta per loro.

Il declino di questa civiltà sembra sia causato dall'invasione di popolazioni dal sud o nella perdita di fede nella religione predominante. Il collasso dei Tiahuanaco influenzò la crescita dei sette regni Aymara, gli stati più potenti dell'area. Tutto il territorio fu conquistato, attorno al XV secolo, dagli Inca e annessi all'impero noto come Tahuantinsuyo. La regione occupata dai Tiahuanaco venne annessa alla provincia nota come Qulla Suyo, la provincia dell'est.

Il territorio fu fondato approssimativamente attorno al 200 a.C., come una piccola città e crebbe tra il IV e il VI secolo, conseguendo un importante potere regionale nel sud delle Ande.

Nella sua massima estensione la città copriva 6 km² e ospitava circa 40.000 abitanti.

Una sua caratteristica sono gli enormi monoliti di circa 10 tonnellate che si possono ancora ammirare nelle rovine dell'antica città.

Il declino iniziò attorno al 950 fino al collasso completo attorno al 1100, quando il centro cerimoniale venne abbandonato. L'area circostante non fu però abbandonata completamente, ma lo stile artistico caratteristico cadde assieme agli altri aspetti della cultura.

Non vi sono prove che la civiltà Tiahuanaco utilizzasse la scrittura.

La Porta del Sole

La Porta del Sole

La Porta del Sole di Tiahuanaco fu ricavata da un unico blocco di andesite sul quale vennero incisi rilievi, principalmente nella sezione trasversale collocata sopra il vano della porta, lungo 1,40 metri.

Il rilievo centrale mostra il "dio dei bastoni", una figura armata di due scettri a forma di serpente, attorniata da altre 48 figure alate, di cui 32 con volto umano e 16 recanti la testa di un condor.

La Porta del Sole venne così chiamata perché posizionandosi davanti ad essa all'inizio della primavera si può osservare che il sole sorge esattamente sopra la metà della porta.

Una teoria sostiene che le 48 figure ricavate nella pietra rappresentino lo schema base di un calendario che sarebbe servito a determinare ulteriori riferimenti astronomici.

Tiahuanaco nella cultura di massa.

  • Nel videogioco Tomb Raider - Legend la protagonista del gioco, l'archeologa Lara Croft, rinviene un altare in pietra decorato nei pressi di un antico tempio appartenente proprio alla civiltà pre-inca dei Tiahuanaco. Questo altare in pietra, secondo Lara, è la chiave per accedere ad Avalon, grazie alla leggendaria spada di Re ArtùExcalibur.
  • Nel libro L'origine perduta della scrittrice Matilde Asensi le rovine di Tiahuanaco sono descritte con notevoli particolari per il susseguirsi della trama del romanzo.
  • Anche in un'avventura di Topolino[1] si narra di una spedizione sulle Ande, dove la porta del Sole di Tiahuanaco è una porta dimensionale con gli alieni.