Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
sabato 19 febbraio 2022
Governo, manovra energetica.
Caro energia, via libera del Cdm al decreto da sei miliardi. Fondo auto, un miliardo l’anno per 8 anni.
I punti chiave
- Ipotesi due decreti in Cdm, bollette e Superbonus
- Superbonus, possibile aumento sanzioni per frodi
- Bollette, 5,8 miliardi per secondo trimestre
- Riduzione Iva e oneri settore gas per oltre un miliardo
- Manifestazioni interesse per aumento produzione gas
- Rafforzato bonus sociale elettrico e gas
- 290 mln per credito imposta rinnovabili al Sud
- Azzeramento oneri sistema per 2° trim 2022, a Csea risorse per 3 miliardi
- Al via l’Anagrafe dei dipendenti pubblici
- Fondo per personale sanitario pari a 15 milioni
Sei miliardi da destinare a misure contro il caro bollette, sostegni all’automotive, con uno stanziamento del fondo unico pluriennale da un miliardo l’anno l’anno pe otto anni, correttivi al decreto Sostegni ter in ambito Superbonus 110% e un fondo di 15 milioni a sostegno dei familiari dei professionisti sanitari deceduti per Covid.
È un pacchetto ampio quello approvato dal Consiglio dei ministri che si è svolto dopo la “tradizionale” cabina di regia tra il presidente del Consiglio Mario Draghi e i capidelegazione delle forze politiche della maggioranza. Il tutto all’indomani dell’incidente politico che ha visto l’esecutivo battuto quattro volte sugli emendamenti al decreto Milleproroghe, in occasione delle votazioni notturne delle commissioni congiunte Bilancio e Affari costituzionali alla Camera.
Due decreti in Cdm, bollette e Superbonus.
Sul tavolo del Cdm sono giunti decreti distinti: un provvedimento energia per intervenire contro il caro-bollette e con misure strutturali per aumentare la produzione nazionale e un decreto con le correzioni alla cessione dei crediti di imposta legati ai bonus edilizi, compreso il Superbonus.
Giorgetti: a breve incentivi auto, non solo per elettrico.
«Insieme al ministro Cingolani a breve intendiamo presentare un decreto incentivi per l’acquisto di auto ecologicamente compatibili, non solo elettriche», perché nella fase di transizione «dobbiamo considerare anche altre fonti, come l’ibrido» ha annunciato il ministro dello Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti, nella conferenza stampa sul decreto bollette. Il ministro ha spiegato che il fondo di sostegno al settore automobilistico prevede circa un miliardo di euro l’anno su un periodo di otto anni «per accompagnare il processo di transizione».
Superbonus, possibile aumento sanzioni per frodi.
Sul fronte del Superbonus 110%, si prevedono fino a un massimo di 3 cessioni ma in ambito finanziario o bancario. Il credito avrà un identificativo univoco. La prima cessione eventuale all'impresa è fuori da questi tre passaggi. Inoltre, potrebbero essere aumentate le sanzioni per frodi. Se il credito viene sequestrato e poi dissequestrato viene dato a un intermediario, proroga del termine di utilizzo corrispondente al sequestro non motivato. Il tecnico che produce asseverazioni false o con omissione di informazioni rilevanti sul progetto che beneficia dei bonus fiscali per l’edilizia oppure che attesta il falso sulla congruità delle spese rischia la reclusione da due a cinque anni, oltre a una multa da 50mila a 100mila euro. La pena è aumentata «se il fatto è commesso al fine di conseguire un ingiusto profitto per sé o per altri». Viene quindi introdotto un codice che dovrà essere indicato «nelle comunicazioni delle eventuali successive cessioni, secondo le modalità previste dal provvedimento» che sarà disposto dall’Agenzia delle entrate. Le disposizioni entreranno in vigore dalle comunicazioni della prima cessione o dello sconto in fattura inviate all’Agenzia delle entrate a partire dal 1° maggio 2022.
Bollette, 5,8 miliardi per secondo trimestre.
Quanto al provvedimento sull’energia, il menù si compone di azzeramento degli oneri di sistema sull’elettricità sia per le famiglie che per le Pmi e le imprese più grandi per 3 miliardi, riduzione dell’Iva sul gas al 5% per circa 590 milioni, riduzione degli oneri sul gas per 480 milioni, rafforzamento del bonus sociale per 500 milioni, credito di imposta per le imprese energivore per 700 milioni e per le imprese gasivore per circa 500 milioni. «L’intervento diretto supera i 5,5 miliardi ma si associano interventi volti a sostenere regioni e comuni» ha detto il ministro dell’Economia, Daniele Franco in conferenza stampa che ha spiegato come a favore delle famiglie vadano risorse per circa 4,8 miliardi.
Riduzione Iva e oneri settore gas per oltre un miliardo.
Riduzione dell’Iva e degli oneri generali nel settore del gas per un ammontare di oltre 1 miliardo di euro. Secondo la bozza del provvedimento in questione le somministrazioni di gas metano usato per combustione per usi civili e industriali, contabilizzate nelle fatture emesse per i consumi stimati o effettivi dei mesi di aprile, maggio e giugno 2022, sono assoggettate all’aliquota Iva del 5 per cento. Qualora le somministrazioni di cui al primo periodo siano contabilizzate sulla base di consumi stimati, l’aliquota Iva del 5 per cento si applica anche alla differenza derivante dagli importi ricalcolati sulla base dei consumi effettivi riferibili, anche percentualmente, ai mesi di aprile, maggio e giugno 2022. Gli oneri derivanti da questa misura sono pari a 591,83 milioni di euro per l'anno 2022. Al fine di contenere per il secondo trimestre dell'anno 2022 gli effetti degli aumenti dei prezzi nel settore del gas naturale, l’Arera provvede a ridurre, per il medesimo trimestre, le aliquote relative agli oneri generali di sistema per il settore del gas fino a concorrenza dell’importo di 480 milioni di euro. Tale importo è trasferito alla Csea entro il 31 maggio 2022.
Manifestazioni interesse per aumento produzione gas.
Si punta anche sull’aumento della produzione di gas naturale in Italia per rafforzare la sicurezza degli approvvigionamenti a prezzi ragionevoli ai clienti finali. In base alla bozza del decreto, il Gse, su direttiva del ministro della transizione ecologica, avvia le procedure per l'approvvigionamento di lungo termine di gas naturale di produzione nazionale dai titolari di concessioni di coltivazione di gas. E invita i titolari di concessioni di coltivazione di gas naturale, «ricadenti sulla terraferma e nel mare territoriale, a manifestare interesse ad aderire alle procedure comunicando i programmi delle produzioni di gas naturale delle concessioni in essere, per gli anni dal 2022 al 2031 nonchè un elenco di possibili sviluppi, incrementi o ripristini delle produzioni di gas naturale per lo stesso periodo nelle concessioni di cui sono titolari, delle tempistiche massime di entrata in erogazione, del profilo atteso di produzione e dei relativi investimenti necessari». Il riferimento è a concessioni che ricadono nelle aree idonee nell'ambito del Piano per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee (Pitesai), anche nel caso di concessioni improduttive o in condizione di sospensione volontaria delle attività. Il Gse poi stipulerà contratti di acquisto di lungo termine, di durata massima di dieci anni, con verifica al quinto anno, a condizioni e prezzi definiti per offrire poi prezzi calmierati ai clienti finali industriali, con riserva di almeno un terzo alle piccole e medie imprese.
Rafforzato bonus sociale elettrico e gas.
Sempre in base alla bozza, per il secondo trimestre dell'anno 2022 le agevolazioni relative alle tariffe per la fornitura di energia elettrica riconosciute ai clienti domestici economicamente svantaggiati ed ai clienti domestici in gravi condizioni di salute e la compensazione per la fornitura di gas naturale sono rideterminate dall’Arera, al fine di minimizzare gli incrementi della spesa per la fornitura, previsti per il secondo trimestre 2022, fino a concorrenza dell’importo di 500 milioni di euro. Tale importo è trasferito alla Csea entro il 31 maggio 2022.
290 mln per credito imposta rinnovabili al Sud.
Arriva il credito d’imposta per le imprese che effettuano investimenti per l’efficienza energetica e promuovono la produzione di energia da fonti rinnovabili nelle regioni del Sud, pari a 145 milioni di euro all’anno per il biennio 2022 e 2023. Per promuovere invece la produzione di energia elettrica rinnovabile e l’autoconsumo per le Pmi nasce il “Fondo Rinnovabili Pmi” con una dote di 267 milioni. Per quanto riguarda il credito d’imposta, rientrano nell’agevolazione «gli investimenti per conseguire» maggiore «efficienza energetica e per l’autoproduzione di energia da fonti rinnovabili nell’ambito delle strutture produttive».
Azzeramento oneri sistema per 2° trimestre 2022.
Per ridurre gli effetti degli aumenti dei prezzi nel settore elettrico - si legge ancora nella bozza - l’Arera, l’Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente, provvede ad annullare, per il secondo trimestre 2022, le aliquote relative agli oneri generali di sistema applicate alle utenze domestiche e alle utenze non domestiche in bassa tensione, per altri usi, con potenza disponibile fino a 16,5 kW. A tal fine, sono trasferite alla Cassa per i servizi energetici e ambientali (Csea), entro il 31 maggio 2022, ulteriori risorse pari a 1.800 milioni di euro. Per ridurre gli effetti degli aumenti dei prezzi nel settore elettrico, l’Arera provvede ad annullare, per il secondo trimestre 2022, le aliquote relative agli oneri generali di sistema applicate alle utenze con potenza disponibile pari o superiore a 16,5 kW, anche connesse in media e alta/altissima tensione o per usi di illuminazione pubblica o di ricarica di veicoli elettrici in luoghi accessibili al pubblico. A tal fine, sono trasferite alla Csea, entro il 31 maggio 2022, ulteriori risorse pari a 1.200 milioni di euro».
Al via l’Anagrafe dei dipendenti pubblici.
Nasce l’Anagrafe dei dipendenti pubblici. «Per il completo raggiungimento dei traguardi e obiettivi» della missione del Pnrr su digitalizzazione, innovazione e sicurezza nella pubblica amministrazione e «per il completamento del fascicolo elettronico del dipendente», nella bozza del decreto bollette all’esame del Consiglio dei ministri è previsto l’avvio del censimento anagrafico permanente dei dipendenti pubblici, avvalendosi della base di dati del personale della Pa, istituita presso il Mef.
Fondo produzione nazionale microprocessori.
Nella bozza del decreto bollette all’esame del Consiglio dei ministri previsto un fondo per promuovere la ricerca e lo sviluppo della tecnologia dei microprocessori, la riconversione dei siti industriali esistenti e l’insediamento di nuovi stabilimenti in Italia. Lo stanziamento è ancora in corso di definizione ma riguarda un periodo che va dal 2022 al 2030.
Fondo per personale sanitario pari a 15 milioni.
Sarà invece pari a 15 milioni di euro il fondo a sostegno dei famigliari del personale sanitario deceduto per Covid. «È un giusto riconoscimento che l’Italia deve a chi ha svolto il proprio lavoro per tutelare la salute di tutti noi» ha detto il ministro della Salute Roberto Speranza. La misura è contenuta nel decreto di spesa sulle bollette, insieme a quella che prevede lo stanziamento di 400 milioni di euro per le spese Covid che le Regioni hanno sostenuto per far fronte alla quarta ondata della pandemia e per l’aumento della bolletta energetica al quale le strutture sanitarie hanno fatto fronte.
Il governo cerca i soldi per contenere gli aumenti di luce e gas. E intanto il gruppo Eni, controllato al 30% dallo Stato, quintuplica i profitti.
L'utile netto del cane a sei zampe sale a 4,7 miliardi di euro, il più elevato dal 2012 grazie alle quotazioni del gas sul mercato. Ieri risultati record anche per il secondo operatore in Italia Edison, controllato dalla francese Edf. Nel decreto sarebbe previsto l'azzeramento degli oneri di sistema sull'elettricità sia per le famiglie che per le Pmi e le imprese più grandi per 3 miliardi, riduzione dell’Iva sul gas al 5% per circa 590 milioni, riduzione degli oneri sul gas per 480 milioni, rafforzamento del bonus sociale per 500 milioni, credito di imposta per le imprese energivore per 700 milioni e per le imprese gasivore per circa 500 milioni. Sono gli interventi sulle bollette contenuti nel dl all’esame del consiglio dei ministri per un totale di 5,8 miliardi.
Mentre il governo vara il decreto da 5,8 miliardi di euro per calmierare i costi di luce e gas, il gruppo Eni (controllato al 30% dal Tesoro) ha comunicato i risultati preliminari di bilancio del 2021 che si è chiuso con gli utili più alti dal 2012 (4,7 miliardi) e un Ebit adjusted quintuplicato a 9,7 miliardi di euro. A spingere i guadagni è la corsa dei prezzi del gas, sestuplicati rispetto al periodo pre-Covid. Ieri aveva diffuso dati record anche Edison, secondo operatore in Italia, controllato dalla francese Edf. I ricavi sono quasi triplicati a 11,7 miliardi di euro mentre l’utile sfiora il miliardo con un incremento del 45% rispetto al 2020.
Eni verrebbe coinvolta nel piano per raddoppiare la quantità di gas estratto dai giacimenti italiani che il governo vorrebbe alzare da 3 a 6 miliardi di metri cubi (su un consumo nazionale di oltre 70 miliardi di metri cubi l’anno) per poi rivendere il prodotto a prezzi calmierati alle aziende energivore. Per Eni si tratterebbe di incassi aggiuntivi per 1,5 miliardi di euro se il gas fosse venduto a prezzi di mercato (circa 50 centesimi al metro cubo). Se venisse calmierato a 20 centesimi, i ricavi supplementari sarebbero di circa 600 milioni di euro. Parlando con le aziende italiani alcune settimane fa il presidente russo Vladimir Putin ha ricordato come le aziende energetiche italiane stiano facendo grandi profitti grazie agli accordi siglati con la Russia, principale fornitore di gas dell’Europa e che ogni anno manda in Italia attraverso il Tarvisio circa 30 miliardi di metri cubi. Parte di questo flussi sarebbero state poi rivendute sui mercati internazionali lucrando sulla differenza di prezzo. “Siamo aperti e pronti a investire sul fronte del gas in Italia”, ha detto l’amministratore delegato di Eni, Claudio Descalzi rispondendo ad un analista in conference call dopo la diffusione dei dati. “Siamo aperti al dialogo e in caso a sviluppare nuove risorse, abbiamo capacità di aumentare la produzione” ha affermato.
Nel decreto varato nel pomeriggio è previsto l’azzeramento degli oneri di sistema sull’elettricità sia per le famiglie che per le Pmi e le imprese più grandi per 3 miliardi, riduzione dell’Iva sul gas al 5% per circa 590 milioni, riduzione degli oneri sul gas per 480 milioni, rafforzamento del bonus sociale per 500 milioni, credito di imposta per le imprese energivore per 700 milioni e per le imprese gasivore per circa 500 milioni.
Il decreto contiene anche lo stanziamento di fondi ai comuni per coprire gli extra-costi per le bollette. E risorse ad hoc per gli impianti sportivi e le piscine in particolare, tra le più colpite dal mix tra restrizioni Covid e caro-bollette. Si starebbero ancora facendo i calcoli definitivi per indicare le risorse, che per lo sport, istanza portata al tavolo dal ministro Giancarlo Giorgetti, potrebbero aggirarsi attorno ai 100 milioni. Arrivano poi altri 400 milioni di euro per le spese Covid delle Regioni per far fronte alla quarta ondata e per l’aumento della bolletta energetica per le strutture sanitarie.
Il governo di nessuno. - Marco Travaglio
Come volevasi dimostrare, e com’era chiaro fin dall’inizio a tutti fuorché a Mattarella e a Draghi, il “governo di tutti” non esiste. Presto o tardi gli cade la maschera e si rivela per quello che è: il “governo di nessuno”. Mattarella, che un anno fa lo escogitò con la ridicola formula del “governo di alto profilo, che non debba identificarsi con alcuna formula politica”, tarda ad accorgersene. Invece il fu SuperMario, liofilizzato dalla débâcle quirinalizia a MiniMario, inizia a capirlo. I giornaloni traboccano dell’“ira di Draghi” che è “furibondo” e “furioso con i partiti” e li “avverte”, anzi li “striglia” con “altolà”, “aut-aut”, “ultimatum” e “linea dura”, dopo le quattro bocciature parlamentari del suo decreto Milleproroghe. E non vuole più “perder tempo”, essendo in partenza per la campagna di Russia, dove gli eserciti di mezzo mondo sono in surplace da un mesetto in attesa di sue notizie. A noi spiace vederlo così nervosetto, ma temiamo non abbia ancora colto la differenza fra una banca e il Consiglio dei ministri di una democrazia parlamentare. Infatti le frasi che ha fatto trapelare dalla cabina di regia dell’altroieri, se portassero un’altra firma, farebbero pensare a un golpista o a un mitomane: “Il governo decide e voi dovete garantire i voti in Parlamento”. I ministri devono essersi guardati e domandati dove stia scritto nella Costituzione che le leggi le fa il governo e il Parlamento le timbra. Ma nella Costituzione c’è pure scritto che è il presidente della Repubblica che nomina il presidente del Consiglio e lui un mese fa tentava di invertire l’ordine dei fattori.
Urge un ripassino della Carta, prima che arrivi il generalissimo Figliuolo a rimettere in riga i ministri e le Camere, armi e siringhe in pugno. Ma urge soprattutto prendere atto di una realtà imbarazzante: se il governo con la maggioranza più ampia della storia repubblicana non riesce neppure a farsi approvare il Milleproroghe, un premier degno di questo nome non minaccia di andarsene perché “posso sempre fare altro”: se ne va subito a fare altro perché ha fallito. E non per colpa dei partiti o del Parlamento, ma per colpa sua: ha umiliato gli alleati (soprattutto uno, il più grande) costringendoli a votare provvedimenti a scatola chiusa, senza neppure farglieli leggere; ha mortificato le Camere con un record di decreti, per giunta convertiti a suon di fiducie (o nemmeno votati perché superati da altri decreti); ha accettato fischiettando che la Lega non votasse misure impopolari (tanto le votavano gli altri); ha indebolito il governo e la premiership candidandosi al Quirinale e uscendone umiliato; e ora finge che il Parlamento ce l’abbia col governo, quando è chiaro che ce l’ha con lui. E lui, fra l’altro, non fa neppure capoluogo.
https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2022/02/19/il-governo-di-nessuno/6499445/
venerdì 18 febbraio 2022
Quando eravamo normali. - Marco Travaglio
Che avrebbero dovuto fare 30 anni fa i magistrati sommersi dalle confessioni e dalle chiamate in correità di politici corrotti e imprenditori corruttori? Quello che prevedeva (e prevede) la legge: indagarli, arrestarli e processarli. Che avrebbero dovuto fare i cronisti sommersi dalle notizie sui politici e imprenditori più famosi che si scambiavano mazzette e, presi con le mani nel sacco, le confessavano e restituivano? Quello che era (ed è) il loro mestiere: procurarsi gli avvisi di garanzia, i verbali, le ordinanze di custodia cautelare (tutti atti, fra l’altro, non segreti) e pubblicarli. Che avrebbero dovuto fare i cittadini sommersi dai nomi e cognomi di chi si era mangiato l’Italia a suon di mazzette sugli appalti pubblici e di appalti pubblici fatti apposta per trarne mazzette, depredando le casse dello Stato e le tasche dei contribuenti con opere inutili, gonfiate e inquinanti e lasciando il conto da pagare a noi (manovra finanziaria da 90mila miliardi e prelievo del 6 per mille dai conti correnti nel 1992 a cura del governo Amato)? Maledire i ladri di Stato, smettere di votarli e, se provavano a farla franca col trucchetto dell’impunità parlamentare, contestarli con lanci di insulti, spugne, monetine e banconote (false) e difendere i magistrati che applicavano la legge (finalmente) uguale per tutti.
Quella del 1992-’93 fu una rara parentesi di normalità nel Paese di Sottosopra che, prima e dopo, ha sempre confuso le guardie con i ladri, i giornalisti con i leccaculo, i cittadini con i sudditi. Per due anni gli italiani furono veri cittadini e, informati da veri giornalisti, si schierarono dalla parte delle guardie contro i ladri. Poi, grazie alle sue tv, B. riportò al potere i ladri travestiti da amici delle guardie, li salvò con decine di leggi impunitarie votate o mantenute anche dal centrosinistra e tutto tornò come prima. Ora vogliono farci pentire di essere stati normali e farci credere che non sta bene tifare guardie, anzi è giusto tifare ladri. E l’ex braccio destro del ladrone latitante presiede la Consulta che avalla un referendum per vietare l’arresto dei ladri, uno per riportarli in Parlamento e tre per punire le guardie. Una guardia si porta avanti e, nel trentennale di Mani Pulite, rinvia a giudizio un galantuomo come Davigo. Partecipano alla festa molti giornalisti che per due anni informarono i cittadini sui delitti dei potenti, anche dei loro editori (che, terrorizzati, li lasciavano liberi), e ora, per far carriera e non finire prepensionati, si pentono di aver fatto per pochi mesi il proprio dovere. Li vediamo sfilare in tv a battersi il petto come nelle purghe staliniane, confessando il loro peccato mortale di gioventù: aver chiamato ladri i ladri. Il sistema migliore per non dover spiegare perché hanno smesso.
https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2022/02/18/quando-eravamo-normali/6498074/
Davigo a giudizio: “Segreto violato”. Ma al Csm non c’è. - Antonio Massari
LOGGIA UNGHERIA - Il processo a Brescia per i verbali di Amara ricevuti dal pm di Milano Paolo Storari. L’ex consigliere: “So di essere innocente”.
Persino le date danno il loro contributo nella storia legata alla presunta Loggia Ungheria: nell’anniversario di “Mani Pulite” – a trent’anni esatti dal 17 febbraio 1992, quando fu arrestato l’ex presidente del Pio Albergo Trivulzio Mario Chiesa – un uomo simbolo del pool di magistrati che avviò Tangentopoli, Piercamillo Davigo, finisce sotto processo.
Se fisicamente è a Pisa, per un convegno sull’indagine che segnò la fine della Prima Repubblica, Davigo è virtualmente in un’aula del tribunale di Brescia, nelle vesti di imputato. E viene rinviato a giudizio, per concorso in rivelazione d’ufficio, dal gup Francesca Brugnara. Il processo inizierà il prossimo 20 aprile. È così, a trent’anni da Mani Pulite, dopo aver affrontato e spesso vinto processi delicatissimi, dopo aver indagato colossi della politica e dell’economia, quella stessa procura si ritrova spalle al muro. Davigo sotto processo e ben altri quattro magistrati sotto indagine. Dopo il caso Palamara la credibilità dell’intera magistratura è già ai minimi storici. Il crollo arriva con i verbali dell’ex legale esterno di Eni Piero Amara.
Tutto precipita infatti nel dicembre 2019 quando Amara dichiara al pm milanese Paolo Storari e alla procuratrice aggiunta Laura Pedio di essere membro della presunta loggia coperta Ungheria affollata da magistrati e vertici delle istituzioni. Fino a gennaio fornirà ulteriori dettagli (tutti da verificare e tuttora al vaglio della procura di Perugia guidata da Raffaele Cantone). I verbali di Amara – nell’aprile 2020 secondo le versioni di Davigo e Storari – prendono però un’altra strada. Storari ravvisa un’inerzia della procura nel procedere alle iscrizioni (accusa ritenuta insussistente, nei riguardi dell’ex procuratore capo di Milano, Francesco Greco, che sarà indagato e archiviato). Per tutelarsi denuncia la situazione a Davigo – in qualità di membro del Csm – che lo autorizza a rivelargli le notizie coperte dal segreto. Ad autorizzarlo, secondo Davigo, c’è una norma del 1994: non si può opporre il segreto istruttorio a un membro del Consiglio. In sostanza, secondo Davigo, non ci sarebbe alcuna violazione del segreto. Evidentemente la procura di Brescia la pensa diversamente. Storari consegna a Davigo una copia in formato word dei verbali di Amara. L’avvocato coinvolge due consiglieri del Csm in carica: Sebastiano Ardita, della stessa corrente di Davigo, e Marco Mancinetti. A quel punto – è la versione di Davigo – il consigliere del Csm, nel timore che scegliendo le vie formali possa essere vanificato il segreto istruttorio, come già accaduto nello scandalo legato a Luca Palamara, decide di informare oralmente i membri del comitato di presidenza del Csm. A partire dal vicepresidente David Ermini (e attraverso lui il Quirinale). Davigo informerà dell’indagine – parlando della questione Ardita e “vincolandoli al segreto istruttorio” – anche altri consiglieri del Csm e le sue segretarie. Ed è per questo motivo che Ardita, che si considera danneggiato dalla condotta di Davigo, s’è costituito in giudizio come parte civile. Di lì a poco Davigo lascia il Csm. E al Csm lascia anche una copia dei verbali ricevuti da Storari. Da quel momento in poi, a sua insaputa, il segreto istruttorio va in frantumi: nell’ottobre 2020 copia dei verbali giunge in forma anonima al Fatto Quotidiano che – per non distruggere l’eventuale indagine in corso e temendo una polpetta avvelenata, non avendo prova che fossero autentici – denuncia alla procura di Milano e li deposita nelle mani di Storari e Pedio.
A marzo 2021 li riceve la cronista di Repubblica Liana Milella che denuncia a Perugia. Una copia giunge infine al consigliere Nino Di Matteo che prima denuncia a Perugia e poi rivela durante un plenum del Csm il “dossieraggio calunnioso” ai danni di Ardita. Inizia così l’inchiesta sulla fuga di notizie. L’invio dei verbali alla stampa e a Di Matteo viene attribuito alla segretaria di Davigo, Marcella Contrafatto, oggi indagata per calunnia a Roma. Storari confessa a Greco di averli consegnati a Davigo. Rinviato a giudizio, Davigo commenta: “Non dirò mai una parola contro la giurisdizione che ho servito per 40 anni. I processi servono per accertare se l’imputato è colpevole o innocente. Io so di essere innocente”. Storari ha scelto il rito abbreviato, la sentenza è prevista il 7 marzo. L’accusa – che ieri ha parlato di “buona fede” dell’imputato, contestata radicalmente dalla parte civile Ardita, sin dall’atto di costituzione – ha chiesto una condanna a 6 mesi per aver consegnato i verbali a Davigo “fuori da ogni procedura formale”.
giovedì 17 febbraio 2022
Milleproroghe: governo battuto quattro volte, sul tetto al contante asse Lega-Fi con Fdi.
Nelle votazioni in commissione alla Camera esecutivo sotto anche su ex Ilva, graduatorie per l’Istruzione e sperimentazione sugli animali.
I punti chiave
Caos nelle commissioni Bilancio e Affari costituzionali alla Camera durante l’esame delle modifiche al dl Milleproroghe. Il governo nella notte è andato sotto quattro volte, secondo quanto si apprende, e in alcuni casi la maggioranza si è spaccata. Contro il parere dell’esecutivo sono passati gli emendamenti che prevedono il dietrofront sull’Ilva e sul tetto al contante così come sono state approvate norme sulle graduatorie della scuola e i test sugli animali. Duro scontro anche sul tema della giustizia fra il Pd e la Lega.
Sul tetto al contante asse Lega-FI con FdI.
La Lega e Forza Italia hanno votato con FdI una retromarcia sul contante: il tetto che dal 1° gennaio 2022 è sceso a mille euro torna ora per un anno a duemila euro. La modifica sposta l’entrata in vigore della soglia più bassa al 1° gennaio 2023. La modifica è passata per un solo voto con il parere contrario del governo.
Esulta Giorgia Meloni: «Vittoria! Grazie a un emendamento di Fratelli d’Italia il tetto all’utilizzo del contante viene riportato da subito a 2mila euro. La maggioranza si è spaccata su un provvedimento importante per famiglie e imprese: siamo riusciti a portare a casa un primo, piccolo, ma significativo risultato per favorire l’economia reale. Questa è la dimostrazione che un’alternativa alla deriva tecnofinanziaria dell’ultimo decennio è possibile, e noi continueremo giorno e notte a lavorare per dare una nuova speranza all’Italia»
Ex Ilva: fondi per le bonifiche.
I lavori delle commissioni sono stati turbolenti e hanno registrato scontri anche all’interno della maggioranza: più volte anche le relatrici (una della Lega, l’altra del M5s) hanno dato pareri contrastanti sugli emendamenti. Durante l’esame delle modifiche il governo aveva dato parere contrario all’emendamento che cancella l’articolo sull’ex Ilva che però è stato approvato ugualmente: la norma originaria cambiava la destinazione di parte dei fondi Riva che ora tornano a poter essere utilizzati per le bonifiche.
Il Partito democratico rivendica l’intervento in contrasto con le indicazioni del Governo. «Non avremmo potuto accettare che le risorse destinate alle bonifiche delle aree contaminate dello stabilimento ex-Ilva di Taranto venissero dirottate su altri fini. Grazie ad un emendamento del Pd abbiamo» restituito «quei 575 milioni di euro agli interventi di ambientalizzazione» dichiara Ubaldo Pagano, capogruppo democratico in commissione Bilancio a Montecitorio. «Abbiamo riaffermato un principio e che è alla base delle nostre battaglie: la decarbonizzazione è un obiettivo imprescindibile» ma «non può essere perseguito a detrimento di altri doveri dello Stato, come il ripristino di un ambiente salubre dove l’acciaieria ha inquinato».
Istruzione e sperimentazione degli animali gli altri due casi.
Sulle graduatorie per l’Istruzione il governo al contrario ha dato parere favorevole a una riformulazione che però è stata bocciata dalle commissioni. Altro emendamento su cui il governo è stato battuto e su cui la maggioranza si è divisa la sperimentazione degli animali.