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venerdì 19 luglio 2024
In memoria e ricordo della strage di Via d'Amelio... Vincenzo Musacchio
giovedì 18 luglio 2024
Anunnaki - Jose L.Robledo
mercoledì 17 luglio 2024
La piramide di Zawyet El Aryan. - Linda Rosada
Fusione nucleare: energia del futuro ma non del presente. - Dénise Meloni
La fusione nucleare è la fonte di energia più promettente dell’intero Universo, dalle stelle massicce sparse in tutto lo Spazio fino ai piccoli reattori qui sulla Terra. Attualmente sono allo studio tre approcci principali, tutti e tre sempre più vicini al Sacro Graal della produzione di energia: il punto di pareggio.
Restano ancora enormi sfide e la ricerca di base rimane ampiamente sottofinanziata. Nonostante numerose aziende facciano promesse irrazionali, è improbabile che assisteremo a una fusione commerciale in tempi brevi.
L’energia nucleare è unica. È letteralmente da centinaia di migliaia a milioni di volte più efficiente, in termini di frazione di massa convertita in energia, di tutte le reazioni chimiche. Ecco cos’è la fusione nucleare e perché è il futuro, ma non il presente, della generazione di energia qui sulla Terra.
La fusione, d’altro canto avviene in tutte le stelle con temperature del nucleo superiori a ~4 milioni di K ed è la reazione primaria che alimenta il nostro Sole. Quando si crea una bomba a fusione, la sua resa energetica è di gran lunga superiore a quella di qualsiasi bomba a fissione: la prima è solitamente misurata in megatoni, mentre la seconda è misurata solo in chilotoni.
Controllare una reazione di fusione nucleare.
In linea di principio, se riuscissimo a controllare una reazione di fusione nucleare con la stessa efficienza con cui attualmente controlliamo le reazioni di fissione, estraendo energia alla velocità che preferiamo, questa sostituirebbe tutte le altre forme di generazione di energia come fonte dominante di energia sul pianeta Terra.
L’energia da fusione nucleare è il sogno di un’energia sostenibile. Se riusciamo a controllare la velocità di una reazione di fusione, possiamo sfruttarla per produrre energia su richiesta, praticamente senza sprechi. Il suo combustibile, l’idrogeno e i suoi isotopi, sono incredibilmente abbondanti qui sulla Terra.
Non c’è “esaurimento” del combustibile da fusione nucleare, non per miliardi di anni. E mentre la fusione può produrre piccole quantità di prodotti radioattivi come il trizio, non c’è mai il rischio di una fusione del reattore o di danni ambientali a lungo termine.
Rispetto persino all’energia solare, che richiede l’estrazione di elementi rari e l’uso di sostanze chimiche e risorse scarse per creare pannelli solari, la fusione è la scelta energetica più sostenibile.
Non è una questione banale creare una reazione di fusione nucleare. Finché ci si limita a lavorare con materiali come idrogeno, deuterio, elio-3 e altri elementi leggeri stabili e isotopi, sono necessarie temperature ed energie enormi per far sì che una reazione di fusione nucleare si verifichi. Controllare e sostenere questi ambienti non è un compito facile e sono necessarie energie importanti anche all’inizio per creare le condizioni necessarie per la fusione.
In secondo luogo, non ci si può semplicemente approcciare a questo con l’obiettivo di creare più energia tramite fusione di quanta ne metti nel sistema per far partire la reazione: questo è quello che è noto come una bomba. Invece, quello che bisogna fare è produrre energia a una velocità sufficientemente lenta da poterla usare per produrre quantità utili di energia: energia nel tempo.
Per raggiungere il tanto decantato punto di pareggio è necessario sia produrre più energia dalle proprie reazioni di quanta se ne immetta nel sistema per avviare tali reazioni, sia estrarre tale energia e utilizzarla. Finora, entrambi i problemi restano irrisolti in tandem, ma ci sono tre approcci principali che i ricercatori stanno adottando nel tentativo di rivoluzionare il rapporto dell’umanità con l’energia.
Approccio n. 1: Fusione a confinamento magnetico. Il combustibile per fusione nucleare non è costituito solo da atomi, ma dai nuclei atomici nei nuclei degli atomi. Un approccio alla fusione è quello di ionizzare completamente gli atomi, strappando via i loro elettroni, finché non rimangono solo i nuclei atomici. Creando questo plasma surriscaldato di nuclei atomici che possono fondersi insieme, l’idea è quindi quella di riunire quei nuclei, superando la forza elettricamente repulsiva tra loro, per avviare reazioni di fusione.
Approccio n. 2: fusione a confinamento inerziale. Invece di armeggiare con i campi magnetici, perché non provare semplicemente l’approccio della forza bruta? È che la fusione a confinamento inerziale tenta di fare. Prendendo un pellet di materiale che può essere fuso, una serie di laser ad alta potenza su tutti i lati vengono sparati sul pellet bersaglio, aumentando rapidamente la sua temperatura e densità fino a quando non può essere innescata una reazione di fusione nucleare. Sebbene richieda di immagazzinare un’enorme quantità di energia per il “colpo laser” che comprime il pellet, è possibile che la reazione di fusione generata rilasci ancora più energia, consentendoci un giorno di superare il punto di pareggio.
Approccio n.3: approcci di terza via. È qui che si stanno intromettendo molte iniziative private, alcune legittime, altre sospette e altre ancora che sono ciarlatani indiscutibili. Esistono due principali approcci alternativi ai metodi tradizionali, ed entrambi possono effettivamente creare reazioni di fusione.
A quanto pare, non è poi così difficile far partire la fusione nucleare, ma è notevolmente difficile arrivare il più vicino possibile al punto di pareggio come fanno la fusione a confinamento inerziale o quella a confinamento magnetico.
Finora, purtroppo, nessuno è particolarmente vicino al punto di pareggio, e questa è la domanda che ci si dovrebbe sempre porre quando si parla della fattibilità della tecnologia della fusione nucleare nel sostituire altre fonti di energia su cui l’uomo può contare.
•“È possibile produrre più energia di quella necessaria per avviare la reazione?”
•”Quanta dell’energia prodotta puoi sfruttare per produrre energia utilizzabile?”
•”E quanto sei vicino, quantitativamente, al raggiungimento del punto di pareggio?”
Quando si parla dell’Universo, non esiste reazione più vivificante o che sostenga la vita della fusione nucleare. È letteralmente al centro non solo di ogni stella, ma anche delle innumerevoli nane brune, ovvero stelle fallite, che subiscono la fusione del deuterio durante la loro vita.
Quando elementi leggeri si legano insieme, il nuovo elemento che producono ha una massa più leggera dei reagenti iniziali e quella reazione di fusione rilascia quindi energia proporzionale alla differenza di massa: tramite E = mc 2 di Einstein.
In termini di metriche di disponibilità di energia, disponibilità di fonti di combustibile e impatti ambientali, la fusione nucleare è di gran lunga la scelta migliore tra tutte le opzioni disponibili per generare energia.
Conclusioni.
Sfortunatamente, un investimento insufficiente di oltre 60 anni in questa tecnologia ci ha fatto arretrare in modo eclatante su questo importante fronte scientifico, e ora gli avvoltoi si sono radunati: pieni di grandi sogni e promesse vuote, senza nulla da mostrare se non quantità simboliche di fusione che sono di molti ordini di grandezza lontane anche solo dall’avvicinarsi al punto di pareggio.
Se c’è una tecnologia promettente che merita un investimento di livello lunare, è l’energia della fusione nucleare. È il percorso più promettente per mitigare l’attuale crisi climatica ed energetica.
Non sarà la tecnologia di oggi, ed è improbabile che diventi quella di domani a meno che non rivoluzioniamo radicalmente il modo in cui finanziamo e conduciamo la ricerca e lo sviluppo di base qui sulla Terra.
https://reccom.org/fusione-nucleare-energia-futuro-non-del-presente/
Tomba sud del Faraone Djoser, situata a Saqqara. - Linda Rosada
Molti anni fa, nel 1924, nel deserto d'Egitto, il rinomato archeologo britannico James Quibell ebbe l'incredibile fortuna di fare una scoperta che scosse il mondo dell'archeologia. Una scala che conduce alla tomba sud del Faraone Djoser, situata a Saqqara, si è rivelata un pezzo chiave per comprendere la storia di questa antica civiltà.
Sito archeologico presso Kostenki 11, Russia.
Siete pronti ad essere sbalorditi? Su un sito archeologico presso Kostenki 11, in Russia, è stato rinvenuto nel 2014 un cerchio fatto di ossa di mammut che tiene gli studiosi di tutto il mondo sulle spine. Costruito con i resti di oltre 60 mammuth lanares, questo edificio unico nel suo genere risale a 25.000 anni fa e solleva affascinanti quesiti sul suo scopo, i metodi di costruzione e il suo significato per le società di cacciatori-raccoglitori dell’età del ghiaccio.
L’indagine archeologica su questo cerchio di ossa di mammut ha portato a risultati sorprendenti. Ci sono prove di ossa di mammut bruciate, il che suggerisce che la popolazione Paleolitica probabilmente usava l’osso come combustibile per accendere fuochi, forse per attività come lo smembramento delle carcasse di mammut, indicando una comprensione sofisticata dell’uso del fuoco. Inoltre, lo scavo di materiale vegetale simile alle verdure moderne implica una dieta varia che potrebbe essere stata accompagnata da contorni vegetali alle portate di carne di mammut.
A dispetto di queste scoperte, molti interrogativi intorno al cerchio di ossa di mammut rimangono irrisolti. Le discussioni continuano su se i mammuth fossero cacciati o recuperati dopo la morte naturale, quanto tempo gli esseri umani abitassero il sito e se la struttura avesse un significato rituale o simbolico. Il dibattito in corso tra gli esperti sottolinea le difficoltà di interpretare queste antiche strutture basandosi esclusivamente su ciò che è rimasto nelle vestigia archeologiche.
Questo cerchio d'ossa di mammut non solo mette in mostra notevoli abilità costruttive e ingegnosità, ma offre anche uno squarcio sulla vita quotidiana dei cacciatori-raccoglitori dell'età del ghiaccio mentre affrontavano le prove dell'ultimo periodo glaciale in Europa. I ritrovamenti illuminano la resilienza e la creatività dei nostri antenati nell'adattarsi al rigido ambiente.
Sapevate tutto ciò? Restate sintonizzati per più curiosità dal mondo di archeologia.
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martedì 16 luglio 2024
Il Paradosso di Fermi: Siamo Soli Nell’Universo?
Con 200 miliardi di trilioni di stelle nell’universo e 13,7 miliardi di anni trascorsi dall’inizio di tutto, ci si potrebbe chiedere dove siano tutte le civiltà aliene. Questa è la domanda fondamentale dietro al paradosso di Fermi, che rappresenta la discrepanza tra le nostre aspettative sulla presenza di vita nell’universo, considerando i pianeti nelle zone abitabili, e il fatto che finora abbiamo individuato solo un pianeta con una specie intelligente che lo abita.
Esistono diverse teorie proposte per spiegare questo paradosso, che vanno dal concetto di uno zoo galattico in cui le civiltà aliene ci osservano senza farsi notare, fino all’ipotesi di grandi filtri che ostacolano lo sviluppo della vita in varie fasi. Un nuovo studio ha esaminato il paradosso da una prospettiva innovativa, suggerendo che la spiegazione più semplice potrebbe essere che siamo, per la maggior parte o addirittura interamente, l’unica civiltà intelligente nella nostra galassia.
L’articolo inizia con un esperimento mentale proposto dal fisico Edwin Jaynes nel 1968. Immagina di entrare in un laboratorio e trovare una serie di grandi beute piene d’acqua, in cui verserai una sostanza X per verificarne la solubilità. In un tale contesto, ci si aspetterebbe che la sostanza si sciolga quasi sempre al 100% o quasi mai. Questo scenario evidenzia l’importanza delle condizioni ottimali per un risultato specifico.
Applicando lo stesso ragionamento alla ricerca di vita e civiltà aliene, il team di ricerca ha considerato un insieme di pianeti simili alla Terra nell’universo, con caratteristiche simili in termini di gravità, composizione, inventario chimico e condizioni climatiche. Anche se piccole variazioni esistono inevitabilmente nello spazio, ci si aspetterebbe ragionevolmente che la vita emerga quasi sempre in tali condizioni, o quasi mai, evitando risultati intermedi che suggerirebbero un’artificiosità nell’emergere della vita.
Il primo autore dell’articolo, David Kipping, sottolinea che non possiamo usare la nostra stessa esistenza come prova che le civiltà aliene abbondino nell’universo. Potremmo semplicemente trovarci in uno dei rari mondi in cui la vita è emersa. Tuttavia, le ricerche hanno finora fornito poche evidenze di civiltà aliene avanzate, con tutti i presunti segni di tecnologie extraterrestri che si sono rivelati essere fenomeni naturali.
Il team di ricerca ha utilizzato un’Equazione di Drake modificata per valutare la presenza di civiltà aliene nella galassia, giungendo alla conclusione che la vita intelligente potrebbe emergere raramente, ma diffondersi rapidamente quando lo fa, seguendo il concetto degli “alieni affamati”. Questo scenario suggerisce che la maggior parte delle regioni dell’universo potrebbe essere già colonizzata da civiltà aliene, spiegando perché non rileviamo segni evidenti di tali civiltà nella nostra vicinanza.
Il team propone un’inversione della prospettiva tradizionale del SETI, suggerendo di concentrarsi su regioni molto distanti da noi per individuare eventuali segni di civiltà extraterrestri. Questa ipotesi, in linea di principio, potrebbe essere verificata tramite il SETI extragalattico, offrendo una nuova prospettiva nella ricerca di vita intelligente nell’universo.
L’articolo, ancora in attesa di revisione paritaria, è stato pubblicato sul server di pre-stampa arXiv, offrendo un contributo significativo alla comprensione del paradosso di Fermi e delle possibili spiegazioni sulla presenza di civiltà aliene nella nostra galassia.
Links:
Un nuovo studio esplora il paradosso di Fermi suggerendo che potremmo essere l’unica civiltà intelligente nella galassia. L’approccio innovativo propone una ricerca extragalattica per risolvere il mistero.