Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
lunedì 15 settembre 2025
sabato 13 settembre 2025
Quest’uomo è l’unica ragione per cui siamo ancora vivi e respiriamo oggi…
Vasily Arkhipov (1926-1998) era un ufficiale della Marina Sovietica che pronunciò l’unico voto contro il lancio di un siluro nucleare da un sottomarino B-59 in risposta al lancio di cariche di profondità da parte degli Stati Uniti, nonostante si trovasse in acque internazionali durante la Crisi dei Missili di Cuba del 1962.
L’equipaggio sovietico non aveva contatti con Mosca da alcuni giorni e non era sicuro se fosse scoppiata la Terza Guerra Mondiale. Il capitano era convinto che la guerra fosse iniziata in superficie e voleva lanciare il siluro nucleare. La situazione peggiorava: le batterie del sottomarino stavano esaurendosi, l’aria condizionata non funzionava e la temperatura superava i 45°C (113°F). Molti membri dell’equipaggio iniziarono a svenire a causa dell’avvelenamento da anidride carbonica e dei bassi livelli di ossigeno, fattori che compromettevano seriamente il loro giudizio.
Secondo il protocollo, il lancio nucleare richiedeva l’approvazione solo del capitano e del commissario politico a bordo. Per fortuna, Arkhipov era il comandante di una flottiglia e si trovava a bordo di quel fatale sottomarino B-59. I comandanti di flottiglia di solito non erano presenti sui sottomarini nucleari, ma il loro rango permetteva di trasformare il voto da due persone a tre.
Arkhipov discusse con i due ufficiali superiori e riuscì infine a convincerli a emergere e contattare Mosca. La sua determinazione e la sua decisione evitarono una guerra nucleare e letteralmente salvarono il mondo.
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venerdì 12 settembre 2025
il vaccino contro il cancro EnteroMix.
martedì 9 settembre 2025
La Luna.
Orbita a una distanza media di circa 384400 km dalla Terra[1], sufficientemente vicina da essere osservabile a occhio nudo, così che sulla sua superficie è possibile distinguere delle macchie scure e delle macchie chiare. Le prime, dette mari, sono regioni quasi piatte coperte da rocce basaltiche e detriti di colore scuro. Le regioni lunari chiare, chiamate terre alte o altopiani, sono elevate di vari chilometri rispetto ai mari e presentano rilievi alti anche 8000-9000 metri. Essendo in rotazione sincrona rivolge sempre la stessa faccia verso la Terra e il suo lato nascosto è rimasto sconosciuto fino al periodo delle esplorazioni spaziali[4].
Durante il suo moto orbitale, il diverso aspetto causato dall'orientazione rispetto al Sole genera delle fasi chiaramente visibili e che hanno influenzato il comportamento dell'uomo fin dall'antichità. Impersonata dai greci nella dea Selene[5], fu da tempo remoto considerata influente sui raccolti, le carestie e la fertilità. Condiziona la vita sulla Terra di molte specie viventi[6], regolandone il ciclo riproduttivo e i periodi di caccia; agisce sulle maree e sulla stabilità dell'asse di rotazione terrestre[7].
Si pensa che la Luna si sia formata 4,5 miliardi di anni fa, non molto tempo dopo la nascita della Terra. Esistono diverse teorie riguardo alla sua formazione; la più accreditata è che si sia formata dall'aggregazione dei detriti rimasti in orbita dopo la collisione tra la Terra e un oggetto delle dimensioni di Marte chiamato Theia[8].
Il suo simbolo astronomico ☾[9] è una rappresentazione stilizzata di una sua fase (compresa tra l'ultimo quarto e il novilunio visto dall'emisfero boreale, oppure tra il novilunio e il primo quarto visto dall'emisfero australe).
La faccia visibile della Luna è caratterizzata dalla presenza di circa 300 000 crateri da impatto (contando quelli con un diametro di almeno 1 km)[10]. Il cratere lunare più grande è il bacino Polo Sud-Aitken[11], che ha un diametro di circa 2500 km, è profondo 13 km e occupa la parte meridionale della faccia nascosta.
Continua su: https://it.wikipedia.org/wiki/Luna
giovedì 28 agosto 2025
La fisica quantistica compie un balzo epocale: Risolto l'enigma del secolo.
mercoledì 27 agosto 2025
La manovra che verrà. - Daria Paoletti
I partiti aprono il cantiere delle richieste, con un occhio alle prossime scadenze elettorali.
Nell’estate delle spiagge vuote, del caro vacanze che pare aver colpito il mitologico ceto medio, nel Ferragosto dei saldi negli stabilimenti balneari, la politica fa i conti. Quelli della manovra che arriva con l’autunno, come sempre, ma pure con il voto delle regionali: uno stillicidio di urne che si aprono quando sulla riviera marchigiana si staranno mettendo via gli ombrelloni e i tedeschi, se ci fossero, avrebbero ancora fatto il bagno, e che potrebbero chiudersi non prima di novembre. Persino inoltrato. All'incirca un voto al mese, giusto per accompagnare la messa a punto della prossima legge di bilancio. Che dunque più di altri anni rischia di finire preda degli appetiti elettorali dei partiti.
Ed ecco dunque che la prima richiesta che arriva punta proprio a quel ceto medio che mai come quest’anno pare soffrire il caro tutto, e gli stipendi fermi al palo da anni. Ed è Forza Italia a battere sul tempo tutti: vuole abbassare l’aliquota intermedia dell’Irpef dal 35% al 33% cercando di ampliare lo scaglione fino a 60mila euro. Un’operazione che a via XX Settembre potrebbe costare circa 4 miliardi ma che potrebbe aiutare i consumi.
L'altro grande nodo da sciogliere è quello della rottamazione. La quinta. A cui Matteo Salvini non vuole rinunciare: obiettivo consentire la rateizzazione dei debiti con il fisco in dieci anni senza sanzioni e senza interessi. Tace per ora il ministro, leghista, Giorgetti. Mentre si fanno i conti, che raccontano di un impatto immediato di circa 5 miliardi di euro sul primo anno di bilancio, anche se diluito negli esercizi successivi. Il ritorno elettorale, quello, è invece imponderabile.
E non sarebbe estate – e manovra – senza il capitolo pensioni, anzi “la vera soglia di libertà pensionistica” come la chiamano dalle parti del sottosegretario Durigon: 64 anni e 25 anni di contributi. Le risorse? Quello che conta - dice - è la volontà politica.
Tacciono dalle parti di via XX Settembre, dove il ministro Giorgetti ha la priorità di tenere conto del vincolo dei saldi di bilancio da mantenere in linea con gli impegni europei. La strategia adottata sinora ha conquistato un miglioramento del rating sul debito pubblico e un abbassamento dello spread con il Bund in area 80 punti base. E se è vero che meno interessi da pagare significano, con un’equazione grossolana, minore necessità di prelievo fiscale al ministero sanno che bisogna far quadrare la riduzione della prima aliquota Irpef e il taglio del cuneo fino a 40mila euro, che assorbono già quasi 18 miliardi, con quelle che saranno richieste e necessità. Un punto di equilibrio sempre fragile.
Gira quasi tutto intorno ai partiti di maggioranza. A quelli di opposizione resta raccontare del Paese con i lettini deserti e i salari erosi dall’inflazione e dai rincari. E macinare chilometri di campagna elettorale. In attesa di limare alleanze e intese, chiudere sui candidati, una battaglia comune resta quella sul salario minimo. Che dunque assume una nuova declinazione e diventa la promessa della variante regionale: dove si vince, è la sfida della stagione estate/autunno 2025, lo faremo. Almeno lì.
Cosa non torna dell'accordo sui dazi: tre punti che non coincidono. - Carlo Cottarelli
L'intesa tra Trump e von der Leyen viene vista in modi diversi dai documenti diffusi da Ue e Usa. E anche se si prende in considerazione solo la dichiarazione della Commissione europea, a emergere è la posizione di debolezza di Bruxelles nei confronti di Washington.
L’Unione Europea ha finalmente raggiunto un accordo con gli Stati Uniti sui dazi. O no? Il fatto è che c’è ancora parecchia incertezza sui termini dell’accordo, compreso su importanti aspetti. Verba volant, scripta manent e di scripta per ora non ne abbiamo molti. C’è la dichiarazione di Ursula von der Leyen pubblicata sul sito della Commissione Europea e c’è il “Fact Sheet” pubblicato sul sito della Casa Bianca. E i due documenti non coincidono in diversi punti:
Il documento americano dice che l’Ue importerà prodotti energetici per 750 miliardi di dollari dagli Usa da qui al 2028; quello dell’Ue dice che gli acquisti diversificheranno le nostre fonti di approvvigionamento” e che “sostituiremo il gas e il petrolio russo con acquisti significativi di GNL, petrolio e combustibili nucleari statunitensi”.
Quello americano dice che l’Ue investirà negli Stati Uniti, in aggiunta ai 100 miliardi attuali da parte di imprese europee, 600 miliardi di dollari, sempre da qui al 2028. Di questo non c’è traccia nel documento Ue.
Quello americano dice che i dazi su acciaio e alluminio resteranno al 50%; quello europeo che “per ridurre le barriere tra di noi, i dazi saranno tagliati e un sistema di quote sarà introdotto”. L’incertezza è aumentata dal fatto che, nonostante entrambi i documenti indichino che ci sarà una lista di beni a dazi zero in vari settori, tale lista non è pubblica se non in termini molto generici e, probabilmente, non è stata ancora negoziata.
Insomma, se questo accordo doveva servire a eliminare l’incertezza e consentire alle imprese di pianificare la propria attività, siamo ancora lontani dall’obiettivo.