lunedì 7 giugno 2010

Zavoli e i compensi Rai - Antonio Padellaro



7 giugno 2010

Chiediamo al presidente Zavoli: in tempi di sacrifici per tutti, è giusto che i compensi Rai percepiti da conduttori, star estarlette del teleschermo non debbano essere pubblici e pubblicabili trattandosi di soldi versati appunto dal servizio pubblico, frutto in gran parte del canone che tutti noi paghiamo? Ci rivolgiamo al presidente della commissione di Vigilanza Rai per il ruolo di garanzia ricevuto dal Parlamento e per la sensibilità istituzionale che tutti gli riconoscono. Un elenco certo e ufficiale degli emolumenti Rai (non solo gli stipendi base ma le cifre complessive riscosse) sarebbe una boccata di sana trasparenza.

Primo: metterebbe fine al balletto indecoroso di liste e listarelle di incerta fonte messe in giro strumentalmente per colpire questo o quello. Secondo: toglierebbe ai vari
Brunetta e Calderoli la finta maschera di “moralizzatori” quando è chiaro a tutti che la campagna sugli “stipendi d’oro” di viale Mazzini e Saxa Rubra è soprattutto diretta a colpire certi giornalisti invisi al governo, e non altri. La pubblicazione di questi dati metterebbe i cittadini nella concreta possibilità di valutare se quelle cifre corrispondono a precise e legittime logiche di mercato. O se per il loro eccessivo ammontare siano assimilabili alla categoria delle prebende e delle regalìe. È giusto, per esempio, accomunare chi conduce una trasmissione che fa il pieno di ascolti e di pubblicità con chi quei numeri se li sogna? E che il primo riceva in busta paga meno della metà del secondo? Chiediamo al presidente Zavoli: non è vigilanza anche questa?

Da
il Fatto Quotidiano del 6 giugno

http://antefatto.ilcannocchiale.it/glamware/blogs/blog.aspx?id_blog=96578&id_blogdoc=2496216&title=2496216


Annozero non chiude


7 giugno 2010

Annozero tornerà a settembre. Lo annuncia Michele Santoro alla fine di una giornata piena di suspense. In mattinata la domanda al presidente Rai Paolo Garimberti. Diretta: “Devo andare in onda o no?”. Poi la risposta di Garimberti: “Mi approprio del tuo slogan: adesso Annozero può cominciare”. Alla fine la promessa di Santoro: “Avevo chiesto che il presidente si pronunciasse con chiarezza e adesso lo ha fatto. Torniamo a settembre”.

Tutto era iniziato in viale Mazzini, sede storica della Rai. Conferenza stampa movimentata. Un'ora e mezzo di Michele Santoro: riflessioni, battute e una sola domanda che aspetta risposta da settimane: “Per me non sono sufficienti le dichiarazioni di Paolo Garimberti. Deve dire chiaramente se, a titolo del Cda o a nome personale, Annozero deve andare in onda o no. Garimberti mi vuole, vuole Annozero in onda? - si chiede Santoro - È pronto a scommettere anche la sua faccia sulla trasmissione?”. L’aut aut di Santoro era stato deciso: “L'unica scelta è tra
Annozero o l'accordo, tertium non datur. Non starò due anni chiuso in una stanza ad aspettare”.

Due chicche. Il direttore di Raidue che scappa dal sì o no di
Luca Telese: “Lei vuole Annozero?”. Silenzio imbarazzante. Santoro riprende un editoriale diAntonio Padellaro: “Gli stipendi di conduttori e direttori dovrebbero essere pubblici”.



(Clicca
qui o sull'immagine per il video Rai della conferenza stampa di Santoro)

VIDEO:
La conferenza stampa di Michele Santoro

LEGGI

La risposta di Garimberti a Santoro

Appello a Zavoli, i compensi della Rai siano pubblici di Antonio Padellaro

http://antefatto.ilcannocchiale.it/glamware/blogs/blog.aspx?id_blog=96578&id_blogdoc=2496399&title=2496399



Passaparola - 7 giugno 2010


La sfiducia dei mercati verso l’Italia non è tutta colpa dell’Ungheria


7 giugno 2010

La causa sono le debolezze italiane e la manovra insufficiente: dopo questa Finanziaria ce ne vorrà un'altra che il Governo non ha ancora annunciato

di
Superbonus

Adesso
Silvio Berlusconi e Giulio Tremonti diranno che è colpa dell’Ungheria, che è colpa di chi ha fatto entrare la Grecia in Europa e anche che è colpa degli “speculatori” se la situazione economica si aggrava e sarà necessaria una nuova manovra o un'integrazione di quella in discussione.

Ma questa è una menzogna, la manovra che verrà – non questa da 25 miliardi di euro appena approvata dal governo, ma la prossima, quella che deve ancora essere annunciata – è necessaria per i seguenti motivi: a) nella Finanziaria presentata a ottobre 2009 il ministero dell'Economia ha correttamente previsto la crescita del
Pil per il 2010 ma l’ha volontariamente mantenuta troppo alta per il biennio successivo b) passate le elezioni regionali in cui si prometteva “la cura contro il cancro” si sono riviste le stime di crescita del 2001/2012 dal 2% al 1,5% e si è evidenziata la necessità della manovra da 24 miliardi c) la manovra pubblicata inGazzetta ufficiale riuscirà a racimolare a mala pena 20 miliardi la maggior parte dei quali derivano dai tagli agli enti locali che si trasformeranno in tasse indirette sulla popolazione d) semplicemente per mantenere gli impegni con l’Europa e soprattutto con gli investitori saranno necessari altri 20 miliardi di manovra nel prossimo biennio. Il mercato non è convinto che il governo Berlusconi sia in grado di affrontare tagli alla spesa o aumenti delle imposte di queste dimensioni ed è per questo e solo per questo che sono sempre meno gli investitori disposti a comprare i nostri titoli di Stato.

Il differenziale di rendimento (
spread) dei Btp sui Bund tedeschi a 2 anni è passato dal 1,48% prima della manovra al 1,72% all’indomani della pubblicazione della stessa sulla Gazzetta ufficiale. Quando l’Ungheria ha annunciato le difficoltà ad onorare i propri debiti il differenziale è aumentato dello 0,08% a 1,80%. Lo Stato Italiano ha una durata media del debito di 7 anni, quindi ogni anno ricorre ai mercati finanziari per rifinanziare un settimo del proprio debito chiedendo in prestito 250 miliardi. La crisi ungherese, calcolando un effetto più che doppio rispetto a quello registrato fino ad ora, inciderà al massimo sui conti dello Stato per 64 milioni per i prossimi 7 anni così come la crisi Greca inciderà per 150 milioni.

A conti fatti la spesa aggiuntiva derivante dall’aumento del “rischio Italia” è ampiamente mitigata dalla discesa dei tassi d’interesse che ne annullano di fatto l’impatto. Quindi non si può dare la colpa a loro. Il governo sta cercando di nascondersi dietro una situazione difficile dei mercati finanziari per giustificare le sue carenze di politica economica e di eccesso di spesa pubblica. La conferenza stampa di presentazione della Manovra economica nella sala stampa di Palazzo Chigi il 25 maggio, è la migliore rappresentazione della situazione della spesa pubblica italiana. Le parole “abbiamo rinviato il taglio delle tasse” agli operatori finanziari sono sembrate ridicole e pericolose, perché pronunciate da un presidente del Consiglio che nega l’evidenza e non prende atto che gli investitori hanno presentato una mozione di sfiducia nei suoi confronti con conseguenze per il paese molto più gravi di una semplice caduta del governo.

Non siamo di fronte ad una crisi finanziaria emotiva nella quale prevale l’irrazionalità della reazione alla cattiva notizia (Ungheria, Grecia ecc.), ma dobbiamo affrontare la sfiducia degli investitori nella capacità del nostro paese di abbassare deficit e debito per questo motivo non è in discussione il tasso d’interesse che il Tesoro pagherà, ma le stesse linee di credito al sistema Italia iniziano ad essere viste con un occhio differente. Le parole di Tremonti ad
Annozero, giovedì sera, peggiorano la situazione: gli investitori vogliono misure concrete e subito, vogliono sentire parole chiare sullo stato dei conti e sulla vera entità delle manovre da mettere in campo, e ad ogni occasione mancata in cui il governo invece di annunciarle parla d'altro , cresce la loro inquietudine.

Per questo motivo i prezzi dei
Btp continueranno a scendere nelle prossime settimane e tutte le oche del Campidoglio affolleranno le televisioni per gridare contro gli “speculatori”. Ma alla fine faranno una cosa semplice semplice che produrrà un gettito di cassa immediato: aumenteranno le aliquote Iva così anche illeader della Cisl Raffaele Bonanni potrà finalmente dire che “sono stati colpiti i consumi e non i redditi”. Proprio una bella soddisfazione.

Da
il Fatto Quotidiano del 6 giugno

http://antefatto.ilcannocchiale.it/glamware/blogs/blog.aspx?id_blog=96578&id_blogdoc=2495907&yy=2010&mm=06&dd=07&title=la_sfiducia_dei_mercati_verso


Una settimanella buona (ma neanche tanto) - Dario Vergassola e Marco Melloni


6 giugno 2010

Sabato 29 maggio - Il piccolo Arnold se n’è andato. Tre anni ancora, invece, per il piccolo Silvio. - Sì del Governo alla tracciabilità, ma solo per pagamenti che superano i cinquemila euro. Un chiaro messaggio alle escort di tenere bassi i prezzi. - Scoperto in Australia un pesce con le mani. Si potrebbe trattare di un pesce-sega.

Domenica 30 maggio - Dennis Hopper, l’attore mito di “Easy Rider”, è scomparso. Ma con quella vecchia Harley non può essere andato lontano. - L’Aquila. Bertolaso è rimasto bloccato in ascensore. Come sempre, il futuro del capo della Protezione Civile è appeso a un filo. - Manovra finanziaria: tagli indiscriminati alla ricerca e alla cultura. Tanto per non saper né leggere né scrivere.

Lunedì 31 maggio - Anche Frattini condanna l’attacco israeliano ai pacifisti. Questa faccenda rischia di rovinargli il viaggio di nozze. - Manovra finanziaria.Napolitano alla fine ha firmato. Per non perdere l’allenamento. - Dopo 40 anni, Al Gore lascia la moglie. Era ancora buona, ma consumava troppo.

Martedì 1 giugno - Entra in vigore nell’Unione Europea il regolamento Mediterraneo: divieto di pesca di gamberetti, telline e bianchetti. Ancora una volta, ci vanno di mezzo solo i pesci piccoli. - Dopo la lite in pubblico, oggi Alemanno ha incontrato in Campidoglio Carla Fracci. Ma per precauzione ha indossato la conchiglia. - Il PdL non ascolta le proposte avanzate da Fini sul DdLintercettazioni. Niente: non c’è peggior sordo di chi non vuol intercettare.

Mercoledì 2 giugno - Festa della Repubblica. A Varese suonata “La gatta” di Gino Paoli al posto dell’Inno di Mameli. Almeno di quella tutti conoscono le parole. - C’erano quasi tutti ai Fori Imperiali per seguire la parata, tranne Scajola che ha preferito guardarla dal balcone. - Cannavaro giocherà per due stagioni negli Emirati Arabi. A parte l’ingaggio milionario, lo hanno convinto le 72 vergini in paradiso come premio partita.

Giovedì 3 giugno - La manovra colpisce anche i farmacisti. D’ora in poi riceveranno le supposte direttamente dal Governo. - Ultimatum dell’Unione Europea, le donne del settore pubblico dovranno rimanere a lavoro fino a 65 anni. Per trattenerleBrunetta ha dato l’ordine di bloccare i tornelli. - Venduto online un falso Viagra. Al contrario di quello vero, era chi assumeva la pillola blu ad essere trombato.

Venerdì 4 giugno - Potrebbe diventare realtà la medicina che cancella i brutti ricordi. In futuro potrebbe per esempio succedere di non ricordarsi più chi ti ha pagato la casa. - McDonald’s ritira 12 milioni di bicchieri con la faccia di Shrekperché contenevano pericolose tracce di cadmio. Che pare fosse la cosa più saporita del menù - Per un errore della censura, sono ritornati accessibili i siti porno in Cina. Fra la popolazione maschile sono ricomparse le tipiche occhiaie a mandorla.

Da
il Misfatto del 6 giugno

http://antefatto.ilcannocchiale.it/glamware/blogs/blog.aspx?id_blog=96578&id_blogdoc=2495880&yy=2010&mm=06&dd=06&title=una_settimanella_buonabrma_nea


Quei 98 miliardi evasi che eviterebbero i nostri sacrifici - Marco Menduni

Spiega alla Camera il ministro Elio Vito: «Non si tratta propriamente di un caso di evasione fiscale ma piuttosto di inadempienze contrattuali». Sarà, ma il lessico non cambia la sostanza. Ci sono novantotto miliardi (miliardi di euro, non è un errore) che ormai da tre anni la Corte dei conti contesta alle dieci società concessionarie delle slot machine, le macchinette succhiasoldi che hanno invaso ormai ogni bar e ogni locale della Penisola. Metterebbero a posto per anni i conti dello Stato, senza bisogno di sacrifici. Ma anche riuscire a “recuperarne” una parte darebbe sollievo alle casse asfittiche. Invece la vicenda si è avviluppata in un’interminabile disputa giudiziaria. E quel denaro rimane bloccato, immobilizzato.

È la vicenda scoperta dal Secolo XIX e raccontata, per la prima volta, il 31 maggio 2007. Una commissione parlamentare, presieduta dall’ex sottosegretario Alfiero Grandi, denuncia storture e pesantissime anomalie nella gestione del grande business delle macchinette. Nello stesso tempo il Gat, il gruppo antifrodi tecnologiche della Finanza conclude la sua indagine e manda i risultati alla Corte dei conti.

Le dieci società che hanno ricevuto la concessione dallo Stato per le slot machine, tra tasse evase, contratti non rispettati, penali, multe e interesse, devono pagare 98 miliardi di euro. Il sistema di controllo telematico delle giocate (e delle imposte dovute), che doveva essere pronto e funzionante nel 2004, ha fatto cilecca per anni. Un nuovo calcolo, voluto dalle stesse società, rifila di poco la cifra: si arriva a novanta miliardi.

La notizia trova pochissima sponda sui media nazionali (solo “Striscia la notizia” la segue in maniera costante); ma il 4 dicembre 2008, nell’incredulità generale, la maxi-contestazione arriva a processo. I difensori delle concessionarie fanno fuoco di sbarramento, contestano la competenza della Corte dei conti. Si stoppa tutto. La querelle finisce davanti alla Cassazione. Che però, il 7 dicembre dell’anno passato, scioglie i dubbi. Arriva l’ok: i giudici contabili possono continuare il processo. La prossima udienza è stata fissata a ottobre.

Nel frattempo si sono succeduti diversi tentativi di “colpo di spugna”, regolarmente stoppati. Ma la vicenda è riemersa con l’ultima finanziaria e i sacrifici imposti per affrontare la crisi. Imbarazzando anche la compagine di governo. Un esempio? Radio Padania Libera è stata subissata da centinaia di telefonate di ascoltatori infuriati, che alla cornetta hanno rievocato questa vicenda. A quel punto la Lega Nord ha proposto l’interrogazione parlamentare. Il ministro Vito ha risposto. Rievocando ancora una volta la vicenda giudiziaria e la sua complessità. Aggiungendo però una novità mai emersa fino a oggi: «Nel decreto anticrisi, attraverso la collaborazione con la Guardia di Finanza, sono stati attivati controlli e indagini sull’attività delle società stesse a garanzia del loro operato e per verificarne l’affidabilità». Bene verificare. Ma dei quattrini, nel frattempo, non si parla.

Quanto potrebbe essere lenito l’effetto dei “sacrifici” sugli italiani, se la maxi-sanzione venisse incassata? O se una soluzione “politica” riuscisse a farne incamerare almeno una parte? In realtà la vicenda è complessa. Le società concessionarie mirano ad allungare i tempi della disfida nelle aule di giustizia, probabilmente convinte che il tempo le possa avvantaggiare.

Hanno dalla loro una forza di pressione e condizionamento enorme: il giro di denaro raccolto dalle macchinette si è ormai attestato oltre i due miliardi di euro al mese, con relative tasse che continuano comunque ad affluire. E poi c’è la questione politica. Alcune società risultavano essere direttamente collegate ad esponenti dei partiti.

È il caso di Atlantis (che, secondo i calcoli della Finanza, è la più penalizzata dalle sanzioni con 30 milioni di euro), il cui legale rappresentante era Amedeo Laboccetta, ex uomo forte di An a Napoli, oggi parlamentare Pdl. Anche se Laboccetta nega, oggi, qualunque interesse e persino qualsiasi conoscenza della questione: «Mi sono dimesso il giorno stesso in cui sono stato eletto. Dimesso da tutto. Da Atlantis, di cui non so più niente, da dipendente Assitalia, da presidente di Poste Assicura. Faccio il deputato a tempo pieno, sono nella commissione antimafia e mi sento il custode di Montecitorio: sempre il primo ad arrivare e l’ultimo ad andarsene».

Lo stakanovismo di Laboccetta non sposta i termini della questione. Troppi imbarazzi bloccano la politica alla ricerca di una soluzione. Intanto i 98 miliardi (ma anche fossero il dieci per cento rappresenterebbero un sollievo) rimangono impigliati nella rete di una giustizia che marcia con i tempi della giustizia. Appuntamento a Roma, in un’aula della Corte dei conti, a ottobre.



    domenica 6 giugno 2010

    Le lauree ad Honorem fasulle..........


    Al mattino laurea "honoris causa" a Torino. Nel pomeriggio la revoca del ministro Fabio Mussi - FRANCESCO ALLEGRA



    Dottoressa per sei ore soltanto. Perché la laurea, appena conseguita, le viene subito revocata dal ministro dell’Università, irritato per la facilità con cui spesso in Italia vengono distributi i diplomi «ad honorem». È la disavventura capitata ieri nientemeno che a Jonella Ligresti, 40 anni, figlia primogenita di «don» Salvatore, uno degli uomini più ricchi e potenti d’Italia, capofila di un impero miliardario (in euro) che spazia dalle assicurazioni alle banche, dalle costruzioni a interessi immobiliari diffusi per tutta la Penisola.

    La disavventura, dunque. Jonella Ligresti, presidente di Fondiaria-Sai, il gruppo assicurativo di famiglia, nella tarda mattinata di ieri all’Università di Torino riceve, con il padre Salvatore seduto in prima fila in un’aula magna gremita, la laurea honoris causa in economia aziendale. Motivazione: «La maturità operativa e finanziaria dimostrata ai vertici di uno dei maggiori gruppi assicurativi italiani ed europei», recita la presentazione firmata dal professor Sergio Bortolami, preside della facoltà di economia dell’ateneo torinese. Passano poche ore e nel tardo pomeriggio arriva la sorpresa. Una nota del Ministero dell’Università e della Ricerca, guidato da Fabio Mussi, l’ex-Ds oggi leader di Sinistra Democratica, informa che «il ministro non ha approvato il conferimento di tale laurea quadriennale», in quanto «non ha riscontrato la presenza dei requisiti previsti dalla legge». In sostanza, ci vogliono requisiti «di eccezionalità», dicono da Roma. Non basta, evidentemente, presiedere il terzo gruppo assicurativo italiano o essere l’unica donna nominata consigliere di amministrazione di Mediobanca nella storia di piazzetta Cuccia.

    La laurea appena ricevuta, dunque, finisce nel cestino. Dall’entourage dei Ligresti preferiscono non commentare l’incidente. Dall’Università di Torino si giustificano dicendo che il senato accademico, circa un anno fa, aveva approvato la proposta presentata dal consiglio della facoltà di economia e l’aveva inviata al Ministero dell’Università. I vertici dell’ateneo però ammettono che dal ministero in questi mesi non è arrivata alcuna risposta, nè tantomeno un via libera, alla laurea honoris causa per Jonella Ligresti. Sta di fatto che l’Università ha deciso di procedere anche senza l’ok di Roma. Peccato di leggerezza? Può essere, tanto più che, riportano indiscrezioni attendibili, già a suo tempo il consiglio di facoltà sul “caso Jonella” si sarebbe spaccato: più di un consigliere avrebbe infatti espresso il proprio scetticismo in merito all’opportunità di assegnare il riconoscimento alla manager quarantenne. La quale porta un cognome che in Italia pesa molto e a Torino, dove il gruppo Sai è nato negli anni 20 e rappresenta uno dei maggiori sponsor culturali della città, forse anche di più. L’Università sabauda però stavolta non ha fatto i conti con il ministro Mussi, il quale da tempo va chiedendo agli atenei di adottare più rigore nell’assegnazione delle lauree honoris causa, con l’obiettivo di salvaguardare il prestigio del titolo (che ha valore legale pari a quello dei diplomi ottenuti dopo il normale ciclo di studi). Questo tipo di riconoscimenti in Italia negli ultimi tempi è diventato un po’ inflazionato. Nel 2000 ne sono stati conferiti una cinquantina, l’anno scorso quasi 200. Il caso più clamoroso? Quello di Valentino Rossi (“The Doctor”, appunto), il motociclista pluricampione che nel 2005 si è “laureato” in Comunicazione all’Università di Urbino.