mercoledì 20 giugno 2018

Ministro Tria: "Tasse troppo alte".


Il ministro dell'Economia Giovanni Tria

13mila sconosciuti al fisco e mille grandi evasori. Le "scoperte" della GdF.


"I recenti dati diffusi dall'Istat relativi al Pil confermano che l'economia italiana è in ripresa. Rimangono però elevate la pressione fiscale in rapporto al Pil e l'evasione fiscale contributiva, che nelle stime 2015 era di 110 miliardi di euro. La recessione ha indebolito la capacità di crescere e competere e ha generato una diffusa disaffezione nelle autorità". Così il ministro dell'Economia Giovanni Tria alla celebrazione del 244simo anniversario della fondazione della Guardia di Finanza.
L'impegno del governo - ha affermato Tria - è per "un più efficace contrasto all'evasione e alle frodi nella consapevolezza che solo da un contrasto efficace dell'illegalità possono derivare maggiori risorse per sostenere la crescita dell'economia". Dal contrasto all'evasione fiscale, secondo il ministro, possono derivare risorse anche "per la riduzione della pressione fiscale".
Il ministro è intervenuto alla festa della GdF, durante la quale sono stati presentati i dati relativi all'evasione. Due miliardi e 300 milioni, più di due milioni a testa: è quanto hanno sottratto al fisco i mille grandi evasori scoperti dalla Guardia di Finanza dal 1 gennaio del 2017 al 31 maggio di quest'anno. I Finanzieri hanno anche individuato quasi 13mila evasori totali e contestato 23mila reati fiscali.
Dei 2,3 miliardi evasi dai grandi evasori, che non sono piccoli artigiani, commercianti o imprenditori ma soggetti che si avvalgono di una rete di connivenze e spesso anche della consulenza di studi tributari, più della metà - 1,3 miliardi - sono però già stati confiscati acquisiti in via definitiva al patrimonio dello Stato.
Da gennaio 2017 sono stati scoperti anche 12.824 evasori totali, soggetti del tutto sconosciuti al fisco, che hanno evaso 5,8 miliardi di Iva. I finanzieri hanno inoltre portato alla luce quasi 23mila reati fiscali - il 67% dei quali riguardano emissione di fatture false, dichiarazioni fraudolente e occultamento di documenti contabile - e denunciato 17mila persone, di cui 378 arrestate.
Infine, sono 30.818 i lavoratori in nero impiegati da 6.361 datori di lavoro.
Questi, in sintesi, i dati presentati dalla GdF:
Appalti irregolari per 2,9 miliardi, danni all'erario per 5 miliardi, mille grandi evasori che hanno sottratto al fisco 2,3 miliardi, più di due milioni a testa. Sono i dati principali di 17 mesi di attività della Guardia di Finanza - dal 1 gennaio 2017 al 31 maggio 2018 - resi noti in occasione della festa del Corpo.
APPALTI IRREGOLARI PER 2,9 MLD, 40% GARE - Nel settore appalti la GdF ha scoperto irregolarità sull'aggiudicazione del 40% delle gare esaminate. Oltre 6mila i denunciati per reati in quest'ambito e delitti contro la P.a., 644 dei quali arrestati; 600 milioni di euro sequestrati. Su un totale di gare sottoposte a controllo per 7,3 miliardi, il valore degli appalti in cui sono state riscontrate irregolarità è di 2,9 miliardi.
DANNI ERARIO PER 5 MLD - Sono 8.400 le persone responsabili di un danno erariale individuate, per un ammontare di 5 miliardi. Il dato si focalizza su un insieme di inefficienze e sprechi di risorse di cui si rendono colpevoli persone che operano nel settore pubblico procurando danni all'erario.
1.000 GRANDI EVASORI - Due miliardi e 300 milioni, più di due milioni a testa: è quanto hanno sottratto al fisco i mille grandi evasori, soggetti che si avvalgono di una rete di connivenze e della consulenza di studi tributari, non certo piccoli commercianti, artigiani o imprenditori. Più della metà di questi soldi - 1,3 miliardi - sono però già stati confiscati acquisiti in via definitiva al patrimonio dello Stato. Scoperti anche 12.824 evasori totali che hanno evaso 5,8 miliardi di Iva e contestati quasi 23mila reati fiscali - il 67% dei quali riguardano emissione di fatture false, dichiarazioni fraudolente e occultamento di documenti contabile - 30.818 sono invece i lavoratori in nero impiegati da 6.361 datori di lavoro.
FRODI COMUNITARIE - Negli ultimi 17 mesi la Guardia di Finanza ha scoperto frodi in danno del bilancio nazionale e comunitario per oltre 1,5 miliardi di euro. Si attestano a 175 milioni le frodi nel settore della spesa previdenziale e sanitaria. I soggetti nel complesso denunciati sono stati 12.741, con l'esecuzione di oltre 40.000 interventi a tutela dei principali flussi di spesa pubblica.
SANITA', FURBETTI TICKET OGNI 10 CONTROLLI - Le Fiamme Gialle hanno effettuato controlli mirati in ambito sanitario per scoprire i "furbetti" del ticket, settore nel quale sono state individuare "sacche" di irregolarità nel 90% dei casi: in pratica, ogni 10 persone controllate, almeno 9 si sarebbero fatte curare gratis, in ospedali pubblici o in altre strutture private convenzionate senza averne diritto. Per quanto riguarda poi gli aiuti economici e i servizi sociali di assistenza verso cittadini in condizioni economiche e sociali di disagio, il 39% dei controlli svolti ha evidenziato irregolarità.
MAFIA E TERRORISMO - Le indagini patrimoniali contro le mafie hanno portato alla confisca di beni e valori per 2 miliardi. Altri 3 miliardi sono stati sequestrati, mentre le richieste di sequestro in corso ammontano a 4,6 miliardi. 
Tre miliardi il valore del riciclaggio accertato, somme intercettate grazie a circa 1.300 indagini, da cui sono scaturite denunce per riciclaggio e autoriciclaggio nei confronti di 2.508 persone, 284 delle quali poste agli arresti. Delle oltre 131.600 segnalazioni di operazioni sospette esaminate, 38.600 sono state sottoposte a indagini più approfondite e 756 sono risultate attinenti al finanziamento del terrorismo internazionale.
IL MERCATO DEL FALSO - Sono 264 milioni gli articoli sequestrati dalle Fiamme Gialle tra quelli contraffatti, con falsa indicazione del made in Italy, quelli non sicuri e i prodotti alimentari con marchi industriali falsificati o indicazioni non veritiere su origine e qualità. Oscurati o sequestrati anche 521 siti internet, utilizzati per commercializzare on line merce contraffatta.

martedì 19 giugno 2018

Maggiori disturbi mentali nelle società meno eque. - Cristina Da Rold

Risultati immagini per differenze sociali
A fine giugno uscirà in inglese “The Inner Level. How More Equal Societies Reduce Stress, Restore Sanity and Improve Everyone’s Wellbeing” (come società più eque possono ridurre lo stress e migliorare il benessere di tutti) scritto da due colonne portanti a livello mondiale nella ricerca sulle disuguaglianze sociali nella salute e dei determinanti sociali della salute: Richard Wilnkinson e Kate Pickett.
Perché l’incidenza della malattia mentale nel Regno Unito è doppia rispetto a quella in Germania? Perché gli americani sono tre volte più propensi degli olandesi a sviluppare problemi di gioco? Perché il benessere dei bambini è molto peggiore in Nuova Zelanda rispetto al Giappone?
La tesi di fondo dei due autori è che la misura del benessere mentale di una società non dipende dal PIL o dal PIL medio pro capite, e quindi dal potere d’acquisto medio della popolazione, ma dal livello di disuguaglianza economica e quindi di opportunità che permea una società.2019
Da buoni epidemiologi parlano dati alla mano. Oggi fra i paesi ricchi, le società dove il benessere psicologico è peggiore sono proprio le società più disuguali (nei termini del coefficiente di Gini): Stati Uniti e Regno Unito su tutti. Al contrario, le società più eque come il Giappone o i paesi scandinavi sono quelle che presentano tassi inferiori di disturbi mentali.
Non è un caso – affermano gli autori – che con il passare dei decenni si registri una sempre maggiore prevalenza di disturbi mentali come l’ansia, nonostante le società siano diventate sempre più ricche. Non sono le generazioni a essere diventate via via sempre meno capaci di far fronte alle difficoltà della vita, come viene spesso raccontato, ma è l’ineguaglianza a creare una maggiore competizione sociale, che a sua volta favorisce l’aumento di ansia e stress, e quindi una maggiore incidenza di malattie mentali, insoddisfazione e risentimento. E questo – continuano gli autori -porta all’ampliamento di abuso di droghe, alcol e dipendenze come il gioco d’azzardo – che a loro volta generano ulteriore stress e ansia.
Per gli Stati Uniti – il paese dove la disuguaglianza economica è maggiore – basta pensare all’epidemia dell’abuso di oppiacei ormai da tempo balzata alle cronache. Secondo i dati dell’CDC americano, il tasso di mortalità per abuso di oppiacei è passato da 3 decessi per 100 mila persone del 2000 ai 13,5 del 2016.
Certo, la malattia mentale è un fenomeno multifattoriale. La Nuova Zelanda ha tre volte più malattie mentali dell’Italia, e gli stessi livelli di disuguaglianza di reddito, e la Francia ha il doppio dei tassi di malattia mentale della vicina Spagna, eppure la sua disuguaglianza di reddito è più o meno la stessa. Tuttavia, la tendenza c’è e si vede.
Gli autori incrociano i dati sulla disuguaglianza economica con l’indice di “salute e problemi sociali” che comprende – si legge – aspettativa di vita, abilità nel leggere, scrivere e far di conto, mortalità infantile, tasso di omicidi, reati commessi, gravidanze in età adolescenziale, tassi di obesità, mobilità sociale e – appunto – disturbi mentali incluse le dipendenze.
Secondo gli autori l’Italia rappresenterebbe un’anomalia: un livello medio alto di disuguaglianza economica ma una prevalenza non così elevata di disturbi mentali, e la ragione sarebbe da ricercarsi nelle “strette relazioni familiari in Italia”.
Il legame fra livello di “income inequality” (letteralmente disuguaglianza di reddito) e prevalenza delle malattie mentali è stato esaminato e confermato anche da un’ampia revisione pubblicata nientemeno che su The Lancet Psychiatry nel 2017, che vede fra gli autori anche un italiano, Luca Pingani dell’Azienda USL di Reggio Emilia e dell’Università̀ degli studi di Modena e Reggio Emilia. Esaminando 27 studi su questo tema, gli autori, guidati da Sara Evans-Lacko e Wagner-Silva Ribeiro della London School of Economics, hanno concluso che le disuguaglianze di reddito sono negative per la salute mentale, anche se sulle dimensioni di questo impatto vi è una marcata eterogeneità tra gli studi. La conclusione è che se la riduzione della disparità di reddito potrebbe comportare un significativo miglioramento del benessere della popolazione.
In The Inner Level ampio spazio è dedicato infine all’analisi del benessere durante l’infanzia, che come è noto è un proxy di malessere in età adulta.
Si tratta di considerazioni ampiamente condivise dai maggiori studiosi di epidemiologia sociale a livello mondiale. Lo stesso Michael Marmot nel suo “The Health Gap”, sottolineava che il gap inizia non appena si nasce e povertà e privazioni, si traducono in condizioni cognitive sfavorevoli sin dalla primissima infanzia, a partire per esempio dal numero di parole utilizzate dai bambini. Insomma, il luogo comune secondo cui ciò che non uccide dovrebbe fortificare è falso: per citare Marmot, “ciò che non uccide rende più vulnerabili”.

Parla Di Maio: «Più incentivi al lavoro stabile e stretta sui contratti a termine». - Giorgio Pogliotti e Claudio Tucci

Risultati immagini per di maio

Incentivi alle imprese «più adeguati» e legati alle assunzioni a tempo indeterminato. Stretta su contratti a termine e sulla somministrazione, per contrastare la precarietà. Apertura ad un periodo transitorio, per evitare di «stravolgere le attività aziendali e i contratti in essere». Rafforzamento dei centri per l’impiego che dovranno essere «il cardine su cui dovrà girare il reddito di cittadinanza».

Nella prima intervista da ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico, Luigi Di Maio indica le priorità d’azione in vista della presentazione del cosiddetto “decreto dignità” atteso per la fine del mese sul tavolo del consiglio dei ministri. Il ministro parla al Sole 24 ore, dopo aver concluso il tavolo con i rappresentanti delle imprese operanti nella gig economy, preceduto la scorsa settimana dall’incontro con gli stessi riders.

d) Ministro, sul capitolo tutele per i lavoratori 4.0, la soluzione per ora è affidata ad un tavolo negoziale e non più ad un decreto legge. Cosa ha determinato questo cambio di strategia?

r) Non c’è un cambio di rotta sia ben chiaro, abbiano rilevato la disponibilità ad aprire un tavolo ma se non sarà produttivo, sarà il Governo a normare il settore. Quindi non è un cambiamento di strategia, semplicemente dopo aver incontrato i riders, ieri abbiamo incontrato le aziende che si occupano di food delivery ed è emersa, sia dai rappresentanti delle aziende nazionali che internazionali, la disponibilità di avviare un percorso condiviso per la creazione di un contratto per chi lavora nel settore. Il mondo del lavoro cambia e bisogna interpretare e governare i cambiamenti. L’Italia è tra i paesi europei con il maggior numero di “gig workers”. Abbiamo il dovere come Governo di occuparci di questi lavoratori, l’intento dell’esecutivo è quello di far diventare l’Italia il paese europeo con la più avanzata normativa per i lavoratori della Gig economy.

Che tempi avete dato per trovare un’intesa tra rider e aziende del settore?

I tempi saranno stretti, non è mia intenzione aprire un tavolo che duri all’infinito, se c’è la possibilità di chiudere con soddisfazioni delle parti si crea un percorso e si porta avanti. I tempi saranno chiari appena aziende, riders e organizzazioni sindacali si incontreranno al ministero.

Nel “decreto dignità” resteranno dunque le modifiche al Jobs act. Sui contratti a termine, reintrodurrete le causali e ridurrete le proroghe da 5 a 4: non teme una nuova esplosione del contenzioso?

Non credo ci sarà un incremento dei contenziosi, l’idea di fondo è quella di favorire il contratto a tempo indeterminato, ed evitare che ci sia un ricorso indiscriminato ai rinnovi, non è più ammissibile che ci siano contratti di settimane o un mese che vengono rinnovati senza una causalità, ma a discrezione dell’azienda.

Cosa succederà ai rapporti a tempo determinato attualmente in corso: prevedete un periodo transitorio per consentire alle aziende e alla contrattazione di mettersi in regola?

Stiamo valutando la misura migliore che ci consenta di intervenire in maniera adeguata senza stravolgere le attività aziendali e i contratti in essere.

Le correzioni al decreto Poletti si estendono anche alla somministrazione?

Sulla somministrazione stiamo già lavorando ad alcuni strumenti specifici, dal momento che anche in questo caso lo strumento si è prestato ad abusi nel corso degli anni.

La lotta alla precarietà significa soprattutto rendere il contratto a tempo indeterminato più conveniente. Modificherete gli attuali incentivi rivolti a giovani e Sud che, finora, stanno dando risultati modesti?

Se i risultati sono modesti forse questi sgravi non sono stati sufficienti a rendere vantaggioso il contratto a tempo indeterminato, la scelta di essere il ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico va proprio nella direzione di adeguare gli incentivi alle imprese legandoli alle assunzioni a tempo indeterminato. Così si riesce a far ripartire il lavoro per i giovani e a creare sviluppo nel Mezzogiorno.

Le politiche attive e i centri per l’impiego restano la grande incompiuta della riforma del 2015. Quante risorse metterete subito in campo dei 2,1 miliardi annunciati e per fare cosa?

Noi stiamo già operando per riformare i Centri per l’impiego e per renderli operativi e in grado di realizzare l’incrocio tra domanda e offerta di lavoro. I Centri per l’impiego saranno il cardine su cui dovrà girare il reddito di cittadinanza, devono essere l’hub su cui si dipanano le politiche per il lavoro.

Sul capitolo delocalizzazioni: imporrete alle imprese che hanno avuto incentivi pubblici e si trasferiscono all’estero di trovare un acquirente che garantisca i livelli occupazionali, o è allo studio un’altra ricetta?

Assumeremo quella che verrà ritenuta la più efficace in termini di contrasto all’utilizzo indebito di risorse pubbliche. Ma resta chiaro l’intento di evitare che dopo aver preso incentivi statali le imprese lascino il nostro paese e abbandonino i lavoratori.

Per l’Ilva pensate ad una proroga della gestione commissariale per dare più tempo alla trattativa con i sindacati e cercare un accordo? Chiederete ad Arcelor Mittal un'integrazione degli impegni sul fronte ambientale?

Ieri è stato avviato il tavolo con le parti sociali ,enti locali e associazioni. Oggi si chiuderanno gli incontri e faremo le opportune valutazioni, rispondere ora sarebbe poco rispettoso per i partecipanti, avendo ben chiara la necessità di salvaguardare contemporaneamente ed in pari misura l’ambiente, i lavoratori e la vita dei cittadini di Taranto.

Un’ultima domanda ministro: sulle pensioni, inserirete la nuova anzianità (quota 100 o 41 anni di anzianità contributiva, ndr) già nella prossima legge di Bilancio insieme alla pensione di cittadinanza?

La volontà di inserire una nuova anzianità è assodata ma sui tempi tecnici ci stiamo lavorando e non posso dire ora a circa due settimane dall’insediamento se entrerà in legge di bilancio o meno. Ma è una priorità ve lo assicuro.

http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2018-06-18/parla-maio-piu-incentivi-lavoro-stabile-e-stretta-contratti-termine-214717.shtml?uuid=AEzFsT8E

domenica 17 giugno 2018

Stadio Roma: Lanzalone puntava ad entrare nella vicenda Atac. - Michele Suglia


Luca Lanzalone arriva in Procura, Roma, 15 giugno 2018

A comizio Pomezia cori Onestà! Leader M5s non cita mai Salvini.

                                                                                                                                                                                L'ex presidente di Acea, Luca Lanzalone, puntava ad ottenere incarichi professionali anche nella vicenda del concordato sul futuro di Atac, la municipalizzata del trasporto capitolino. Dalle carte allegate al procedimento emergono i contatti tra l'avvocato genovese e "tale Carlo" che viene descritto come ""verosimilmente Carlo Felice Giampaolino (advisor legale per il concordato Atac)" . In una intercettazione del 22 maggio "Carlo (Giampaolino) tra l'altro afferma che il ricorso dovrà essere curato da Lanzalone o da un altro professionista con la sua caratura. I due commentano i problemi che potrebbero sorgere nel momento in cui sarà incaricata l'avvocatura del Comune di Roma per seguire le pratiche legali". 
Intanto, in un'intervista al Fatto Quotidiano, il sottosegretario Giorgetti racconta la 'cena segreta' con Parnasi e Lanzalone: 'Parnasi lo conosco da 15 anni, eravamo vicini di casa. La cosiddetta cena segreta era un aperitivo... Lanzalone si è presentato come presidente di Acea, ha lasciato intendere che fosse stato l'avvocato di Grillo. Comunque loro non sono mai entrati nel confronto tra noi e i 5stelle'. 
E sull'inchiesta relativa allo Stadio di Roma, il vicepremier Luigi Di Maio risponde velocemente ai cronisti lungo i pochi metri che lo portano al palco di piazza Indipendenza a Pomezia, cittadina a sud di Roma, dove il 24 giugno i 5S si giocano (di nuovo) il Comune al ballottaggio:  "Un grande equivoco, è tutto un malinteso". Sette parole per interrompere il silenzio sull'inchiesta in corso sullo stadio di Roma che ha gettato un'ombra sul M5S, al governo da quindici giorni insieme alla Lega. Di Maio ha aggiunto di essere tranquillo. Sul palco ha spostato l'attenzione su quello che farà: non solo lui come doppio ministro ("Il decreto di dignità si farà subito, non c'è più tempo da aspettare") ma anche i suoi colleghi Fraccaro e il presidente della Camera Fico. "La prossima settimana ci sarà il taglio dei vitalizi agli ex parlamentari", assicura. Puntuale dal pubblico è arrivato l'applauso. Ma dallo stesso, a fine comizio un gruppetto ha urlato anche "Onestà onestà!". Un coro che è nel dna del movimento fondato da Grillo, ed è lo stesso gridato in Campidoglio contro l'allora sindaco Ignazio Marino. Ma oggi l'onestà potrebbe essere contestata ai 5 Stelle. Non vede nessun collegamento tra i cori e l'inchiesta romana, il candidato al Comune Adriano Zuccalà: "Sì, li ho sentiti, ero sul palco ma non è niente di diverso dal nostro solito coro. Semmai è un rafforzativo di quello che era stato detto prima", chiude il discorso. Inoltre nel giorno in cui Le Monde 'sminuisce' Di Maio contro "il tornado Salvini", il vicepremier più giovane non cita mai l'altro collega di governo. Pur parlando di immigrazione, ad esempio, tutte le parole di Di Maio sono per il premier Conte per il no detto al decreto Dublino ("La Germania ci è venuta dietro") o per l'esponente del suo partito, il ministro alle infrastrutture Danilo Toninelli e per l'aiuto offerto comunque alle donne incinte e ai bambini a bordo dell'Aquarius. Niente invece su Salvini e sul suo no all'attracco della nave Aquarius. Eppure Di Maio ha invitato gli elettori a dire no. "A volte basta dire no, un po' di no per ottenere un po' di sì per gli italiani anche a livello europeo", ha spronato.
Salvini, Lega serena, governo non deciso a cena  - "Come Lega siamo sereni, il Governo l'abbiamo deciso altrove non a cena. La responsabilità me la prendo io e Luigi Di Maio". Così il ministro dell'Interno e leader della Lega Matteo Salvini torna sul caso dello stadio di Roma questa sera a Ivrea, a margine di un incontro elettorale in vista del ballottaggio del 24 giugno.

Stadio della Roma, la “lista” di Parnasi: soldi a Forza Italia, Pd e Leu. “Domani vedo i Cinque Stelle, pago pure a loro”. - Vincenzo Bisbiglia

Stadio della Roma, la “lista” di Parnasi: soldi a Forza Italia, Pd e Leu. “Domani vedo i Cinque Stelle, pago pure a loro”

Non c'è solo la cena con Giorgetti e Lanzalone, coperta da tre pagine di "omissis", nell'informativa dei carabinieri. L'imprenditore fa i nomi dei politici finanziati (tutti non indagati) alla vigilia delle elezioni politiche e regionali: Ferro, Mancini e Minnucci del Pd, Riccardo Agostini (Leu), Polverini e Giro (Fi), Ciocchetti (Nci) e Buonasorte (Lista Pirozzi).


Una cena con Luca Lanzalone e Giancarlo Giorgetti, neo sottosegretario della Lega e in odore di premiership per tanti giorni. Una “lista” di politici – locali e non – saldati e da saldare, finanziamenti anche di piccole entità che gli inquirenti non specificano siano leciti o illeciti. Un tentativo di ingraziarsi Roberta Lombardi candidata M5S alla Regione Lazio “che magari non vince ma ci può essere utile sul nazionale”. E poi il finanziamento “illecito” di 25.000 euro al forzista Adriano Palozzi per lo sblocco dell’affaire Eurosystem e quello presunto, e non specificato all’indagato (anche lui azzurro) Davide Bordoni. Il rapporto fra Luca Parnasi e la politica è profondo e costante e lo dimostrano anche i brogliacci tratti dall’informativa che i carabinieri hanno consegnato nelle mani del pm Paolo Ielo.

L’INCONTRO CON GIORGETTI E GLI “OMISSIS” –Lanzalone, Giorgetti (non indagato) e Parnasi si vedono in serata a casa del costruttore. Si sa molto poco di questo incontro, perché nell’informativa trapelata appaiono ben tre pagine di “omissis”. “Dal tenore della conversazione si evince che tale incontro deve rimanere riservato”, scrivono i militari. Si sa però quello che accade dopo, intorno alle 22.40, quando Lanzalone e Parnasi restano soli: “Io vedo Luigi tutti i giorni – dice il presidente Acea – lo sento tre volte al giorno, l’ho visto due ore fa”. E ancora: “Lo risento domani mattina però in giro non lo dico perché per la cosa che fai…”. Il manager insiste: “Luigi è un po’ come Salvini, cioè molto chiuso il cerchio, io due tre persone e punto”. Non è chiaro dalle carte chi sia il “Luigi” di cui parla Lanzalone e che viene paragonato a Salvini. Possibile che sia Di Maio? Sicuramente qualcuno del M5S, dato che poi Parnasi ricambia con contatti nella Lega: “Se hai bisogno tieni conto che io parlo direttamente con Matteo (Salvini) ma in questo momento con Giancarlo (Giorgetti)”. Va ricordato che una fondazione vicina alla Lega era stata, negli anni scorsi, finanziata con 250.000 euro da Parnasi e che Salvini ha ammesso pubblicamente di conoscere il costruttore romano e di considerarlo fino a quel momento “una persona perbene”.

LA LISTA DI PARNASI – Come ricordava egli stessi in un’intercettazione, Parnasi però aveva una lista di tutti i politici. Cognomi e cifre vengono fatti durante una riunione con il suo staff, anche se non è chiara la natura di questi finanziamenti. Siamo alla vigilia delle elezioni politiche e alle contestuali regionali e il costruttore si prepara a dare un contributo a diversi esponenti. La lista dettata alla segretaria: Andrea Ferro (Pd), 5.000 euro; Emiliano Minnucci (Pd), 5.000 euro; Riccardo Agostini(Leu), 15.000 euro; Giulio Mancini (Pd), 5.000 euro; Renata Polverini (Fi), 10.000 euro. E ancora: Francesco Giro (Fi), 5.000 euro; Luciano Ciocchetti (Nci), 10.000 euro; Roberto Buonasorte (Lista Pirozzi), 5.000 euro. E poi ci sono i 25.000 euro alla Pixie Social Media di Adriano Palozzi. E ancora: “Con Forza Italia c’hai parlato? Sì… Fratelli d’Italia?” e l’interlocutore che risponde: “Già fatto, è arrivato all’amministratore, io l’ho controllato”. Poi riparte Parnasi: “Il Pd lo incontro domani”. A parte Palozzi (arrestato), va specificato che gli altri esponenti politici finanziati presenti in lista non sono indagati.
“PAGO PURE I 5 STELLE” – A completare l’arco costituzionale mancherebbero i 5 Stelle, ma Parnasi dice a un suo collaboratore: “Domani c’ho un altro meeting dei Cinque Stelle, perché pure a loro gliel’ho dovuti dare eh, mica che… ci sta l’amico tuo adesso, gliel’ho detto di quell’operazione”. Sulla vicenda stadio, in particolare, Parnasi chiede ai suoi: “Volete che faccia qualche altro passaggio politico? Visto che sto sostenendo tutti quanti. Poi vediamo Marcello De Vito, vediamo Ferrara, serve che faccio qualcosa? Avviso Lanzalone”. Poi si lascia andare: “Se c’avessimo tutto approvato, nessuno più a rompere i coglioni. Potrei pure fare il fuggiasco, alla fine”. Marcello De Vito non risulta indagato.

L’AIUTO ALLA CAMPAGNA DI LOMBARDI – Che Parnasi abbia “promosso” in qualche modo la campagna elettorale in Regione di Roberta Lombardi era già emerso nell’ordinanza fatta eseguire dal gip. Parnasi – scrive il giudice “avvia , come già anticipato, un’attività di promozione in favore del canditato Cinque Stelle alla Regione Roberta Lombardi. In tal modo egli, infatti, rafforza i suoi legami con Ferrara e con Marcello De Vito che gli hanno avanzato tale richiesta e che, in quanto ricoprono rilevanti incarichi nell’ambito dell’ amministrazione capitolina , svolgono un ben preciso ruolo nell’ approvazione del progetto dello stadio , e crea i presupposti per lo sviluppo di ulteriori progetti imprenditoriali , essendo la Lombardi, oltre che candidata alla Regione, personaggio di spicco dei Cinque Stelle a livello nazionale e quindi destinata, in ipotesi di un successo elettorale di tale compagine nelle elezioni politiche, a ricoprire ruoli decisionali nel nuovo assetto che si determinerà all’ esito del voto”. Dall’informativa però spuntano ulteriori dettagli. Giulio Mengosi, in qualità di responsabile comunicazione di Eurnova, dice a tale Fabio che il capogruppo capitolino Paolo Ferrara e il presidente dell’Assemblea Capitolina, Marcello De Vito (non risulta indagato) “mi hanno chiesto di aiutare la Lombardi, non lei direttamente perché neanche la conosco, ma con tutti i miei contatti sono a disposizione di tutti, sono un professionista”. Insomma, come la definiscono i militari, “un’attività di promozione in favore del candidato attivando canali da lui conosciuti”. Mangosi entra così in contatto con giornalisti romani (e non solo) ai quali prova a proporre interviste a Roberta Lombardi, aiutando di fatto il suo ufficio stampa. L’attuale consigliera pentastellata non è indagata. E dice: “Ho incontrato Luca Parnasi una sola volta alla Camera dei deputati, dove ho preteso che avvenisse l’incontro in modo che fosse registrata la presenza di questa persona, visto che istituzionalmente ogni giorno incontro le persone più varie. Mi ha parlato dello stadio della Roma, dei suoi progetti futuri imprenditoriali e della sua attività. Poi non c’è mai stato alcun contatto ulteriore, nessun seguito, nessun fattivo contributo”.

Tutti i "tavoli" di Luca Parnasi. Dalla lunga lista di politici pagati alla cena con Lanzalone e Giorgetti per il nuovo Governo. - Ettore Ferrari

Luca Parnasi


Nell'informativa dei carabinieri anche i rapporti stretti con M5S e Salvini, le amicizie con Malagò e i contatti con Sala.


Luca Parnasi non faceva differenze, per lui davvero destra e sinistra non esistono più. I soldi uscivano - saranno i giudici a stabilire se fossero pagamenti per "oliare" impropriamente alcuni meccanismi o contributi elettorali leciti - in tutte le direzioni, per tutto l'arco costituzionale. E poi conversazioni e cene con esponenti politici, anche di primo piano - come Giancarlo Giorgetti, oggi plenipotenziario di Palazzo Chigi al fianco del premier Giuseppe Conte, o Luca Lanzalone, uomo di riferimento dei 5 Stelle su molti dossier, non solo lo Stadio della Roma - per discutere anche sulla nascita del nuovo Governo. Il quadro emerge dalle intercettazioni e dall'informativa dei Carabinieri che viene diffusa oggi da alcuni quotidiani.
"Dieci tavoli da 50 l'uno. Scrivi, Ferro 5, Minnucci 5, Agostini 15, Mancini 5, Polverini 10" afferma il costruttore in una conversazione con una sua collaboratrice - da quanto si legge in una delle informative dei Carabinieri allegate all'ordinanza del Gip sull'inchiesta Stadio della Roma - "Francesco Giro 5, Ciochetti 10, Buonasorte 5" e così via. Sono migliaia di euro. Quindi prosegue: "Domani c'ho un altro meeting dei 5 Stelle, perchè pure ai 5 Stelle gliel'ho dovuti dare. Io sto sostenendo tutti quanti". In questo contesto - si legge ancora nell'informativa - "fa i nomi di Marcello De Vito, presidente dell'assemblea capitolina, e Ferrara, quasi certamente Ferrara Paolo, presidente del gruppo M5S". E ancora parlando con Gianluca Talone, collaboratore anche lui arrestato, in una conversazione intercettata, dice: "Con Forza Italia c'hai parlato? Sì...Fratelli d'Italia?...il Pd lo incontro io domani e questo è fatto, poi ti faccio una lista". Non è chiaro "se Parnasi stia parlando di finanziamenti leciti o meno anche se il riferimento a fatture emesse a giustificazione dell'erogazione lascia presumere la natura illecita della stessa", annotano gli investigatori. Parnasi si lamentava però del fatto che doveva "elargire somme ai politici" per avere "le autorizzazioni".
Dalle intercettazioni si delinea un ruolo centrale che arriva fino alla nascita del nuovo Governo. Giancarlo Giorgetti, braccio destro di Matteo Salvini, e Luca Lanzalone, il "mister Wolf" fedelissimo di Luigi di Maio, siedono alla tavola di Luca Parnasi. Ci comincia a lavorare dal 9 marzo, quando riferisce a Lanzalone che la cena con Giorgetti si farà. "A casa mia", dice, "il 12 marzo". Ma "dobbiamo essere super parati perché se ci vedono siamo fatti". E ancora: "dobbiamo fare di tutto perché ci sia un governo». Parnasi contatta Giorgetti con un messaggio vocale su Whatsapp: "Ci vediamo in aeroporto alle 18.15 e ti porto in tv... e vai in tv ma io non mi faccio vedere". 
Parnasi chiede a Lanzalone di portarlo da Di Maio, per mr. Wolf non è un problema: "Vedo Luigi tutti i giorni, lo sento tre volte al giorno, l'ho visto due ore fa... lo risento domani mattina però in giro non lo dico. Luigi è un po' come Salvini, cioè molto chiuso il cerchio... io, due tre persone, punto".
C'è poi nelle carte la dazione alla Onlus di area leghista, la "Più Voci". Parnasi si vanta del legame diretto con Matteo Salvini. "Con Matteo ci parlo direttamente", dice l'imprenditore, "si fa campagna con me, siamo proprio amici". E ancora: "c'è un rischio altissimo che questi facciano il governo, magari con Matteo Salvini... e quindi noi potremmo pure avere... incrociamo le dita, silenziosamente, senza sbandierarlo, un grande rapporto".
Un altro "amico fraterno" è Giovanni Malagò, il presidente del Coni. L'11 marzo i due si incontrano al Circolo Aniene e Malagò ha una richiesta. "Dopo arriva Gregorio (il fidanzato della figlia, ndr), te lo volevo presentare. Se giù si fa qualcosa sono contento! Se non si fa, problemi per me non esistono". Il 23 marzo alla sede di Eurnova si presenta Gregorio. Parnasi gli chiede se sia intenzionato a trasferirsi a Roma a parità di stipendio, gli risponde di sì. Negli atti è ricostruito come pochi mesi prima, nel novembre 2017, il Coni avesse improvvisamente cambiato opinione sul progetto dello stadio della Roma in merito a una questione di parcheggi su cui aveva competenza. Malagò, che compare nell'elenco dei nominativi per i quali i pm avevano chiesto una proroga delle intercettazioni telefoniche, precisa il suo staff sul Fatto quotidiano, non è iscritto nel registro degli indagati.
Anche il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, ha incontrato l'immobiliarista Luca Parnasi nell'ambito della discussione sulla possibile realizzazione di un nuovo stadio da parte del Milan. Dalle carte della Procura emerge che il costruttore si ritenesse in pole per la realizzazione dell'impianto e sostenesse di aver saputo da terzi che Sala era "gratissimo" a lui perché "se no io non facevo la campagna elettorale". Frase che il sindaco Sala smentisce. D'altro canto anche il Pd entra nelle carte, primo fra tutti quel Michele Civita, consigliere regionale Pd ed ex assessore della giunta di Nicola Zingaretti con delega all'Urbanistica, a cui sarebbe stata promessa l'assunzione del figlio in una delle società riconducibili al gruppo di Parnasi.
Un lavoro enorme di pubbliche relazioni per Luca Parnasi. "Ho dimenticato qualcuno?" dice ancora nell'intercettazione con la sua collaboratrice. "Se c'avessimo tutto approvato, nessuno più a rompere i coglioni, potrei pure .. capito?! ... fare il fuggiasco".

Aquarius Migranti: quali sono le Ong rimaste in mare. - Ottavia Spaggiari

La chiusura del porto all’Aquarius è stata solo l’ultima tappa di una lunga campagna contro le organizzazioni impegnate nel Mediterraneo. Ecco chi è rimasto, nonostante gli ostacoli, le accuse e le minacce della Guardia Costiera libica
Appena due anni fa erano gli angeli del mare. Eppure da quell’estate del 2016 che pare lontana, ma che così lontana non è, la narrativa sulle organizzazioni impegnate in operazioni di ricerca e soccorso nel Mediterraneo si è trasformata radicalmente. Un anno e mezzo di accuse, minacce, a mano armata da parte della Guardia Costiera libica, tentativi di inchieste che non hanno mai portato a nulla e, infine, addirittura, porti chiusi all’emergenza umanitaria.

A dicembre 2016 arrivano le dichiarazioni del Financial Times, che pubblica parzialmente un report di Frontex (Risk Analysis for 2017), secondo cui le operazioni umanitarie nelle acque internazionali a largo della Libia avrebbero costituito il cosiddetto “pull factor”, ovvero “fattore di attrazione”. La tesi, in realtà, non è mai stata provata. Analizzando i dati degli sbarchi, l’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (Ispi) ha invece notato come non ci sia nessuna correlazione tra l’aumento degli arrivi e le operazioni umanitarie delle Ong nel Mediterraneo. Un’analisi condivisa anche dai ricercatori della University of London, che nella ricerca “Blaming the Rescuers”, sottolineano come «le organizzazioni non governative non sono stati la ragione principale dell’aumento degli arrivi nel 2016». I numeri, secondo lo studio dell’università britannica, sarebbero invece in linea con le partenze del periodo 2014-2015, dunque precedente alla presenza delle imbarcazioni umanitarie.

L’indagine conoscitiva sul lavoro delle Ong in mare aperta dalla Procura di Catania il 17 febbraio 2017 non ha mai portato a nulla. In particolare il procuratore, Carmelo Zuccaro, sulle prime pagine dei giornali nazionali, aveva sollevato sospetti su «come potessero affrontare costi così elevati senza un rientro economico» e su «chi fornisse le informazioni relative agli Sos in mare», domande a cui le Ong nel Mediterraneo hanno risposto sempre in modo puntuale. 
È proprio dopo l’apertura dell’indagine che si inizia a parlare dei “taxi del mare”. Prima il blogger Luca Donadel nel suo video “La verità sui migranti”, si chiede se le navi umanitarie non abbiano un ruolo nell’incremento degli sbarchi e se non siano coinvolte in una sorta di “servizio taxi”, concetto che piace particolarmente a Di Maio. L’attuale Ministro del lavoro e vice-presidente del Consiglio ha infatti utilizzato questa espressione ad aprile 2017, in una dichiarazione che aveva anticipato il clima di tensione altissima della scorsa estate, con una stretta dell’allora Ministro degli Interni Minniti sulle Ong e la crescente legittimazione della Guardia Costiera Libica. Proprio la violenza dei libici e le condizioni sempre più difficili avevano spinto diverse organizzazioni a sospendere, se non addirittura a lasciare, il Mediterraneo.

Quali sono quindi le Ong rimaste nella zona SAR? 
SOS Mediterranee e Medici Senza Frontiere.

Insieme gestiscono l’Aquarius, l’imbarcazione umanitaria dalle dimensioni maggiori. È lei la protagonista della prova di forza con Malta e l’Europa del Ministro dell'Interno e Vicepresidente del Consiglio, Matteo Salvini, che ha rifiutato di assegnare un porto alla nave su cui al momento ci sono 629 persone salvate dall’acqua, provatissime e traumatizzate. Tra queste 123 minori tra i 13 e i 17 anni, 11 bambini piccoli e 7 donne incinte. La Spagna ha dato disponibilità all’attracco della nave ma, fa sapere un giornalista a bordo: «si prevede un viaggio di tre giorni, dovremo fermarci a prelevare viveri dato che quelli a bordo non bastano».
Ideale sarebbe fare sbarcare le persone immediatamente. MSF ha infatti reso noto che, anche se al momento la situazione è stabile, questo «ritardo non necessario nello sbarco in un porto sicuro, mette i pazienti a rischio, in particolare: 7 donne incinte e 15 persone con gravi ustioni chimiche, altre con principi di annegamento e ipotermia».

Sea-Watch

Tre le imbarcazioni gestite dall’organizzazione ma solo una in questo momento è impegnata in operazioni di ricerca e soccorso, tornata in mare aperto dopo aver sbarcato, sabato scorso a Reggio Calabria, 232 persone.
Quello della Sea-Watch è stato il primo sbarco effettuato da una Ong dal giuramento del nuovo governo e proprio Salvini, oggi, si è riferito all’imbarcazione dell’organizzazione per sottolineare la linea dura contro le navi umanitarie.
«Siamo ovviamente preoccupati per la situazione, ma andiamo avanti», spiega Ruben Neugebauer, portavoce dell’Ong. «Il vero nodo è Dublino. Non si può lasciare tutta la responsabilità all’Italia, ma Salvini non può fare questo gioco di forza sulla pelle di persone innocenti scappate dall’inferno dei centri di detenzione libici».

Proactiva Open Arms

Erano stati minacciati di morte dalla Guardia Costiera libica, i volontari di Open Arms, quando avevano rifiutato di consegnare le persone soccorse in mare, lo scorso marzo. Una una volta arrivati in Italia, l’omonima nave era stata sequestrata e l’Ong era finita sotto inchiesta. Le accuse: associazione a delinquere e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Archiviata definitivamente l’accusa di associazione a delinquere, a cui era legato il sequestro della nave, rimane l’indagine su quella di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. L’Ong è però libera di tornare a lavorare. In questo periodo l’organizzazione aveva usato l’altra imbarcazione, il veliero Astral, giudicato meno adatto all’attività di ricerca e soccorso.
Adesso la Open Arms sta per partire da Valencia per raggiungere Malta. Da lì, il 18 giugno ripartirà per una nuova missione di ricerca e soccorso nel Mediterraneo. «In questo periodo abbiamo ricevuto moltissime manifestazioni di solidarietà. Le difficoltà sono tante, ma andiamo avanti. » Spiega Riccardo Gatti, portavoce dell’Ong. «Il segnale più positivo è il fatto che continuiamo ad avere moltissime richieste di volontariato a bordo. Gestire l’imbarcazione costa 7mila euro al giorno. Siamo interamente sostenuti da piccole donazioni volontarie, ciò significa che ci sono moltissime persone che credono nel valore della solidarietà e in quello che facciamo».

Sea-Eye

Solo sabato scorso l’Ong tedesca aveva portato a termine la missione più difficile degli ultimi due anni, ma è già tornata al porto della Valletta, pronta a ripartire per la prossima missione.
Il piccolo peschereccio Seefuchs, gestito da volontari provenienti da tutta Europa, aveva navigato in condizioni meteo estreme per oltre tre giorni, dopo aver salvato dall’acqua 119 persone, un numero ben superiore alla capienza massima. Commentando l’Odissea della scorsa settimana, l’Ong ha spiegato che «la barca non è adatta a trasportare così tante persone», e «Nonostante questo è la terza volta in poche settimane che le autorità italiane rifiutano l’assistenza in circostanze di ricerca e soccorso e costringono la Seefuchs a trasportare le persone verso le coste siciliane». Negli ultimi due anni l’Ong ha soccorso oltre 14mila persone.

Mission Lifeline

È ferma al porto di Malta ma pronta per ripartire con una nuova missione anche l’imbarcazione di Mission Lifeline, altra Ong tedesca che aveva iniziato ad operare nel Mediterraneo nell’autunno del 2017. «Partiremo dopodomani», fa sapere via messenger Axel Steier, portavoce dell’Ong. «Siamo molto preoccupati per le persone a bordo dell’Aquarius. Gli stati europei hanno lasciato l’Italia da sola negli ultimi anni. Deve esserci più solidarietà ma non possono pagare il prezzo di queste vicende politiche gli esseri umani che sono stati torturati e stuprati in Libia e che rischiano la vita in mare».