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mercoledì 26 luglio 2023

Sicilia, Palermo, 25 luglio 023.

 

Questa foto mostra la fatica di chi ha dovuto porre rimedio alle imprese innaturali e dannose perpetrate da scapestrati senza cervello e dignità.

Quelli della foto sono eroi, quelli che hanno appiccato gli incendi sono esseri inutili e dannosi per la società.

Cetta

venerdì 13 agosto 2021

Non solo piromani: la Calabria brucia per sprechi e mafia. - Vincenzo Bisbiglia e Maddalena Oliva

 

Calabria Verde” - Spirlì butta 40mln di fondi per la forestazione. E paga 160mln per gli stipendi.

Il primo segno sono le cicale. Non friniscono come gli altri giorni, incessanti. Poi, le colonne di fumo intenso che si alzano, a segnare il passaggio della guerra. E i cumuli di cenere, i legni neri carbonizzati e le carcasse degli animali, che invadono quel che resta dei boschi. La Calabria è in guerra col fuoco, da giorni. Bruciano le foreste della Sila e il Reventino, il Pollino e la Riviera dei Cedri, brucia l’Aspromonte, coi suoi giganteschi pini e faggi, con le querce pluricentenarie, tutti patrimonio Unesco. Non solo sterpaglie, o erba secca. A essere mangiati dalle fiamme sono i boschi antichi delle valli degli argenti e dei briganti, il cuore della Calabria grecanica: “È come se bruciassero i Bronzi di Riace”, hanno detto ieri le guide del Parco nazionale dell’Aspromonte. I roghi ancora attivi sono 59. Il giorno prima, se ne contavano 13 di più. Non si può avere una stima precisa dei danni, degli ettari bruciati, perché – come sottolineano gli ambientalisti riuniti nel Comitato Stop Incendi Calabria – “qui è stata disattesa la Legge quadro sugli incendi (353/2000), che prevederebbe, oltre al piano di spegnimento attivo, anche la prevenzione. Manca pure un catasto degli incendi, senza cui è impossibile quantificare i danni, così come individuare le zone interessate, anche per far partire le indagini…”. Ed è proprio il Comitato Stop Incendi Calabria, assieme a Italia Nostra e Wwf, a puntare il dito nei confronti delle istituzioni di una Regione che “non fa altro che chiedere per l’ennesima volta lo stato di emergenza: l’emergenza di un’emergenza di un’emergenza”, si sfoga Armando Mangone. “Fino a pochi giorni fa, nonostante le elezioni a breve, il tema degli incendi non era nemmeno dibattuto tra i candidati!”. Tant’è che le diverse associazioni hanno scritto una lettera aperta ai principali candidati alla guida della Regione (Mario Occhiuto per il centrodestra, Amalia Bruni per Pd e M5S, e Luigi De Magistris), a oggi senza risposta. “Gli incendi che stanno dilaniando la nostra terra non sono imponderabili disastri – si legge nel testo – né tanto meno piaghe dovute al fato o alla casualità, bensì fenomeni prevedibili, se soltanto le istituzioni operassero come le loro responsabilità e funzioni impongono”.

La regione e Calabria Verde.

Quaranta milioni di euro andati persi. Sono i soldi previsti ogni anno come contributo statale vincolato per i piani di forestazione che il leghista Antonino Spirlì – presidente pro-tempore e in corsa per la poltrona da vice, nel ticket con Occhiuto – avrebbe “bruciato”, per non aver presentato gli adeguati progetti con la sua giunta. Un’azienda alle strette dipendenze della Regione, Calabria Verde, a cui fa capo il servizio “AIB – anti incendio boschivo”, che ogni anno costa ai contribuenti 160 milioni di euro solo di stipendi (4.800 addetti, età media 55 anni). Una grande mangiatoia di soldi pubblici, a guardare le diverse inchieste della magistratura, finita negli anni agli onori della cronaca o per essere stata usata dalla politica come “moneta di scambio” clientelare, o perché, secondo i pm, avrebbe contato tra i suoi addetti uomini delle ‘ndrine e pregiudicati.

La società regionale nasce nel 2013 sulle ceneri dell’agenzia Afor, e finisce per “imbarcare” addetti ai lavori di sistemazione idraulico-forestale, personale delle comunità montane (abolite proprio nel 2013) e decine di “comandati” dai vari uffici della Regione. Lavoratori, di base, per lo più inquadrati come operai agricoli, con buste paga da 1.300 euro al mese, ma che spesso mancano di una formazione specifica. Un ente pachidermico che alla voce “personale sorveglianza idraulica” nel 2019 contava 3.988 dipendenti, sui 4.769 totali. Aloisio Mariggiò, ex generale dei Carabinieri oggi in pensione, è stato il Commissario straordinario di Calabria Verde che, nel 2020, prima di dimettersi, ha consegnato ai vertici della Regione una relazione durissima in cui ricordava come “qualcuno” avesse assunto un “preciso impegno” per “non operare tagli sul personale”. Fra le anomalie rilevate da Mariggiò, anche il caso della sede di Calabria Verde. Si trova “all’interno di una struttura commerciale di Catanzaro” e occupa 1.760 metri quadri. Una sede per cui la società regionale “corrisponde canoni di locazione per oltre 180mila euro l’anno”, e che appartiene “a due diverse società” (su una delle quali pende “un’interdittiva antimafia”).

La mafia dei boschi.

Così, mentre i servizi regionali che dovrebbero contrastare e prevenire affondano negli sprechi, la “mafia dei boschi” fa affari grazie agli incendi. Come? La Calabria, oltre a essere l’unica, assieme all’Abruzzo, ad avere sul proprio territorio tre Parchi nazionali (Aspromonte, Sila e Pollino, il più esteso d’Italia), è anche la regione italiana con più centrali elettriche a biomasse, dunque a combustibile organico, tecnologia che viaggia anche grazie al legno “riciclato” dagli incendi. “Solo il 20% dell’energia prodotta dalle centrali biomasse qui resta in Calabria – spiega Ferdinando Laghi, medico per l’ambiente oggi candidato con De Magistris – il resto finisce fuori. E, per avere un’idea, la centrale del Mercure, in provincia di Cosenza, nel primo anno di esercizio ha incassato 49 milioni di euro: 10 dalla produzione di energia, 39 dagli incentivi pubblici”. A fiutare il business, ancora una volta, è la ‘ndrangheta. Dalle carte dell’inchiesta “Farmabusiness” del 2020 della Procura di Catanzaro, emerge come già nel 2012 il boss Nicolino Grande Aracri avesse intuito l’affare: intercettato, parlava di un guadagno di “300mila euro al mese” dai carichi di legname venduti, da ditte affiliate, ai gestori delle centrali. E sempre la Dda di Catanzaro, con l’operazione “Stige”, aveva portato alla luce i “disboscamenti selvaggi per alimentare il mercato delle biomasse, favoriti dalla connivenza di chi doveva vigilare e non l’ha fatto”.

I contadini improvvisati.

“Quando parliamo di incendi, specie in questa terra, per inquadrare le responsabilità bisogna guardare a tutti i livelli”, spiega Mangone di Stop Incendi. “È molto diffusa purtroppo la pratica dei singoli che bruciano le stoppie, per ripulire i propri campi”. Sono i tanti calabresi, ricorda lo scrittore Francesco Bevilacqua, “che giocano a fare i contadini e i pastori, avendo dimenticato gli antichi saperi. Così come calabresi sono i piromani che appiccano il fuoco per psicopatia o per ritorsione verso il vicino, il parco, il mondo intero. È la Calabria, che ha la sua luce e la sua ombra. Il fuoco non è che una metafora di questa condizione ambivalente”.

ILFQ

giovedì 12 agosto 2021

L'Italia brucia, due morti in Calabria uno in Sicilia.

 

Nel Reggino le vittime sono due anziani, un agricoltore ha perso la vita nel Catanese.


Giornata nera sul fronte degli incendi: le fiamme hanno divorato ettari di bosco in Calabria, Sicilia, Sardegna, Campania. Si registrano anche tre vittime, due in Calabria e una in Sicilia.

Un triste bilancio che si aggiunge ai due morti, zia e nipote, sempre in Calabria qualche giorno fa. La Regione chiede ora al governo lo stato di emergenza. "Il tema degli incendi è un'emergenza che deve trovare risposte immediate e vanno trovate con i ristori da dare a chi oggi ha perso tutto", ha assicurato il ministro delle Politiche agricole, Stefano Patuanelli, in visita in Sicilia alle comunità colpite dai roghi.

Incendi che potrebbero avere una matrice dolosa ma che risultano anche frutto della scarsa manutenzione e prevenzione delle distese boschive delle quali è ricca l'Italia. "Abbiamo mappato oltre 40 cause alla base degli incendi boschivi: dalle ripuliture dei fondi alle bruciature delle stoppe ai comportamenti dei piromani, che sono una percentuale residuale, al vandalismo. E' capitato anche di giovani che hanno dato fuoco per vedere in azione la macchina dei soccorsi", spiega il colonnello Marco di Fonzo, comandante del Nucleo Informativo Antincendio Boschivo del Comando Carabinieri Tutela Forestale. Un agricoltore di 30 anni è morto a Paternò (Catania) schiacciato dal suo trattore nel tentativo di spegnere un incendio in un podere nell'area di Ponte Barca. Stava trasportando una botte piena d'acqua sul suo trattore che all'altezza di una curva lungo la statale si è capovolto schiacciandolo e uccidendolo sul colpo.

A Pergusa (Enna) le fiamme hanno minacciato un gruppo di case e due famiglie sono state evacuate. Due le vittime in Calabria, la regione oggi più colpita, che ha visto in fumo ettari di bosco sull'Aspromonte. Un uomo, Mario Zavaglia, di 76 anni, è morto nelle campagne di Grotteria (Reggio Calabria). Si era recato nella sua proprietà per accudire il proprio orto in contrada Scaletta, alle falde dei monti della Limina. In pochi minuti le fiamme hanno circondato l'abitazione senza lasciare scampo all'anziano. Sempre in provincia di Reggio Calabria, a Cardeto, un uomo di 79 anni, Nicola Fortugno, è stato trovato morto a causa delle ustioni provocate dall'incendio scoppiato nella zona.

Altre quattro persone sono rimaste ustionate a Vinco, frazione pedemontana di Reggio Calabria, e sono state portate in ospedale. In Campania, un uomo di 68 anni stava cercando di spegnere un incendio divampato nel proprio terreno ma è stato investito dalle fiamme e per questo è ricoverato in codice rosso in ospedale a Benevento. L'incidente è avvenuto in località Rotola, nel comune di Ceppaloni.

Sono state complessivamente 32 le richieste di intervento aereo ricevute dal Centro Operativo Aereo Unificato del Dipartimento della Protezione Civile oggi, di cui 10 dalla Calabria, 9 dalla Sicilia, 4 dalla Sardegna, 4 dalla Basilicata, 2 ciascuna dalla Campania e dal Lazio, una dalla Puglia. Stamani grande apprensione al santuario mariano di Polsi, a San Luca (Reggio Calabria). Era circondato dalle fiamme che hanno colto alla sprovvista centinaia di pellegrini che arrivavano in auto e a piedi da Cinquefrondi (Reggio Calabria). I vigili del fuoco hanno 'scortato' i pellegrini per consentire loro di lasciare in sicurezza l'area minacciata dalle fiamme. La protezione civile ha poi chiuso la principale via d'accesso, all'altezza di Gambarie, e di fatto il santuario, noto in passato per gli incontri tra i capi 'ndrangheta che però ha visto negli ultimi tempi un ritorno di fede popolare proprio grazie a questi pellegrinaggi, è di fatto isolato. "I piromani sono assassini ambientali. Ma le istituzioni possono e devono fare di più per fermare il fuoco, anche attraverso una coscienza collettiva più attenta e diffusa", affermano i vescovi della Calabria.

ANSA
Per evitare che ciò accada bisogna controllare i territori con droni e telecamere e imporre ai forestali di fare il loro lavoro per eliminare tutto ciò che può causare un incendio.
Ma, purtroppo, tutto ciò non avviene per noncuranza ed irresponsabilità di chi dovrebbe
provvedere a fare il lavoro per cui è pagato profumatamente.

giovedì 8 luglio 2021

La Sicilia devastata dagli incendi dolosi nel silenzio generale: così la transizione ecologica è a rischio. - Stephanie Brancaforte

 

Oltre 400 incendi in Sicilia nelle ultime due settimane. Domenica 4 luglio 2021 l’area industriale di Melilli è stata distrutta dalle fiamme, che hanno rischiato di raggiungere anche un oleodotto e che hanno portato su Siracusa un pesante fumo nero e una pioggia di cenere.

Nella Sicilia sud-orientale, aree residenziali, uliveti e agrumeti sono stati incendiati. Alcuni tratti autostradali si sono trasformati in muri di fuoco. Grandi distese di grano sono state date alle fiamme.

Le città e i territori della Sicilia sono sotto aggressione continua, con attacchi che, per la frequenza e i luoghi, sembrano guidati da strategie criminali che stanno impoverendo sempre più il territorio.

Nel 2021 la situazione è notevolmente peggiorata, e gli incendi sono stati appiccati intenzionalmente in tutta l’isola. Ma ciò che è stato preso di mira più intensamente è stata la rete di riserve, parchi e oasi naturali.

Lunedì 5 luglio sono stati incendiati i preziosi pantani Granelli, all’estremità meridionale della Sicilia, gettando nel panico e nella confusione fenicotteri e uccelli migratori. Chissà quanti nidi di uccelli protetti sono andati in fumo con la distruzione del loro habitat. E assieme a loro migliaia di ore di impegno di chi ha voluto proteggere queste specie ed ecosistemi.

La riserva naturale della Valle dell’Anapo, che ospita le necropoli di Pantalica (risalente all’età del bronzo), patrimonio dell’umanità designato dall’Unesco, è bruciata per giorni: una notizia che avrebbe dovuto avere risonanza internazionale.

Le riserve naturali di Cava Grande del Cassibile e della Valle dell’Anapo sono annoverate tra i principali gioielli del costituendo Parco Nazionale degli Iblei, un progetto inviato a dicembre 2020 al Ministero dell’Ambiente e non ancora finalizzato e approvato. Oltre 12mila persone chiedono l’istituzione immediata del Parco Nazionale degli Iblei, per permettere maggiori tutele e la valorizzazione di queste zone importanti.

Ad oggi l’unico parco nazionale in Sicilia è il Parco Nazionale di Pantelleria, istituito proprio dopo una lunga serie di roghi.

È difficile esprimere a parole la sensazione di disperazione e panico che attanaglia molte parti della Sicilia. Sembra come se tutto fosse in fiamme o a rischio di incendio doloso.

Con il Movimento Antincendio Ibleo, che aiuto a coordinare, ci rendiamo conto che qualcuno sta cercando di terrorizzarci, letteralmente. Infatti, una petizione chiede proprio di definire gli incendi dolosi come atti terroristici.

Non sappiamo dove colpiranno i piromani, oppure lo possiamo intuire, ma mancano le forze per sorvegliare e proteggere le riserve a rischio. In molti casi non sappiamo chi siano o quale sia il loro movente, ma sentiamo di essere nelle mani di una grande conspiracy, una cospirazione della terra bruciata.

Le nostre istituzioni sono state assenti e incompetenti – forse complici – mentre gli incendi infuriavano. Un vero e proprio ecocidio delle zone con più biodiversità d’Europa, che mette a rischio la sopravvivenza di specie animali e vegetali, alcune delle quali uniche in queste zone.

A Pantalica la terra stessa bruciava, consumando le radici. C’è qualcosa nel sottosuolo che non possiamo vedere, che consuma quest’isola e mette in pericolo il suo presente e il futuro.

Gli incendi che attraversano la Sicilia sono più frequenti e più gravi di quanto non abbiamo mai visto prima, e come attivisti ci chiediamo quale mano malvagia potrebbe causare questa devastazione. Chi li sta appiccando, e perché?

Ci sono diverse teorie, e fino a quando le varie autorità giudiziarie non investiranno nelle inchieste approfondite, non si potrà dare una risposta certa.

Stando a una prima teoria, in certe zone della regione la mafia dei pascoli sta cercando di impossessarsi di aree per sfamare le mucche. Fanno uso sistematico degli incendi ai fini di pascolo, senza alcun rispetto per i suoli, soggetti così ad erosione e conseguente depauperamento della Macchia mediterranea e a quello – estremo – della gariga, ultima difesa dalla desertificazione. Operano sotto gli occhi di tutti ma non sono ancora stati fermati. E terrorizzano la gente, nonostante le innumerevoli denunce. Si può ipotizzare che solo la presenza dell’esercito possa essere l’unica, valida, estrema soluzione.

Secondo altre ricostruzioni, i campi di grano vengono dati a fuoco in certi territori quando i proprietari non pagano il pizzo. Terza teoria sull’origine dei roghi: i mezzi aerei di spegnimento (inclusi i famosi Canadair) sono gestiti da privati, una situazione che favorirebbe incentivi perversi e sprechi di denaro pubblico. Si dovrebbe passare alla gestione pubblica, come chiesto da 8mila persone.

C’è poi una quarta ipotesi che potrebbe spiegare l’aggressione sistemica alle riserve naturali. Da vari anni si vocifera della privatizzazione della gestione di parchi, riserve, oasi ecc… Insomma, della gestione del demanio pubblico a favore degli appalti ai privati.

Nulla vieta che questo disegno implichi anche la diffusione di fuochi, a fronte dei quali la Forestale si trova in difficoltà. Ma, invece di potenziare, ammodernare e riqualificare il pubblico, si pensa alla privatizzazione totale del bene comune, cosa che sicuramente aggraverebbe la gestione della situazione in materia di prevenzione e spegnimento degli incendi. I soldi del Pnrr sarebbero poi richiesti per potenziare questa forza privata.

Una quinta teoria attribuisce l’origine degli incendi ad alcuni dipendenti precari stagionali della Forestale, addetti alle pulizie e alle opere boschive e strutturali dei terreni demaniali, nonché addetti allo spegnimento (in realtà la Forestale in Sicilia è nata anni Sessanta per motivi occupazionali). Gli incendi precoci (marzo-giugno), infatti, potrebbero spingere la Regione ad anticipare le assunzioni, che avvengono di norma dopo l’approvazione – sempre tardiva – del bilancio regionale. Alcuni anni fa ci sono state condanne per flagranza di reato in merito.

In certi casi, l’incendio “scappa” a chi brucia frasche per “pulire” il terreno, anche se ci sarebbero modi per valorizzare invece di bruciare i resti agricoli. Chiaramente l’incuria del territorio e la mancanza di prevenzione tempestiva, come la non assunzione regolare dei forestali, ha favorito e continua a favorire gli incendi.

Non c’è dubbio che gran parte di questi roghi siano dolosi. Non a caso, spesso divampano in zone molto difficili da raggiungere per i Vigili del fuoco. Sono pianificati ed eseguiti per causare il massimo danno.

È difficile descrivere la profonda tragedia del perdere una valle con biodiversità unica e alberi maturi. L’ecocidio su vasta scala in Sicilia non solo continua senza sosta, ma prosegue nel silenzio quasi generale.

Sappiamo tutti che, se non ci uniamo adesso per agire, presto vivremo in un deserto che sarà economicamente assai meno vivibile, avrà meno biodiversità, attirerà meno i turisti e sarà meno ospitale per noi stessi e per le future generazioni.

Noi del Movimento Antincendio Ibleo siamo oltre 170 persone che vigilano sul territorio, alcune delle quali sono attive anche personalmente nello spegnimento degli incendi, me compresa. Nel nostro movimento affermiamo che “spegnere gli incendi è già un fallimento”. Dobbiamo concentrare i nostri sforzi sulla prevenzione, sullo sviluppo della cultura del rispetto e sulla crescita del nostro ecosistema comune.

I movimenti in Sicilia sono stati estremamente attivi quest’anno – scrivendo esposti e lettere, facendo comunicati e flash mob. Ma il governo regionale ancora non ha risposto alle numerose sollecitazioni della cittadinanza.

Può sembrare strano che in Europa nel 2021 le persone imparino a combattere gli incendi con mezzi rudimentali come il battifuoco. E in effetti è davvero strano, ma siamo in una situazione straordinaria, che richiede una mobilitazione fisica più organizzata.

Nelle ultime settimane i volontari sono intervenuti dozzine di volte, aiutando a spegnere fino a cinque o sei grossi incendi in un giorno. Spesso hanno controllato le fiamme fino a quando i mezzi di spegnimento ufficiali potevano arrivare sulla scena.

Non si può pensare a una transizione ecologica in una terra bruciata. Abbiamo bisogno di un servizio forestale gestito bene, che possa proteggere i beni pubblici con le attrezzature necessarie. Il Parco Nazionale degli Iblei andrebbe costituito al più presto: sarebbe un risultato concreto per il governo nazionale.

La gente esige che questo sia l’ultimo anno in cui accadano simili devastazioni. Vogliamo dedicare i nostri sforzi al rimboschimento e alla rinascita della nostra terra con la cooperazione di tutti gli abitanti di questa isola.

TPI

mercoledì 17 marzo 2021

Incendi e distruzione, il coordinamento regionale scrive a Musumeci. - Nicola Baldarotta

 

Una rete che comprende 40 sigle di associazioni della Sicilia, unite dalla convinzione che non c'è più tempo da perdere.

L’allarme è rimasto inascoltato sin troppo tempo e la Sicilia brucia ancora, brucia da almeno trent’anni con intensità crescente e ormai intollerabile. I gravissimi incendi estivi e autunnali dell’anno scorso hanno devastato l’ambiente e riproposto l’incubo del 2017, l’annus horribilis in cui l’Isola ha raggiunto il triste primato di regione con la più estesa superficie bruciata in Italia (34.221 ettari totali di cui 15.785 di bosco, secondo il rapporto della Commissione Europea – JRC Technical Report 2017).

Il 2020 non è stato da meno, come i gravissimi incendi di Montagna Grande, Altofonte, Riserve di Monte Cofano e Zingaro, Selinunte, Parco dell’Etna, Noto, Bosco di San Pietro, Scorace, Peloritani (solo per citarne alcuni) dimostrano chiaramente. In base alle stime ricavate tramite l’EFFIS (European Forest Fire Information System) la superficie totale bruciata in Sicilia dall’1 giugno al 30 ottobre 2020 ammonterebbe a 35.900 ettari. Una cifra enorme, che supera quella del 2017 e che denuncia la drammatica gravità del fenomeno. La questione degli incendi dolosi in Sicilia è un problema ormai sistemico che mette in serio repentaglio l’ambiente, impoverendo il paesaggio e riducendo la biodiversità. Ad ogni incendio aumenta la fragilità del terreno e il rischio di frane e inondazioni. Muoiono migliaia di rettili, piccoli volatili e varie specie di mammiferi. Spesso anche gli insediamenti urbani sono lambiti dalle fiamme e l’incolumità delle persone messa in pericolo. Ma non solo, gli incendi appiccati nella stagione estiva e in zone di alto pregio turistico, come Parchi e Riserve, arrecano gravi danni all’economia dell’Isola e ne ledono l’immagine, anche all’estero.

Una situazione intollerabile contro cui varie associazioni ambientaliste e liberi cittadini hanno deciso già quattro anni fa di lanciare una vasta campagna di denuncia e di sensibilizzazione dell’opinione pubblica, culminate con la Marcia dello Zingaro del 25 agosto 2017 e la stesura di un dettagliato dossier sull’inefficienza della politica forestale siciliana, consegnato alla Procura di Trapani nel dicembre dello stesso anno. A distanza di quasi quattro anni, a seguito dei devastanti incendi di quest’estate, quel gruppo di associazioni si è allargato fino a diventare l’attuale Coordinamento Regionale Salviamo i Boschi. Una rete che comprende 40 sigle di associazioni provenienti da varie province della Sicilia con storie diverse alle spalle, ma tutte unite dalla convinzione che non c’è più tempo da perdere: l’emergenza incendi deve diventare una priorità nell’agenda della politica regionale,così come l’intera questione ambientale. Per dare forza alle proprie richieste il Coordinamento ha lanciato una petizione su Change. Org che, ha raggiunto circa 45.000 firme.

“Quelle richieste, insieme ad altre che abbiamo formulato in seguito, approfondendo il tema e confrontandoci con esperti in materia, fanno parte di un documento che abbiamo inviato al Presidente della Regione Siciliana, Nello Musumeci. Siamo consapevoli – scrivono – che il problema è complesso e di non facile soluzione, ma siamo anche convinti che finora non ci sia stata nessuna reale volontà politica di affrontarlo, a partire da una seria riforma del Corpo Forestale, di cui si parla da anni e che ancora non riesce a venire alla luce”. Non c’è più tempo da perdere, in pratica. Dimostrano, studi e dati alla mano, che gli incendi sono dovuti a varie cause: interessi economici, incuria, ritorsioni personali o politiche, negligenze, distrazioni, piromania.

Tra i fattori principali c’è l’abbandono dei boschi privati e la loro espansione nelle aree marginali ex-agricole che forniscono grande quantità di legna combustibile a disposizione dei malintenzionati. Altro fattore fortemente predisponente sono i cambiamenti climatici in corso, che hanno aggravato i tradizionali problemi derivanti dalle alte temperature estive, dalle molte giornate di scirocco e dalla siccità prolungata. “Il dato preoccupante, che viene evidenziato anche dal Piano AIB 2015 e confermato dalla relazione annuale di Greenpeace 2020, è che tre incendi su quattro hanno origine dolosa. L’accertamento delle motivazioni precise è un lavoro non facile e che compete ai nuclei investigativi della Forestale e alla Magistratura, quello che emerge con chiarezza e che qui interessa sottolineare è che la causa principale del propagarsi degli incendi è l’insufficiente opera di prevenzione”. Mancano i piani di gestione o assestamento forestale che, in ogni bosco, potrebbero guidarne la pulizia, il presidio e la polifunzionalità.

“Lo stesso piano AIB regionale è stato aggiornato con forte ritardo rispetto ai tempi e rimane comunque in buona parte inattuato. Inoltre per ritardi dovuti all’approvazione del bilancio in sede regionale, i lavori di pulizia e sistemazione delle strisce taglia fuoco,invece di concludersi a metà giugno, come previsto per legge, iniziano quasi sempre a lugliorisultando oltremodo tardivi e pressoché inutili”. La situazione sarebbe aggravata anche dalla forte riduzione numerica delle guardie del Corpo forestale regionale (sono appena 500 in tutta l’Isola di cui 350 effettivamente sul campo) e dal mancato turn over del personale qualificato che guidava i lavori di prevenzione; inoltre l’età avanzata e la quasi totale precarietà del personale operaio ostacolano la buona gestione del bosco. Lo stesso dicasi per il personale addetto allo spegnimento (AIB), ormai in buona parte in età avanzata (età media 56 anni) e fisicamente non adatto al ruolo.

“Inoltre il controllo del territorio da parte del Corpo Forestale e delle Forze dell’Ordine è carente – sottolineano nella lunga e dettagliata lettera inviata a Musumeci – e nelle giornate a maggior rischio incendi non viene garantita la necessaria vigilanza delle vie d’accesso alle aree boschive. In alcuni casi manca anche il dovuto coordinamento tra Vigili del Fuoco, Protezione civile e Forestale durante le operazioni di spegnimento. Perdurando queste condizioni il problema degli incendi in Sicilia è destinato ad aggravarsi ulteriormente e a cronicizzarsi”. Alla luce di tutte queste considerazioni il “coordinamento Salviamo i boschi – Sicilia” sollecita l’applicazione di specifiche misure contro gli incendi boschivi a partire dalla riforma del settore privilegiando la pianificazione forestale regionale (il PFR) e rendendo obbligatori, per superfici superiori a 30 ettari, i Piani di gestione e assestamento forestale (PGAF).

Sono venti, complessivamente i punti che sottopongono con urgenza all’attenzione dell’Amministrazione regionale: dall’individuazione di eventuali negligenze e omissioni di dirigenti ed operatori forestali nell’applicazione delle norme di prevenzione, alla gestione pubblica dei canadair. E, in mezzo, tutta una seria di proposte come rendere obbligatoria da parte dei Comuni la redazione del Catasto degli Incendi e il perfezionamento del coordinamento tra le varie strutture, Corpi e Associazioni preposte alle operazioni di spegnimento degli incendi.

“Secondo i nostri calcoli – affermano – tra il 29 e il 31 agosto 2020 oltre a 2.198 ettari di aree boscate e 1.922 ettari di aree vegetazionali, sono andati in fumo almeno 700.700 euro per le operazioni di spegnimento aereo (i.e. 1300 euro x 539 lanci da Canadair, senza contare quelli da elicottero). Una spesa inammissibile che, per di più, non ha evitato la distruzione della Riserva dello Zingaro e del Bosco della Moarda, per citare solo due dei più famosi incendi (37) di quel terribile fine settimana”. La lettera a Musumeci è stata inviata lo scorso 9 marzo. Oltre ai punti riguardanti l’operatività e la prevenzione, le 42 associazioni che fanno parte del coordinamento, chiedono anche che venga prontamente istituita una Commissione di Inchiesta Regionale che si occupi, specificatamente, del problema degli incendi, in quanto atto terroristico contro il patrimonio collettivo e la salute dei cittadini, e che si faccia promotrice di indagini rigorose in grado di individuare esecutori materiali e mandanti e smascherare gli interessi che ruotano attorno agli incendi ed eventuali connivenze politiche.

Fonte: LiveSicilia

martedì 1 settembre 2020

Non riuscivo a non pensarci. - Salvatore Buccheri

L'immagine può contenere: il seguente testo "In Sicilia i boschi bruciano? Tranquilli: ci sono pronti i fondi"

Non riuscivo a non pensarci.
Così ho passato un paio d'ore su internet.
Lungi da me, ora, considerarmi esperto, la domanda ricorrente è:
Chi ci guadagna?
Lo scandalo che emerge di più nella cronaca social sono i 15000 euro/ora per i Canadair, ma non può essere solo quello.
La Sicilia per estensione degli incendi copre il 30% dell'estensione nazionale. (www.datiallefiamme.it)
Il bello di internet è la semplicità.
Ho cercato "Finanziamenti Incendi Boschivi"
Come se cercassi chi li finanzia.
Il quadro è allarmante.
Viene fuori una massa di soldi con cifre astronomiche che viene distribuita dall'Europa alle regioni in cui il Piano di Sviluppo Rurale 2014-2020 fa la parte del leone. Il PSR è lo strumento di finanziamento e di attuazione del Fondo Europeo Agricolo di Sviluppo Rurale (FEASR) dell’Isola.

Nell’ambito della programmazione delle risorse FEASR, per il periodo 2014-2020, sono stati assegnati alla Regione Siciliana €2.212.747.000 che costituiscono la maggiore dotazione finanziaria assegnata tra le regioni italiane a livello nazionale.

In questo complesso sistema di bandi per finanziamenti due voci interessano il nostro patrimonio naturalistico
La misura 4 che mira a "Preservare, ripristinare e valorizzare gli ecosistemi connessi all’agricoltura e alla silvicoltura:

Suddivisa in sottomisure:
4A Salvaguardia, ripristino e miglioramento della biodiversità, compreso nelle zone Natura 2000 e nelle zone soggette a vincoli naturali o ad altri vincoli specifici, nell'agricoltura ad alto valore naturalistico, nonché dell'assetto paesaggistico dell'Europa;
4B Migliore gestione delle risorse idriche, compresa la gestione dei fertilizzanti e dei pesticidi;
4C Prevenzione dell'erosione dei suoli e migliore gestione degli stessi;

Dotazione Finanziaria 710.000.000,00 di euro

E la "Misura 8 – Investimenti nello sviluppo delle aree forestali e nel miglioramento della redditività delle foreste" con le sottomisure:
- Misura 8.1 - Sostegno alla forestazione/all’imboschimento
- Misura 8.3 - Sostegno alla prevenzione dei danni arrecati alle foreste da incendi, calamità naturali ed eventi catastrofici
- Misura 8.4 - Sostegno al ripristino delle foreste danneggiate da incendi, calamità naturali ed eventi catastrofici
- Misura 8.5 - Aiuti agli investimenti destinati ad accrescere la resilienza e il pregio ambientale degli ecosistemi forestali
- Misura 8.6 - Sostegno agli investimenti in tecnologie silvicole e nella trasformazione, mobilitazione e commercializzazione dei prodotti delle foreste

Con una dotazione finanziaria di 202.150.000,00 euro

Quindi ci attestiamo sui 900 milioni di euro per la salvaguardia del patrimonio naturalistico
Fonte: http://www.psrsicilia.it/Allegati/ComitatoSorveglianza/CdS14giugno2018/2_Relazione%20stato%20di%20attuazione.pdf

Ci sarebbe un gran bel da fare in prevenzione, ripristino, sorveglianza, implementazione!

Qui intervengono le diatribe e gli interessi dei vari corpi antincendio che da questi bandi potrebbero trovare fondi per la sussistenza e il proprio lavoro.
Invece poche sembrano le voci che interessano lo spegnimento, ma (c'è sempre un ma) leggiucchiando di qui e di la si scopre che c'è tensione fra i vari corpi e dipartimenti.
i Forestali ad. es lamentano che sempre più frequentemente i comuni si affidano alla protezione civile lasciandoli fermi a guardare https://www.forestalinews.it/incendi-boschivi-in-sicilia-la-protezione-civile-si-fa-largo-a-danno-dei-forestali-antincendio-aumentano-gli-accordi-con-le-citta/

Da parte loro i VV.FF. lamentano: "Dall’altro lato il controllo del territorio da parte di Regione e Comuni stenta, come spiega Antonio Sasso, segretario generale della Fns Cisl di Catania (sindacato dei vigili del fuoco, ndr), che fotografa la situazione, quella etnea in particolare, evidenziando come la programmazione non tempestiva di uomini e risorse contribuisca a rendere l’emergenza “ancora più emergenza”. “Gli incendi, come ogni anno, si moltiplicano in estate – afferma -. Non abbiamo una stima precisa rispetto allo scorso anno, in virtù del fatto che ancora la stagione non si è conclusa. Siamo più o meno nell’ordine degli stessi numeri e potremmo operare al meglio avendo a disposizione più squadre”.

Altra questione arcinota e paradossale è come tutto ciò possa accadere in "un’Isola che conta circa 21 mila operai forestali – considerando solo quelli a tempo “determinato”, il “contingente” più corposo: in totale si arriva a oltre 22 mila (da non confondere con il Corpo forestale, le cui unità oscillerebbero tra 500 e 800) -, la metà di quelli presenti in tutta Italia".

Secondo stime dei forestali stessi "ognuno di questi lavoratori precari potrebbe controllare “appena” 17 ettari di vegetazione: un territorio modestissimo se raffrontato a quello che ipoteticamente dovrebbero monitorare gli omologhi della Lombardia (sono solo 373 per 664 mila ettari di superficie forestale)".

Insomma tutti gli attori principali puntano il dito sulla mancata programmazione e sui ritardi dell'organizzazione per cui gli interventi di prevenzione dovrebbero iniziare a marzo mentre è ormai routine che le convenzioni si firmino a giugno se non luglio quando già buona parte degli eventi si è gia' compiuta.

Quello che manca è un coordinamento tra uomini dello Stato e personale regionale. “Come organizzazione sindacale Cisl Fns – conclude Sasso – avevamo proposto di utilizzare gli uomini della Forestale per riuscire ad avere un servizio più efficiente: invece di dedicarsi agli incendi, si potrebbero dedicare alla manutenzione sul territorio, facendo attività di prevenzione attraverso la realizzazione di barriere tagliafuoco, ripulitura, interventi nei boschi per bloccare gli incendi”.

Non è però solo una questione di dove impiegare gli operai forestali, ma anche di “come”. Si tratta di una categoria “ostaggio” delle promesse di una classe politica che li ha relegati nell’eterno precariato tanto che la Commissione europea ha avviato nel luglio 2019 una nuova procedura nei confronti dell’Italia per aver abusato dei contratti a tempo determinato, in particolare proprio nel settore dei forestali. “Un metodo da condannare”, lo ha definito il governatore Nello Musumeci, quando a febbraio – prima che sull’Italia piombasse l’emergenza Covid-19 – aveva annunciato una riforma sistemica del settore entro la primavera. Riforma che per ora ha riguardato solo lo sblocco dei concorsi nel Corpo forestale: per mettere mano all’intero comparto si dovrà attendere il confronto con i sindacati che ripartirà il primo settembre in un tavolo a cui siederanno sia l’assessore all’Agricoltura Edy Bandiera che quello all’Ambiente Toto Cordaro. E intanto un’altra estate di incendi è passata"
https://www.forestalinews.it/sicilia-preda-dei-piromani-incuria-e-zero-prevenzione-la-cronaca-di-un-disastro-annunciato/

Da questo breve excursus con qualche leggero approfondimento da bar mi sento di potervi rassicurare perchè in fondo i fondi ci sono, 900 milioni di euro, non sono bruscolini, considerando che poco meno di questi sono stati approntati per il PSR precedente.
Quindi se la Sicilia brucia è perchè poi (non è dato sapere quando) diventerà verdissima.
La domanda che continuo a pormi è "La Sicilia brucia perchè ci sono i soldi?".
Ormai ne ho certezza.
L'hanno bruciata ieri per guadagnarci oggi e oggi sta bruciando per garantire il guadagno di domani.

Immagine tratta e modificata da: https://www.inuovivespri.it/2017/08/06/in-sicilia-i-boschi-bruciano-tranquilli-ci-sono-pronti-i-fondi-europei-per-i-privati/

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sabato 30 novembre 2019

Il drone che si divide in quattro e apre una rete per salvare le persone dagli incendi.

Il drone che si divide in quattro e apre una rete per salvare le persone dagli incendi

Il progetto arriva dalla Cina e ha tutte le caratteristiche per essere davvero rivoluzionario: NetGuard è un drone che si divide in quattro e apre una rete capace di salvare le persone in fuga da un grattacielo in fiamme. Una volta ricevuta la richiesta di soccorso, il drone utilizza il GPS per individuare l'esatta posizione del luogo da raggiungere e lo fa viaggiando ad alta quota in modo da evitare il traffico ed essere più rapido possibile. Una volta raggiunto il luogo dell'incendio, il drone si divide in quattro parti con una rete di sicurezza al centro. Grazie a quattro eliche riesce a viaggiare in quota e ad afferare una persona a mezz'aria. La rete è costituita da uno strato quadruplo di poliuretano, abbastanza resistente da poter contenere il peso di un adulto medio: inoltre gli appositi sensori tengono traccia della persona mentre salta sulla rete, posizionando il drone in modo da afferrarla. Progettato da un gruppo di sei studenti a Quangzhou, in Cina, questo drone è candidato a vincere 13mila dollari al concept design Golden Pin di Taiwan. (FOTO©Ferrari Press/IBERPRESS News)

https://www.tgcom24.mediaset.it/magazine/foto/il-drone-che-si-divide-in-quattro-e-apre-una-rete-per-salvare-le-persone-dagli-incendi_3093095-2018.shtml?fbclid=IwAR0sixHw4MsyPtRxWJoYA0T6sgu5kphwolsr6ZqRAEU2hHto9Lv1jIMDAz8

venerdì 12 luglio 2019

Arrestato ex finanziere piromane, avrebbe distrutto la riserva delle Saline di Priolo.

Risultati immagini per riserva saline di priolo
Riserva naturale Saline di Priolo

E' un ex militare della Guardia di Finanza.

Sarebbe un ex militare della Guardia di finanza, 62 anni, originario di Messina ma residente da anni a Siracusa, il presunto responsabile del terribile incendio che ha distrutto ettari all’interno della Riserva naturale Saline.
L’uomo è stato arrestato dai carabinieri perché accusato di aver appiccato due incendi, in contrada Biggemi e in contrada Petraro ieri nel territorio di Priolo, nel Siracusano. I militari hanno individuato il 62enne in prossimità di uno dei roghi e lo hanno trasferito in carcere.
A causa di uno dei due roghi è stato necessario anche evacuare la spiaggia di Priolo a causa delle fiamme che sono giunte fino alla costa La riserva Saline di Priolo è andata completamente distrutta a causa del rogo e sono andati distrutti anche tutti i capannoni e tutte le piante all’interno dell’area protetta.
All’indomani del vasto incendio si contano i danni delle fiamme: in parte devastata la Riserva naturale Saline, salvati i fenicotteri e le altre specie che migrano nell’area. “La Riserva è distrutta – spiega Fabio Cilea, direttore della Riserva naturale Saline di Priolo – ma ora si ricomincia a lavorare con maggiore impegno”.

https://www.blogsicilia.it/siracusa/arrestato-ex-finanziere-piromane-avrebbe-distrutto-la-riserva-delle-saline-di-priolo/491011/#h8Qdq6skdevbwRkq.99

giovedì 28 marzo 2019

Ecco gli autori degli incendi che nel luglio 2017 distruggevano Piano Geli e zone limitrofe. Due anni dopo la giustizia fa il suo corso. - Piergiorgio Immesi

Ecco gli autori degli incendi che nel luglio 2017 distruggevano Piano Geli e zone limitrofe. Due anni dopo la giustizia fa il suo corso

Gli incendi che interessarono il territorio di Monreale quell’estate ebbero effetti devastanti: ettari ed ettari di macchia mediterranea furono dati alle fiamme e ridotti in cenere.


Monreale, 26 marzo 2019 – Sono stati individuati ed arrestati oggi i responsabili degli incendi appiccati nel luglio 2017 nel territorio di Monreale: si tratta di Pietro e Angelo Cannarozzo, colpevoli anche di aver rubato parti di guard rail, rame e una telecamera installata dalla polizia.
Gli incendi che interessarono il territorio di Monreale quell’estate ebbero effetti devastanti: ettari ed ettari di macchia mediterranea furono dati alle fiamme e ridotti in cenere. Alcune villette furono evacuate, il rischio per i residenti era alto e il fuoco si estendeva velocemente.
Il primo incendio fu appiccato il 18 giugno, nei pressi di via Torrente d’Inverno, e distrusse quasi 5.000 metri quadri di vegetazione, oltre a rappresentare un grave pericolo per l’incolumità dei residenti. Poi nel mese di luglio arrivarono gli altri fuochi, uno di questi interessò l’area di Piano Geli, a Monreale, e furono necessari interventi lunghi e costosi per domare le fiamme.
Fu necessario l’intervento di due squadre, supportate da due moduli boschivi antincendio, e le fiamme lambivano le abitazioni. Quasi due anni dopo la giustizia ha fatto il suo corso e sono stati individuati i responsabili degli eventi catastrofici di quell’estate.

https://www.filodirettomonreale.it/2019/03/26/luglio-2017-le-fiamme-distruggevano-piano-geli-e-zone-limitrofe-due-anni-dopo-la-giustizia-fa-il-suo-corso/#xLqWvKprtubTO0BF.99


Leggi anche: 
https://www.blogsicilia.it/palermo/che-mi-interessa-se-bruciano-le-persone-intercettazioni-choc-dei-piromani-di-san-martino-video/476873/?fbclid=IwAR27xEJ8q27KTkT1p4uubW639Asduq6MAGZYggI4CmdqBSUueSvs4oN4v5o

martedì 26 marzo 2019

Appiccava il fuoco ai boschi di Monreale, ma di giorno era un forestale: arrestato.

Appiccava il fuoco ai boschi di Monreale, ma di giorno era un forestale: arrestato

Le indagini dei Carabinieri di Monreale sono nate a seguito di una serie di gravissimi incendi, di matrice dolosa, avvenuti tra il mese di giugno e i primi giorni di agosto del 2017.

Le indagini dei Carabinieri di Monreale sono nate a seguito di una serie di gravissimi incendi, di matrice dolosa, avvenuti tra il mese di giugno e i primi giorni di agosto del 2017
Su delega della Procura della Repubblica di Palermo, i Carabinieri di Monreale, in esecuzione di un’ordinanza del Gip del Tribunale di Palermo, hanno arrestato due persone, padre e figlio, poiché ritenute responsabili a vario titolo dei reati di furto pluri aggravato in continuazione e in concorso, peculato e incendio boschivo. Si tratta di Pietro Cannarozzo, 62 anni, palermitano, operaio del Servizio Antincendio dell’Azienda Foreste e Territorio della Regione Siciliana e Angelo Cannarozzo, 26 anni, palermitano.
Le indagini dei Carabinieri di Monreale sotto la direzione e il coordinamento della Procura della Repubblica di Palermo, sono nate a seguito di una serie di gravissimi episodi incendiari, di matrice dolosa, che hanno interessato la zona boschiva dell’agro di Monreale tra il mese di giugno e i primi giorni di agosto del 2017. Le risultanze hanno consentito di individuare Angelo Cannarozzo quale responsabile degli incendi del 18 giugno del 2017, appiccato a Palermo nel vallone alle spalle della via Torrente d’Inverno che distruggeva circa 5.000 metri quadrati di vegetazione, del 13, 17, e 25 luglio 2017, che si sono sviluppati a Piano Geli a Monreale, che hanno interessato diversi ettari di macchia mediterranea, richiedendo mirati e prolungati interventi per lo spegnimento delle fiamme.
In particolare, l’incendio del 25 luglio è arrivato a minacciare le abitazioni presenti nell’area danneggiando alcuni cavi elettrici con conseguente interruzione dell’erogazione di energia elettrica nella borgata. Inoltre, è emerso anche che gli indagati hanno commesso una serie di furti, finalizzati all’accaparramento di materiale ferroso che poi veniva rivenduto, talvolta sottratto alle locali infrastrutture stradali senza alcuna remora per eventuali rischi per gli utenti delle strade. E’ altresì emerso come Angelo Cannarozzo si sia impossessato anche di una telecamera con relativi fili di rame, installata dalla Polizia Giudiziaria per finalità investigative concernenti proprio gli incendi che avevano colpito l’agro monrealese.
Infine, Pietro Cannarozzo è stato trovato in possesso di diversi attrezzi agricoli (motoseghe e decespugliatori privati di matricole ed etichette identificative) di proprietà dell’Azienda Foreste e Territorio della Regione Siciliana, da lui sottratti approfittando del proprio incarico come operaio del Servizio Antincendio del predetto ente.

giovedì 13 luglio 2017

Sicilia in fiamme, 700 persone evacuate via mare a San Vito Lo Capo.


Allontanati dagli alloggi aggrediti dalle fiamme, i turisti del villaggio turistico di sono stati radunati in spiaggia e poi sono stato portati via con barche, barchini e gommoni. Ed è emergenza incendi anche in Campania e in Calabria.

È ancora emergenza incendi nel Sud Italia. Soprattutto in Sicilia, Calabria e Campania. Paura a San Vito Lo Capo, in provincia di Trapani, per le fiamme che si sono avvicinate a un villaggio turistico: tutti gli ospiti sono stati messi in salvo via mare. Il ministro dell’Ambiente Galletti, dopo i roghi che hanno interessato la zona, è andato nella sede del Parco Nazionale del Vesuvio a Ottaviano: “Stiamo puntando fortemente sui parchi come motore di sviluppo e turismo per il nostro Paese, per questo mi dà ancora più fastidio questa situazione degli incendi e mi angoscia”.

Paura in un villaggio a San Vito Lo Capo.
Una delle situazioni più critiche della giornata si è registrata a San Vito Lo Capo. Le fiamme hanno lambito il villaggio turistico Calampiso, dove c’erano circa 700 villeggianti. Gli ospiti sono stati evacuati dalla struttura via mare, a bordo di barche. Il sindaco Matteo Rizzo aveva lanciato un appello sui social network per chiedere a chiunque fosse in possesso di imbarcazioni in buono stato di raggiungere il porticciolo per dare un aiuto nelle operazioni di evacuazione. Le fiamme attorno alla struttura, hanno detto i vigili del fuoco, sono state circoscritte e si lavora per impedire la nascita di nuovi focolai. Anche un baglio vicino al resort è stato evacuato. L’incendio, ha spiegato Alfio La Ferla, direttore della società che gestisce Calampiso, “si è sviluppato dalla montagna di contrada Sauci e le fiamme sono state spinte verso il villaggio dal forte vento”. Una delle turiste evacuate ha raccontato: “Siamo scappati in costume e ciabatte. Il nostro appartamento è stato avvolto dalle fiamme. Erano proprio sopra di noi. Ho preso mia figlia e sono andata in spiaggia. Ci hanno fatto andare via sui barconi che fanno il giro dello Zingaro. Prima donne e bambini e poi gli altri”.

La situazione in Sicilia.
Calampiso si trova al confine con la riserva naturale dello Zingaro ed è stato minacciato in diverse occasioni dagli incendi, spesso appiccati da piromani. L'anno scorso alcune centinaia di visitatori che erano all'interno della riserva trovarono riparo proprio all'interno del villaggio; un'altra evacuazione via mare della struttura era avvenuta alcuni anni fa sempre per motivi precauzionali. Anche ieri un centinaio di famiglie erano state evacuate dalla zona e migliaia di ettari di macchia mediterranea e colture sono andate in fumo. Ma le situazioni di emergenza in queste ore in Sicilia sono tante. A Catania, dopo i numerosi incendi delle ultime ore, il prefetto ha convocato il Centro Coordinamento Soccorsi. A Messina, dopo tre giorni in cui la città è stata circondata dalle fiamme, la situazione sembra tornato sotto controllo: sono presenti solo piccoli focolai che i vigili del fuoco stanno già domando, ma resta alto l'allarme perché i roghi vengono accesi di continuo. Situazione differente in provincia, sia nella zona ionica sia tirrenica: incendi si sono sviluppati a Milazzo, Lipari, Giardini e Gaggi. A Lipari, in particolare, un incendio doloso ha messo in ginocchio Quattropani. In mattinata il rogo, dopo nove ore, sembrava domato, ma nel pomeriggio ha ripreso forza e minaccia diverse case. Il fuoco ha interessato circa 15 ettari di terreno, anche coltivato, con danni ingenti. Le ceneri sono arrivate fino alla spiaggia di Canneto e al centro di Lipari.

Brucia anche la Campania.

La situazione non è migliore in Campania. “L'immagine del Vesuvio in fiamme è una immagine forte. Napoli non merita questo”, ha detto il ministro dell'Ambiente Gian Luca Galletti nella sede del Parco Nazionale del Vesuvio a Ottaviano. Il Governo, ha aggiunto, presta “grande attenzione” alla situazione degli incendi “perché è critica e delicata”. Il ministro è arrivato in Campania dopo i roghi che in queste ore stanno interessando le aree del Vesuvio e diversi comuni della provincia di Napoli. Roghi che potrebbero essere dolosi. La Procura di Torre Annunziata ha aperto un fascicolo: l'accusa è di incendio doloso, per ora a carico di ignoti. “È una corbelleria pensare alla autocombustione, qui c'è la mano di una o più persone”, ha detto il comandante Regione Carabinieri Forestali Campania, Sergio Costa. “È un disastro ambientale enorme e mi auguro che la magistratura e le forze dell'ordine individuino i criminali perché sono convinto sia un'attività dolosa e criminale”, ha aggiunto il sindaco di Napoli, Luigi de Magistris. Per ospitare le persone evacuate, il Comune di Torre del Greco ha aperto le palestre delle scuole. Ma a bruciare è anche la provincia di Salerno (un vasto incendio a San Rufo, in particolare, sta distruggendo decine di ettari di superficie boscata) e quella di Avellino (interessate soprattutto la zona del Montorese, e la Valle Caudina).

Emergenza pure in Calabria.

Incendi (spesso dolosi), case in pericolo, persone evacuate, fiamme difficili da spegnere, mezzi aerei che scarseggiano per le tante richieste anche in Calabria. Nella Prefettura di Cosenza e Catanzaro sono attive le Unità di crisi. Da ore si susseguono roghi su tutto il Cosentino, con ettari di macchia mediterranea che stanno andando in fumo dallo Ionio al Tirreno. Stesso discorso nel Catanzarese, con i Canadair e gli elicotteri in azione in diverse zone. A Taverna, nella Presila, un rogo alimentato dalle alte temperature e dal vento minaccia da ieri alcune case e ha distrutti ettari di macchia mediterranea, frutteti e campi coltivati. Danni notevoli anche a un capannone e altre strutture di allevamento conigli e animali domestici. Un altro rogo ha interessato la frazione S. Elia di Catanzaro. Alcuni residenti per precauzione hanno lasciato le loro case. Emergenza incendi anche in provincia di Vibo Valentia. I roghi hanno interessato i territori di Drapia, Briatico, Vibo Valentia e Sant'Onofrio.