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martedì 6 agosto 2024

Cascata delle gole del Baatara, Libano.

La foto mostra una grande dolina, forse una dolina naturale nota anche come voragine. La grotta si apre come una bocca gigante nel terreno, con ripide pareti di calcare coperte di rigogliosa vegetazione verde. Al fondo della dolina, si vede un'ampia entrata che porta profondamente nel sottosuolo, creando una scena sia maestosa che misteriosa. Alcune persone e sentieri visibili sul fondo mostrano l'impressionante scala della dolina rispetto alle dimensioni umane. Il paesaggio che circonda la grotta è pieno di campi e alberi, aggiungendo ulteriore bellezza naturale all'area.

https://www.facebook.com/photo?fbid=122114342210384452&set=a.122094832226384452

lunedì 7 marzo 2016

La Grecia intercetta una nave turca carica di armi e munizioni per i jihadisti dell’SIS in Libano.

Nave turca intercettata

I guardia coste greci hanno intercettato ieri una nave turca al largo dell’isola di Creta ed hanno proceduto al sequestro di un carico di armi, munizioni ed esplosivo contenuto in sei containers che erano destinati in Libano. Sono stati arrestati tutti i componenti dell’equipaggio: 6 siriani, 4 indiani ed un libanese.
La nave proveniva dalla Turchia ed in particolare era salpata dal porto di Izmir dove aveva imbarcato il carico. Secondo il portavoce della polizia greca la nave è stata costretta ad attraccare al porto greco di la Canea, nell’Ovest dell’Isola di Creta dove le autorità greche hanno effettuato un attento controllo del carico.
Un episodio apparentemente minore che in realtà dimostra fin dove si spinge la macchinazione turca in Medio Oriente.
Secondo il giornale Al Akhbar, l’operazione con cui è stato intercettata questa nave ricorda un altro antecedente, quello della nave Lutfullah 2, che fu intercettata dall’Esercito libanese nel 2012. Questa nave portava a bordo decine di tonnellate di armamenti provenienti dalla Libia con destinazione al porto di Tripoli, nel Nord del Libano. Questa regione libanese conta con parecchi seguaci dell’ISIS e del Fronte al Nusra.
L’invio di questa nave potrebbe essere opera dei servizi di intelligence turchi che stanno collaborando con i sauditi nell’obiettivo di destabilizzare il Libano.
I turchi ed i sauditi stanno operando sulla regione nord del Libano al fine di consolidare la posizione del partito islamista libanese Yamaat Islamiya. L’obiettivo sarebbe quello di svincolarlo dalla corrente Futuro, diretta da Saad Hariri e mettere questo partito in antagonismo con Hezbollah. Questo consentirebbe ai sauditi e turchi di assicurarsi un insediamento confessionale in Libano per attaccare e destabilizzare il paese sulla base di un conflitto confessionale contro sciiti, drusi e cristiani, visto che anche questi ultimi appoggiano Hezbollah, considerato l’unico difensore della sicurezza delle comunità cristiane e druse dagli attacchi degli integralisti.
Nota: La Turchia, in alleanza con l’Arabia Saudita, sta cercando di aprire un nuove fronte in Libano per colpire le forze di Hezbollah, alleate della Siria, che hanno il loro quartire generale a Beirut, nella zona sciita.Il piano turco saudita si basa sulla possibilità di effettuare attacchi terroristici mediante cellule dell’ISIS e di Al Nusra, fatte infiltrare in Libano e reclutate nei campi profughi presenti nel paese.
Un grosso attentato a Beirut era già avvenuto tre mesi fa ed aveva colpito il quartiere sciita di „ Bourj al-Barajne“ , nella periferia della capitale libanese, con un bilancio di 40 morti e 105 feriti. Il quartiere viene considerato una roccaforte del movimento Hezbollah ed era apparsa chiara l’intenzione del gruppo terrorista di assestare un colpo agli Hezbollah, che sono considerati i peggiori nemici dei miliziani salafiti.
Da allora si sono verificati altri fatti e vari tentativi di infiltrazione alla frontiera libanese siriana che sono stati però sempre bloccati dagli Hezbollah che vigilano attentamente sui passi montuosi che mettono in comunicazione il Libano con la vicina Siria.
Gli Hezbollah svolgono un ruolo chiave nella guerra siriana con il loro appoggio alle operazioni militari dell’Esercito siriano con cui operano fianco a fianco ed attualmente sono sotto le dipendenze del comando unificato Russo-siriano-Iraniano che coordina le operazioni militari in Siria.
Si calcola che in Siria vi siano almeno 5.000 combattenti di Hezbollah. L’ Iran sostiene militarmente e logisticamente il movimento sciita libanese ed ultimamente ha fornito una serie di armi avanzate fra cui i nuovi missili iraniani di tipo “Fateh”, con una gittata di 250-350 chilometri, capaci di trasportare testate da 500 kg. Oltre all’arsenale di razzi, Hezbollah avrebbe acquisito anche avanzati sistemi di difesa anti-aerea e anti-navale dalla e/o attraverso la Siria, e avrebbe accresciuto i suoi armamenti anti-carro e anti-blindati. Ilpotenziale di Hezbollah è risultato talmente fortificato da preoccupare notevolmente anche le autorità militari di Israele.
Risulta che ci sia un accordo segreto fra Israele, Arabia Saudita e Turchia per attaccare il Libano con lestesse tecniche di sobillazione utilizzate in Siria, attraverso azioni di sabotaggio e di terrorismo contro obiettivi civili ed istituzionali del paese per poi spacciare tale azioni (con la complicità dei media occidentali) come una “insurrezione popolare” ed avere quindi il pretesto di un intervento armato. Il ruolo chiave sarebbe esercitato (come in Siria) dai gruppi terroristi jihadisti e mercenari arruolati ed addestrati in Arabia Saudita e Turchia. Alla Turchia , per la sua vicinanza alle coste libanesi, sarebbe assegnato il compito di rifornire di armi ed esplosivi i gruppi terrroristi. Questo spiega l’interesse delle autorità turche di far entrare via mare nel paese carichi di armi ed esplosivi destinati alle cellule dei terroristi già presenti nel paese.
Non è escluso che il contraccolpi negativi subiti dalla Turchia in Siria, per causa dell’intervento russo e con la perdita delle postazioni ad Aleppo e Latakia, abbiano spinto Erdogan alla decisione di aprire un altro fronte ad Ovest della Siria per cercare di colpire alle spalle la coalizione Siria-Iran-Hezbollah.
Fonti: Al Manar Al Akhbar - Traduzione e nota: Luciano Lago
Aveva ragione Putin quando sosteneva che la Turchia appoggiava l'ISIS ....

martedì 24 novembre 2015

SCUSATE ! SCUSATE! SCUSATE ! AD NAUSEAM (IL POST CENSURATO DA FACEBOOK). - ROUA NABOULSI

fb


(Questo post è stato censurato da Facebook. Ecco quanto riporta al proposito un articolo di Russia Today: “questo post ha avuto 9000 condivisioni e 12000 like, prima che Facebook lo rimuovesse lunedì perché non avrebbe rispettato le sue regole. In seguito all’inchiesta di Russia Today, il gigante dei social media ha ripubblicato il post ammettendo di aver fatto un errore”. lesakerfrancophone.net)

***
Quel che è successo ieri sera a Parigi è terribile. Ho fatto tardi per seguire le informazioni, non riuscivo a crederci, e chiedo sinceramente scusa a tutte le persone toccate da questi orribili attacchi. Com’era prevedibile, la comunità internazionale ha risposto dimostrando a Parigi una solidarietà inossidabile.

Il giorno prima al mio paese, il Libano, è esplosa una bomba che ha ucciso 43 persone. Nessuno ha pregato per noi. Nessuno si è fatto un esame di coscienza. Nessun leader mondiale ha tenuto per noi discorsi a notte fonda. Nessuno ha cambiato la foto del proprio profilo. Non c’era alcun hashtag. Facebook non ha attivato l’opzione con cui si faceva sapere: “sono sano e salvo”. Solo silenzio. In Siria è pure peggio: una sofferenza per ogni parola scritta e centellinata su Facebook. La Siria non ha diritto a nulla. Solo altro silenzio.
Nel solo mese di ottobre 73 palestinesi sono stati uccisi da Israele. Silenzio.

Il mese scorso quasi 100 persone sono state uccise dalle bombe esplose nel corso di una manifestazione pacifica ad Ankara. Altro silenzio.

Quest’anno almeno 3500 persone sono state uccise nelle guerre in corso in Nigeria, Camerun, Ciad e Niger. Silenzio.

A questo punto non sono nemmeno più arrabbiata, sono solo stanca. Sfinita. Sfinita perché un attacco che provoca 2300 morti in una prigione a cielo aperto come Gaza non riceve quasi alcuna attenzione, ma appena succede qualcosa in Europa, o appena qualcosa succede ai bianchi, tutti sono scossi, e sinceramente credo che lo siano in buona fede.

Non sto dicendo che non bisogna essere scossi. Non sto dicendo che le persone che ieri hanno perso la vita non meritano le nostre lacrime, perché ovviamente le meritano. Erano persone innocenti, e ora sono morte. In quanto arabi, sappiamo più di chiunque altro quanto è doloroso, e dovremo tutti quanti conservare il loro ricordo.

Ma quanto a noi… Non meritiamo anche noi qualche lacrima? Forse non siamo sufficientemente umani? Siamo forse troppo arabi per voi? Troppo neri per voi? Troppo “altri” per voi? Davvero per voi è così difficile compatirci per via del colore della nostra pelle? 

E invece, non una parola.

E poi, come se non bastasse, c’è dell’altro. 

Dopo la scarsa considerazione che avete per noi, ci colpite. 
Ma fino a che punto, come esseri umani, siamo insignificanti, inferiori? 
È qui che arriva il meglio. 
La parte che preferisco. 
Doverci scusare. 
Ci viene richiesto di scusarci. 
Si pretende che lo facciamo. 
Ora NOI dobbiamo scusarci per le azioni peggiori che da lunghissimo tempo i barbari ci fanno subire. 
Noi siamo le vittime. 
Quel che voi patite per mano di questi estremisti è una frazione minuscola di quello che patisce la Siria. 
Di quel che patisce il Libano. 
Lo subiamo regolarmente ogni giorno, senza eccezioni. 
E adesso, come si trattasse di uno scherzo di cattivo gusto, ci vien domandato di chiedere scusa. 
Ci considerano responsabili. 
Le principali vittime e i rifugiati di questa tragedia devono pagare. 
Come se non avessimo già abbondantemente pagato con il nostro sangue, la nostra terra e la nostra dignità.

Scusate! Chiediamo scusa a voi, che avete occupato le nostre terre, le avete spolpate, ve le siete spartite fra di voi come se si trattasse di oro.

Scusate! A voi, che ci avete derubato delle nostre ricchezze, della nostra dignità e della nostra libertà.

Scusate! A voi nell’andarvene via avete lasciato dietro di voi solo rabbia e rovine

Scusate! A nome di coloro che, disillusi, marginalizzati e lasciati rimanere indietro, si sono gettati a corpo morto nell’estremismo

Scusate! A voi che state soffrendo per la loro barbarie

Scusate! A voi che li autorizzate a farci subire tutto questo, che li incoraggiate e che fornite loro le risorse di cui hanno bisogno per nutrirsi. Vi chiediamo scusa se, in fin dei conti, si sono rivoltate contro di voi.

Scusate! Se sono venuti a cercarvi.

Vi chiediamo scusa. Sperando che troverete ragioni per perdonarci».

Roua Naboulsi


***
Fonte: http://lesakerfrancophone.net

Link: http://lesakerfrancophone.net/pardon/
16.11.2016
Traduzione a cura di MARTINO LAURENTI per www.comedonchisciotte.org

Nota del Saker Francophone:
Un’ultima domanda: “perché questi attentati colpiscono sempre la gente comune, che non ha alcun potere decisionale, senza toccare gli interessi di chi conduce le danze?”

http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=15880

giovedì 19 febbraio 2015

Libia, analista: “Intervento costerebbe un miliardo e attirerebbe orde di jihadisti”. - Enrico Piovesana .

Libia, analista: “Intervento costerebbe un miliardo e attirerebbe orde di jihadisti”

Gianandrea Gaiani, direttore di Analisidifesa: "Per la missione in Afghanistan al suo picco, con 4.700 uomini, lo Stato spendeva oltre 800 milioni l’anno". Non solo: "Far sbarcare soldati occidentali in Libia attrarrebbe in quel paese fondamentalisti da tutta la regione, che verrebbero a combattere i crociati come mosche attratte dal miele.”

La scorsa settimana il governo Renzi ha decretato un rifinanziamento per le missioni militari all’estero da 750 milioni di euro fino a settembre. Oggi le missioni militari all’estero ci costano all’incirca un miliardo di euro all’anno, vale a dire 2,7 milioni al giorno. Con la missione il Libia questo costo raddoppierebbe. “Una missione libica da 5mila uomini costerebbe almeno un miliardo di euro l’anno – spiega Gianandrea Gaiani, direttore di Analisidifesa.it - tenuto conto che quella in Afghanistan al suo picco, con 4.700 uomini, costava oltre 800 milioni l’anno, e non comprendeva nessun dispositivo navale, né carri armati e artiglieria pesante, che invece in questo caso sarebbero necessari”.
Ma il problema non è solo economico. Sottolineando come parlare oggi di un intervento in Libia sia “puramente accademico, finché non si capirà se ci sarà una missione internazionale, chi vi prenderà parte e quali obiettivi avrà”, Gaiani ritiene altamente rischioso, se non controproducente, l’invio di truppe occidentali in terra libica. “Far sbarcare soldati occidentali in Libia attrarrebbe in quel paese orde di jihadisti da tutta la regione, che verrebbero a combattere i crociati come mosche attratte dal miele”, spiega Gaiani descrivendo uno scenario bellico che mescolerebbe il peggio delle esperienze somala, irachena e afgana, nel quale rischieremmo di finire impantanati per anni, con perdite altissime e risultati tutt’altro che scontati. “L’Italia – si chiede il direttore diAnalisifesa.it – è pronta a imbarcarsi in un’impresa del genere, in una guerra vera e propria?”.
Un’impresa che richiederebbe un contributo di truppe molto alto a tutte le nazioni dell’eventuale coalizione militare, soprattutto se, come sembra chiaro, questa volta non ci saranno gli Stati Uniti a guidare la missione fornendo il grosso dei soldati. Sicuramente più dei 5mila uomini di cui ha parlato la Pinotti, che però, come spiega Gaiani, rappresentano il limite massimo di impiego per le nostre forze armate.
“Per combattere una guerra vera non potremmo certo mandare la fanteria leggera come in una normale missione di peacekeeping: servirebbero forze addestrate ed equipaggiate in maniera adeguata”, dice Gaiani. “Considerando le altre missioni in corso e le esigenze di avvicendamento dopo sei mesi di schieramento, si potrebbe arrivare a quella cifra impiegando l’intera brigata Folgore, da mesi in riserva strategica proprio in vista di un impiego in Nord Africa, più la nuova forza da sbarco della brigata San Marco e una consistente aliquota di forze speciali”.
Le truppe italiane attualmente impegnate nelle altre missioni all’estero sono 4mila (1.100 in Libano, 850 in Afghanistan, 500 in Iraq, 500 nei Balcani, 330 in Gibuti e Somalia, 240 nell’Oceano Indiano, 170 nel Mediterraneo e altre 200 e passa tra Egitto, Repubblica Centrafricana, Palestina, Malta, Mali,Georgia, Cipro, India/Pakistan e Marocco) e scenderanno a 3.500 a fine anno con il ritiro quasi completo dall’Afghanistan. Considerando che il massimo schieramento recente di truppe italiane all’estero è stato di 8.500 uomini nel 2010, la differenza risulta proprio di 5mila uomini.

lunedì 16 giugno 2014

Marcello Dell’Utri è rientrato in Italia dal Libano. - La vera biografia di Silvio Berlusconi. - Cos’è il patto del Nazareno.


Marcello Dell’Utri in tribunale a Palermo, il 25 marzo 2013. (MIchele Naccari, Epa/Corbis)
È atterrato poco prima delle 7 del 13 giugno all’aeroporto di Fiumicino il volo dell’Alitalia proveniente da Beirut con a bordo Marcello Dell’Utri, l’ex senatore di Forza Italia estradato dal Libano.
Dell’Utri che il 9 maggio scorso è stato condannato in via definitiva a sette anni per concorso esterno in associazione mafiosa, è stato accompagnato dagli agenti dell’Interpol, e arrivato in Italia è stato affidato alla polizia in un’area riservata dell’aeroporto.
Dell’Utri sarà trasferito subito in carcere.
Arrestato il 12 aprile all’hotel Phoenicia di Beirut, Dell’Utri si trovava agli arresti nella capitale libanese dal 16 aprile. Il decreto d’estradizione è stato firmato dal presidente libanese Michel Suleiman il 23 maggio.
Il processo. A marzo del 2013 Dell’Utri è stato condannato in appello a sette anni di carcere per concorso esterno in associazione mafiosa. Nelle motivazioni della sentenza d’appello si legge che Dell’Utri sarebbe stato un vero e proprio mediatore tra Cosa Nostra e l’ex premier Silvio Berlusconi.
In primo grado, l’11 dicembre 2004, Marcello Dell’Utri è stato condannato a nove anni. Successivamente, il 29 giugno 2010, in appello la pena è stata ridotta a sette anni. Ma il 9 marzo del 2012, la corte di cassazione ha annullato con rinvio la condanna. Il 25 marzo del 2013, la corte d’appello di Palermo ha confermato la condanna a sette anni, confermata anche dalla cassazione.



 La vera biografia di Silvio Berlusconi


1936 Nasce a Milano il 29 settembre, primo di tre figli (due maschi e una femmina) di Luigi Berlusconi, impiegato alla Banca Rasini, e Rosa Bossi, casalinga. 1954. Prende la maturità classica al liceo salesiano Copernico e s’iscrive all’Università Statale, facoltà di Giurisprudenza. A tempo perso, vende spazzole elettriche porta a porta, fa il fotografo ai matrimoni e ai funerali, suona il basso e canta nella band dell’amico d’infanzia Fedele Confalonieri (anche sulle navi da crociera). 1957. Primo impiego saltuario nella Immobiliare costruzioni. 1961. Si laurea in legge con 110 e lode, a Milano: tesi sugli aspetti giuridici del contratto pubblicitario, e vince una borsa di studio di 2 milioni messa in palio dalla concessionaria Manzoni. Evita, non si sa come, il servizio militare. E si dà all’edilizia, acquistando un terreno in via Alciati, grazie alla garanzia fornitagli dal banchiere Carlo Rasini, che gli procura anche un socio, il costruttore Pietro Canali. Nasce la Cantieri Riuniti Milanesi. 1963. Fonda la Edilnord Sas: soci accomandanti Carlo Rasini e il commercialista svizzero Carlo Rezzonico (per la misteriosa finanziaria luganese Finanzierungesellschaft für Residenzen Ag).
Nel 1964 apre un cantiere a Brugherio per edificare una città-modello da 4 mila abitanti.
Nel 1965 è pronto il primo condominio, di cui però non riesce a vendere nemmeno un appartamento. Poi, non si sa come, riesce a venderlo al Fondo di previdenza dei dirigenti commerciali.
1965. Sposa Carla Elvira Dall’Oglio, genovese, che gli darà due figli: Maria Elvira (1966) e Piersilvio (1969).
1968. Nasce l’Edilnord 2, acquistando terreni a Segrate, dove sorgerà Milano 2.
1969. Brugherio è completa con 1000 appartamenti venduti.
1973. Fonda la Italcantieri Srl, grazie ad altre due misteriose fiduciarie ticinesi, la Cofigen (legata al finanziere Tito Tettamanti) e la Eti AG Holding (amministrata dal finanziere Ercole Doninelli).
Acquista ad Arcore, grazie ai buoni uffici dell’amico Cesare Previti, la villa Casati Stampa con tutti i terreni ad Arcore, a prezzo di superfavore. Previti infatti è pro-tutore dell’unica erede dei Casati Stampa, la contessina dodicenne Annamaria, e contemporaneamente amico di Silvio e in affari con lui.
1974. Grazie a due fiduciarie della Bnl, la Servizio Italia e la Saf, nasce l’Immobiliare San Martino, amministrata da un ex compagno di università, Marcello Dell’Utri, palermitano. In un condominio di Milano 2 nasce una tv via cavo, Telemilano 58, che passerà ben presto all’etere col nome di Canale 5. Berlusconi si trasferisce con la famiglia a villa Casati, affiancato dal boss mafioso Vittorio Mangano, assunto in Sicilia da Dell’Utri come “fattore”, cioè come amministratore della casa e dei terreni. Mangano lascerà Arcore soltanto un anno e mezzo – due anni più tardi, in seguito a due arresti e a un’inchiesta a suo carico per il sequestro di un ospite della villa amico di Berlusconi.
1975. Le due fiduciarie danno vita alla Fininvest. Nascono anche la Edilnord e la Milano 2. Ma Berlusconi non compare mai: inabissato e schermato da una miriade di prestanomi dal 1968 al 1975, quando diventa presidente di Italcantieri, e al 1979, quando assumerà la presidenza della Fininvest. 1977. Appena divenuto Cavaliere del Lavoro, acquista una quota dell’editrice de Il Giornale, fondato nel 1974 da Indro Montanelli. 1978-1983. Riceve circa 500 miliardi al valore di oggi, di cui almeno una quindicina in contanti, per alimentare le 24 (poi salite a 37) Holding Italiana che compongono la Fininvest, di cui si ignora tutt’oggi la provenienza.
Sono gli anni della scalata di Bettino Craxi, segretario del Psi dal 1976, al potere e della sua ascesa al governo.
1978. Si affilia alla loggia massonica deviata e occulta “Propaganda 2″ (P2) del maestro venerabile Licio Gelli, a cui è stato presentato dal giornalista Roberto Gervaso. Tessera numero 1816. Di lì a poco comincerà a ricevere crediti oltre ogni normalità dal Monte dei Paschi e dalla Bnl (due banche con alcuni uomini-chiave affiliati alla P2). E inizierà a collaborare, con commenti di politica economica, al “Corriere della Sera”, controllato dalla P2 tramite Angelo Rizzoli e Bruno Tassan Din. La P2 verrà poi sciolta, in quanto “eversiva”, con un provvedimento del governo Spadolini. 1980. Berlusconi fonda, con Marcello Dell’Utri, Publitalia 80, la concessionaria pubblicitarie per le reti tv.
Conosce l’attrice Veronica Lario, al secolo Miriam Bartolini, che recita in uno spettacolo al teatro Manzoni di Milano senza veli. Se ne innamora. La nasconde per tre anni in un’ala segreta della sede Fininvest in Via Rovani a Milano. Poi la donna rimane incinta e nel 1984, sempre nel segreto più assoluto, partorisce in Svizzera una bambina, Barbara. Berlusconi la riconosce. Padrino di battesimo, Bettino Craxi.
1981. I giudici milanesi Gherardo Colombo e Giuliano Turone, indagando sui traffici del bancarottiere mafioso e piduista Michele Sindona, trovano gli elenchi degli affiliati alla loggia P2. Ma Berlusconi non subisce danni dallo scandalo che travolge il governo, l’esercito, i servizi segreti e il mondo del giornalismo.
1982. Berlusconi acquista l’emittente televisiva Italia 1 dall’editore Edilio Rusconi.
1984. Berlusconi acquista l’emittente Rete 4 dalla Mondadori: ormai è titolare di tre network televisivi nazionali, e può entrare in concorrenza diretta con la Rai. Ma tre pretori, di Torino, Pescara e Roma, sequestrano gli impianti che consentono le trasmissioni illegali di programmi in “interconnessione”, cioè in contemporanea su tutto il territorio nazionale.
Craxi vara un decreto urgente (il primo “decreto Berlusconi”) per legalizzare la situazione illegale. Ma il decreto non viene convertito in legge perché incostituzionale. Craxi ne vara un altro (il secondo “decreto Berlusconi”), minacciando i partiti alleati di andare alle elezioni anticipate in caso di nuova bocciatura del decreto. E nel febbraio ’85 il decreto sarà approvato, dopo che il governo avrà posto la questione di fiducia.
1985. Berlusconi divorzia da Carla Dell’Oglio e ufficializza il legame con Veronica, che gli darà altri due figli: Eleonora (1986) e Luigi (1988). Le seconde nozze verranno celebrate, con rito civile, nel 1990, officiante il sindaco socialista di Milano Paolo Pillitteri, cognato di Craxi. Testimoni degli sposi, Bettino e Anna Craxi, Confalonieri e Gianni Letta.
1986. Berlusconi acquista il Milan Calcio e ne diviene presidente (nel 1988 vincerà il suo primo scudetto). Intanto fallisce l’operazione La Cinq in Francia, che chiuderà definitivamente i battenti nel ’90. E’ Jacques Chirac a cacciarlo dal suolo francese, definendolo “venditore di minestre”.
1988. Il governo De Mita annuncia la legge Mammì sul sistema radiotelevisivo. Che in pratica fotografa il duopolio Rai-Fininvest, senza imporre al Cavaliere alcun autentico tetto antitrust. Berlusconi acquista la Standa. La legge verrà approvata nel 1990.
1989-1991. Lunga battaglia fra Berlusconi e De Benedetti per il controllo della Mondadori, la prima casa editrice che controlla quotidiani (La Repubblica e 13 giornali locali), settimanali (Panorama, Espresso, Epoca) e tutto il settore libri. Grazie a una sentenza del giudice Vittorio Metta, che il tribunale di Milano riterrà poi comprata con tangenti dall’avvocato Previti per conto di Berlusconi, il Cavaliere strappa la Mondadori al suo concorrente. Una successiva mediazione politica porterà poi alla restituzione a De Benedetti almeno di Repubblica, Espresso e giornali locali. Tutto il resto rimarrà a Berlusconi.
1990. Il Parlamento vara la legge Mammì, fra le polemiche: Berlusconi può tenersi televisioni (nel frattempo è entrato anche nel business di Telepiù) e Mondadori, dovendo soltanto “spogliarsi” de Il Giornale (che viene girato nel ’90 al fratello Paolo).
1994. Berlusconi, ormai orfano dei partiti amici, travolti dallo scandalo di Tangentopoli, entra direttamente in politica, fonda il partito di Forza Italia, vince le elezioni politiche del 27 marzo alla guida del Polo delle Libertà e diventa presidente del Consiglio. Il 21 novembre viene coinvolto nell’inchiesta sulle tangenti alla Guardia di Finanza. Il 22 dicembre è costretto a dimettersi, per la mozione di sfiducia della Lega Nord, che non condivide più la sua politica sociale e preme per la risoluzione del conflitto d’interessi.
1996. Berlusconi, indagato nel frattempo anche per storie di mafia, falso in bilancio, frode fiscali e soprattutto corruzione giudiziaria insieme a Previti, si ricandida alle elezioni politiche, ma perde. Vince il candidato del centrosinistra (Ulivo), Romano Prodi. Trascorrerà 5 anni all’opposizione, alle prese con una serie di inchieste giudiziarie e di processi, conclusi con diverse condanne in primo grado, poi trasformate in prescrizioni e (raramente) in assoluzioni in appello e in Cassazione.
2001. Il 15 maggio vince le elezioni alla guida della Casa delle Libertà e torna alla presidenza del Consiglio.
BERLUSCONI E I SUOI MISTERI
La vita e la carriera dell’imprenditore Silvio Berlusconi, nonostante le biografie autorizzate che il protagonista ha fatto pubblicare o propiziato nel corso degli anni con fini auto-agiografici, rimane costellata di buchi neri e di domande senza risposta. Piccolo riepilogo degli omissis più inquietanti.
1) - La Edilnord Sas è la società fondata nel 1963 da Silvio Berlusconi per costruire Milano 2. Soci accomandatari (quelli che vi operano), oltre al futuro Cavaliere, sono il commercialista Edoardo Piccitto e i costruttori Pietro Canali, Enrico Botta e Giovanni Botta. Soci accomandanti (quelli che finanziano l’operazione) il banchiere Carlo Rasini, titolare dell’omonima banca con sede in via dei Mercanti a Milano, e l’avvocato d’affari Renzo Rezzonico, legale rappresentante di una finanziaria di Lugano: la “Finanzierungesellschaft für Residenzen Ag”, di cui nessuno conoscerà mai i reali proprietari. Si tratta comunque di gente molto ottimista, se ha affidato enormi capitali a Berlusconi, cioè a un giovanotto di 27 anni che, fino a quel momento, non ha dato alcuna prova imprenditoriale degna di nota.
2) - Sulla banca Rasini, dove il padre Luigi Berlusconi lavora per tutta la vita, da semplice impiegato a direttore generale, ecco la risposta di Michele Sindona (bancarottiere piduista legato a Cosa Nostra e riciclatore di denaro mafioso) al giornalista americano Nick Tosches, che nel 1985 gli domanda quali siano le banche usate dalla mafia: “In Sicilia il Banco di Sicilia, a volte. A Milano una piccola banca in piazza Mercanti”. Cioè la Rasini, dove – ripetiamo – Luigi Berlusconi, padre di Silvio, ha lavorato per tutta a vita, fino a diventarne il procuratore generale. Alla Rasini tengono i conti correnti noti mafiosi e narcotrafficanti siciliani come Antonio Virgilio, Salvatore Enea, Luigi Monti, legati a Vittorio Mangano, il mafioso che lavora come fattore nella villa di Berlusconi fra il 1973 e il 1975. 
( Il motivo principale della fama di questa banca è che tra i suoi clienti si annoveravano criminali Pippo CalòTotò RiinaBernardo Provenzano (al tempo, uomini guida della Mafia)[1] e l'imprenditore e uomo politico Silvio Berlusconi - wiki)
3) - Il 29 ottobre 1968 nasce la Edilnord Centri Residenziali Sas (una sorta di Edilnord 2): stavolta, al posto di Berlusconi, come socio accomandatario c’è sua cugina Lidia Borsani, 31 anni. E i capitali li fornisce un’altra misteriosa finanziaria luganese, la “Aktiengesellschaft für Immobilienanlagen in Residenzentren Ag” (Aktien), fondata da misteriosi soci appena 10 giorni prima della nascita di Edilnord 2. Berlusconi da questo momento sparisce nel nulla, coperto da una selva di sigle e prestanome. Riemergerà solo nel 1975 per presiedere la Italcantieri, e nel 1979, come presidente della Fininvest.
Intanto nascono decine di società intestate a parenti e figuranti, controllate da società di cui si ignorano i veri titolari. Come ha ricostruito Giuseppe Fiori nel libro “Il venditore” (Garzanti, 1994, Milano), Italcantieri nasce nel 1973, costituita da due fiduciarie ticinesi: “Cofigen Sa” di Lugano (legata al finanziere Tito Tettamanzi, vicino alla massoneria e all’Opus Dei) e “Eti A.G.Holding” di Chiasso (amministrata da un finanziere di estrema destra, Ercole Doninelli, proprietario di un’altra società, la Fi.Mo, più volte inquisita per riciclaggio, addirittura con i narcos colombiani).
4) - Nel 1974 nasce la “Immobiliare San Martino”, amministrata da Marcello Dell’Utri e capitalizzata da due fiduciarie del parabancario Bnl: la Servizio Italia (diretta dal piduista Gianfranco Graziadei) e la Saf (Società Azionaria Finanziaria, rappresentata da un prestanome cecoslovacco, Frederick Pollack, nato nientemeno che nel 1887). A vario titolo e con vari sistemi e prestanome, “figlieranno” una miriade di società legate a Berlusconi e ai suoi cari: a cominciare dalle 34 “Holding Italiana” che controllano il gruppo Fininvest. Secondo il dirigente della Banca d’Italia Francesco Giuffrida e il sottufficiale della Guardia di Finanza Giuseppe Ciuro, consulenti tecnici della Procura di Palermo al processo contro Marcello Dell’Utri per concorso esterno in associazione mafiosa, queste finanziarie hanno ricevuto fra il 1978 e il 1985 almeno 113 miliardi (pari a 502 miliardi di lire e 250 milioni di euro di oggi), in parte addirittura in contanti e in assegni “mascherati”, dei quali tuttoggi “si ignora la provenienza”. La Procura di Palermo sostiene che sono i capitali mafiosi “investiti” nel Biscione dalle cosche legate al boss Stefano Bontate. La difesa afferma che si tratta di autofinanziamenti, anche se non spiega da dove provenga tutta quella liquidità. Lo stesso consulente tecnico di Berlusconi, il professor Paolo Jovenitti, ammette l’”anomalia” e l’incomprensibilità di alcune operazioni dell’epoca.
5) - Nel 1973 Silvio Berlusconi acquista da Annamaria Casati Stampa di Soncino, ereditiera minorenne della nota famiglia nobiliare lombarda rimasta orfana nel 1970, la settecentesca Villa San Martino ad Arcore, con quadri d’autore, parco di un milione di metri quadrati, campi da tennis, maneggio, scuderie, due piscine, centinaia di ettari di terreni. La Casati è assistita da un pro-tutore, l’avvocato Cesare Previti, che è pure un amico di Berlusconi, figlio di un suo prestanome (il padre Umberto) e dirigente di una società del gruppo (la Immobiliare Idra). Grazie alla fortunata coincidenza, la favolosa villa con annessi e connessi viene pagata circa 500 milioni dell’epoca: un prezzo irrisorio. E, per giunta, non in denaro frusciante, ma in azioni di alcune società immobiliari non quotate in borse, così che, quando la ragazza si trasferisce in Brasile e tenta di monetizzare i titoli, si ritrova con una carrettate di carta. A quel punto, Previti e Berlusconi offrono di ricomprare le azioni, ma alla metà del prezzo inizialmente pattuito. Una sentenza del Tribunale di Roma, nel 2000, ha assolto gli autori del libro “Gli affari del presidente”, che raccontava l’imbarazzante transazione.
6) - Nel 1973 Berlusconi, tramite Marcello Dell’Utri, ingaggia come fattore (ma recentemente Dell’Utri l’ha promosso “amministratore della villa”) il noto criminale palermitano, pluriarrestato e pluricondannato Vittorio Mangano. Il quale lascerà la villa solo due anni più tardi, quando verrà sospettato di aver organizzato il sequestro di Luigi d’Angerio principe di Sant’Agata, che aveva appena lasciato la villa di Arcore dopo una cena con Berlusconi, Dell’Utri e lo stesso Mangano. Mangano verrà condannato persino per narcotraffico (al maxiprocesso istruito da Falcone e Borsellino) e, nel 1998, all’ergastolo per omicidio e mafia.
7) - Il 26 gennaio 1978 Silvio Berlusconi si affilia alla loggia Propaganda 2 (P2), presentato al gran maestro venerabile Licio Gelli dall’amico giornalista Roberto Gervaso. Paga regolare quota di iscrizione (100 mila lire) e viene registrato con la tessera 1816, codice E.19.78, gruppo 17, fascicolo 0625. La partecipazione al pio sodalizio gli procaccerà vantaggi di ogni genere: dai finanziamenti della “Servizio Italia” di Graziadei ai crediti facili e ingiustificati del Monte dei Paschi di Siena (di cui è provveditore il piduista Giovanni Cresti) alla collaborazione con il “Corriere della Sera” diretto dal piduista Franco Di Bella e controllato dalla Rizzoli dei piduisti Angelo Rizzoli, Bruno Tassan Din e Umberto Ortolani.
8) - Il 24 ottobre 1979 Silvio Berlusconi riceve la visita di tre ufficiali della Guardia di Finanza nella sede dell’Edilnord Cantieri Residenziali. Si spaccia per un “un semplice consulente esterno” addetto “alla progettazione di Milano 2″. In realtà è il proprietario unico della società, intestata a Umberto Previti. Ma i militari abboccano e chiudono in tutta fretta l’ispezione, sebbene abbiano riscontrato più di un’anomalia nei rapporti con i misteriosi soci svizzeri. Faranno carriera tutti e tre. Si chiamano Massimo Maria Berruti, Salvatore Gallo e Alberto Corrado. Berruti, il capopattuglia, lascerà le Fiamme Gialle pochi mesi dopo per andare a lavorare per la Fininvest come avvocato d’affari (società estere, contratti dei calciatori del Milan, e così via). Arrestato nel 1985 nello scandalo Icomec (e poi assolto), tornerà in carcere nel 1994 insieme a Corrado per i depistaggi nell’inchiesta sulle mazzette alla Guardia di Finanza, poi verrà eletto deputato per Forza Italia e condannato in primo e secondo grado a 8 mesi di reclusione per favoreggiamento. Gallo risulterà iscritto alla loggia P2.
9) - Il 30 maggio 1983 la Guardia di Finanza di Milano, che sta controllando i telefoni di Berlusconi nell’ambito di un’inchiesta su un traffico di droga, redige un rapporto investigativo in cui si legge: “E’ stato segnalato che il noto Silvio Berlusconi finanzierebbe un intenso traffico di stupefacenti dalla Sicilia, sia in Francia che in altre regioni italiane (Lombardia e Lazio). Il predetto sarebbe al centro di grosse speculazioni in Costa Smeralda avvalendosi di società di comodo aventi sede a Vaduz e comunque all’estero. Operativamente le società in questione avrebbero conferito ampio mandato ai professionisti della zona”. Per otto anni l’indagine, seguita inizialmente dal pm Giorgio Della Lucia (poi passato all’Ufficio istruzione, da anni imputato per corruzione in atti giudiziari insieme al finanziere Filippo Alberto Rapisarda, ex datore di lavoro ed ex socio di Marcello Dell’Utri) langue, praticamente dimenticata. Alla fine, nel 1991, il gip milanese Anna Cappelli archivierà tutto.
10) - Il terzo, seccante incontro ravvicinato fra il Cavaliere e la Legge risale al 16 ottobre 1984. Tre pretori, di Torino, Roma e Pescara, hanno la pretesa di applicare le norme che regolano l’emittenza televisiva e che il Cavaliere ha deciso di aggirare, trasmettendo in contemporanea gli stessi programmi su tutto il territorio nazionale. I tre magistrati fanno presente che è vietato, non si può e bloccano le attrezzature che consentono l’operazione fuorilegge. Il Cavaliere oscura le sue tv, per attribuire il black out ai giudici, poi scatena il popolo dei teledipendenti con lo slogan “Vietato vietare”, opportunamente rilanciato dallo show del giornalista piduista Maurizio Costanzo. Lo slogan viene subito tradotto in legge dal presidente del Consiglio Bettino Craxi. Il quale abbandona una visita di Stato a Londra per precipitarsi in Italia e varare un decreto legge ad personam (“decreto Berlusconi”) che riaccende immediatamente le tv illegali del suo compare. Lo scandalo è talmente enorme che, persino nel pentapartito, qualcuno non ci sta. E il decreto viene bocciato dall’aula come incostituzionale. Due dei tre pretori reiterano il sequestro penale delle attrezzature utilizzabili oltre l’ambito locale. Così Craxi partorisce un secondo decreto Berlusconi, agitando davanti ai riottosi partiti alleati lo spauracchio della crisi di governo e delle elezioni anticipate, in caso di mancata conversione in legge. Provvederà poi lo stesso Caf a legalizzare il monopolio illegale Fininvest sulla televisione commerciale con la legge Mammì, detta anche “legge-Polaroid” per l’alta fedeltà con cui fotografa lo status quo.
Biografia tratta da “Berlusconi” di Marco Travaglio e Peter Gomez

Cos’è il patto del Nazareno


Ormai è passato alla storia recente con questo nome “il patto del Nazareno”, l’accordo che è stato siglato tra l’attuale Presidente del Consiglio Matteo Renzi, che all’epoca però era ancora solo il sindaco di Firenze (e segretario del Partito Democratico) e Silvio Berlusconi, leader del partito di Forza Italia.
Era il 18 gennaio 2014, quando questi due importanti personaggi politici si sono incontrati al Nazareno, ovvero la sede del partito Democratico a Roma,che si chiama in questo modo proprio perché si trova in via del Nazareno.
In quel’occasione stabilirono alcuni punti comuni relativamente soprattutto alla riforma della legge elettorale; è stato in quella sede che si è formulato il cosiddetto “Italiacum”, quello che potrebbe diventare il nuovo modo di votare in Italia.
Quell’incontro è stato particolarmente significativo perché ha rappresentato la prima volta in cui Berlusconi, politico di destra, si sia recato all’interno della sede del Pd, che è un partito di sinistra.

sabato 10 maggio 2014

Mafia, Dell’Utri condannato: estradizione o latitanza? Le 72 ore decisive. - Giuseppe Pipitone

Mafia, Dell’Utri condannato: estradizione o latitanza? Le 72 ore decisive


E' il tempo necessario per capire se l'ex senatore di Forza Italia sconterà sette anni di detenzione in un carcere italiano o se invece potrà rimanere a piede libero in Libano. L'avvocato: "Il reato di cui è accusato è il concorso esterno in associazione mafiosa: un reato fumoso, non riconosciuto negli altri stati”.
Condannato in via definitiva per concorso esterno a Cosa Nostra, ma ancora oggi lontano dall’Italia. Passeranno settantadue ore prima che Marcello Dell’Utri possa conoscere il suo destino: sette anni di detenzione in un carcere italiano o la remota possibilità di tornare a piede libero in LibanoL’ex senatore è detenuto dal 13 aprile scorso in un ospedale di Beirut, guardato a vista dagli agenti della polizia locale. È proprio in ospedale che Dell’Utri è venuto a conoscenza della sentenza della Cassazione, che ha messo il bollo sulla sua condanna, informato in diretta dai familiari che a loro volta erano stati avvisati dai legali.
L’amico fidato di Silvio Berlusconi era stato arrestato dall’intelligence libanese in una suite dell’hotelPhoenicia, come ordinato dall’Interpol, dopo che si era reso irreperibile a pochi giorni dalla sentenza della Corte di Cassazione. “Sono dimostrati i rapporti mai interrotti che Dell’Utri ha avuto con le famiglie mafiose palermitane in favore delle quali ha svolto un ruolo di mediatore del patto di protezione personale e delle sue attività, siglato nel 1974 da Silvio Berlusconi”, ha detto nella sua requisitoria il sostituto procuratore generale Aurelio Galassochiedendo la conferma della condanna emessa dalla corte d’appello di Palermo il 25 marzo 2013. Richiesta avallata dalla prima sezione della Corte di Cassazione, presieduta da Maria Cristina Saitto, dopo quattro ore di camera di consiglio. Immediatamente dopo è arrivato l’ordine di carcerazione del sostituto pg di Palermo Luigi Patronaggio, trasmesso al Ministero della Giustizia, che ora dovrebbe allegarlo alla richiesta di estradizione spedita in Libano.
Al momento dell’arresto a Beirut sul capo di Dell’Utri non pendeva alcuna condanna definitiva: secondo il Trattato bilaterale che disciplina i rapporti giuridici tra Italia e Libano, l’ex senatore era quindi da considerarsi soltanto un indagato. Ecco perché il procuratore generale di Beirut Samir Hammoud ha fatto appello all’articolo 21 della stessa convenzione Italia – Libano, chiedendo a via Arenula di avere a disposizione non solo ordine d’arresto e le motivazioni della condanna d’appello, ma anche gli atti relativi alle altre sentenze emesse a carico di Dell’Utri. Documenti che il Ministero della Giustizia italiano ha dovuto tradurre in francese, riuscendo a spedirli in Libano soltanto il 5 maggio scorso, 23 giorno dopo l’arresto di Dell’Utri. “Per quanto riguarda l’estradizione non cambia nulla: semplicemente la richiesta di custodia cautelare sarà sostituita dall’ordine di carcerazione”, ha detto l’avvocato Giuseppe Di Peri, storico legale di Dell’Utri, specificando che “l’ex senatore è assistito a Beirut da un legale libanese”, l’avvocato Akram Azoury,“esperto del diritto locale”.
L’avvocato Azoury conoscerà sicuramente molto bene il Trattato che disciplina i rapporti tra Libano – Italia. Soprattutto l’articolo 23, quello che sancisce come si possa “porre fine all’arresto provvisorio se, nel termine di trenta giorni dall’arresto, il governo richiesto non avrà ricevuto uno dei documenti menzionati al secondo comma dello articolo 21. La liberazione esclude l’arresto e l’estradizione se la domanda di estradizione perviene successivamente”. In pratica le autorità libanesi dovranno decidere il destino di Dell’Utri entro i prossimi tre giorni: e poco importa se nel frattempo l’ordine di custodia cautelare si sia trasformato in un ordine di carcerazione per scontare la pena definitiva.
“Stiamo anche ragionando sull’ipotesi di un ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo, aggiunge l’avvocato Di Peri a ilfattoquotidiano.it. “Non bisogna dimenticare – spiega – che oltre ad una vicenda lunga vent’anni, il reato di cui è accusato Dell’Utri è il concorso esterno in associazione mafiosa: un reato fumoso, non riconosciuto negli altri stati”. Un reato che anche in Libano dovranno studiare prima di concedere l’estradizione. “Credo che questa vicenda non si possa considerare ancora conclusa”, conclude l’avvocato Di Peri. La stessa speranza del suo assistito: Marcello Dell’Utri, uomo cerniera tra BerlusconiCosa Nostra e fondatore del primo partito italiano degli ultimi vent’anni.

sabato 12 aprile 2014

Dell’Utri fermato a Beirut, Orlando: “Avviate procedure per estradizione”

Dell’Utri fermato a Beirut, Orlando: “Avviate procedure per estradizione”


L'annuncio del fermo è venuto direttamente dall'ex compagno di partito il ministro dell'Interno Angelino Alfano. L'ex senatore era in un lussuoso albergo, aveva il suo passaporto italiano, "alcune decine di migliaia di euro", ha usato le carte di credito per i pagamenti. Gli investigatori del Dipartimento di intelligence della polizia libanese lo non stanno interrogando. Forse già lunedì l'udienza di convalida davanti al giudice libanese.

È già finita la grande e imbarazzante fuga di Marcello Dell’Utri. L’ex senatore di Forza Italia è stato fermato a Beirut, questa mattina alle 9.30 (10.30 in Libano). L’annuncio è venuto direttamente dall’ex compagno di partito il ministro dell’Interno Angelino Alfano al congresso del Nuovo Centrodestra: “Sarà estradato”.
Sull’ex numero uno di Publitalia, amico personale di Silvio Berlusconi, nonché cofondatore di Fi, pendeva un ordine di cattura emesso dai giudici di Palermo per la condanna a 7 anni per concorso esterno in associazione mafiosa. Dell’Utri era in un lussuoso albergo l’Intercontinental Phoenicia. L’ex senatore, che aveva con sé “alcune decine di migliaia di euro” al momento dell’arresto ed era in possesso di un passaporto italiano, si trova ora negli uffici della polizia libanese. Quando i poliziotti hanno bussato alla porta della sua camera era a letto e non ha detto una parola. La sua individuazione è stata stata possibile grazie a una segnalazione dell’Interpol. I pagamenti effettuati da Dell’Utri sono avvenuti con le sue carte di credito.
Il ministro della Giustizia Andrea Orlando ha avviato tutte le procedure per la richiesta di estradizione. Il Guardasigilli è rientrato a Roma (era a Torino per l’apertura della campagna elettorale del Pd) per dare il suo via libera. 
Dall’ambasciata in Libano fanno sapere che a Dell’Utri è stata data “assistenza consolare come in tutti casi di connazionali arrestati” anche se allo stato non è il personale diplomatico non ha avuto ancora modo di potergli parlare. Gli investigatori del Dipartimento di intelligence della polizia libanese lo non stanno interrogando. Potrebbe tenersi lunedì l’udienza di convalida dell’arresto di fronte al giudice libanese. In questa sede non si discuterà dell’eventuale estradizione, la cui concessione da parte del Libano è legata al fatto che l’arresto sia prima convalidato.
Il primo commento arriva da Palermo, il pg Luigi Patronaggio, che aveva chiesto l’arresto, dice: “Nonostante la forte pressione mediatica che talvolta rischia di vanificare il nostro lavoro e quello delle forze di polizia che ci collaborano, ritengo che, in sinergia con la Dia e l’Interpol, con l’arresto di Dell’Utri abbiamo ottenuto un ottimo successo operativo. Attendiamo adesso con serenità l’esito del processo in Cassazione”.
Il 15 aprile è prevista infatti l’udienza  che dovrà confermare o annullare quel verdetto. Per questo gli inquirenti di Palermo avevano chiesto e ottenuto, dopo aver ottenuto in passato due no, il mandato di arresto. L’8 aprile l’ex parlamentare però non era stato rintracciato dagli investigatori che erano andati in carcere a cercarlo e il 10 per lo Stato italiano l’ex parlamentare è diventato formalmente latitante. Ieri, dopo la diffusione della notizia della sua scomparsa, era stato emesso il mandato di arresto internazionale eseguito dalla polizia libaneseÈ il Dipartimento di intelligence della polizia libanese, che ha competenze anche su questioni di criminalità organizzata e terrorismo,  che al momento tiene in custodia Dell’Utri.
Ieri Dell’Utri tramite una nota aveva fatto sapere: “Mi sto curando. È aberrante la richiesta“. “Tengo a precisare che non intendo sottrarmi al risultato processuale della prossima sentenza della Corte di Cassazione; e che trovandomi in condizioni di salute precaria – per cui tra l’altro ho subito qualche settimana fa un intervento di angioplastica – sto effettuando ulteriori esami e controlli”, senza però dire dove. Un indizio che Dell’Utri potesse essere in Libano era stato captato dagli investigatori nei mesi scorsi, quando il fratello Alberto al telefono disse: “In Libano Marcello starebbe bene”.
“Ora è trattenuto dagli agenti e spero possa essere liberato in attesa della procedura di estradizione – dice l’avvocato Giuseppe di Peri che non ha ancora sentito Dell’Utri.  ”Spero che la polizia locale gli abbia fatto contattare un avvocato del posto. Le procedure per l’estradizione – spiega il legale – sono partite ma passerà almeno qualche settimana”. Intanto, spiega l’avvocato, Dell’Utri potrebbe essere considerato in stato d’arresto o rilasciato in attesa dell’esito delle procedure di estradizione: “Dipende dalle leggi del posto”. 
Le ultime tracce che Dell’Utri aveva lasciato erano in Libano. Il 3 aprile l’ex senatore era nel paese mediorientale perché uno dei suoi telefoni è stato intercettato “nei dintorni della città libanese di Beirut”. L’ex parlamentare era stato visto inoltre sul volo Parigi-Beirut il 24 marzo. Il testimone aveva visto l’ex senatore viaggiare “in business” e aveva assicurato di averlo visto ritirare il bagaglio una volta atterrato e uscire dall’aeroporto. L’intercettazione che aveva fatto scattare l’ordine di cattura risale a novembre. Nella conversazione il fratello Alberto parlando col proprietario del ristorante Assunta Madre di Roma Vincenzo Mancuso, diceva di “accelerare i tempi” e faceva riferimento alla Guinea che “concede facilmente i passaporti diplomatici”. Mentre in un’altra intercettazione il fratello Alberto, sempre con Mancuso, affermava: “Il programma è quello di andarsene in Libano perché lì è una città dove Marcello ci starebbe bene perché lui c’è già stato la conosce, c’è un grande fermento culturale… per lui andrebbe bene”.