venerdì 23 settembre 2011

Immunità totale: la proposta di legge firmata da Papa e Milanese per l'impunità della casta.

Le mie foto


Alfonso Papa è ancora rinchiuso in carcere.
L'onorevole Marco Milanese, ex-braccio destro di Giulio Tremonti, oggi ha dovuto sudare  prima di avere l'autoassoluzione dai suoi amici parlamentari .
"Roma ladrona, la Lega non perdona", gridavano fino a pochi giorni fà i leghisti:e invece ancora una volta i vari Bossi e Maroni hanno perdonato.

Ora basta, sbottano Berlusconi e la sua cricca.
Per impedire che un domani qualche magistrato continui a perseverare nell'assurda pretesa di giudicare i parlamentari come ogni normale cittadino, un folto numero di deputati ha depositato una proposta di modifica costituzionale.
La proposta è molto semplice: bisogna chiedere preventivamente l'autorizzazione alla Camera non più solo per eseguire un mandato di cattura, ma anche semplicemente per aprire un'indagine nei confronti di un parlamentare. 
In questo modo nessun deputato verrà più indagato e intercettato: nessun membro del Parlamento può essere sottoposto a procedimento penale, senza l'autorizzazione della camera.
Cosa cercano di ottenere è facilmente prevedibile: l'impunità totale della casta.
Vergogna!
s.t.

XVI LEGISLATURA CAMERA DEI DEPUTATI - ATTO N. 2954  
PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE
d'iniziativa dei deputati
MOFFA, ANTONINO FOTI, VINCENZO ANTONIO FONTANA, ABELLI, GIOACCHINO ALFANO, ANGELI, ARACRI, ARACU, BARANI, BARBA, BARBARESCHI, BARBARO, BARBIERI, BELLOTTI, BERARDI, BERGAMINI, BERNARDO, BOCCIARDO, CARLUCCI, CASTELLANI, CASTIELLO, CATANOSO GENOESE, CATONE, CAZZOLA, CECCACCI RUBINO, CENTEMERO, CERA, CESARO, CICCIOLI, CONSOLO, COSTA, CRISTALDI, DE ANGELIS, DE CAMILLIS, DE GIROLAMO, DE LUCA, DE NICHILO RIZZOLI, DEL TENNO, DELLA VEDOVA, DELL'ELCE, DI BIAGIO, DI CAGNO ABBRESCIA, DI CATERINA, DI CENTA, DI VIRGILIO, DIMA, D'IPPOLITO VITALE, FAENZI, FORMICHELLA, FUCCI, GALATI, GARAGNANI, GERMANÀ, GIAMMANCO, GIBIINO, GIRLANDA, GOLFO, GOTTARDO, HOLZMANN, IANNARILLI, LABOCCETTA, LAFFRANCO, LAMORTE, LANDOLFI, LAZZARI, LEHNER, LISI, LO PRESTI, LORENZIN, LUNARDI, MANNUCCI, GIULIO MARINI, MAZZOCCHI, MAZZONI, MAZZUCA,MILANESE, MINASSO, MISTRELLO DESTRO, MOTTOLA, MUSSOLINI, OSVALDO NAPOLI, NICOLUCCI, NIZZI, NOLA, PAGANO, PALUMBO, PAPA, PATARINO, PELINO, PETRENGA, PILI, PISO, PITTELLI, POLIDORI, PORCU, PROIETTI COSIMI, PUGLIESE, RAISI, REPETTI, LUCIANO ROSSI, MARIAROSARIA ROSSI, SAMMARCO, SANTELLI, SBAI, SCALERA, SCANDROGLIO, SILIQUINI, SISTO, SPECIALE, STASI, STRACQUADANIO, TAGLIALATELA, TORRISI, VELLA, VENTUCCI, VERSACE, VIGNALI, ZACCHERA
Modifica dell'articolo 68 della Costituzione, concernente le immunità dei membri del Parlamento

PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE
Art. 1.
      1. L'articolo 68 della Costituzione è sostituito dal seguente:
      «I membri del Parlamento non possono essere perseguiti per le opinioni espresse e per i voti dati nell'esercizio delle loro funzioni.
      Senza autorizzazione della Camera alla quale appartiene, nessun membro del Parlamento può essere sottoposto a procedimento penale, né può essere arrestato o altrimenti privato della libertà personale o sottoposto a perquisizione personale o domiciliare, salvo che sia colto nell'atto di commettere un delitto per il quale è obbligatorio il mandato o l'ordine di cattura.
      Analoga autorizzazione è richiesta per sottoporre i membri del Parlamento ad intercettazioni, in qualsiasi forma, di conversazioni o di comunicazioni e a sequestro di corrispondenza.
      Eguale autorizzazione è richiesta per trarre in arresto o per mantenere in detenzione un membro del Parlamento in esecuzione di una sentenza anche irrevocabile».

Il testo è reperibile anche nella banca dati della Camera dei Deputati.



Il satrapo e le macerie: così il mondo ride di noi.




Michele Serra commenta le vignette su Berlusconi pubblicate da siti e giornali di 


tutto il mondo. Con una premessa: 'Rido a denti stretti di questo Nerone. Nessun 


capo di stato da duecento anni a questa parte, tra donnine e leggerezza, ha dato 


di sé un'immagine così squallida'. E con una conclusione: 'Questo premier, oltre 


alla crisi economica, ci butta in una crisi depressiva'.



giovedì 22 settembre 2011

Milanese salvo per 3 voti, irritazione Berlusconi.





Bossi e Berlusconi



Salvo per una manciata di voti: Montecitorio ha evitato l'arresto all'ex collaboratore del ministro Tremonti con soli tre voti in più rispetto a quelli che servivano. I contrari all'arresto sono stati 312, la maggioranza richiesta era di 309. I favorevoli all'arresto si sono fermati a quota 305, che in realtà erano 306, perché il voto del vicesegretario del pd Enrico letta non è stato registrato per un errore tecnico. La maggioranza può tirare un sospiro di sollievo, ma la votazione non è stata facile: sono 7, secondo i tabulati delle votazioni, i franchi tiratori che hanno votato con le opposizioni per l'arresto. Il dato emerge analizzando le presenze dell'aula: l'opposizione schierava 299 deputati, mentre i sì all'arresto sono stati 306. I banchi della maggioranza, altro segno di disagio, non erano al completo. Mancavano otto deputati: sei del Pdl, uno della Lega, uno di Noi sud. E non tutti erano assenti giustificati.
BERLUSCONI IRRITATO IN AULA, ''SOLO 7 VOTI?' - ''Solo sette voti?''. E' la domanda che il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi rivolge quasi incredulo e visibilmente irritato al ministro della Difesa, Ignazio La Russa, al momento della proclamazione dei voti che hanno negato l'arresto - appunto con sette voti di differenza tra maggioranza e opposizione - a Marco Milanese. La scena è stata 'catturata' da una telecamera dalle tribune e pubblicata sul sito di Repubblica. Malumore nel gruppo del Pdl per l'assenza del ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, in volo per Washington, dove prendera' parte alla riunione del Fondo monetario internazionale. A quanto si apprende, alcuni deputati pidiellini avrebbero giudicato 'immorale' l'assenza del titolare del Tesoro
BOSSI, DIMOSTRATO CHE SIAMO ALLEATI LEALI - "Lo avevo detto che la Lega non avrebbe fatto cadere il governo. Abbiamo dimostrato di essere alleati leali'.  Così Umberto Bossi commenta l'esito del voto. 'Silvio Berlusconi ieri a palazzo Grazioli non ha chiesto consigli a Umberto Bossi sull'opportunita' o meno di dimettersi. E' lo stesso leader leghista a precisarlo in risposta ad una domanda dei cronisti. ''Non mi ha chiesto niente'', ha detto Bossi smentendo cosi' quanto viene riferito da alcuni retroscena giornalistici. 'Vedremo giorno per giorno", ha poi  risposto a chi gli chiedeva una previsione sulla tenuta del governo fino a fine legislatura. Bossi ha escluso poi di aver parlato con Berlusconi - così come invece riportato da alcuni quotidiani - della possibilità di un voto anticipato al 2012: "non abbiamo parlato di questo".
BERLUSCONI, IO SERENO MAI FATTO NIENTE DI MALE - Arrabbiato? "Io non sono mai arrabbiato. Anzi sono sereno, sono sempre sereno perché non ho mai fatto niente di male in vita mia. Anzi, quando posso faccio il bene degli altri". Così il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, parlando con i cronisti a Montecitorio dopo il voto sull'arresto di Marco Milanese. Il governo va avanti? "E come no. Stiamo lavorando per il meglio". Così il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi parlando con i cronisti a Montecitorio dopo il voto sull'arresto di Marco Milanese. ''Dobbiamo andare avanti con le riforme. Abbiamo la responsabilita' di portare il Paese al riparo dalla crisi internazionale''. E' quanto avrebbe detto, secondo quanto si apprende, il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi nel corso del vertice di maggioranza . ''Dobbiamo lasciare un chiaro segno del nostro governo di centrodestra'', avrebbe aggiunto il premier.
SANTANCHE' ATTACCA TREMONTI, ASSENZA VERGOGNOSA - "E' umanamente vergognoso che il ministro Tremonti oggi non fosse in aula. Nella vita, come in politica, bisogna essere uniti nella buona e nella cattiva sorte. Noi ci abbiamo messo la faccia in nome del garantismo e in difesa delle prerogative del Parlamento. Non abbiamo visto la sua ed è ingiustificabile". Lo afferma Daniela Santanché, sottosegretario all'Attuazione del programma, commentando l'assenza del ministro dell'Economia, Giulio Tremonti.


http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/cronaca/2011/09/20/visualizza_new.html_701135441.html

Male le borse europee, Milano chiude a -4,5%. Record dello spread, chiusura a 397




Standard&Poor's, dopo aver declassato sette istituti di credito 


italiani, mette sotto osservazione anche Poste Italiane. Intanto il titolo 


Fiat sprofonda a -6,44 per cento, Tenaris in caduta libera a -8 per cento.

Alla giornata negativa per tutti i mercati europei, compreso quello di piazza Affari, si aggiunge per l’Italia un’altra brutta notizia: Standard&Poor’s, l’agenzia di rating che ieri ha declassato sette banche, adesso ha messo sotto stretta osservazione il rating di Poste Italiane con “implicazioni negative”. La notizia è stata resa nota nella tarda mattinata. S&P ha confermato il rating A sul lungo termine e A-1 nel breve termine nei confronti delle Poste. Ma non ha nascosto che, dopo il declassamento degli istituti di credito, la decisione del creditwatch negativo potrebbe portare ad un altro downgrade.

Intanto tutti le borse europee sono contrassegnate dal segno meno: pesano le parole di ieri della Fed secondo cui “ci sono significativi rischi al ribasso sulle prospettive di crescita”. Il Fondo monetario internazionale aveva quantificato in 200-300 milioni di euro l’impatto della crisi sugli istituti di credito del vecchio continente. L’indice peggiore è Parigi, che perde il 5,25 per cento. Piazza Affari comincia la seduta seduta a – 2,96%. Nelle prime ore della mattinata il Ftse Mibrecupera punti, ma poi torna a cedere terreno (-4,52%). L’All Share chiude a – 4,62%.

A palazzo Mezzanotte vanno male tutti i titoli, dopo la decisione di ieri dell’agenzia di rating Standard&Poor’s di declassare da A+ ad A sette istituti di credito italiani e rivedere a negativo il loro outlook (le aspettative future): Intesa Sanpaolo in apertura cede il 3,88%, Mediobanca il 2,09% e Unicredit il 6,2 per cento. E’ debole tutto il settore, cedono terreno anche i titoli non coinvolti dal downgrade di S&P, come Mps (-2,66%), Bpm (-1,54%), Banco Popolare (-2,20). Controcorrente solo Bpm che guadagna oltre sei punti percentuali. In difficoltà tutto il settore auto, con Fiat che cede il 4,55% e Fiat Industrial -5,73%.

Vanno male anche le borse asiatiche: il Nikkei di Tokyo perde il 2,07 per cento, mentre l’indice continentale Msci Asia Pacific che raccoglie le principali piazze orientali (tranne il Giappone) segna il -4,5 per cento, il livello minimo da 14 mesi. Alle 9.15 italiane l’Hang Seng di Hong Kong segnava un ribasso del 4,3 per cento. Shanghai ha chiuso a -2,78 per cento e Jakarta addirittura a oltre sette punti percentuali di ribasso. Apertura in calo per la borsa di New York, influenzata dal tonfo delle piazze europee. L’indice Dow Jones perde lo 0,98% a 11.016,24 punti.

LA CRONACA ORA PER ORA

17.30 – Milano chiude in forte calo

Chiusura in forte calo in piazza Affari per il Ftse Mib, a 13.481,59 (-4,52%). La peggiore è Parigi (-5,25%). Il Dax di Francoforte perde il 4,96%. Londra arretra del 4,67%, Madrid -4,62%. Lo spread tra Btp-Bund chiude a 397.

16.15 – Spread Btp-Bund a 399

I titoli italiani scendono sotto quota 400 punti. Lo spread tra i btp decennali e il bund tedesco stamane è salito fino a quota 413,43 punti, mentre ora è sceso a 399,01 punti.

16.00 – Mosca chiude in calo

Tonfo della Borsa russa: in chiusura l’indice Rts ha perso quasi l’8%, mentre il Micex, denominato in rubli, ha lasciato il 7,35%. Secondo gli analisti si tratta della reazione alle ultime mosse della Federal Reserve e alla decisione dell’agenzia Moody’s di abbassare il rating di tre importanti banche Usa.

15.32 – Dow Jones apre in calo

Apertura in calo per la borsa di New York, influenzata dal tonfo delle piazze europee. L’indice Dow Jones perde lo 0,98% a 11.016,24 punti.

15.00 – Borse europee restano negative

Restano pesanti le principali piazze europee in attesa dell’avvio di Wall Street. Maglia nera a Parigi (-5,19%). Madrid (-5,22%), Londra (-4,89%), Bruxelles (-4,87%), Francoforte (-4,33%), Lisbona (-4,18%), Milano (-3,79%) e Zurigo (-3,50%).

14.00 – Chiude in calo anche la borsa di Mumbai 

Vanno male anche le borse del resto del mondo: il Sensex, l’indice principale della borsa indiana, ha chiuso a -4,13 per cento.

13.35 – A metà seduta le borse scendono ancora 

Peggiorano in territorio negativo tutte le piazze del vecchio continente: il Ftse Mib tocca quota -4 per cento, poi scende di nuovo lievemente. Precipita Parigi che cede il 5,04 per cento, mentre Londra è a -4,73 per cento. In affanno anche Francoforte e Madrid.

12.30 – Giù i futures di Wall Street 

Ribasso per i futures sugli indici della Borsa di New York. Il contratto sul Dow Jones cede l’1,4 per cento.

11.50 – Borse europee ancora in forte ribasso 

La peggiore è Parigi che cede oltre 4 punti percentuali. Male anche Londra a quota – 3,86 per cento, Francoforte meno 3,72 per cento.Il ribasso di piazza Affari è costante ma contenuto: il Ftse Mib cede quasi 3 punti percentuali.

10.45 – Tenaris in caduta libera, resiste in positivo Bpm

Eccesso di ribasso per Tenaris che segna il -8,02 per cento. L’unico titolo in positivo è Bpm che guadagna il 7,32 per cento. Ma c’è grossa preoccupazione anche per il differenziale tra i titoli di stato italiani e tedeschi, che in mattinata ha raggiunto i 412 punti, il livello massimo da quando la Bce ha iniziato a comprare il nostro debito pubblico. in attesa dell’incontro di oggi tra i segretari generali dei principali sindacati del credito e il vice direttore generale della Banca d’Italia, Anna Maria Tarantola, per discutere sulla governance della popolare milanese e in particolare sulle ipotesi di ingresso di nuovi azionisti.

10.35 – Titoli Fiat ancora in calo

Fiat perde il 6,78 per cento, Industrial il 4,16 per cento. Tra i bancari, il peggiore è Mediolanum che perde il 4 per cento, ma restano negativi anche Mps, Intesa San Paolo e Unicredit.

10.10 – Lo spread risale a 406 punti 

Dopo l’acquisto di titoli di Stato italiani da parte della Bce il differenziale con i bund tedeschi è a 406 punti. Lo riferiscono alcuni operatori all’agenzia Bloomberg senza però indicare i volumi degli interventi. Lo spread dei Bonos spagnoli con i titoli tedeschi si posiziona poco sotto i 370 punti.

10.00 – Le piazze europee accelerano al ribasso

Dopo l’apertura con il segno meno i principali titoli del vecchio continente continuano a perdere terreno. In rosso Francoforte, che tocca il -3,6 per cento. Ftse Mib ancora a -2,80 per cento.

9.48 – In perdita anche i titoli del comparto industriale 

Come nei giorni precedenti, anche oggi Fiat è in territorio negativo, segnando il – 4,6 per cento. Male anche gli altri titoli del comparto industriale: Exor -4,8 per cento, Pirelli -3,8 per cento. Male anche i titoli energetici: Eni -2,4 per cento, Enel -2,8% per cento.

9.29 – Differenziale a 412 punti

Sale ancora lo spread, che tocca il massimo storico dei 412 punti.

9.22 – Male i titoli bancari

Dopo il declassamento da parte di S&P, sono in perdita tutti i titoli bancari italiani: peggior performance per Unicredit che perde il 3,03 per cento. Mediolanum cede il 2,98 per cento, seguito da Mps a-2,18% per cento e Ubi banca a -2,09%. Mediobanca cede l’1,73 per cento

9.10 – Negative tutte le piazze europee

A Parigi il Cac 40 perde il 2,66 per cento a 2.857 punti, a Londra l’indice principale cede il 2,54 per cento a 5.153. In rosso Francoforte che segna il -3,24 per cento e Amsterdam a -2,40 per cento.

9.09 – Spread Btp-Bund a 411 punti

Il differenziali tra i titoli di Stato italiani e quelli tedeschi raggiunge i 411 punti, toccando un nuovo record.

9.03 – Piazza Affari apre la seduta in forte ribasso

All’avvio dei mercati il FtseMib cede il 2,96% a 13.694 punti e il Ftse All Share il 2,63% a 14.589 punti.



Quattro motivi per cui Giorgio Napolitano può sciogliere le camere. di bogie




PRIMO MOTIVO Lo prevede la Costituzione all'art.88
"Il Presidente della Repubblica può, sentiti i loro Presidenti, sciogliere le Camere o anche una sola di esse"
Lo scioglimento delle Camere è a tutti gli effetti un potere che il PdR può esercitare a patto di consultare preventivamente i presidenti delle assemblee.

SECONDO MOTIVO Il successivo art.89"Nessun atto del Presidente della Repubblica è valido se non è controfirmato dai ministri proponenti, che ne assumono la responsabilità"  non può in alcun modo limitare o azzerare quanto previsto dall'art.88. Lo scioglimento delle camere infatti non è un atto (non prevede alcun "ministro proponente" né tanto meno un presidente del consiglio proponente), non essendo prevista tra le funzioni dei ministri quella di proporre lo scioglimento delle camere.
Non è un atto avente valore legislativo perchè non da luogo ad alcun testo di legge. E non è un atto indicato dalla legge: lo scioglimento come detto è uno dei poteri del PdR e si basa su una dinamica di rapporti che coinvolge solo Quirinale, Parlamento e i 2 presidenti delle Camere (non a caso "seconda e terza carica" dello stato) escludendo ogni tipo di relazione subordinata a pareri dell'esecutivo, vuoi dei suoi ministri che del PdC.
Inoltre chi sostenesse che l'art.89 impedirebbe la validità e l'attuazione dell'art.88 avrebbe una prima risposta già solo nell'assurdità del suo ragionamento (un articolo della costituzione che ne "blocca" un altro?); e poi dovrebbe riflettere sul fatto che questo non è certo il solo caso in cui la costituzione dà luogo a "eccezioni": si pensi ad es. all'art.3 che stabilisce che "TUTTI i cittadini sono uguali davanti alla legge"; ebbene, all'art.68 ("Nessun membro del Parlamento può essere arrestato senza autorizzazione della camera di appartenenza") si ha un chiaro caso di eccezione alla regola stabilita dall'art.3. Un altro caso di "eccezione" è stabilito ad es. dagli artt.49 ("Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti") e all'art.98 ("[...] Si possono con legge stabilire limitazioni al diritto d'iscriversi ai partiti politici per i magistrati, i militari [...]).

TERZO MOTIVO Il potere di scioglimento delle camere da parte del PdR, anche nel caso in cui l'esecutivo facesse mancare la controfirma, non configurerebbe in alcun modo uno sconfinamento dei poteri assegnati al capo dello Stato dalla Carta nè una forma di ingerenza autoritaria nella vita politica del paese: è semplicemente uno dei modi in cui democraticamente e secondo le procedure costituzionali, il presidente restituisce la parola al corpo elettorale.
Perchè se e quando il PdR sciogliesse le camere, deve anche indire le elezioni del nuovo parlamento (se ciò non avvenisse si potrebbe parlare di colpo di stato). Art. 61 "Le elezioni delle nuove Camere hanno luogo entro settanta giorni dalla fine delle precedenti."; art. 87 "Il Presidente della Repubblica è il capo dello Stato e rappresenta l'unità nazionale. Può inviare messaggi alle Camere. Indice le elezioni delle nuove Camere e ne fissa la prima riunione"

QUARTO MOTIVO Quando anche (e per assurdo) lo scioglimento delle camere senza controfirma volesse considerarsi un abuso (e non lo è), non si saprebbe come sanzionarlo: il Presidente della Repubblica infatti non e' responsabile degli atti commessi nell'esercizio delle sue funzioni (art.90) tranne che per alto tradimento o attentato alla Costituzione. Ora è lampante che sciogliere le camere sia proprio una delle funzioni del Presidente della Repubblica (ce lo dice l'art.88) e quindi non possa in alcun modo essere motivo di incriminazione.
Infine è altrettanto palese che, in presenza di un Parlamento paralizzato da veti contrapposti interni alla stessa maggioranza (maggioranza per modo di dire, nel caso attuale) e che non assolve la sua funzione di produrre testi di legge ma serve solamente a garantire una risicata fiducia numerica nominale al capo dell'esecutivo, sciogliere le camere e rimandare i cittadini alle urne (ossia permettere lo svolgimento di libere elezioni) non potrebbe mai e poi mai considerarsi un alto tradimento o un attentato alla costituzione stessa, ma piuttosto un legittimo tentativo del capo dello Stato di ripristinare una nuova maggioranza parlamentare in grado di assicurare la fiducia e quindi dar vita ad un nuovo esecutivo finalmente in grado di governare.


Il Sole e Il Corriere chiedono al premier di farsi da parte “per il bene dell’Italia”


Il quotidiano di Confindustria e quello di via Solferino, di solito cauti


nell'esprimere giudizi politici, escono allo scoperto: via Berlusconi per


voltare pagina e riacquistare credibilità agli occhi dell'europa e del 


mondo.

“Signor presidente, l’Italia prima di tutto” e “Una soluzione possibile”Roberto Napoletano eSergio Romano, il direttore de Il Sole 24 Ore e uno degli editorialisti più influenti del Corriere della Sera: unico comune denominatore, la richiesta al presidente del Consiglio di farsi da parte, di dimettersi per salvare il Paese ed evitare lo spettro del default. “Speranza dissolta”, “promesse non mantenute”, “comportamenti indecorosi”, “sorprendenti imprudenze”: la terminologia utilizzata dai due organi di stampa, tradizionalmente non ostili fino ad oggi al governo, sembrano il segnale della fine di un’era, quella dei buoni rapporti di Berlusconi con l’economia e l’establishment. E mentre il presidente del Consiglio è impegnato in una strenua difesa contro pm, stampa ostile, agenzie di rating e mercati negativi, dal Quirinale iniziano i sondaggi politici per comprendere come muoversi in caso di crollo improvviso della situazione.


Quello che più colpisce della presa di posizione di Sole e Corriere sono le argomentazioni a sostegno delle tesi espresse. Il direttore del quotidiano di Confindustria, ad esempio, partendo dal sogno mancato di una nuova Bretton Woods e ironizzando sugli odierni capi di Stato (“purtroppo, la cancelliera, Angela Merkel, e il presidente della Repubblica francese, Nicolas Sarkozy, insieme non fanno un Kohl”), arriva a parlare della difficile situazione dell’Italia e del premier che, secondo Napoletano, non può non fare un passo indietro, pena lo spettro di una nuova Grecia.


“Il presidente del Consiglio dimostri di amare davvero l’Italia e di avere, di conseguenza, la forza e la volontà di farsi da parte se è costretto (come tutto rende evidente) a prendere atto che non riesce a fare quello che serve – ha scritto Roberto Napoletano -. Lo faccia nell’interesse del Paese, si comporti da uomo di Stato e da uomo dell’economia. Dopo la Grecia, Signor Presidente, non ci può essere l’Italia, mai e poi mai, per una volta non si giri dall’altra parte e si ricordi che grandi responsabilità impongono anche grandi sacrifici. Sappiamo che le costerà, ma sappia pure che la storia (dopo questo gesto) saprà fare i conti giusti”. Una posizione, quella di Napoletano, che segue a stretto giro la stilettata del presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, la quale non più tardi di ieri aveva chiesto riforme strutturali al governo nell’arco di una settimana per evitare il baratro.


Molto netto anche Sergio Romano che sul Corriere, partendo dal declassamento del deficit italiano da parte di Standard&Poor’s, arriva a parlare del vero problema dell’Italia. “Esiste un altro rating , più importante, ed è quello del Paese – si legge sulla prima pagina del Corriere – . Il problema in questo caso è certamente il presidente del Consiglio. Berlusconi è stato per molti italiani una speranza di stabilità politica e dinamismo economico. Oggi quella speranza si è dissolta sotto il peso di una micidiale combinazione di promesse non mantenute, incidenti di percorso, scandali, comportamenti indecorosi e sorprendenti imprudenze. Oggi il maggiore problema italiano è la fine dell’era Berlusconi. Tutti, anche i migliori tra i suoi amici, sanno che l’era è finita e che Berlusconi deve uscire di scena. Ma non vi è ancora un accordo sul modo in cui voltare pagina”.


La vera questione, per Sergio Romano, passerebbe dalle modalità della via d’uscita scelta dal cavaliere, che dovrebbe adottare l’exit strategy già utilizzata da Zapatero: farsi da parte prima del tempo: “Berlusconi deve andarsene, ma in un modo che non faccia violenza alla Costituzione e salvi ciò che della sua fase politica merita di essere conservato [...], dovrebbe annunciare che non si candiderà più alla guida del governo e che le elezioni avranno luogo nella primavera del 2012. I sette od otto mesi che ci separano dalla prossima scadenza elettorale avrebbero un effetto simile a quello che si è prodotto in Spagna quando Zapatero ha rinunciato al terzo mandato e ha poi anticipato le elezioni al 20 novembre di quest’anno”. La conclusione a cui arriva Romano è all’insegna della speranza di voltare davvero pagina: “I vantaggi per l’Italia sarebbero considerevoli. Daremmo all’Europa e al mondo lo spettacolo di un Paese che è capace di organizzare razionalmente il proprio futuro, magari cambiando (ma non mi faccio grandi illusioni) una pessima legge elettorale. Restituiremmo la parola a un’opinione pubblica che oggi può soltanto manifestare rabbia e insofferenza. Daremmo ai partiti il tempo di prepararsi al confronto elettorale. Confermeremmo a noi stessi che gli italiani possono risolvere i loro problemi con i naturali meccanismi della democrazia. E Berlusconi potrebbe dire, non senza qualche ragione, che il merito di questa transizione è anche suo”.


Nel frattempo, però, c’è già chi lavora al domani e ai possibili scenari che verrebbero a crearsi all’indomani di un’ipotetica uscita di Berlusconi. Il crollo di credibilità internazionale, del resto, preoccupa non poco il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che ieri ha iniziato una serie di colloqui politici con i maggiorenti di Pdl, Lega e opposizione. Il Capo dello Stato, infatti, ha incontrato al Colle il leader Udc Pierferdinando Casini, il segretario del Pd Pierluigi Bersani, il ministro degli Interni Maroni, i capigruppo del Pdl alla Camera e al Senato Cicchitto Gasparri. Una sorta di preconsultazioni, insomma, per comprendere la tenuta di una maggioranza che ieri è andata sotto alla Camera per ben cinque volte su un provvedimento del ministro Prestigiacomo anche a causa di ben 54 assenze all’interno del Popolo della Libertà. I generali del Pdl hanno attribuito la debacle in aula alla “trascuratezza” dei singoli deputati, ma a Napolitano le rassicurazioni di facciata non bastano più: teme che la maggioranza in Parlamento sia destinata a durare ancora per poco, e per questo motivo ha chiesto ai rappresentanti dell’opposizione se e fino a quanto siano disposti a dare una mano in caso di governo di emergenza nazionale. Casini, lo ha detto più volte, non avrebbe problemi; stesso discorso per Bersani. Se il governo va a sbattere, quindi, gli airbag sono già pronti ad attutire il colpo.