Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
sabato 24 marzo 2012
La Terza Repubblica è servita. - di Paolo Flores d'Arcais
Il governo di Napolitano ha deciso di fare della mazzata contro lo “Statuto dei lavoratori” il forcipe per dare alla luce la Terza Repubblica. L’articolo 18 è un puro pretesto. Costituisce il baluardo residuo per la dignità del lavoratore, e per questo va difeso con adamantina intransigenza da ogni persona civile, ma i suoi effetti pratici sono da tempo irrisori.
Perché allora il governo ne fa una questione ultimativa, di battaglia campale? Perché vuole vincerla apparendo sfacciatamente il “governo dei padroni”, quando tutti i governi dei padroni hanno sempre cercato di dissimulare la propria natura di classe? Perché lo scopo è esattamente questo: umiliare e distruggere quanto resta in Italia di sindacato non americanizzato, non subalterno, non “sindacato giallo”.
La prima e vituperanda Repubblica, dall’egemonia democristiana al Caf, lasciava sopravvivere due vestigia comunque positive: forze sindacali riconosciute come soggetti di concertazione, e la logica sacrosanta dell’arco costituzionale. Quest’ultima è stata abbattuta dal berlusconismo, talché i Gasparri, i La Russa e altri Santanchè sono stati legittimati come parte della vita pubblica e civile, benché il loro mood neo-ex-post fascista resti quello dell’odio per la democrazia nata dalla Resistenza.
La prima verrà archiviata ora, se lo sciopero generale proclamato dalla Camusso non vorrà trasformarsi in un nuovo Circo Massimo di rivolta morale nazionale, in cui la Cgil chiami a raccolta accanto ai lavoratori tutte le energie della società civile refrattaria al pensiero unico.
Altrimenti andrà in porto la Terza Repubblica: dal nuovo “arco costituzionale” (che della Costituzione calpesterà non pochi articoli, a partire dal “...fondata sul lavoro”) saranno banditi, come se avessero qualcosa di comune e paragonabile, tanto gli spurghi di razzismo e secessionismo della Lega quanto la volontà di realizzare la Costituzione delle forze che ancora invocano “giustizia e libertà”: Sel, Idv, la minoranza del Pd che non si piegherà alla cura Napolitano, e soprattutto settori sindacali e società civile.
Legittimato resterà solo il corpaccione di una mega neo-Dc, più che mai monopolista dei media e più che mai golosa di leggi ad personam e di “basta col concorso esterno”, da Casini ad Alfano (col Putin di Arcore gongolante sullo sfondo). Di cui l’attacco all’articolo 18 è la perfetta conseguenza. Il regresso è servito.
http://temi.repubblica.it/micromega-online/la-terza-repubblica-e-servita/
La riforma dell'articolo 18 avra' effetti negativi sull'occupazione. - di Domenico d'Amati
La riforma governativa dell’articolo 18, dichiaratamente finalizzata a favorire l’aumento degli investimenti e dell’occupazione, rischia di avere l’effetto opposto. Il progetto Fornero prevede l’eliminazione dell’obbligo di reintegrazione in caso di licenziamenti individuali o collettivi motivati con ragioni economiche che risultino insussistenti, mentre mantiene la tutela dell’art. 18 in caso di licenziamenti discriminatori.
Una via di mezzo è prevista per i licenziamenti disciplinari nel senso che verrebbe lasciata al giudice, in caso di infondatezza degli addebiti, la facoltà di decidere se attribuire un’indennità economica oppure disporre la reintegra.
L’aspetto più rilevante della riforma è quello concernente i licenziamenti individuali per ragioni economico-organizzative. In materia la funzione dell’art. 18 è quella di scoraggiare l’estromissione dei lavoratori per motivi non adeguatamente ponderati ovvero di ricorrere alle motivazioni organizzative per occultare finalità discriminatorie.
Se il progetto governativo passerà, l’unica remora a simili comportamenti sarà costituita dal pagamento di un’indennità, di importo equivalente a quello che normalmente le aziende offrono come incentivo all’esodo. Ne potrà seguire un’ondata di licenziamenti sia individuali che collettivi. Per questi ultimi attualmente l’articolo 18 è applicabile ove le aziende non rispettino l’obbligo previsto dalla legge n. 223 del 1991 e dalla normativa comunitaria, di comunicare preventivamente e correttamente alle organizzazioni sindacali le ragioni del provvedimento e di applicare razionali criteri di scelta.
Eliminato l’articolo 18, le aziende, in caso di riduzione del personale, saranno sostanzialmente libere di precludere alle organizzazioni sindacali il diritto all’informazione e di ridurre il loro ruolo a quello di testimoni impotenti. Con buona pace per i principi di trasparenza, dei quali il Governo si dichiara portatore.
Per quanto concerne i licenziamenti discriminatori, la riforma governativa, pur affermando di voler mantenere l’applicazione dell’articolo 18, offre alle aziende la possibilità di camuffarli con ragioni organizzative e quindi di contenere il rischio nei limiti del pagamento di una indennità. Il lavoratore che intenda provare in giudizio la discriminazione subita dovrà affrontare notevoli difficoltà.
In materia disciplinare la discrezionalità della decisione fra reintegrazione e indennità renderà altamente aleatorie le conseguenze di una vittoria in giudizio. Anche questo indurrà i lavoratori a riflettere prima di far valere i loro diritti nei confronti dell’azienda.
A ciò si aggiunga che la lentezza della giustizia del lavoro in quasi tutti i grandi centri giudiziari agevolerà le aziende nell’ottenere, con tattiche defatigatorie l’adesione dei lavoratori a transazioni svantaggiose. Una elementare esigenza di equità impone al Governo di impegnarsi con adeguate misure organizzative, affinché l’attuale legge sul processo del lavoro venga correttamente applicata così da assicurare una decisione nei tempi previsti dal legislatore del 1973: tre-quattro mesi in primo grado ed altrettanti in appello. Ciò è possibile come è dimostrato dall’esperienza torinese.
Inoltre se si vorrà veramente lottare contro i licenziamenti discriminatori occorrerà munire il giudice di penetranti poteri di indagine da esercitare anche d’ufficio.
Infine dovrà assicurarsi il rispetto delle decisioni giudiziarie, mediante l’effettiva applicazione di sanzioni penali a carico di chi si sottragga alla loro esecuzione.
Leggi anche:
Modificare l'articolo18 ci aiutera' a pagare le bollette e l'affitto? - di Adriano Donaggio
L'Italia e' ancora una repubblica fondata sul lavoro?- di Domenico Gallo
http://www.articolo21.org/5054/notizia/la-riforma-dellarticolo-18-avra-effetti-negativi.html
Caro-benzina, prezzi salgono alle stelle: indagine delle Fiamme Gialle.
Milano - (Adnkronos/Ign) - Militari della GdF nelle sedi delle principali compagnie petrolifere italiane per verificare l'esistenza di eventuali manovre speculative sui prezzi dei prodotti petroliferi. Indagine dalla Procura di Varese partita da un esposto del Codacons: "Rincari sospetti soprattutto in prossimità delle grandi partenze". Unione Petrolifera: "Nessuna preoccupazione, aumenti legati soprattutto al rialzo delle accise". Caro benzina, verde a un passo dai 2 euro
Milano, 24 mar. (Adnkronos/Ign) - Carburanti a prezzi record. E la procura di Varese avvia un'indagine innovativa nella quale le compagnie petrolifere vengono assimilate a soggetti incaricati di un pubblico servizio. Cosi' i militari del Nucleo di Polizia Tributaria della Gdf di Varese si sono recati questa mattina presso le sedi delle principali compagnie petrolifere italiane per acquisire la documentazione necessaria a verificare l'esistenza di eventuali manovre speculative sui prezzi dei prodotti petroliferi.
In seguito ad un esposto presentato alla Procura di Varese dall'associazione di consumatori Codacons, riferito a possibili manovre speculative su prodotti petroliferi atte a determinare, indebitamente, il rincaro di benzina e gasolio al dettaglio sul mercato nazionale italiano, il procuratore capo Maurizio Grigo ha incaricato il pm Massimo Politi di eseguire tutti gli accertamenti utili a verificare la sussistenza dell'ipotesi di reato segnalata dal Codacons.
"E' notizia di comune dominio che il prezzo della benzina abbia oramai raggiunto quotazioni insostenibili" si legge nel lungo esposto che l'avvocato Giuseppe Ursini, in qualita' di legale rappresentante del Codancons ha inviato a ben 104 procure d'Italia e che l'Adnkronos ha potuto consultare.La denuncia fa riferimento alla "violazione delle norme che puniscono la condotta di chi pone in essere manovre speculative sulle merci". In effetti, "negli ultimi anni -si legge nell'esposto- abbiamo dovuto assistere ad un continuo, elastico speculativo margine tra il prezzo del singolo barile di petrolio e le influenze dello stesso sul costo del carburante presso i vari distributori. In particolare, avviene di sovente che il prezzo del carburante per i consumatori aumenti immediatamente ogni qual volta si verifica un incremento del costo del petrolio mentre, viceversa, tale corrispondenza viene a mancare nel momento in cui il prezzo del petrolio scende"."In quest'ultimo caso, infatti, la diminuzione del prezzo del carburante presso i distributori e' molto lento, causando un ingiusto profitto a danno dei consumatori. Inoltre -si legge nell'esposto- tali aumenti tendono a verificarsi sistematicamente in prossimita' delle cosidette grandi partenze, incrementando il sospetto che in queste occasioni vengano scientificamente poste in essere delle manovre atte ad aumentare il prezzo del bene benzina, in danno ai consumatori".Per approfondire le indagini e valutare se le recenti dinamiche legate all'aumento dei prezzi dei prodotti petroliferi sono da ricondurre al mero e fisiologico andamento del mercato, oppure sono falsate da comportamenti penalmente illeciti tali da configurare il reato di ''manovra speculativa su merci'', la Guardia di Finanza ha acquisito presso le sedi legali ed operative delle principali compagnie petrolifere italiane in Roma, Milano e Genova, di tutta la documentazione attinente l'origine e l'andamento dei prezzi dei carburanti e dei motivi delle variazioni in aumento ed in diminuzione, per il periodo dal gennaio 2011 al marzo 2012.Si tratta di un provvedimento innovativo, sotto il profilo dell'inquadramento giuridico, poiche' assimila le compagnie petrolifere a soggetti incaricati di un pubblico servizio in quanto l'attivita' esercitata, rivolta ad un pubblico indeterminato e caratterizzata da un prodotto di essenziale utilita' per i cittadini e le imprese, e' soggetta a norme di diritto pubblico ed a provvedimenti e interventi da parte dell'Autorita' Garante della Concorrenza e del Mercato.Nonostante l'apertura delle indagini, il presidente di Unione Petrolifera, Pasquale De Vita, non è preoccupato. Un'indagine di questo tipo ''e' una cosa seria e sara' fatta seriamente ed emergera' la verita'. Sono molto tranquillo'' aggiunge De Vita spiegando che l'andamento dei prezzi dei carburanti attuali e' legato ''soprattutto in questo ultimo periodo all'aumento delle accise. Rappresenta il grosso di questi aumenti''.E nel breve periodo la situazione non si annuncia particolarmente rosea. ''La situazione dei prezzi ha portato ad una forte riduzione dei consumi, e questo e' un fattore che pesa. A brevissimo non vedo miglioramenti. Non vedo come la parte fiscale possa migliorare, speriamo che il mercato internazionale possa migliorare''.
http://www.adnkronos.com/IGN/News/Cronaca/Caro-benzina-prezzi-salgono-alle-stelle-indagine-delle-Fiamme-Gialle_313125482765.html
venerdì 23 marzo 2012
Il killer di Kandahar si arruolò nell’esercito Usa per sfuggire a un risarcimento milionario. - di Enrica Garzilli
Robert Bales - il sergente ritenuto responsabile dell'uccisione di 17 civili afghani - faceva il consulente finanziario. Un'attività che gli ha permesso di far sparire 600mila dollari dal fondo pensione di due anziani coniugi dell'Ohio e per la quale è stato condannato a pagare 1.490.875 dollari fra danni e spese legali. Una cifra mai corrisposta grazie all'ingresso nell'U.S. Army.
Il sergente americano accusato ufficialmente di aver ucciso 17 civili afghani, incluso 9 bambini, nei due villaggi nella provincia di Kandahar la notte dell’11 marzo scorso era già stato dichiarato colpevole di frode fiscale. Prima di iniziare la carriera militare alla fine del 2001 Robert Bales faceva il consulente finanziario: un’attività che gli ha permesso di derubare circa 600.000 dollari dal fondo pensione dell’anziano Gary Liebschner di Carroll, in Ohio. A raccontare il particolare, l’agenzia indipendente statunitense Financial industry regulatory authority (Finra), che controlla le operazioni di borsa e i mercati di cambio.
“ Se ne è approfittato”, dice Gary Liebschner, un ex cliente di Bales, “ci ha preso una montagna di soldi che si poi intascato come commissioni”. Nel 2003 la Finra aveva riscontrato che il soldato aveva commesso i reati di frode, violazione del dovere fiduciario – quando cioè gli interessi del cliente non sono la priorità ma si fa un uso improprio dei fondi affidati – contrattazioni non autorizzate – in gergo “churning”, consistente nel produrre operazioni di borsa insensate con l’unico scopo di incassare retrocessioni dopo ogni operazione di borsa – spesso all’insaputa del cliente, e investimenti impropri: tutte operazioni che invece di aumentare il capitale del cliente lo danneggiano a beneficio di chi gestisce i soldi. Prima di lanciarsi nella finanza, Bales avrebbe lavorato in 5 aziende nel giro di 5 anni. “Voleva fare il consulente finanziario – dice Robert K. Cargin, che lo aveva assunto nel settembre del 2000 alla Quantum Securities Corporation – Semplicemente non ha funzionato”. Da una parte avrebbe commerciato in azioni, un buon investimento secondo Cargin, dall’altra avrebbe cercato di sfruttare l’amicizia con Marc Edwards, un professionista di football con cui giocava nella squadra del liceo di Norwood, un’enclave di Cincinnati. Cargin lo avrebbe assunto anche per questa amicizia, anche se Edwards non è diventato mai cliente della Quantum Securities.
Bales dal 1993 al 1996 ha studiato economia all’Ohio State University senza mai terminare gli studi. Fra il marzo 1988 e il settembre 1999 è stato accusato di frode da parte di Gary Liebschner e sua moglie Carroll, in Ohio. Il soldato ha venduto le azioni della AT&T e altri fondi, intascando le commissioni, fino a 16.000 dollari al giorno, mentre i coniugi perdevano tutto. Oltretutto Bales non si è mai presentato all’udienza sul caso. Nel 2003 la Finra ha accertato la frode ai danni dei Liebschner e di altri 7 clienti, che hanno perso oltre 500.000 dollari. Dopo averlo dichiarato colpevole, l’arbitrato condotto dalla Finra ha chiesto a Bales di pagare 1.490.875 dollari fra danni e spese legali, escluso gli interessi. L’azienda che al tempo impiegava Bales e che ora è chiusa, la Michael Patterson Inc., e Michael Patterson, il fondatore della società, sono stati ritenuti responsabili del pagamento insieme a Bales. Ma nel 2001 lui aveva già iniziato la carriera militare e non ha mai risarcito neanche un centesimo della somma.
Il 38enne soldato Bales, padre di due bambini, è accusato dagli Stati Uniti non solo dell’omicidio di 17 persone ma di tentato omicidio di altre 6. Le vittime dormivano nei loro letti quando Bales gli avrebbe sparato. L’accusa sostiene che avrebbe anche bruciato alcuni dei corpi. Gli investigatori afghani però, che stanno svolgendo un’inchiesta separata da quella del governo statunitense, sono convinti che non basti un soldato per uccidere così tante persone in due villaggi vicini in meno di un’ora. Stanno così considerando la possibilità che nel massacro siano coinvolti altri 15 o 20 soldati americani, divisi in due gruppi. All’incontro con il presidente Karzai, i familiari delle vittime hanno insistito nel ribadire che i militari coinvolti erano diversi. Nonostante le testimonianze, le autorità americane si sono rifiutate di cooperare con quelle afghane.
Sembra insomma che le autorità statunitensi abbiano trovato il colpevole perfetto, un uomo non sano che si era già macchiato di quello che negli Stati Uniti è considerato uno dei reati più gravi, la frode finanziaria. Ma il portavoce dei talebani, Zabihullah Mujahid, ha dichiarato alla Reuters di non fidarsi della versione data dal governo americano e ha promesso vendetta. “Questa è stata un’attività pianificata. Di sicuro ci vendicheremo contro le forze armate americane. Non ci fidiamo di questi processi”.
Sfregiata con l'acido per gelosia, si uccide addio alla donna che si ribellò alla barbarie. - di Federica Angeli e Giovanni Gagliardi
Fuggita dal Pakistan, viveva a Roma. La sua tragedia in un libro venduto in tutto il mondo. Punita dal marito per aver chiesto il divorzio. In Italia aveva subito 39 interventi al volto.
Alla fine il dolore ha vinto. Si è lanciata nel vuoto, dal sesto piano di una palazzina alla periferia di Roma e si è portata via tutti gli incubi del passato senza neanche lasciare un biglietto. È morta alle 11 e 30 dello scorso sabato, Fakhra Younas, l'icona dell'emancipazione femminile nel mondo islamico, la donna pakistana alla quale il marito aveva cancellato il viso con l'acido.
Si è uccisa in via Segre, a Tor Pagnotta, la danzatrice di Karachi che fuggì dal suo paese e arrivò in Italia nel 2001 dopo che il marito geloso, figlio di un influente uomo politico pakistano, l'aveva sfigurata con l'acido nel sonno. Fakhra, ad appena vent'anni, aveva chiesto il divorzio, stanca delle violenze e delle umiliazioni che era costretta a subire. Col figlio, Nauman, oggi diciassettenne, al quale la bellissima ballerina aveva riservato tutto il suo amore, si trasferì in un'altra casa, mettendo fine all'unione. Quell'affronto venne punito dal marito che le sciolse il sorriso e l'entusiasmo di vivere. Riconquistare la serenità è sempre stato un percorso in salita per lei.
Quando arrivò a Roma, 11 anni fa, si sottopose a 39 interventi di chirurgia plastica per riavere un volto normale, ma non c'è stato bisturi in grado di lenire le sue ferite dell'anima. Tanto che non fu mai abbandonata da équipe di psicoanalisti. Nel 2005, subito dopo l'uscita del suo libro "Il volto cancellato", poi tradotto in molte lingue, sembrava aver riacquistato la serenità. Negli anni successivi, però, tentò di togliersi la vita per tre volte, ingoiando psicofarmaci e alcol. Salvata in extremis in tutti e tre i suoi tentativi, Fakhra oscillava tra depressione e tranquillità, momenti di fragilità e di forza.
Si è uccisa in via Segre, a Tor Pagnotta, la danzatrice di Karachi che fuggì dal suo paese e arrivò in Italia nel 2001 dopo che il marito geloso, figlio di un influente uomo politico pakistano, l'aveva sfigurata con l'acido nel sonno. Fakhra, ad appena vent'anni, aveva chiesto il divorzio, stanca delle violenze e delle umiliazioni che era costretta a subire. Col figlio, Nauman, oggi diciassettenne, al quale la bellissima ballerina aveva riservato tutto il suo amore, si trasferì in un'altra casa, mettendo fine all'unione. Quell'affronto venne punito dal marito che le sciolse il sorriso e l'entusiasmo di vivere. Riconquistare la serenità è sempre stato un percorso in salita per lei.
Quando arrivò a Roma, 11 anni fa, si sottopose a 39 interventi di chirurgia plastica per riavere un volto normale, ma non c'è stato bisturi in grado di lenire le sue ferite dell'anima. Tanto che non fu mai abbandonata da équipe di psicoanalisti. Nel 2005, subito dopo l'uscita del suo libro "Il volto cancellato", poi tradotto in molte lingue, sembrava aver riacquistato la serenità. Negli anni successivi, però, tentò di togliersi la vita per tre volte, ingoiando psicofarmaci e alcol. Salvata in extremis in tutti e tre i suoi tentativi, Fakhra oscillava tra depressione e tranquillità, momenti di fragilità e di forza.
"È una morte che mi rattrista molto - ha detto Elena Doni, la giornalista coautrice del libro - perché lei era un sogno di riscatto che non si è verificato. Purtroppo, nonostante l'impegno di molte persone che hanno cercato di aiutarla, non si era mai integrata completamente. Aveva avuto un passato molto difficile, segnato prima dalla vita con la madre, una prostituta, e poi dalle violenze del marito".
Il professor Valerio Cervelli, il chirurgo plastico che l'ha operata 39 volte e l'ha sempre seguita, quando ha saputo della morte di Fakhra ha pianto. "L'ho sentita per l'ultima volta due settimane fa e fisicamente stava bene, ma a volte le ferite interiori sono molto più difficili da curare e penso siano queste ad averla spinta a questo gesto". Seguita da uno psichiatra, negli ultimi tempi non si presentava più agli appuntamenti. "Non doveva mai essere lasciata sola - ha spiegato una delle operatrici che l'ha assistita durante il periodo di permanenza nella casa di accoglienza madre-bambino dell'Infernetto - Per questo, quando la trasferirono nell'appartamento del residence di Tor Pagnotta, dove avrebbe dovuto essere autonoma, eravamo preoccupate. Senza una continua assistenza si sentiva abbandonata". Il suo corpo è rimasto ai piedi del residence comunale "Madre Teresa" fino all'arrivo del figlio da scuola.
http://roma.repubblica.it/cronaca/2012/03/23/news/sfregiata_con_l_acido_per_gelosia_si_uccide_addio_alla_donna_che_si_ribell_alla_barbarie-32064748/
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