venerdì 23 marzo 2012

San Raffaele, il braccio destro di Daccò ai pm: “Mezzo milione all’ex assessore di Cl”.



Uno degli indagati per il dissesto finanziario della fondazione chiama in causa Antonio Simone, ex dc nella giunta regionale della Lombardia negli anni Novanta. Ma spuntano anche in questo caso i Degennaro, gli imprenditori edili arrestati a Bari: "Portavano valigie di denaro a Mario Cal".


I soldi di una finta consulenza pagata dal San Raffaele sarebbero finiti su un conto estero di Antonio Simone, ex assessore regionale lombardo alla Sanità e figura vicina a Comunione e Liberazione. Lo ha detto, in un interrogatorio depositato con la chiusura di una tranche dell’inchiesta dei pm di Milano, Giancarlo Grenci – indagato e fiduciario dell’uomo d’affari Pierangelo Daccò – spiegando che lo stesso “Daccò ci indicò di trasferire quella somma”, cioè “500mila euro” su “un conto nominativo di Antonio Simone”. Ma non solo: dal fascicolo spunta anche questa volta il nome della Dec, la società dei Degennaro, gli imprenditori edili baresi, coinvolti nell’ambito delle indagini sugli appalti per la costruzione di parcheggi nel capoluogo puglieseGerardo, che è consigliere regionale del Partito Democratico, e Daniele sono agli arresti domiciliari, mentre Giovanni e Vito sono indagati a piede libero. Un indagato dell’inchiesta sul San Raffaele parla infatti di valigie di soldi che uno degli imprenditori pugliesi avrebbe portato più volte al vicepresidente della Fondazione San Raffaele Mario Cal.

Il verbale di interrogatorio è tra gli atti depositati dalla Procura dopo la conclusione delle indagini nei confronti di 7 persone, tra le quali lo stesso Daccò e l’ex direttore amministrativo del San Raffaele Mario Valsecchi, accusati tra le altre cose di associazione per delinquere e bancarotta fraudolenta. Anche Grenci è indagato nell’ambito della stessa inchiesta, ma in uno stralcio che la Procura non ha ancora chiuso.

Grenci, che da quanto si è saputo sta collaborando con i pm Luigi Orsi, Laura Pedio e Gaetano Ruta, titolari delle indagini sul dissesto finanziario del gruppo ospedaliero, in un interrogatorio reso il 5 dicembre scorso, ha ricostruito la rete di società estere di Daccò, il quale, secondo l’accusa, avrebbe fatto sparire i fondi neri creati attraverso le sovraffatturazioni dei costi a carico dell’ospedale.

Nei giorni scorsi sempre dalle carte dell’inchiesta era emerso che ai vertici del San Raffaele era nota la “gestione dissipatoria” di don Luigi Verzé e del vice Cal. Ma in alcuni casi le spese folli che hanno portato al crac erano mirate a “fare favori a qualcuno”. Tra questi anche l’acquisto di un aereo da 35 milioni di euro presentato dal prete-manager come un’operazione necessaria nell’interesse di “qualcuno”.

“Daccò ci disse di trasferire i soldi sul conto di Simone”. Nel verbale quello che viene ritenuto il braccio destro di Daccò parla, in particolare, della società Harman che “fu costituita nel 2007 – racconta – per svolgere consulenze in favore della Fondazione San Raffaele, in Italia ed all’estero”. In realtà, ha spiegato ai pm, “l’unica fattura fu quella di 510 mila euro di cui mi avete detto (i pm infatti la contestano come uno degli episodi di dissipazione, ndr). Quasi tutto di questo importo (500 mila euro) Harman l’ha girato ad Euro Worlwide. Mi si chiede se questi soldi siano finiti ad Antonio Simone e, ripensandoci, mi ricordo che Daccò ci indicò di trasferire quella somma su un conto nominativo di Antonio Simone”, esponente della Dc lombarda e assessore regionale alla Sanità nei primi anni Novanta. Grenci fornisce ai magistrati – che stanno proprio indagando per capire che fine abbiano fatto i fondi neri – “gli estremi del conto corrente di Simone sul quale è stato effettuato il bonifico”, conto “acceso presso la Hvb di Praga”, cioè la Hypovereinsbank. Grenci ha chiarito anche, in un altro passaggio del verbale, che “i due, Simone e Daccò, hanno una serie di affari all’interno dei quali” avrebbero “stabilito che a Daccò andasse l’usufrutto” di una “villa” in Sardegna, a Olbia. E poi l’elenco di una serie di società e “iniziative” che legherebbero Daccò e Simone.

Il nome di Simone era già emerso in un interrogatorio dello scorso 3 settembre di Stefania Galli, la segretaria di Cal (ex vicepresidente della Fondazione San Raffaele che a luglio si è suicidato alcuni giorni dopo essere stato sentito in Procura). La Galli ha parlato di un “viaggio in Brasile a cui hanno preso parte anche il dott. Cal” e altre persone, tra cui per l’appunto Simone, “molto legato a Daccò”, ha precisato la Galli. La collaboratrice di Cal riferisce che l’ex assessore e Daccò accompagnarono Cal e un’altra persona “al fine di vedere le fazende della Vds e combinare un incontro con rappresentanti di Comunione e Liberazione per valutare la possibile vendita delle attività in argomento”. La Vds Export è una società fondata nel 2010 e proprietaria al 40% della holding brasiliana omonima impegnata nelle coltivazioni di mango, meloni e uva.

“Daccò gestiva 20 società all’estero”. Daccò, ritenuto dai pm il collettore dei fondi neri realizzati dagli ex vertici del gruppo a scapito delle casse dell’ospedale San Raffaele, avrebbe gestito una rete di una ventina di società estere. E’ sempre Grenci a precisarlo in un’interrogatorio del 22 dicembre scorso. Il braccio destro ha portato ai magistrati documentazione che dimostrerebbe le “operazioni finanziarie” delle “società e conti personali riconducibili” a Daccò. In particolare un faldone con le carte su 11 società e un secondo con i documenti su 9 società. In più anche documentazione su operazioni finanziarie di 6 “società e conti personali riconducibili proprio ad Antonio Simone.

Chi è Antonio Simone. La figura di Antonio Simone, milanese, 58 anni, riemerge dopo poco meno di 20 anni. Simone arriva molto giovane ai vertici della Regione Lombardia, all’inizio degli anni Novanta. E’ stato a capo del Movimento popolare, autentica longa manus politica di Comunione e Liberazione che corre fedele al fianco della Democrazia Cristiana. La formazione – politica e non – di Simone avviene per intero sotto l’ombrello dei movimenti cattolici di base. Laureato in scienze politiche alla Cattolica, inizia a fare politica già all’università. Fonda lui, per esempio, i Cattolici Popolari. Poi l’ingresso nel Movimento Popolare del quale diventa responsabile nazionale. Si iscrive alla Dc nel 1984, ma già da 4 anni è consigliere regionale (è stato eletto a 26 anni), carica che riesce a mantenere per un secondo mandato fino al 1990.

Nel frattempo matura i meriti per una promozione: nel 1987 viene nominato all’assessore al commercio e al turismo dall’allora presidente della Regione Bruno Tabacci ed è poi confermato dal successore Giuseppe Giovenzana. Dalla giunta Simone (nel frattempo rieletto per la terza volta in consiglio regionale nel 1990) non esce, gestendo la delega alla Sanità e poi quella al coordinamento del territorio, fino al 1992.

La carriera politica di Simone, infatti, viene piegata dalla bufera di Tangentopoli (che peraltro porta allo scioglimento anche il Movimento popolare). Il suo nome rimbalza in più di un’inchiesta giudiziaria: una volta sono le licenze edilizie a Pieve Emanuele, un’altra la costruzione del nuovo ospedale di Lecco, un’altra ancora i falsi corsi professionali finanziati dallo Stato e dall’allora Cee. Alle dimissioni da assessore, tuttavia, viene costretto nell’agosto del 1992 per un’altra storia. A chiamarlo in causa è Maurizio Prada, ex segretario amministrativo della Dc lombarda. Prada, che si è nel frattempo conquistato l’appellativo di “grande elemosiniere” dei democristiani, è considerato il collettore delle tangenti e tra i destinatari dei versamenti di denaro fa anche i nomi di Simone, per l’appunto, oltre che di Giorgio Cioni (allora stretto collaboratore del deputato Roberto Formigoni e anche lui vicinissimo a Comunione e Liberazione). Simone viene sentito dal pm Antonio Di Pietro, poi consegna al presidente Giovenzana le sue dimissioni.

Nel 1994, tuttavia, Simone viene arrestato dalla Guardia di Finanza, per la questione di Pieve Emanuele: accusato di corruzione, Simone avrebbe ricevuto tangenti per 300 milioni di lire dai proprietari di alcuni terreni per assegnare, tramite le varianti al piano regolatore, una destinazione edilizia favorevole.

Simone sparisce definitivamente dalla politica, ma resta socio di Daccò, il “faccendiere amico dei politici”, ritenuto anche lui vicino a Cl. E in ogni caso la sagoma dell’ex assessore regionale rimane a lungo legata a Tangentopoli. Non fosse altro perché è lui a ricevere uno degli ultimi favori da Mario Chiesa, dal quale tutto il patatrac è partito. Niente che c’entri con il codice penale, ma proprio grazie al “mariuolo isolato” del Psi Simone (che da soli due mesi, per un rimpasto, ha lasciato la delega alla sanità) può trasferirsi con la famiglia in un appartamento da 300 metri quadrati di proprietà del Pio Albergo Trivulzio (contratto equo canone). Un’abitazione a meno di 50 metri dall’Arco della Pace tornata sui giornali lo scorso anno per lo scandalo degli appartamenti extralusso dell’istituto concessi a canoni bassissimi. L’intestataria di quella casa valutata un milione e 556 mila euro era ancora Carla Vites. La moglie di Simone.

I rapporti con Degennaro. Anche nell’inchiesta sul San Raffaele spunta la Dec, società dei costruttori Daniele e Gerardo Degennaro. C’è un indagato (Pierino Zammarchi, imprenditore edile, nei confronti del quale le indagini sono terminate) infatti che dice di aver visto uno dei Degennaro portare soldi in una valigia a Cal: ”Non lo sapevo. Prendo atto delle dichiarazioni rese da Pierino Zammarchi – ha spiegato ai pm l’ex direttore dell’ospedale Valsecchi – quando ha dichiarato di avere visto Degennaro portare soldi in valigia a Cal in 5-6 occasioni”.

Poi i pm chiedono conto a Valsecchi di alcuni “pagamenti a Saint Premier Mont”, che, secondo Valsecchi, è una “società svizzera” riferibile a tale “Coscera”. Questa società, chiarisce Valsecchi, “aveva fatto un contratto per individuare Degennaro. Quando la Fondazione (San Raffaele, ndr) iniziò a pensare alla costruzione del Dibit 2 (il Dipartimento Universitario di Medicina Molecolare del San Raffaele, ndr) ci fu una trattativa con la società austriaca Vamed, abortita. Fu così che Coscera, il responsabile di Saint Premier Mont, ci presentò Degennaro. La sua Dec si prese l’incarico di trovare il finanziatore. Sia la Fondazione che Dec pagarono una doppia ‘fee’ a Coscera”. Nacque anche un contenzioso, spiega ancora Valsecchi, “perchè Degennaro sostenne che non doveva nulla a Coscera perchè non era stato questo a presentarlo alla Fondazione. Non so chi avrebbe presentato Degennaro alla Fondazione al di fuori di Coscera”. Valsecchi sostiene che “la prima volta che ho visto Degennaro me lo ha presentato Coscera”.

In un altro passaggio dei verbali l’ex direttore del San Raffaele spiega anche che “Coscera è stato anche retribuito per l’intermediazione sul Dibit 2, per aver presentato all’ospedale il costruttore Degennaro della Dec disponibile a finanziare l’operazione”. Anche in questo caso, si legge ancora nel verbale, “Coscera fu pagato dalla Fondazione tramite Sain Premier Mont e mi disse che Cal gli aveva chiesto una retrocessione”. Il meccanismo delle ‘retrocessioni’ di contanti è al centro dell’inchiesta: secondo l’accusa, infatti, alcuni fornitori e alcuni soggetti in rapporti d’affari con l’ospedale sovraffatturavano i costi ai danni delle casse del gruppo e retrocedevano poi soldi in contanti ai vertici del San Raffaele, i quali li giravano all’uomo d’affari Daccò che gestiva i fondi neri, riuscendo così ad occultarli.

Mafia: manager Aiello intollerante a menu', scarcerato.



Aiello

Soffre di favismo, e' ai domiciliari.


PALERMO - Pasta o riso con i piselli, seppie e piselli, minestrone e fave. Un menu' a base di legumi ''dannoso'' per il manager della Sanita', Michele Aiello che soffre di favismo. Ed e' per questo che nei giorni scorsi e' stato scarcerato dalla prigione di Sulmona.
 
Lo ha deciso, con questa motivazione, come riportano alcuni quotidiani, il tribunale di sorveglianza dell'Aquila che ha concesso, nei giorni scorsi, la detenzione domiciliare per un anno all'ingegnere, condannato a 15 anni e sei mesi per associazione mafiosa nel processo denominato Talpe alla Dda in cui fu coinvolto anche l'ex governatore siciliano Toto' Cuffaro, attualmente detenuto a Rebibbia, dove sta scontando una condanna a sette anni di reclusione. Aiello, titolare di un centro diagnostico all'avanguardia a Bagheria, era ritenuto, dai magistrati l'alter ego nella sanita' del capomafia Bernardo Provenzano che avrebbe investito parte del suo denaro nelle attivita' del manager.
 
''Il vitto carcerario non ha consentito un'alimentazione adeguata del detenuto, risultando dal diario nutrizionale la presenza costante di alimenti potenzialmente scatenanti una crisi emolitica e assolutamente proibiti'', hanno sancito i giudici. E quindi l'ex imprenditore ''non puo' rimanere in prigione, perche' esposto a serio e concreto rischio di vita o a irreversibile peggioramento delle gia' scadute condizioni fisiche''.

Nuova bufera sulla sanità pugliese: indagati Tedesco e Marino del Partito democratico.


Due nuove inchieste delle procure di Bari e Foggia hanno fornito nuovi elementi sul giro di affari e sugli interessi privati che ruotano intorno alla salute pubblica regionale. Coinvolti l'ex assessore della giunta Vendola e il presidente della commissione regionale alla Sanità. Insieme a loro, altri 44 indagati.

Il senatore Alberto Tedesco
Bari e Foggia, due procure a lavoro e un unico comune denominatore. Anzi due: il settore oggetto delle indagini (la sanità pugliese) e il coinvolgimento di esponenti del centrosinistra, in questo caso (come in altri) del Partito democratico. Non nomi di secondo piano, perché a esseri iscritti nel registro degli indagati sono stati il senatore Alberto Tedesco e Dino Marino, consigliere regionale ‘democrat’ nonché presidente della Commissione sanità. Insieme a loro, sono oltre 40 gli altri indagati, per lo più dirigenti delle Asl incriminate.

BARI – Nel primo caso, l’ex assessore pugliese alla Sanità (già salvato in parlamento dalla richiesta d’arresto ai suoi danni) è finito nel mirino dei magistrati nell’inchiesta sugli accreditamenti delle cliniche private nel sistema di convenzioni con il pubblico. Secondo la procura di Bari, la giunta di Nichi Vendola avrebbe accreditato strutture che non ne avevano i requisiti. Il governo regionale, tuttavia, per l’accusa è stato indotto in errore a causa del comportamento di alcuni funzionari e di assessori compiacenti (tra cui appunto Alberto Tedesco), che avrebbero agito per interessi personali. Tutto è nato anni fa da un’indagine sulla clinica Kentron di Putignano, all’epoca oggetto di un’inchiesta coordinata dall’attuale assessore all’Ambiente Lorenzo Nicastro. Successivamente, l’inchiesta è passata ai pm Francesco Bretone e Marcello Quercia, che hanno incrociato i dati emersi da quella attività investigativa con quanto scoperto dai carabinieri sul cosiddetto ‘sistema Tedesco’ e sono arrivati a ricostruire gli intrecci tra interessi privati e macchina amministrativa. La conclusione a cui sono giunti i magistrati è precisa: imprenditori e amministratori si sono arricchiti alle spalle dei contribuenti e delle casse regionali grazie ad una serie forzature sulle convenzioni. Nei giorni scorsi le Fiamme gialle hanno consegnato l’informativa finale nelle mani del procuratore aggiunto Giorgio Lino Bruno, che ora dovrà decidere come procedere.

FOGGIA – Non meno gravi le accuse ai danni del consigliere regionale Pd Dino Marino, coinvolto negli sviluppi dell’inchiesta che a dicembre scorso portò in carcere sei persone (tutti imprenditori, medici e funzionari della Asl di Foggia) con le accuse di associazione per delinquere finalizzata alla corruzione, falso e truffa ai danni del servizio sanitario nazionale. In pratica, venivano assegnate forniture ospedaliere per centinaia di migliaia di euro a imprenditori amici grazie ad un modus operandi e a un giro d’interessi ben collaudato: gli imprenditori facevano pressioni sui politici, i politici si ‘rivolgevano’ a funzionari compiacenti, questi ultimi ‘sistemavano’ le pratiche per ottemperare alle richieste dei politici. I magistrati, però, non si sono fermati a quegli arresti. Hanno continuato a scavare nelle carte dell’indagine e nei pc degli accusati e sono riusciti ad arrivare al presidente della commissione Sanità della Regione Puglia. Centrale per la odierna svolta investigativa gli arresti di un anno fa, quando finirono in galera alcuni imprenditori molto noti nel foggiano (tra cui Vincenzo Nuzziello, fratello di Anna Nuzziello, consigliere regionale della lista La Puglia per Vendola) per una gara d’appalto ritenuta totalmente inutile dalla procura di Foggia (280mila euro per ‘marchiare’ i ferri delle sale operatorie degli ospedali di Cerignola, San Severo, Lucera e Manfredonia).

All’epoca vennero perquisiti gli uffici e la direzione generale della Asl di Foggia e le case degli arrestati: da quanto trovato in quelle ‘visite indesiderate’ sarebbe arrivata la svolta investigativa, che secondo i pm ha scoperchiato il ruolo della politica nella vicenda. In particolare, nell’abitazione di Vincenzo Nuzziello gli inquirenti trovarono gli atti della gara incriminata e le offerte delle cinque società che parteciparono. Tutte erano riconducibili a Nuzziello, che, grazie a informazioni privilegiate sui bandi (probabilmente fornite dai politici), in prossimità delle gare creava una serie di società con cui partecipava ai concorsi con la sicurezza di vincerli. ”Notizia destituita di ogni fondamento” ha commentato Marino, secondo cui “nulla, ad oggi, mi è stato notificato dalla magistratura nei cui confronti nutro piena ed incondizionata fiducia e pertanto mi riservo di intraprendere ogni azione utile a tutelare la mia onorabilità”.

Cosa puoi fare tu / Privati / 5 per mille



Volontarie al alvoro 


C'è un modo di contribuire alle attività di Emergency che non ti costa nulla: devolvere il 5 per mille della tua dichiarazione dei redditi a Emergency.

 

Il codice fiscale di Emergency è 971 471 101 55

 

Come fare per devolvere il tuo 5 per mille a Emergency

 

Se presenti il Modello 730 o Unico

 
  1. Compila la scheda sul modello 730 o Unico;
  2. firma nel riquadro indicato come "Sostegno del volontariato...";
  3. indica nel riquadro il codice fiscale di Emergency: 971 471 101 55.
 

Se non sei tenuto a presentare la dichiarazione dei redditi

Anche se non devi presentare la dichiarazione dei redditi puoi devolvere a Emergency il tuo 5 per mille:
 
  1. Compila la scheda fornita insieme al CUD dal tuo datore di lavoro o dall'ente erogatore della pensione, firmando nel riquadro indicato come "Sostegno del volontariato..." e indicando il codice fiscale di Emergency: 971 471 101 55;
  2. inserisci la scheda in una busta chiusa; 
  3. scrivi sulla busta "DESTINAZIONE CINQUE PER MILLE IRPEF" e indica il tuo cognome, nome e codice fiscale;
  4. consegnala a un ufficio postale, a uno sportello bancario - che le ricevono gratuitamente - o a un intermediario abilitato alla trasmissione telematica (CAF, commercialisti...).
 

Come useremo il tuo 5 per mille

 
Anche grazie al tuo 5 per mille, cureremo gratuitamente le vittime della guerra e della povertà nei nostri ospedali, centri chirurgici, centri pediatrici, centri di maternità, posti di primo soccorso, centri sanitari, poliambulatori, ambulatori mobili e centri d'eccellenza.

In Afghanistan continueremo ad accogliere nei nostri Centri chirurgici le vittime della guerra che da ormai più di 40 anni devasta il Paese e a offrire, nel nostro Centro di maternità, assistenza ginecologica, ostetrica e neonatale alle donne del Panshir e non solo.

In Sierra Leone, il Centro chirurgico di Goderich continuerà a essere un punto di riferimento per l'intero Paese.

In Iraq, ai pazienti del Centro di Sulaimaniya daremo non solo riabilitazione fisica ma anche formazione professionale e aiuto per avviare cooperative: cura e lavoro, per tornare a essere parte integrante della società in cui vivono.

Cureremo i bambini nei nostri Centri pediatrici in Repubblica Centrafricana, Sierra Leone, Sudan.

Il Centro Salam in Sudan continuerà a ricevere pazienti cardiochirurgici da tutta l'Africa, perché riteniamo che anche la medicina "di eccellenza" sia un diritto di tutti.

E continueremo a lavorare sempre e di più anche in Italia, curando migranti e persone in stato di bisogno nei nostri Poliambulatori a Palermo e a Marghera e portando i nostri Ambulatori mobili dovunque ce ne sia necessità: aree agricole, campi nomadi...
 

Come abbiamo usato il 5 per mille gli scorsi anni

 
L'ultimo contributo del 5 per mille derivante dalle dichiarazioni dei redditi dell'anno 2009 (relative ai redditi 2008) ammonta a € 8.074.262 ed è stato erogato a novembre 2011.

Il contributo del 2008 (relativo ai redditi 2007) ammontava a € 9.111.565 ed è stato ricevuto nell'agosto 2010. Il 5 per mille delle dichiarazioni dei redditi dell'anno 2007 (relative ai redditi 2006) è stato ricevuto nel dicembre 2009 e ammontava a € 6.951.105.
 
  1. Come abbiamo utilizzato i fondi del 5 per mille 2008
  2. Come abbiamo utilizzato i fondi del 5 per mille 2007
 
Emergency è impegnata a destinare ai suoi programmi umanitari almeno il 90% dei fondi disponibili: nel 2010, dati dell'ultimo bilancio approvato, il 93,81% dei fondi raccolti è stato impiegato direttamente nei progetti, per offrire assistenza sanitaria gratuita a chiunque ne abbia bisogno.

Grazie a tutti quelli che hanno scelto di destinare il proprio 5 per mille a Emergency.