martedì 6 agosto 2013

Il marcio su Roma. - Marco Travaglio



Si racconta che il leader della sinistra storica Agostino Depretis, inventore del trasformismo, noto per la diabolica arte del rimpasto, del galleggiamento e dell'equilibrismo, quando tirava aria di crisi di governo si presentasse in Parlamento pallido ed emaciato, intabarrato in abiti trasandati e lisi, la barba lunga e bianca, l'andatura claudicante per l'eterna gotta, quasi avesse un piede nella fossa. Si rivolgeva all'assemblea con voce malferma e tossicchiante, con intercalari del tipo: "Sono mezzo malato, e pure di malumore, abbiate un po' di pazienza". Dinanzi a quel cadavere ambulante, anche i più strenui oppositori si muovevano a compassione e lasciavano passare la fiducia. Tanto, pensavano tra sé e sé, dura poco.

E invece durò parecchio, fino alla morte vera. La tecnica del "chiagni e fotti" fu poi perfezionata e sublimata dal cavalier Banana, che da vent'anni alterna ostentazioni di virilismo e giovanilismo a sceneggiate che lasciano presagire l'imminente dipartita, perlomeno politica. Alla prima difficoltà, accenna al "passo indietro" a favore di qualcun altro, poi regolarmente eliminato a maggior gloria di Lui. Nel '96 Gad Lerner chiese per lui la grazia in cambio del ritiro a vita privata (i successori designati allora erano Antonio Fazio e Monti). E un anno fa annunciò ufficialmente che passava la mano ad Alfano o al vincitore delle mitiche primarie Pdl, salvo poi rimangiarsi tutto e ricicciare più ribaldo che pria. Ora ci risiamo, con un'aggiunta. Se prima il "chiagni e fotti" si manifestava simbolicamente col vittimismo delle parole, ora è validato da lacrime vere sul volto imbalsamato dal fard marron a presa rapida resistente alla canicola (ma non sarà un tatuaggio?). Vere, poi, si fa per dire.

Il 30 marzo '97 - governo Prodi - B. lacrimò al porto di Brindisi dove la Marina Militare italiana aveva speronato una nave di profughi albanesi provocando decine di vittime, e promise ai superstiti di alloggiarli nella villa di Arcore. "Anche quando finge una commozione che non sente - scrisse Indro Montanelli - quella commozione a un certo punto diventa vera perché finisce per commuoversi di sé stessa. Le lacrime di Berlusconi possono essere un inganno per chiunque, meno che per Berlusconi. A quello che dice e fa, anche se lo dice e lo fa per calcolo, Berlusconi ci crede... La scena sa tenerla da grande attore: se gli dessero da recitare l'Otello, sarebbe capace, per dare più verisimiglianza al cruento finale, di sbudellarsi veramente, e non per finta, sul corpo esanime di Desdemona... Nella parte della vittima, quella che i napoletani chiamano del 'chiagne e fotte', è imbattibile. Forse qualcuno capace di 'fottere' come lui ci sarà. Ma nel 'chiagnere' non c'è chi lo valga".

Dunque domenica il frodatore pregiudicato ha pianto: per la condanna dell'Innocente, che poi sarebbe Lui. E la sceneggiata ha funzionato un'altra volta. Quella lacrima sul fard è bastata a far dimenticare l'ennesimo attacco eversivo ai magistrati (hanno "vinto un concorso", mentre a suo avviso dovevano perderlo), sferrato dal palco abusivo dietro cui campeggiava la scritta simbolica "Via del Plebiscito" e sotto cui una piccola folla di comparse a pagamento, perlopiù sue coetanee, scandivano "duce duce". Intanto l'Agenzia delle Entrate, alle dipendenze del governo da lui sostenuto, perlustrava le località balneari a caccia di evasori suoi discepoli, per quanto dilettanti (roba di scontrini non battuti, non certo di 64 società offshore e fondi neri per decine di milioni).

Seguiva il vivo compiacimento del premier Nipote per il discorso moderato e soprattutto perché il delinquente resta al governo. E il premio speciale del Quirinale, ormai ridotto a ufficio reclami per Vip imputati o condannati (da Mancino a B.), con l'udienza-pellegrinaggio del duo Schifani-Brunetta (il primo indagato per mafia) per impetrare la Grazia Regia. Denominata pudicamente "agibilità di B.". Manco fosse un fabbricato. Abusivo, ci mancherebbe. 


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domenica 4 agosto 2013

IL RACKET DEL DOLLARO. - VALENTIN KATASONOV



Sempre più spesso si scopre che gli USA hanno imposto sanzioni a banche o società non statunitensi. Inoltre, i nomi di queste banche e società sono famosi e le sanzioni imposte sono impressionanti (talvolta ammontano a centinaia di milioni di dollari). E' un nuovo fenomeno della vita economica globale e non ha precedenti. Finora banche e società erano già incorse in sanzioni, ma solo dalle autorità dei paesi in cui hanno sede. 

Le condizioni del racket 

Alcuni esperti sostengono che le enormi sanzioni che alcune banche non statunitensi (per la maggior parte europee) sono costrette a pagare oggi fanno parte della campagna di ristrutturazione finanziaria americana annunciata dal presidente USA. 

Altri credono che le sanzioni siano una nuova arma concorrenziale usata dalle banche americane contro quelle europee. Altri ancora credono che questo nuovo meccanismo di imporre multe sia un'iniziativa globale della nuova elite americana al potere al fine di rafforzare la superiorità geopolitica del Paese sul Vecchio Continente e sul resto del mondo. Ci sono anche altre teorie dietro a quello che viene sempre più chiamato "racket del dollaro". 

Da una parte, dopo gli avvenimenti del 11 settembre 2001, gli USA hanno iniziato ad adottare una severa legislazione riguardo al riciclaggio di denaro, alla corruzione, al terrorismo finanziario, all'evasione fiscale, al crimine organizzato, al traffico di droga, ai crimini telematici e ad altre minacce alla sicurezza. E' interessante notare, perciò, come la nuova generazione di leggi adottate in America sia di natura extraterritoriale. Ciò implica che se una minaccia agli USA si basa su azioni (operazioni finanziarie) di banche, società o individui esteri al di fuori del territorio americano, la responsabilità legale può essere comunque applicata a questi soggetti. Perciò i tribunali americani possono comminare sanzioni o altri tipi di pene a queste banche, società o individui esteri. Premesso che negli USA prevale il diritto consuetudinario, le sentenze dei tribunali statunitensi sulla condanna di soggetti non residenti vengono approvate senza discussione quasi automaticamente. Inoltre, gli Stati Uniti stanno iniziando a sviluppare e ratificare una serie di convenzioni internazionali con altri Paesi per combattere le suddette minacce. Convenzioni di questo tipo stanno diventando sempre più motivo di sanzioni a evasori non statunitensi negli USA. 

D'altra parte, per monitorare tutte le violazioni commesse da banche, società e individui esteri al di fuori del territorio americano, Washington ha passato decenni a creare un sistema globale di informazioni finanziarie. Questo sistema che ho descritto nel mio articolo "The world under the eagle eye of the US government and banks" (ndt. "GOVERNO USA E BANCHE: IL CONTROLLO COSTANTE SUL MONDO") fa in modo che tutte le azioni di soggetti non residenti situati in tutto mondo vengano monitorati e che tutte le violazioni alle regole del gioco americano al di fuori dal territorio nazionale vengano registrate. 

La storia di Standard Chartered 

Standard Chartered era, fino allo scorso anno, una delle banche più segrete. Era stata fondata in Gran Bretagna a metà del 19° secolo e si pensa facesse parte dell'impero Rothschild. Così come gli stessi Rothschild, Standard Chartered preferì rimanere nell'ombra durante la Seconda Guerra Mondiale, ma quanto ad ammontare di operazioni, diventò una delle maggiori banche europee. Recentemente, il 90-95% del suo profitto al lordo delle imposte è derivato da operazioni al di fuori degli USA, della Gran Bretagna e dell'Europa Continentale. 
Nell'agosto 2012, la banca è stata costretta a rivelare i propri segreti a causa dello scandalo fatto scoppiare dal Department of Financial Services (DFS) statunitense. Il DFS ha accusato Standard Chartered di aver condotto transazioni illegali al fine di sostenere la Repubblica Islamica dell'Iran. Secondo il DFS queste transazioni ammontano a 250 miliardi di dollari e la filiale di New York ha collaborato allo spostamento di denaro tra le banche britanniche e quelle mediorientali a favore di cittadini iraniani. Secondo le autorità americane, infatti, Standard Chartered potrebbe essere connessa a terroristi ed organizzazioni estremiste in Libia, Sudan e Myanmar, che sono a loro volta stati raggiunti dalle sanzioni americane. 
Il Department of Financial Services di New York (una sottodivisione del DFS) ha dichiarato: "Per quasi 10 anni la banca ha complottato con il governo iraniano e ha nascosto ai regolatori circa 60.000 transazioni segrete, per un ammontare di almeno 250 miliardi di dollari". Come accennato, Standard Chartered ha passato denaro attraverso la sede di New York a favore di clienti finanziari iraniani, compresa la Banca Centrale Iraniana, la statale Bank Saderat e la Bank Melli, che erano soggette a sanzioni USA. Al centro dello scandalo c'erano le cosiddette "U-Turn Transactions", ciò significa che il denaro non proveniva dall'Iran né vi era destinato, bensì veniva spostato a favore di iraniani tra le banche britanniche e quelle mediorientali con l'aiuto della sede di New York di Standard Chartered. Il ministero delle finanze statunitense aveva bandito questo tipo di operazioni già nel novembre 2008 per paura che potessero essere utilizzate per evitare le sanzioni. Secondo il regolatore, azioni di questo tipo hanno danneggiato l'intero sistema finanziario americano, rendendolo vulnerabile al traffico di armi e droga e ai terroristi. Infine, le autorità americane hanno richiesto alla banca il pagamento di una multa di 667 milioni di dollari. Come riportato dai media, la multa è già stata pagata. 

Il "taglio" di altre banche estere 

Il sistema di monitoraggio delle transazioni bancarie è un fattore di notevole importanza nella competitiva lotta tra le banche statunitensi e quelle occidentali europee. L'America è particolarmente preoccupata per le banche di Londra, motivo per cui sono nel mirino delle agenzie di intelligence americane. Tutti i soggetti che sono stati accusati di collaborare con l'Iran negli scorsi anni sono britannici o danesi. Nel giugno 2012 la banca danese ING ha ammesso di aver violato le sanzioni imposte all'Iran e di aver accettato di pagare alle autorità statunitensi una multa di 600 milioni di dollari (e secondo alcune fonti, la multa avrebbe riguardato anche la violazione delle sanzioni imposte a Cuba). All'epoca fu la multa più esosa mai imposta nella storia delle sanzioni. 

Anche la banca britannica Barclays PLC acconsentì a pagare 453 milioni di dollari a seguito di un'inchiesta delle autorità americane e britanniche che dimostrò che il fatto che la banca aveva permesso gravi violazioni prendendo decisioni su operazioni di prestito e deposito, prendendo parte virtualmente a riciclaggio di denaro. 

Nell'estate del 2012 il senato USA ha contestato la banca britannica HSBC Holding che, secondo le agenzie americane di intelligence, stava trattando operazioni per il Messico, in pratica controllato dagli USA, fornendo servizi ai trafficanti di droga messicani. La banca, inoltre, è stata accusata di violare le sanzioni imposte all'Iran. Solo nel dicembre 2012 la HSBC ha dichiarato di essere disposta a pagare alle autorità statunitensi una multa complessiva di 1,92 miliardi di dollari. 

Nel 2012 lo scandalo riguardante la manipolazione del tasso di interesse interbancario Libor raggiunse il culmine. Le maggiori banche europee (soprattutto britanniche) e americane avevano manipolato i tassi per una serie di anni, permettendo loro di arricchirsi illegalmente. Nel 2008 iniziò un'inchiesta sulle manipolazioni Libor e coinvolse altre grandi banche così come Barclays e Royal Bank of Scotland, Lloyds Banking Group, Citigroup, HSBC, UBS e Deutsche Bank, che con Barclays è stata la prima banca ad ammettere la propria responsabilità. Negli ultimi anni si sono susseguite diverse inchieste delle autorità di supervisione finanziaria americane, britanniche, svizzere e di qualche altro paese europeo riguardo a queste manipolazioni. Le banche sono state pesantemente sanzionate. Si deve dire che le multe per queste manipolazioni sono state decisamente più ingenti che in Europa. Di conseguenza, nel dicembre dello scorso anno, la banca svizzera UBS ha dichiarato che per la manipolazione del tasso Libor avrebbe pagato una multa di circa 1,4 miliardi di franchi svizzeri (1,5 miliardi di dollari). 

La legge statunitense FATCA e le banche estere 

Potrebbero sorgere seri problemi per le banche estere con l’entrata in vigore della legge statunitense FATCA (Foreign Account Tax and Compliance Act) sulla tassazione dei conti esteri. Secondo questa legge, le banche estere sarebbero obbligate a indicare all’American Internal Revenue Service tutti i clienti che avrebbero rapporti con gli USA (cittadinanza o permesso di soggiorno), e a fornire informazioni circa le loro operazioni e i saldi dei loro conti correnti. Se i governi o le banche rifiutassero di ottemperare alle disposizioni del FATCA, allora gli USA potrebbero trattenere a queste banche una tassa del 30% delle entrate provenienti dagli USA. Così facendo, le autorità fiscali statunitensi potrebbero prendere il controllo del sistema finanziario mondiale. Anche se un Americano (un cittadino o un residente, inclusi i possessori di una “green card”) non fornisse informazioni sui propri conti o società esteri, ora la cosa avrebbe a che fare con le banche estere. Non è da escludere che alcune piccole organizzazioni finanziarie al di fuori degli USA si stiano completamente rifiutando di fornire servizi ai clienti americani per evitare di invischiarsi nelle onerose procedure finanziarie dell’Internal Revenue Service statunitense riguardo i loro conti. In ogni caso, dovranno aspettare di siglare un accordo con lo US Internal Revenue Service, altrimenti si ritroverebbero ad essere soggetti ad una multa anche se non hanno clienti americani. Perciò, le informazioni sui contribuenti americani che l’Internal Revenue Service degli Stati Uniti in precedenza doveva ottenere con molte difficoltà (ad esempio come nel recente caso della banca svizzera UBS), ora dovranno essere fornite dalle banche estere regolarmente e volontariamente. 

A marzo 2013, la International Revenue Service ha annunciato la pianificazione di una ricerca dei debitori statunitensi nel mondo e si aspettava di riscuotere 5 milioni di dollari in sanzioni alle banche estere che li occultano. In cima alla lista comparivano banche in India, Israele, Hong Kong e Singapore. Le sanzioni alla banca svizzera Wegelin, che non intratteneva alcun rapporto di operazioni in America, costituisce un precedente. I giuristi affermano che quest’ultimo ha messo in dubbio l’esistenza del segreto bancario e abbia preparato il settore finanziario per le regole del FACTA. 

"Il governo non ha intenzione di fermare la corsa all'inarrestabile ricerca degli americani benestanti che detengono conti segreti offshore, e presto avranno ancora più strumenti per farlo", afferma Mark Matthews, ex-capo della divisione indagini dell'Internal Revenue Service, che ora lavora come avvocato presso Caplin & Drysdale. Negli ultimi 4 anni, il governo USA è già riuscito ad incassare 5,5 miliardi in tasse dovute e multe. 

Una sentenza sulla possibilità di imporre sanzioni contro le banche estere che non operano su suolo statunitense è già passata il 4 marzo 2013. La più antica banca privata della Svizzera, Wegelin, è stata multata per 74 milioni di dollari dalle autorità americane per violazioni alle leggi fiscali. Wegelin fu fondata nel 1741 ed era considerata una delle banche più prestigiose del Paese. La banca non aveva alcun ufficio o sede sul territorio statunitense, perciò era certo che non potesse incorrere in sanzioni. Nel gennaio 2013 la banca ammise di aver chiuso un occhio alle attività di clienti americani che omettevano di pagare le tasse. E' più che probabile che Wegelin chiuderà poco dopo aver pagato la multa. Come conseguenza del processo, la banca smise virtualmente le operazioni e i clienti iniziarono a ritirare il proprio denaro. Wegelin era diventata la principale banca cui si appoggiavano gli americani che non volevano pagare le tasse, da quando la banca svizzera UBS aveva siglato un accordo con le autorità nel 2009. UBS aveva accettato di disattendere la legge sul segreto bancario e aveva fornito alle autorità statunitensi i nomi di 4500 clienti (gli Stati Uniti avevano richiesto informazioni su circa 52.000 conti di non residenti). Ciò nonostante, la banca ha dovuto comunque pagare una multa di 780 milioni di dollari. La banca perse ulteriori 20 milioni di dollari in seguito all'esodo di massa dei clienti spaventati dalla volontà della banca di disattendere alla legge sul segreto bancario. 

New York, centro del racket del dollaro 

Non sono solo le banche ad essere state prese di mira dalle autorità statunitensi, bensì anche altre società del settore non finanziario dell'economia. Con questo, si parla non solo di violare le sanzioni americane contro un paese o un altro, bensì anche le violazioni riguardo alla corruzione e altri reati in altri paesi. Per esempio, nel 2010 il Justice Department USA accusò il gruppo tedesco Daimler, che possiede Mercedes-Benz, di corrompere funzionari di 22 Paesi, Russia inclusa. Daimler si dichiarò colpevole e preferì tirarsi fuori dal guaio pagando. I tedeschi pagarono al governo USA una multa di 185 milioni di dollari. E pensare che la questione non aveva nulla a che fare con gli Stati Uniti: l'azienda non aveva corrotto funzionari americani e non aveva violato alcuna legge americana

New York, dove si trova la maggior parte delle banche USA in cui le banche estere aprono i propri conti corrispondenti, ha un ruolo particolare nel racket del dollaro. A loro volta, le banche di New York hanno i propri conti alla Federal Reserve Bank di New York. Non importa che si dica, New York è ancora il centro finanziario globale contro cui né Londra, né Tokio, né Francoforte, né Hong Kong possono compararsi. Dopo tutto, la parte del leone delle transazioni globali dominate dal dollaro la fa New York. E di queste transazioni fanno parte anche quelle che non hanno nulla a che fare con gli USA. Di conseguenza, lo State Department of Financial Services di New York, creato nel 2011, ha il suo ruolo speciale da giocare nell'individuazione di banche e aziende che trasgrediscono le leggi. Circa 4.500 organizzazioni, con beni per 6,2 trilioni di dollari, sono sotto il diretto controllo di questa agenzia. 

L'avvocato David Pitofsky, dello studio legale Goodwin Procter, osserva: "Anche se una transazione è fatta, ammettiamo, in yen giapponesi, se un meccanismo di sistema la converte in dollari, in teoria significa che può essere soggetta alle leggi USA" (http://www.bbc.co.uk/news/19172065). La situazione finanziaria è un potente incentivo per le banche non statunitensi e per le aziende a sostituire il dollaro USA con valute di altri paesi quando si effettuano pagamenti internazionali, mentre allo stesso tempo si creano propri sistemi regionali per i pagamenti internazionali. Non c'è dubbio, per esempio, che ci sia immediato bisogno della creazione di un gruppo integrato di paesi Euro-Asiatici che includa Russia, Bielorussia, Kazakhstan e altri paesi post-sovietici. I pagamenti internazionali all'interno di questo gruppo potrebbero essere fatti in rubli, e Mosca potrebbe avanzare pretese riguardo lo status di centro finanziario regionale alternativo a New York. 


http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=12141

sabato 3 agosto 2013

Sempre Scanzi...



Il Pdl chiederà la grazia a Napolitano per il Pregiudicato.
L'ipotesi è così surreale e indecente che Re Giorgio potrebbe benissimo prenderla in considerazione.
Di fronte a una richiesta così, Pertini avrebbe sobriamente risposto sfanculando gli "estensori" di una tale proposta.
Napolitano, al contrario, subito dopo la sentenza della Cassazione ha tenuto a rimarcare l'esigenza di una riforma della Giustizia. Esattamente ciò che chiede Berlusconi.
Re Giorgio sperava nella "Sentenza Napolitana", cioè l'annullamento con rinvio. Nulla sarebbe cambiato.
Così, invece, crescono (si fa per dire) i malumori dei malpancisti piddini, che comunque continuano a girare a vuoto abbaiando compiaciutamente alla Luna (Renzi, che fai? Civati, che fai? Puppato, che fai?). Ma più che altro cresce il consenso di chi si è sempre opposto a tale governicchio, da Sel a (soprattutto) M5S. Ed è questo che terrorizza la claque del governicchio.
Se la grazia si configurerebbe come porcata troppo palese, forse indigeribile persino per un elettorato che pare accettare tutto con la serenità dei monaci tibetani, una bella amnistia mascherata è più ipotizzabile (come se l'indulto by centrosinistra del 2006, lo stesso che salva il Pregiudicato dal carcere, non fosse già abbastanza). Richiederebbe una maggioranza bulgara, ma il Pd - quando c'è da aiutare l'Amico - non manca mai. Violante 2002 docet.
Si torna al solito punto di partenza: con qualsiasi centrosinistra decente, il Pregiudicato sarebbe politicamente finito da almeno 15 anni. Invece, in un modo o nell'altro, cercheranno di salvarlo anche stavolta. Persino stavolta. Prolungando l'agonia del paese e regalando una nuova tonnellata di voti alla cosiddetta "antipolitica", che ritenevano già morta e sepolta dopo le ultime amministrative.
Quanto a Napolitano, l'intoccabile e innominabile Napolitano, va capito: se concede la grazia - dichiarata o nascosta - al Pregiudicato, il titolo di peggior Capo dello Stato nella storia della Repubblica italiana non glielo toglie più nessuno. Ed è un titolo a cui, insondabilmente, il comunista di destra Re Giorgio pare tenere molto.


https://www.facebook.com/pages/Andrea-Scanzi/226105204072482?hc_location=stream

Andrea Scanzi.

Berlusconi condannato, Financial Times: “Cala il sipario sul buffone di Roma”

Il Financial Times, noto giornale bolscevico, scrive: "Cala il sipario sul buffone di Roma".

L'editoriale prosegue così: "Alcuni ritengono che il reato per il quale Berlusconi è stato condannato è poca cosa rispetto all'enorme quantità di tasse che paga, ma non è mai corretto ingannare il fisco (..) I giudici di Roma dovrebbero essere lodati per la loro indipendenza" e "il verdetto dimostra che nessuno è al di sopra della legge (..) Se Berlusconi avesse un briciolo d'onore, ora darebbe le dimissioni".


Parole condivisibili e persino ovvie. Scritte da un giornale non certo di sinistra. 


Invece, in Italia, continua la situazione Fringe del "giornalismo" cerchiobottista-paracul-buonista, che evoca mondi paralleli, capovolge la realtà e straparla di giustizialismo, pacificazione e altre amenità.
O nella vita passata siamo stati criminali oltremodo efferati, o la condanna di avere certi "editorialisti" proprio non si spiega.


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Sentenza Berlusconi, ecco perché in tanti “esultano”. - Andrea Scanzi

Sento in giro, da tempo, un mantra esilarante: “Berlusconi va sconfitto politicamente, non a livello giudiziario”. Una frase così banale e furbina da aver trovato spazio tanto tra le labbra di Renzi quanto in quelle di De Gregori, grande artista ma politicamente aguzzo come un fagiolo borlotto (il Principe non si adombri per questo. Del resto hanno ammazzato Pablo. Ed è stato Pablo). 
Tali intellettuali, di solito, aggiungono che “non si esulta per le sentenze, occorre avere rispetto di magistratura e condannati”.
Allora, chiariamo: 
1) La legge è legge, a prescindere. Non si tratta di esultare: si tratta di applicarla. Se io evado il fisco, magari tramite un arci-dimostrato “meccanismo fraudolento di evasione”, mi condannano. E se mi condannano non è giustizialismo: è giustizia.
2) Senza amnistie, prescrizioni, depenalizzazioni e quintali di leggi ad personam, Berlusconi sarebbe già stato condannato per falsa testimonianza, corruzione giudiziaria, maxi-tangenti, falso in bilancio, appropriazione indebita, eccetera (le amicizie coi vecchi boss della mafia fingo di dimenticarle. In fondo son buono). 
3) Se uno aspetta che Berlusconi venga sconfitto “politicamente” dal Pd, che peraltro non ne è avversario bensì alleato e portaborse, facciamo notte. 
4) Non ho alcun rispetto per chi da vent’anni paralizza, rincoglionisce e distrugge questo (teoricamente bellissimo) paese. Finiamola con questa melassa subdolamente bipartisan: se io ho davanti un Gasparri, non ci vado poi a cena e “famose du’ spaghi”. Il rispetto si guadagna, non si esige. Che tu sia “compagno” o “avversario”. Io avevo rispetto di Monicelli o Montanelli, per questo non posso averlo per le Biancofiore.
5) Quando un kapò cade (o così sembra: resterà sempre lì e in tanti lo voteranno ancora), non è mai un brutto giorno. E dunque si “festeggia”. O anche solo ci si sente più sollevati. Il politicamente corretto lo lascio ai chierichetti del nulla, tutta gente che mette il silenziatore emozionale a se stessa anche quando ha un orgasmo. 
E dunque, e alfine, e ora più che mai: Vamos.

venerdì 2 agosto 2013

Sentenza Mediaset, Berlusconi condannato a 4 anni. Annullata l’interdizione.



Diventa definitiva la pena per il leader del Pdl, colpevole di frode fiscale, ma la Cassazione rinvia in Corte d'appello a Milano la rideterminazione della pena accessoria. Per il Cavaliere la prospettiva degli arresti domiciliari o dell'affidamento ai servizi sociali per l'anno non coperto da indulto. Bruti Liberati: "Pena subito eseguibile". Ghedini, Coppi e Longo: "Sgomenti, ricorreremo in Europa".


Silvio Berlusconi è condannato in via definitiva a quattro anni di reclusione per frode fiscale nel processo sui diritti Mediaset. Annullata la pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici, che dovrà essere rideterminata dalla Corte d’appello di Milano. Lo hanno deciso i giudici della sezione feriale della Cassazione dopo sette ore di camera di consiglio. Confermate anche le condanne di tutti i coimputati: Daniele Lorenzano, Gabriella Galetto e Frank Agrama.
E’ la prima volta che Silvio Berlusconi subisce una condanna definitiva e irrevocabile. Dei quattro anni, tre sono coperti da indulto e l’ex premier – che comunque non andrà in carcere perché ultrasettantenne – potrà scontare la pena agli arresti domiciliari o chiedere l’affidamento ai servizi sociali. Prima di qualunque iniziativa, la sentenza deve essere trasmessa alla Procura di Milano, dove è originato il procedimento sulla frode fiscale nella compravendita dei diritti tv. Il procuratore capo Edmondo Bruti Liberati si è limitato al momento a spiegare che “la pena principale è definitiva ed è eseguibile, si seguiranno i tempi consueti”. La definitività della sentenza fa cadere automaticamente ogni privilegio parlamentare, perciò il Senato non avrà alcune voce in capitolo sulle sorti di Berlusconi.
IL DESTINO DEL CAVALIERE: DOMICILIARI O SERVIZI SOCIALI. Bruti Liberati ha spiegato che, secondo la procedura, una volta arrivata la sentenza il pm dovrà emettere il cosiddetto ordine di esecuzione con contestuale sospensione perché la pena effettiva da scontare è di un anno. Dal momento della notifica dell’atto il Cavaliere, entro il tempo massimo di 30 giorni, potrebbe andare ai domiciliari o chiedere l’affidamento in prova ai servizi sociali. Ma il termine, vista la pausa feriale, decorre dal 16 settembre. La richiesta verrà valutata dal Tribunale di sorveglianza in tempi lunghi. Se non verrà presentata alcuna istanza di misura alternativa, toccherà ad un magistrato di sorveglianza decidere nell’arco di pochi giorni e, in base anche alla legge ‘Svuota-carceri’: la misura per Berlusconi sarebbe comunque quella dei domiciliari.
COPPI E GHEDINI: “SGOMENTI, RICORSO IN EUROPA”. “Non farò l’esule, come fu costretto a fare Craxi. Nè accetterò di essere affidato ai servizi sociali, come un criminale che deve essere rieducato”. Così si leggeva qualche giorno fa in un’intervista di Silvio Berlusconi a Libero, che però fu subito smentita da una nota di Palazzo Grazioli. I legali di Silvio berlusconi attendono qualche ora prima di dire la loro: “La sentenza della Corte di Cassazione nel Processo Diritti non può che lasciare sgomenti” affermano in una nota Franco CoppiNiccolò Ghedini e Piero Longo. “Vi erano solidissime ragioni ed argomenti giuridici per pervenire ad una piena assoluzione del Presidente Berlusconi. Valuteremo e perseguiremo – annunciano – ogni iniziativa utile anche nelle sedi Europee per far si che questa ingiusta sentenza sia radicalmente riformata”. 
INTERDIZIONE, LA MINA DISINNESCATA. L’annullamento con rinvio dei cinque anni di interdizione dai pubblici uffici – come da richiesta del procuratore generale – disinnesca però un problema politico immediato per il Cavaliere, perché per avviare un’eventuale procedura di decadenza da senatore sarà necessario attendere il nuovo verdetto d’appello. La conferma della pena definitiva fa cadere comunque il rischio di prescrizione del reato. “La pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici, per Silvio Berlusconi, potrebbe ridursi fino a un anno di interdizione, perché le norme alle quali ha fatto riferimento il dispositivo del verdetto prevedono un’interdizione da un anno a un massimo di tre. La misura dunque la rideterminerà la corte di Milano”, ha affermato l’avvocato Filippo Dinacci, che nel processo Mediaset in Cassazione ha difeso Gabriella Galetto, e che difende l’ex premier in altri procedimenti. 
Il processo d’appello per rideterminare al ribasso i cinque anni di interdizione potrebbe aprirsi già entro la fine dell’anno, ma dipende da quando gli ermellini invieranno le motivazioni del provvedimento di oggi. Dopo di che, non più la seconda ma la terza corte d’Appello di Milano, nel giro di un mese, dovrebbe fissare il nuovo processo che riguarderà dunque solo la durata del periodo dell’interdizione dai pubblici uffici del Cavaliere. Anche in questo caso il verdetto sarà impugnabile di nuovo davanti alla Suprema Corte. 
MA LA LEGGE ANTICORRUZIONE POTREBBE FAR DECADERE BERLUSCONI. Ma sul futuro politico del leader del centrodestra potrebbe pesare anche la nuova legge anticorruzione approvata nel 2012, secondo la quale se interviene una condanna definitiva superiore ai due anni, scatta infatti la procedura per l’incandidabilità del parlamentare. A prescindere dalle pene accessorie. A ricordarlo è il presidente della Giunta per le Elezioni e Immunità del Senato Dario Stefano (Sel). “Appena ci notificheranno la sentenza – spiega il senatore alle agenzie – la Giunta si riunirà e si procederà con le stesse modalità già avviate per l’ineleggibilità. Il relatore farà la sua proposta e la Giunta dovrà decidere in Camera di Consiglio. La decisione della Giunta poi dovrà passare il vaglio dell’Aula e basterà che 20 senatori lo chiedano e ci sarà il voto segreto”.
L’udienza era iniziata il 30 luglio, davanti alla sezione feriale per scongiurare il rischio di prescrizione. La sentenza, molto attesa dal mondo politico, è via via slittata fino al pronunciamento di oggi, arrivato dopo la requisitoria del pg e le arringhe dei difensori di tutti gli imputati. Il pg della Cassazione Antonello Mura aveva chiesto la conferma della pena principale – 4 anni di reclusione – e una riduzione della pena accessoria da 5 anni a 3 anni. Secondo la pubblica accusa l’ex premier è stato ”l’ideatore del meccanismo delle frodi fiscali” e “perdurante il controllo di Berlusconi su Mediaset”. La difesa, sostenuta dagli avvocati Niccolò Ghedini e Franco Coppiavevano chiesto l’annullamento del verdetto sostenendo l’assenza della prova nei confronti del Cavaliere. “Al massimo possiamo dire che questa è una gigantesca evasione fiscale ma qui non c’è in alcun modo un profilo penale” aveva detto il professore.
I legali dell’ex premier non hanno ascoltato dal vivo la lettura della sentenza. Ghedini e Coppi sono Palazzo Grazioli con Berlusconi e hanno seguito il verdetto in diretta tv. Con il Cavaliere, nel palazzo blindato, i figli Marina e Pier Silvio, Gianni Letta e Angelino Alfano. Fuori Palazzo Grazioli ressa di giornalisti e telecamere. Le strade limitrofe, infatti, per motivi di sicurezza sono state chiuse.
IL DISPOSITIVO DELLA SENTENZA
La Cassazione ha “annullato la sentenza impugnata limitatamente alle statuizioni relative alla condanna della pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici per violazione dell’art. 12 dlgs. 10 marzo 2000 e dispone trasmettersi gli atti ad altra sezione per rideterminare la pena accessoria nei limiti temporali citati dall’art. 12. Valutazione -precisa piazza Cavour- non consentita alla Corte di Cassazione”. Per il resto nel dispositivo piazza Cavour ha rigettato il ricorso, confermando quindi la condanna per frode fiscale a 4 anni nei confronti di Berlusconi “nei cui confronti dichiara irrevocabili tutte le altre parti della sentenza impugnata”. Respinti anche i ricorsi degli ex tre manager Mediaset: il produttore cinematografico egiziano Frank Agrama (3 anni), Gabriella Galetto (1 anno e 2 mesi) e Daniele Lorenzano (3 anni e 8 mesi). Per effetto del rigetto del ricorso tutti e quattro gli imputati sono stati condannati a rifondere l’Agenzia delle Entrate, costituitasi parte civile, con 5.000 euro ciascuno.