Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
venerdì 7 novembre 2014
L'ITALIA CHE SI DISSANGUA. - Stefano Becciolini
Dopo avere letto questo articolo, sulla perdita di Lottomatica come Azienda Italiana e leader nel mondo nel settore giochi ed intrattenimento, pensateci molto bene prima di andare a buttare via i vostri soldi nelle slot machine, nel lotto ed altri giochi d'azzardo. Questi proventi non ritorneranno mai più nelle casse dello Stato Italiano, ma verranno goduti alla faccia vostra all'estero.
La Lottomatica da tempo GTECH S.P.A. si trasferisce fiscalmente all'estero e precisamente a Londra.
Un'altra azienda come la Fiat e molte altre ne seguiranno, che non pagherà più le tasse in Italia.
GTECH S.p.A. (EX LOTTOMATICA) ha reso noto che l'Assemblea straordinaria degli azionisti, tenutasi in il 4 Novembre 2014, in unica convocazione, ha approvato la fusione di GTECH S.p.A. nella controllata di diritto inglese Georgia Worldwide Plc.
Il 4 Novembre abbiamo perso un'altra eccellenza Nazionale e lo stesso giorno è entrato in vigore il MVU (Meccanismo di Vigilanza Unico), che sancisce la perdita del controllo da parte della Banca d'Italia a favore della BCE, degli Istituti di Credito Italiani.
Ora vediamo chi sono i principali Azionisti della CTECH S.P.A.,
questa gallina dalle uova d’oro che guadagna commissioni d’oro dal giro dei giochi e scommesse in Italia e anche nel mondo:
De Agostini 92.556.318 52,948
DeA Partecipazioni 10.073.006 5,762
Assicurazioni Generali 5.693.995 3,257
La Lottomatica da noi conosciuta come Azienda di Stato (erroneamente) nasce a Roma nel 1990 come Consorzio tra BNL, Sogei (gruppo IRI-Finsiel), Olivetti, Alenia, Mael, Federazione italiana tabaccai.
La società viene quotata alla Borsa di Milano nel 2001.
Successivamente De Agostini S.p.A. promuove un OPA da 1.2 miliardi di euro a cui hanno aderito i maggiori soci, che insieme controllavano il 52,2% della società: Olivetti (33,9%) e BNL (18,3%).
Il 29 agosto 2006, Lottomatica S.p.A. ha completato l'acquisizione di GTECH Holdings Corporation, per 4 miliardi di euro, creando il maggior gruppo mondiale nel settore dei giochi e scommesse.
Il 3 giugno 2013, Lottomatica Group S.p.A. ha varato il riassetto globale, diventando GTECH S.p.A.
Articolo di Stefano Becciolini © del 05/11/2014
http://fahrenheit912.blogspot.it/2014/11/litalia-che-si-dissangua.html
ADDIO CHEMIOTERAPIA: Il cancro si curerà con PLX472O. La scoperta italiana.
E’ la fine della chemioterapia. Scienziati italiani dell’istituto di Candiolo (TO) hanno scoperto il PLX472O, farmaco che attacca SOLO le cellule tumorali e non quelle sane come di solito fa la chemio, atta a colpire tutte le cellule dell’organismo senza fare una distinzione tra cellule malate e sane.
La ricerca sul cancro non si ferma mai.
L’ultima scoperta è tutta made in Italy. Un team di scienziati italiani dell’Istituto di Candiolo, in provincia di Torino, ha scoperto un nuovo farmaco, il PLX472O, che potrebbe rivoluzionare le cure utilizzate contro il tumore.Coordinati da Alberto Bardelli, direttore del Laboratorio di Genetica Molecolare, e Federico Bussolino, Direttore Scientifico della Fondazione Piemontese per la Ricerca sul Cancro, gli scienziati hanno sperimentato un farmaco in grado di attaccare direttamente le sole cellule tumorali, e di frenare la riproduzione di altre cellule malate. Una vera e propria innovazione nella cura del cancro, visto che attualmente i metodi chemioterapici utilizzati colpiscono tutte le cellule dell’organismo, anche sane, non solo quelle tumorali.
In particolare, lo studio pubblicato su Proceedings of National Academy (Pnas), e portato avanti dai ricercatori italiani, ha analizzato la mutazione di un gene, chiamato BRAF, responsabile della proliferazione incontrollata di alcuni tipi di cancro, esaminando inoltre i risultati di un farmaco il PLX472O, il cui uso è autorizzato negli Stati Uniti, ma non ancora in Europa. Il farmaco avrebbe la straordinaria capacità di colpire direttamente le sole cellule tumorali ed evitarne il riformarsi. Le sperimentazioni finora effettuate per la cura del melanoma hanno dato risultati soddisfacenti e la terapia a bersaglio molecolare, in futuro, potrebbe diventare la strada da percorrere nella lotta contro il cancro. «Si è accertato – spiegano Alberto Bardelli e Federico Bussolino – che il Plx472O non solo agisce sulla cellula tumorale bloccandone la crescita, ma ha anche un effetto inatteso sul sistema vascolare del tumore. Questo eccezionale farmaco – continuano i ricercatori – migliora la perfusione ematica del tumore e l’ossigenazione con due conseguenze: facilitare l’arrivo di altri farmaci al tumore, consentendo di ridurre le dosi di chemioterapici utilizzati nel trattamento, e migliorare l’ossigenazione del tessuto riducendo l’ipossia, appunto la mancanza di ossigeno, solitamente causa della maggiore aggressività della malattia e della comparsa di metastasi. Questa scoperta – sottolineano Bardelli e Bussolino – rivoluziona le prospettive delle attuali terapie antiangiogenetiche, utilizzate ampiamente nel trattamento di molti tumori solidi, dimostrando che è possibile intervenire sull’angiogenesi tumorale non solo inibendola, ma anche cambiando e migliorando le caratteristiche funzionali del sistema vascolare del tumore. Questa scoperta – concludono Bardelli e Bussolino – è un’ulteriore tappa nella lotta contro il cancro, che si sta globalizzando e allarga il fronte, avendo compreso la necessità di studiare e colpire le vie di comunicazione tra la cellula tumorale ed il microambiente che la circonda. Infatti, il destino di un tumore verso una veloce progressione, o nel permanere in uno stato di quiescenza, dipende sia dalle caratteristiche genetiche della cellula neoplastica sia dalle molecole e dei vasi sanguigni che circondano il tumore». Insomma intervenendo direttamente sulle cellule malate e bloccandone la riproduzione si riuscirebbero a stroncare velocemente i tumori. La speranza, come accade sempre a seguito di nuove scoperte in campo medico, è che i nuovi farmaci riescano ad essere utilizzati concretamente quanto prima e non rimanere solamente allo stato di ricerca.
Trattare per vincere: la svolta dei cinquestelle. - Luca De Carolis
IL MOVIMENTO CAMBIA E INCASSA: “HA PREVALSO IL NOSTRO METODO”. GRILLO: “ABBIAMO SBLOCCATO IL PARLAMENTO”. L’IRA DEL NCD.
Tutti a braccia alzate.
Perfino Grillo, sempre contrario alle trattative: “Il M5S sblocca il Parlamento, il patto del Nazareno affonda”.
Vietato e pure improprio parlare di asse con il Pd.
Ma la novità politica è ugualmente rumorosa: i Cinque Stelle trattano (alla luce del sole), ricorrono perfino a un po’ di strategia parlamentare.
E incassano, subito.
Riescono a far eleggere al Csm il proprio nome, Alessio Zaccaria, votando in cambio per la Consulta Silvana Sciarra, candidata “renziana” eppure potabile per i loro criteri.
Per di più fanno impazzire un pezzo di maggioranza, con il Nuovo Centrodestra che si sente scavalcato, relegato in un angolo.
Si arriva alla scena madre, con il capogruppo di Ncd Nunzia De Girolamo che alla Camera affronta Maria Elena Boschi: “Mi devi spiegare se questa maggioranza esiste ancora o se ne state facendo un’altra coi 5Stelle...”.
Uno sfogo davanti a testimoni (la responsabile Sud del Pd Stefania Covello) che è pure l’altra faccia di un successo del Movimento, il primo da tempo immemorabile.
“Ha vinto il metodo a 5Stelle, dalla rete alle istituzioni” rivendicano i grillini.
Ha vinto anche perché è passata la linea dei moderati e di tanti dissidenti: basta con l’arroccamento sui propri nomi e la chiusura ai partiti “impuri”.
MARTEDÌ IN ASSEMBLEA CONGIUNTA i parlamentari hanno votato all’unanimità la Sciarra.
Sul blog di Grillo, gli iscritti hanno confermato il sì a stragrande maggioranza (l’88 per cento dei votanti).
E in aula ieri l’accordo ha retto.
Una svolta.
Perché i 5Stelle hanno sostenuto un candidato non loro. E perché hanno dimostrato di saper sfruttare le divisioni nella maggioranza.
“Era ora” esulta Tancredi Turco, voce critica.
“Sei mesi fa un candidato non nostro non sarebbe mai passato in assemblea” ammette fuori taccuino un parlamentare di peso.
Qualcosa è cambiato.
Tanti nel Movimento hanno capito (o accettato) che in Parlamento bisogna giocare anche di tattica, pena la condanna alla marginalità.
E allora, cambio di passo.
Non solo sulla Consulta.
C’è chi ricorda la mozione di sfiducia ad Alfano presentata con Sel.
Colpisce l’ira di Maurizio Sacconi (Ncd) di fronte al voto contrario di M5S e Pd agli emendamenti al testo sulla responsabilità civile dei magistrati, in Senato. “Un fatto che mette in discussione la maggioranza” tuonava ieri Sacconi: dimessosi per qualche ora da capogruppo, salvo poi fare marcia indietro dopo telefonata con Renzi.
Quindi, la De Girolamo: infuriata perché una mozione unitaria sul Sud sarebbe stata riscritta da alcuni deputati M5S. Ma lo snodo rimane l’accordo su Corte costituzionale e Csm.
Il tessitore per i 5Stelle è stato il deputato Danilo Toninelli.
Sostiene: “Con il voto in congiunta abbiamo dato un segnale di compattezza e maturità politica, deciso con la massima condivisione”. Ergo, con il consenso di Casaleggio e Grillo. Rivendica: “Abbiamo costretto il Pd a seguire il nostro metodo, quello della trasparenza e del merito”. E la legge elettorale? Toninelli non chiude a nuovi incontri, dopo gli streaming finiti male: “Finora segnali non sono arrivati ma noi siamo qui: l’importante è seguire lo stesso metodo”. A margine, il senatore Vito Petrocelli: “Noi abbiamo fatto un passo in avanti, ma la novità principale arriva dal Pd: domenica il capogruppo Zanda mi ha ufficializzato il nome della Sciarra, non era mai successo. L’avessero fatto anche quando dovevamo eleggere il presidente della Repubblica...”. Un altro senatore, Maurizio Buccarella: “Noi votiamo sempre ciò che è meglio per il Paese. Ma oggi abbiamo dimostrato che non siamo solo quelli dei no”.
Luca De Carolis FQ 7 novembre 2014
Cosa volete che vi spieghi? Lucrezia Ricchiuti
Cosa volete che vi spieghi?
Che ho votato la fiducia e con essa un provvedimento che peggio di cosí non si può?
Che io e Mineo avevamo deciso di non votare ma che dopo pressioni e telefonate che ci invitavano a votare perché i numeri non c'erano e perché non ci potremmo permettere di far cadere il governo adesso, alla fine abbiamo deciso di votare?
Dico solo una cosa: così non possiamo continuare. Impedire ai parlamentari di discutere e poter migliorare provvedimenti sbagliati o clientelari come lo sblocca Italia, ci porterà solo nel burrone. Non è possibile andare avanti a colpi di fiducia: non va bene per l'opposizione ma neanche per la maggioranza.
Lucrezia Ricchiuti, senatrice PD.
giovedì 6 novembre 2014
Vittoria del m5s. - Giancarlo Cancelleri
Stampatelo e mettetelo dappertutto!
Nei bar, nei panifici, dal parrucchiere, dal gommista, al cinema, a casa di lei, sotto il banco dello studente di fronte, nel portone del vostro comune, nel parabrezza di un'utilitaria, all'entrata di una villa qualsiasi, nei cessi della metro, accanto al manifesto dell'ypsigrock, dentro ogni bucalettere, sotto l'ombrellone, sopra il frigo, nella vostra bacheca... TUTTI DEVONO SAPERE cosa siamo riusciti a fare!
Vittoria storica del MoVimento 5 Stelle Sicilia!
https://www.facebook.com/cancellerigiancarlo/photos/a.266670593448319.60930.265320453583333/611521765629865/?type=1&theater
Parkinson, a Palermo il primo intervento di stimolazione elettrica da sveglio. - Barbara Giangravè
Dal reparto di Neurochirurgia del nosocomio del capoluogo arriva una buona notizia. È stata effettuata, infatti, su un paziente di 64 anni, da venti affetto dal morbo, un’operazione all’avanguardia.
La norma, sebbene triste, è quella di affidarsi ai classici viaggi della speranza fuori dalla Sicilia. Stiamo parlando, ovviamente, di sanità. Eppure, dal reparto di Neurochirurgia del Policlinico di Palermo, arriva a sorpresa una buona notizia. È stato effettuato, infatti, su un paziente di 64 anni, da venti affetto da morbo di Parkinson, il primo intervento di stimolazione elettrica da sveglio, con l’ausilio del monitoraggio neurofisiologico.
A eseguire l’operazione l’equipe coordinata dal professore Domenico Gerardo Iacopino, con la neurochirurga Antonella Giugno, il neurologo Marco D’Amelio e gli anestesisti Filippo Giambartino e Rino Patti.
“A essere sinceri – dichiara il professore Iacopino – si tratta di un intervento che era già stato effettuato in passato, ma che non si faceva più da anni per mancanza di tecnologia adeguata. I pazienti erano così costretti ad andare al Nord per farsi operare”. La stessa trafila che aveva dovuto subire l’uomo operato martedì al Policlinico, che era già stato sia a Milano che a Torino. Nonostante i farmaci che era costretto a prendere, infatti, non aveva una buona qualità di vita e aveva tentato di essere ricoverato sia nel capoluogo lombardo che in quello piemontese. In entrambi i casi, però, era stato rimandato a casa.
“Non so il perché di quei rifiuti – precisa Iacopino – Posso solo immaginare che l’alto costo dell’operazione sia una delle motivazioni che hanno spinto i colleghi a dire di no”.
Ma come si è volto, nello specifico, l’intervento qui a Palermo?
“Abbiamo impiantato nei nuclei subtalamici del paziente – spiega Iacopino - degli elettrodi collegati a una batteria, simile a un peacemaker che determina una stimolazione cerebrale. Per ottenere il miglior risultato possibile è stato necessario utilizzare la tecnologia complessa di cui è dotato il Policlinico, e cioè tac e risonanza magnetica di ultima generazione”.
La prima parte dell’intervento, cioè quella in cui si facevano scendere gli elettrodi nei bersagli cerebrali attraverso due piccoli fori del cranio, è stata eseguita in anestesia locale e, a ogni passaggio, i neurologi interloquivano continuamente con il paziente, monitorando le funzioni neurologiche oltre che i parametri neurofisiologici. Finita questa prima fase, il paziente è stato addormentato e si è proceduto all’impianto del neurostimolatore, che è stato poi collegato agli elettrodi precedentemente posizionati.
L’intervento non ha presentato alcuna complicanza e il, giorno seguente, un esame tac dell’encefalo ha confermato sia l’assenza di complicanze che il corretto posizionamento degli elettrodi. Il paziente sta bene e tra qualche giorno tornerà a casa, in provincia di Palermo.
http://www.loraquotidiano.it/2014/11/06/parkinson-a-palermo-il-primo-intervento-di-stimolazione-elettrica-da-sveglio_11444/
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Parkinson, “trapianto staminali crea collegamenti nervosi nei topi”- Davide Patitucci
Lo studio è stato pubblicato su Cell Stem Cell. Gli scienziati hanno, dapprima, ottenuto neuroni che producono dopamina a partire da cellule staminali embrionali umane e hanno, con sorpresa, constatato che erano in grado di connettersi alle altre cellule nervose del tessuto ospite.
Arriva da due centri di ricerca europei sulle cellule staminali coordinati dalla senatrice a vita Elena Cattaneo, dell’Università degli Studi di Milano, un’importante novità sperimentale che potrebbe aprire la strada all’applicazione clinica di queste versatili cellule nei pazienti malati di Parkinson.
Lo studio, pubblicato su Cell Stem Cell, è stato condotto da Malin Parmar, dell’Università di Lund in Svezia, nell’ambito dei progetti di ricerca di medicina rigenerativa dei consorzi Europei NeuroStemcell eNeuroStemcellRepair.
Lo studio, pubblicato su Cell Stem Cell, è stato condotto da Malin Parmar, dell’Università di Lund in Svezia, nell’ambito dei progetti di ricerca di medicina rigenerativa dei consorzi Europei NeuroStemcell eNeuroStemcellRepair.
“Lavoriamo in network, come se fossimo parte di un super laboratorio transnazionale capace di aumentare la competitività europea, e di vincere sfide di conoscenza e innovazione con gli altri continenti – spiega Elena Cattaneo -. L’Unione Europea ha cambiato il modo di fare ricerca nei nostri laboratori, abbattendo i confini tra le Nazioni, sollecitando sinergie e collaborazioni e promuovendo la mobilità dei giovani e lo scambio di materiali, cellule, idee, affinché siano verificabili da altri colleghi.
Così, può capitare – aggiunge la studiosa milanese – che si preparino le cellule a Milano, poi si mettano in un incubatore portatile e si prenda, quindi, un aereo per trapiantarle in Inghilterra o in Svezia. In questo modo – sottolinea Cattaneo – si guadagna tempo e qualità. E, soprattutto, si creano nuove generazioni di scienziati, in cui ciascuno ha responsabilità verso il progetto comune”.
Così, può capitare – aggiunge la studiosa milanese – che si preparino le cellule a Milano, poi si mettano in un incubatore portatile e si prenda, quindi, un aereo per trapiantarle in Inghilterra o in Svezia. In questo modo – sottolinea Cattaneo – si guadagna tempo e qualità. E, soprattutto, si creano nuove generazioni di scienziati, in cui ciascuno ha responsabilità verso il progetto comune”.
Diverse le tappe del nuovo studio. Gli scienziati hanno, dapprima, ottenuto neuroni che producono dopamina – gli stessi che vanno incontro a degenerazione nei malati di Parkinson - a partire da cellule staminali embrionali umane. Li hanno poi trapiantati in topolini di laboratorio. E hanno, con sorpresa, constatato che erano in grado di connettersi alle altre cellule nervose del tessuto ospite, attraverso un’estesa rete di ramificazioni che raggiungevano le aree cerebrali bersaglio. “Si tratta di un risultato che ha richiesto tanti anni di ricerca – spiega Malin Parmar, autrice dello studio -. Speriamo adesso di poterlo affinare ulteriormente, fino a riuscire a produrre le cellule nel rispetto dei parametri necessari per l’utilizzo clinico”.
Lo studio svedese potrebbe avere anche importanti ricadute nella comprensione di un’altra patologia neurodegenerativa che colpisce la coordinazione muscolare e porta a disturbi cognitivi, la malattia di Huntington, che il gruppo della Cattaneo presso l’Università di Milano studia da tempo. “I consorzi europei accelerano i percorsi di studio in tante direzioni – sottolinea la senatrice a vita -. Abbiamo potuto conoscere i risultati svedesi in anticipo, discuterli e integrarli nei nostri esperimenti. In questa prospettiva – conclude Cattaneo – la collaborazione europea emerge ancora una volta come qualcosa di enormemente prezioso”.
CUCCHI, TUTTI GLI INCREDIBILI ERRORI. - Giovanni Bianconi
La sentenza di assoluzione è il nuovo anello della catena di eventi relativi alla morte di Stefano Cucchi, non ancora l’ultimo. Altri se ne aggiungeranno, con il ricorso in Cassazione e i nuovi sviluppi giudiziari. Per adesso la Corte d’assise d’appello ha ritenuto insufficienti le prove raccolte contro tre guardie carcerarie e tre infermieri (per la seconda volta) e sei medici (ribaltando il giudizio di primo grado), dopo un’indagine che forse poteva essere condotta diversamente e di un’impostazione dell’accusa cambiata più volte in corsa.
Tuttavia le cause della drammatica fine di quel giovane entrato vivo e uscito cadavere dalla prigione in cui era stato rinchiuso risalgono a comportamenti precedenti a quelli finiti sotto processo, responsabilità di strutture statali che non sono mai state giudicate. Fin dalla sera dell’arresto di Cucchi, 15 ottobre 2009. Lo sorpresero con qualche dose di erba e cocaina, lo accompagnarono in una caserma dei carabinieri e Stefano ha cominciato a morire lì, prima stazione di una via crucis dalla quale non s’è salvato.
Nel verbale d’arresto i militari dell’Arma scrissero che Cucchi era «nato in Albania il 24.10.1975, in Italia senza fissa dimora»; peccato che fosse nato a Roma in tutt’altra data, e che l’abitazione in cui risultava ufficialmente residente fosse appena stata perquisita, senza esito, alla presenza sua e dei genitori. Evidentemente il verbalizzante aveva utilizzato, sul computer, il modello riempito in precedenza con i dati di un albanese, senza preoccuparsi di modificarli: una sciatteria che ebbe conseguenze fin dalla mattina successiva, visto che il giudice che convalidò l’arresto negò i domiciliari per la «mancanza di una fissa dimora risultante con certezza dagli atti». Fosse tornato a casa, sia pure da detenuto, probabilmente Stefano sarebbe ancora vivo.
Incredibile, ma vero. Nello stesso provvedimento venne anche scritto che «il prevenuto, interpellato, dichiara di non voler dare notizia del suo avvenuto arresto ai propri familiari»; in realtà i genitori l’avevano visto quasi in diretta, perché dopo il fermo e la perquisizione i carabinieri gliel’avevano comunicato. E al papà che chiedeva se dovesse avvisare l’avvocato, risposero che non c’era bisogno, avevano già provveduto loro. La mattina dopo, però, Stefano non trovò in aula il difensore di fiducia che voleva, ma uno d’ufficio.
Quel giorno, nei sotterranei del tribunale, Cucchi è stato picchiato come risulta dalle stessa sentenza che, in primo grado, non era riuscita a individuare le prove per condannare i responsabili (in quella d’appello si vedrà, ma è verosimile che sia avvenuta la stessa cosa). La morte del trentenne però - che certamente aveva un fisico gracile ma sano, tanto che poche ore prima di finire in gattabuia era stato nella palestra che frequentava regolarmente - non dipende solo dalle botte. È dovuta al viavai tra il carcere di Regina Coeli (dove a un medico che aveva constatato i segni delle percosse disse che era caduto dalle scale, tipica giustificazione dei detenuti che non si fidano di denunciare gli aggressori) e l’ospedale dove si decise di non farlo restare per evitare i piantonamenti, fino al ricovero nel reparto penitenziario del Pertini: un pezzo di carcere trasferito dentro un policlinico.
Anche qui si sono susseguiti eventi che hanno contribuito alla tragica fine di Stefano: l’assurdo divieto per i genitori che non solo non poterono incontrarlo prima di ottenere il permesso del giudice - e siccome c’era di mezzo il fine settimana, il via libera arrivò solo il giorno della morte -, ma per loro era vietato anche ricevere informazioni sul suo stato di salute. Avevano avuto la comunicazione del ricovero, ma era impossibile conoscerne il motivo: una regola talmente incredibile che dopo la morte di Stefano fu cancellata dalla burocrazia penitenziaria.
In quei giorni di isolamento - con papà e mamma lasciati dietro una porta blindata, ai quali fu concesso solo di lasciare un cambio per il figlio, rimasto però integro perché nessuno si preoccupò di aiutarlo a cambiarsi visto che non si poteva muovere dal letto - Cucchi chiese inutilmente di parlare col suo avvocato o con un assistente del centro per tossicodipendenti che frequentava in passato. Richiesta che non è mai uscita dal chiuso dell’ospedale Pertini, nonostante fosse annotata sul diario clinico, visto che per quel motivo Stefano rifiutava il cibo e le cure. Con la calligrafia ormai malferma per lo stato di sofferenza in cui versava, aveva perfino scritto una lettera all’operatore sociale, per chiedergli aiuto: qualcuno la spedì dopo che era morto.
Per tutta questa incredibile catena di fatti e misfatti, e altri ancora, Stefano Cucchi «ha concluso la sua vita in modo disumano e degradante», come scrisse il magistrato Sebastiano Ardita, all’epoca funzionario dell’amministrazione carceraria, nella relazione ispettiva del dicembre 2009.
Cinque anni dopo quella fine è rimasta senza colpevoli, ma il problema non è certo - o non solo - l’ultima sentenza.
http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=14149
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