lunedì 15 dicembre 2014

Mafia Capitale e l'affare sulla Nuvola di Fuksas: spuntano i nomi di D'Alema, Alfano, Fassina.

Mafia Capitale e l'affare sulla Nuvola di Fuksas: spuntano i nomi di D'Alema, Alfano, Fassina

Massimo D'AlemaStefano FassinaAngelino Alfano
Ci sono anche i loro nomi nelle intercettazioni finite nell'inchiesta su Mafia Capitale. E' di loro che parlano l'ex direttore marketing dell' Eur Spa Carlo Pucci e un commercialista, il consigliere della Marco Polo Spa (già nel consiglio di amministrazione dell'Ente Eur) Luigi Lausi che gli inquirenti considerano come il facilitatore dei pagamenti verso le coop di Buzzi per le commesse per l'Eur. Al centro della conversazione un misterioso affare legato alla Nuvola, il nuovo centro congressi progettato da Massimiliano Fuksas, opera i cui tempi e costi si sono via via dilatati negli anni, sfociando in un'indagine della Corte dei Conti.
Le intercettazioni - Nell'intercettazione, pubblicata dal Giornale, Lausi dice che Francesco Parlato, il responsabile della direzione generale Finanza e Privatizzazioni del Mef, azionista di Eur per il 90 per cento "è l' artefice, l'ideatore, il suggeritore, quello che non ha fatto capire un cazzo a Fassina, il deus ex machina insieme a Di Stefano di questa operazione". Di quale operazione - che farebbe capo a Marco Di Stefano (il deputato del PD autosospeso dopo che la procura l' ha accusato, in un' altra inchiesta, di aver preso una tangente da 1,8 milioni) e al dirigente del ministero di cui Fassina era sottosegretario - si parli, non è dato sapere. Ma Lausi è un fiume in piena. "Bisogna cacciare Parlato. Parlato è il colpevole numero uno di questa situazione, la mia relazione è stata data a Parlato due anni fa. Che parlasse col Senatore, ok? Perché questa relazione ce l' ha anche il Senatore, la cosa è nota da due anni. Loro mi ammazzano perché io ho detto due anni fa quello che sarebbe accaduto. Chiaro? Questo è».
"Alfano già lo sa" - Poi Lausi aggiunge: "Tieni presente che questa cosa Alfano già la sa". Pochi minuti e Pucci richiama Lausi per continuare il discorso. "Lui - gli spiega il commercialista riferito a Piergallini di Eur Spa - sta facendo una questione di principio, con 396 milioni di debito che oggi avete sul collo. È una situazione insostenibile. È Parlato - ribadisce Lausi - che deve saltare, ha ragione il senatore Esposito (presumibilmente Giuseppe Esposito di Ncd, ndr), ci ho parlato stamattina, stavo là con lui, Alfano già sa tutto, è quello che deve salta', mo' vado da D'Alema, mi faccio porta' da Di Cani, prossima settimana che tanto viene a Roma, è il mio avvocato, amici d' infanzia, mo' ce faccio un piatto che la metà basta". L'operazione, evidentemente opaca, che Lausi vuol portare a conoscenza pure di D'Alema e Fassina e che Alfano già conosce, potrebbe riguardare l' albergo in costruzione con la Nuvola. Fa propendere per questa ipotesi una telefonata tra gli stessi interlocutori, quattro giorni dopo. Lausi chiede a Pucci "se vi fossero novità, verosimilmente all' Eur Spa", e Pucci replica: "Caos totale".

domenica 14 dicembre 2014

Rosetta, l’acqua della Terra non viene dalle comete.

 (foto:  ESA/Rosetta/NAVCAM)
(foto:  ESA/Rosetta/NAVCAM)
L’acqua sulla Terra non proviene da comete come 67P/Churyumov-Gerasimenkosuperstar del 2014 dopo essere diventata, lo scorso 12 novembre, la prima cometa ad essere raggiunta da una sonda (Philae di Rosetta). A scartare l’ipotesi comete come portatrici dell’acqua sulla Terra è uno studio pubblicato su Science, che ha analizzato i dati raccolti dallo strumento Rosetta Orbiter Spectrometer for Ion and Neutral Analysis (Rosina) di Rosetta nei pressi della cometa 67P.
Per capire da dove arriva l’acqua sulla Terra gli scienziati sono soliti misurare il rapporto tra deuterio (un isotopo dell’idrogeno, che nel nucleo ospita anche un neutrone oltre ad un protone) e l‘idrogeno, andando alla ricerca nello Spazio di corpi celesti che abbiano un rapporto simile a quello osservato sul nostro pianeta, dove una piccola percentuale di acqua (circa 3 molecole su 10mila, ricorda Space.com) è costituita dalla cosiddetta acqua pesante (dove appunto uno dei due idrogeni della molecola H2O è rappresentato dal deuterio).
I corpi sotto osservazione e che gli astronomi considerano come possibili candidati ad aver trasportato acqua sulla Terra sono generalmente tre, ricordano dalla Nasa: gli asteroidi della fascia principale (dalle parti di Giove); le comete della nube di Oort (formatesi all’interno dell’orbita di Nettuno) e le comete della fascia di Kuiper (formatesi oltre l’orbita di Nettuno). L’acqua che bagna il nostro pianeta potrebbe, secondo le teorie più accreditate, essere stata trasportata da questi corpi circa 800 milioni dopo la sua formazione (avvenuta 4,6 miliardi di anni fa).
Le analisi effettuate da Rosetta hanno mostrato che almeno per la 67P (cometa della fascia di Kuiper) il rapporto tra deuterio e idrogeno osservato non è affatto simile a quello terrestre: in particolare è tre volte tanto quello che si trova negli oceani, ed è tra i più alti mai osservati nel Sistema solare. Tutto questo scarta l’ipotesi che comete come quella di Rosetta e Philae siano stati i veicoli dell’acqua sulla Terra. Ipotesi scartata già una trentina di anni fa, con le analisi discordanti compiute per la cometa di Halley (dalla nube di Oort), ma poi rinvigoritasi di recente con i dati – simili a quelli terrestri – compiuti sulla cometa Hartley 2 (dalla fascia di Kuiper).
I dati acquisiti dallo strumento Rosina – oltre a mostrare quanto diversa sia la composizione degli oggetti della fascia di Kuiper (forse non formatesi nella stessa regione del Sistema solare, spiegano gli esperti) – portano così a credere che gran parte dell’acqua sulla Terra arrivi dunque dagli asteroidi, come suggerito già in passato. Asteroidi che al tempo degli impatti che avrebbero portato l’acqua sulla Terra ne avrebbero contenuta molto di più, secondo gli studiosi. Anche infatti immaginando che diversi oggetti della fascia di Kuiper abbiano portato l’acqua sulla Terra, il contributo di oggetti come la 67P avrebbe reso il rapporto deuterio/idrogeno dell’acqua terrestre più alto di quello attuale.

Metodo Supercazzola. - Marco Travaglio

Il Metodo Supercazzola, tutto chiacchiere e distintivo, non l’ha certo inventato Renzi: la cosiddetta seconda Repubblica è piena di annunciatori, promettitori, declamatori che a parole ci hanno salvati non una, ma cento volte, poi nei fatti ci han rovinati. Renzi l’ha solo affinato ed elevato alla massima potenza. 
Funziona a tappe. 
1. Scoppia uno scandalo o giunge una notizia negativa. 
2. Il piè veloce Matteo lancia subito un messaggio di segno opposto – via Twitter, Facebook, slide, conferenza stampa, Leopolda, video – per scacciare o declassare il precedente dai titoli di tg e giornali. 
3. La stampa più credulona del mondo abbocca compiacente e strombazza la reazione del premier oscurando l’azione che l’ha provocata: “svolta”, “stretta”, “giro di vite”, “linea dura”, “così cambierà”, “rivoluzione”, “subito”, “ora”, “scatta”, “spunta”. 
4. Le rare volte in cui la tradizione orale diventa scritta, e cioè il messaggio si traduce in testo di legge, tg e giornali ripetono paro paro i titoli già fatti sull’annuncio renziano. Chi legge si divide fra due possibili reazioni: 
“ah, allora era proprio vero, questo Renzi è un uomo di parola”, 
oppure “ah, credevo che la legge ci fosse già, vabbè comunque ora c’è”. Naturalmente la legge non c’è nemmeno ora: è solo un ddl che il governo lancia come un aeroplanino di carta nell’oceano delle aule parlamentari e va a marcire sui fondali senza lasciar traccia di sé. 
5. Al primo nuovo scandalo o fatto negativo, la maggioranza ripesca quel che resta dell’aeroplanino e annuncia che il ddl è in discussione e verrà presto approvato, anzi adesso, subito. I giornali riannunciano: è fatta. Intanto il Parlamento ha altro da fare (di solito qualche decreto o legge delega da approvare alla svelta con la fiducia: roba perlopiù inutile tipo le ferie dei giudici o dannoso come il Jobs Act), o comunque la maggioranza si spacca (di solito per le norme davvero utili o urgenti, tipo contro la corruzione e la mafia); segue bombardamento di emendamenti e il ddl torna sul binario morto. 
6. All’ennesimo nuovo scandalo o fatto negativo, confidando nella smemoratezza generale e nella complicità della stampa, Renzi riannuncia lo stesso annuncio già annunciato qualche mese prima, strappando gli stessi titoli nei tg e sui giornali, e riparte la rumba.

Risultato: zero, nessuna legge sulla Gazzetta Ufficiale. E, anche nel caso rarissimo in cui la legge venga approvata, dopo mesi o anni si scopre che: 
a) nessuno s’è curato di varare i decreti delegati o le norme attuative, dunque il provvedimento è rimasto lettera morta e nulla è cambiato; 
b) oppure la legge contiene un codicillo infilato all’ultimo momento che la rende inapplicabile o sortisce l’effetto opposto a quello annunciato (vedi legge Severino e voto di scambio).
Ora torna di gran moda l’anticorruzione.
Martedì: “Renzi: non lasceremo la Capitale ai ladri, chi sbaglia paga” (La Stampa).
Mercoledì: “Corruzione, pene più dure” (Corriere), “Stretta sui corrotti: carcere più duro e soldi restituiti”, “Il giro di vite di Renzi” (Repubblica).
Venerdì: “Ecco il piano anticorruzione: pene aumentate del 50% e prescrizione più lunga” (Repubblica), “Pene più alte e beni da restituire” (Corriere).
Sabato: “Corruzione, pene più dure. In cella anche chi patteggia”, “Sì alla stretta anticorruzione: pene più alte e beni confiscati. Il premier: ora processi veloci” (Repubblica), ”Stretta del governo sulla corruzione”, “Corruzione, così aumenta la pena” (Corriere), “La svolta di Renzi: ‘Pronto a mettere la fiducia’”, “Renzi: ‘Non daremo tregua’” (La Stampa).
Leggendo meglio, si scopre che gli ora e i “subito” sono balle: non è un decreto, è il solito ddl che non ha i numeri in Parlamento, perché Ncd e FI non lo voteranno mai e, se Renzi chiedesse aiuto ai 5Stelle, farebbero cadere il governo. Un’altra pera di droga ed estrogeni nelle vene esauste del Paese, aspettando che passi la nuttata. 
Come diceva Sabina Guzzanti ai tempi di un altro celebre supercazzolaro: “Il canale di Sicilia è pieno di auto di cittadini convinti che il Ponte sullo Stretto sia stato costruito”.
Il Fatto Quotidiano, 14 Dicembre 2014.

Cani randagi, Scicli snodo dei “viaggi della speranza”. Fa tutto “Mamma Chiara”. - Eri Garuti

Cani randagi, Scicli snodo dei “viaggi della speranza”. Fa tutto “Mamma Chiara”

Dalla cittadina del Ragusano passa la metà degli animali che dai canili siciliani partono verso il Nord. A far la parte del leone, la onlus della "staffettista" Chiara Notarsitefano, attaccata dagli animalisti per le condizioni di trasporto.

Tutte le strade portano a Scicli. Almeno per i cani siciliani. Animali prelevati dai canili di mezza regione transitano per la località del ragusano prima di ripartire verso il centro-nord della penisola. A Scicli si trova infatti il terreno dell’associazione «Mamma Chiara Animal Onlus», organizzazione di Chiara NotaristefanoIncurante delle polemiche sulla staffettista in questione, il 14 agosto il comune di Scicli le ha affidato la custodia e cura di 4 randagi a fronte di un rimborso di 350 euro a cane. Certo, il sindaco Franco Susino ha ben altro per la testa, visto che da luglio è indagato per concorso esterno in associazione mafiosa.
Ma perché la signora Notaristefano da Monza ha scelto Scicli come sua seconda sede? Questa località fin dal 2009 (sull’onda dell’emozione per l’aggressione mortale a un bambino da parte di un gruppo di cani di proprietà ma descritti erroneamente come randagi) aveva avviato programmi per il trasferimento di cani verso il nord e l’estero. Ad occuparsene, tra gli altri, Letizia Trovato, dipendente Telecom e delegata ragusana della Fiba, l’associazione capeggiata dal lombardo Giancarlo Comazzi e la cui presidente onoraria è Letizia Moratti.
Letizia Trovato, che collabora strettamente con Notaristefano, ha anche coordinato fino al febbraio 2014 le attività dei volontari nelcanile di Modica, struttura creata dal comune nel 2008 e non ancora messa a norma. Poi la sua decisione di anticipare la data di partenza di 15 cani per il nord e la contemporanea sparizione di 8 cuccioli non microchippati (episodio controverso per il quale la rappresentante Fiba e altri animalisti si accusano a vicenda) hanno provocato contrasti insanabili in quella struttura. Modica paga in alcuni casi per il trasporto, in altri per il mantenimento degli animali nelle strutture fuori regione e ha stretto accordi prima con la Fiba, poi con l’Enpa di Bologna e recentemente con Ernesto Zagni.
Altro personaggio di Scicli è Maria Teresa Iurato, detta Resi, referente del sindaco per il randagismo, a titolo gratuito. Pur se impegnata per la sterilizzazione dei cani in loco, la signora Iurato sostiene anche la scelta di mandarli altrove. Lei stessa ne ha trasferiti decine, ricevendo rimborsi personalmente o a nome dell’associazione Vivagaia. Nel 2011, il comune di Scicli le ha versato 643,24 euro per il trasporto di 5 cani a Torino e in Francia e 1022,50 euro per altri 9 randagi diretti a Ponderano (Biella) e Grenoble. Nel 2012 Iurato ha ricevuto dallo stesso ente 2455,65 euro per 8 animali recapitati a Pordenone e 2811,72 euro per 17 cani consegnati a Torino. Senza contare che l’associazione Aida, di cui fa parte attualmente, ha stipulato convenzioni con molti comuni sia per lo spostamento di cani al nord o all’estero sia per la più ampia attività di gestione dei canili. “Ora sono impegnata in politica e non ho più tempo di occuparmi delle partenze di cani”, ci dice al telefono. “Continuo solo con le sterilizzazioni e le reimmissioni sul territorio.”
Il sodalizio di Resi Iurato con la Francia si è sviluppato grazie a Michela Jugovac, abitante a Trieste e con molteplici contatti oltralpe. Jugovac e i suoi amici hanno lanciato appelli su siti francesi in più occasioni per raccogliere fondi sul conto paypal di Iurato e finanziare i “viaggi della speranza”: circa 1500 euro la cifra richiesta e raccolta per ogni tragitto, ad esempio a fine 2013 e nel febbraio 2014 , senza precisare che l’Aida riceveva intanto 2809 euro dal comune di Scicli per spostamenti effettuati nello stesso periodo.
Candidamente Michela Jugovac annunciava però il 14 febbraio che il camion era stato fermato dalla polizia e che prima di ripartire bisognava trovarne uno a norma e pagare 2000 euro di multa. Da noi contattata, Jugovac non ha voluto rilasciarci dichiarazioni. Resi Iurato, invece, afferma: “Dire che quel viaggio è stato finanziato due volte è un po’ ridicolo. I comuni pagano in ritardo anche di 2 o 3 anni. Con tutte le spese che abbiamo avuto, ci abbiamo rimesso un fiume di soldi.”
Destinatarie dei meticci almeno 4 diverse associazioni francesi, come si evince sia dai messaggi di Jugovac su internet, sia dalle attuali registrazioni dei microchip in Francia. Ma in Italia quei microchip risultano intestati tutti a una sola delle sigle in questione: “Liberté sans frontières”, molto nota ed apprezzata nel suo paese. Alcuni sono stati probabilmente adottati, mentre Sara, Macchia e altri si trovano ancora sul sito del rifugio. E, come è normale in Francia, per la loro adozione è richiesto un contributo di 250 euro, visto che, diversamente da quanto previsto in Italia, le amministrazioni pubbliche non finanziano mantenimento, sterilizzazioni e vaccini e le associazioni si rivalgono sugli adottanti.
La fondatrice dell’associazione, Régine Gayet, da noi interpellata, ha spiegato che uno dei cani non si adattava alla convivenza con gli altri ospiti del suo rifugio ed è quindi stato mandato in una struttura della Spa (l’ente francese che si occupa dei randagi e che, a differenza dei canili italiani, può sopprimere gli animali 8 giorni dopo il loro arrivo). Non sappiamo se quel cane sia ancora vivo. Se avesse potuto scegliere, forse avrebbe preferito restare per la strada in Sicilia.

venerdì 12 dicembre 2014

Il malaffare, l’"antipolitica" e le colpe di Napolitano. - Angelo Cannatà



Ci sono persone che amano essere venerate come divinità. Non sbagliano mai. Non hanno colpe. Possiedono la verità. Napolitano, per esempio. L’ultimo discorso mostra – come meglio non si potrebbe – questo stile di pensiero. I cortigiani plaudono. Il Presidente ha parlato. “L’ha detto lui”, dunque non può che essere vero. E’ lecito praticare – di fronte a tante certezze – l’esercizio del dubbio? 

L’impressione, per dirla in modo chiaro, è che il testo letto all’Accademia dei Lincei contenga una forte carica di ambiguità. Vediamo. 

Si parla della necessità di combattere il malaffare. Giusto. Venezia, Milano e “Mafia Capitale” fanno orrore e vedono coinvolti destra e sinistra. Dopodiché si additano come “patologia” coloro che negli scandali non sono coinvolti, non rubano, non sono collusi con la mafia. I conti non tornano. Vedere nei grillini una “patologia del sistema”, significa nascondere che non solo sono onesti ma restituiscono quanto gli spetta per legge. Ergo: il Presidente di fatto delegittima (come “antipolitica”), la forza parlamentare che lotta la corruzione, proprio mentre dice che la corruzione va combattuta. Protagora e Gorgia (insieme) non avrebbero fatto di meglio. 

Il richiamo ai sofisti non è casuale. Perché i fatti, davvero, vengono stravolti con un gioco linguistico: a sentire Napolitano chi denuncia gli scandali “in realtà” li cavalca. Con un gioco di prestigio dialettico si cambiano i termini (e le carte in tavola), si fa sparire la verità e dal cilindro spuntano i 5Stelle – “patologia eversiva” – responsabili di tutti i mali d’Italia. Una favola. Alla quale non crede più nessuno. 

Piuttosto. Visto che il Capo dello Stato riconosce, finalmente, le responsabilità di Renzi (“banditore di smisurate speranze”, “per giunta senza alcun ben determinato retroterra”), è lecito chiedere chi l’ha nominato/sostenuto/consigliato/guidato? Non sono sue – Presidente – le “smisurate speranze” nel segretario fiorentino e nel supertecnico Monti enella inflessibile Fornero, nell’inconcludente Letta? Non è responsabile anche lei del fallimento di una politica che – con ostinazione – ha tolto ai cittadini la possibilità di scegliersi un governo? Nessuna autocritica. Mai. È imbarazzante la certezza del Capo dello Stato. 

Viene in mente Stirner. L’Unico. Benché provenga dalla tradizione marxista Re Giorgio adotta schemi e stili di pensiero che trascurano le cause economiche e sociali della crisi politica. Soprattutto: ha pensato di risolverla, la crisi, scrivendo il copione, dettando i tempi e dirigendo dalla cabina di regia. S’è sentito l’Unico in grado di capire guidare il Paese. Intendiamoci. Che l’abbia guidato è incontestabile; che l’abbia anche capito e trovato soluzioni giuste – visto il fallimento – è un altro discorso. No. Napolitano non è stato un buon Presidente. E non va giudicato per le intenzioni (Kant), ma per le responsabilità (Weber): se il risultato delle sue scelte è un disastro non può chiamarsi fuori. Le smisurate (e mal riposte) speranze in progetti e uomini sbagliati fanno parte della storia del Presidente Giorgio Napolitano. 

Infine. Il Nostro ritiene che il degrado sia frutto anche “d’infiniti canali di comunicazione, di giornali tradizionalmente paludati, opinion makers senza scrupoli”. I giornalisti. Ecco i responsabili: l’hanno tirato in ballo sulla trattativa Stato-mafia. Napolitano rifiuta l’evidenza: “lo Stato è sceso a patti dopo le stragi e oggi è ancora più succube delle organizzazioni criminali” (Ingroia). “Mafia Capitale” è figlia di un clima: di tolleranza e trattative, oltre che di squallidi interessi per il Dio denaro. 

Se questo è il quadro – nonostante i banalizzatori (non solo Ferrara) – l’auspicio di Re Giorgio “di una larga mobilitazione collettiva” contro l’antipolitica è fuori dalla realtà: il Paese si mobilita, oggi, contro corrotti e corruttori; sta con chi non ruba e pensa, per intenderci, alla redistribuzione del reddito. Al salario di cittadinanza. Sarà un tema decisivo nelle prossime elezioni. Il popolo rivendica diritti. Ed ha superato – in larghi settori della società – la soglia minima di povertà. I cittadini votano guardando le proprie tasche vuote. E quelle, troppo piene, dei politici. Di quale mobilitazione va parlando Giorgio Napolitano? Per difendere chi? 


http://temi.repubblica.it/micromega-online/il-malaffare-l%E2%80%99antipolitica-e-le-colpe-di-napolitano/

Leggi anche:
http://blog-micromega.blogautore.espresso.repubblica.it/2014/12/11/pierfranco-pellizzetti-napilitano-anti-antipolitica-surreale/

giovedì 11 dicembre 2014

Salvò 669 bimbi durante l’Olocausto… e non sa che sono seduti al suo fianco.



Nicholas Winton organizzò un’operazione di salvataggio che mise in salvo le vite di 669 bimbi ebrei Cecoslovacchi dai campi di concentramento, trasferendoli al sicuro in Inghilterra negli anni 1938-1939.

Dopo la fine della guerra, i suoi sforzi rimasero sconosciuti fino a che nel 1988 la moglie trovò un quaderno del 1939 con la lista completa di nomi e foto dei bambini.

Questo è un estratto del video che ha ripreso Nicholas Winton inconsapevolmente seduto tra quegli stessi ebrei che aveva salvato 50 anni prima.

Trattativa, pm chiede condanna a 9 anni per Mannino. - Giuseppe Pipitone



È la prima richiesta di condanna in un procedimento sul Patto tra pezzi delle Istituzioni e Cosa Nostra. L’ex ministro democristiano ha scelto di essere processato con il rito abbreviato: e dopo tre udienze i pm Vittorio Teresi e Roberto Tartaglia hanno concluso l’esposizione della requisitoria, formulando la richiesta di pena davanti al gup Marina Petruzzella.


Nove anni di carcere: è questa la richiesta di pena formulata dall’accusa per Calogero Mannino. L’ex ministro democristiano, imputato per la Trattativa Stato mafia. Mannino ha scelto di essere processato con il rito abbreviato: e dopo tre udienze i pm Vittorio Teresi e Roberto Tartaglia hanno concluso l’esposizione della requisitoria, formulando la richiesta di pena davanti al gup Marina Petruzzella. È la prima richiesta di condanna dei pm di Palermo in un procedimento per il Patto tra pezzi delle Istituzioni e Cosa Nostra. Per l’accusa Mannino è l’uomo del prequel della Trattativa: finito nella black list di Totò Riina, che voleva punire i politici che non avevano mantenuto le promesse fatte ai boss, l’ex ministro prova ad aprire un contatto con Cosa Nostra per salvarsi la vita. Nella requisitoria i pm hanno ripercorso le varie fasi del quadro probatorio a carico di Mannino: dai contatti del Ros con Vito Ciancimino, alle dichiarazioni di Luciano Violante arrivate con vent’anni di ritardo, fino ai documenti prodotti da Ciancimino Junior.
Per i pm, le varie fasi dei contatti tra il Ros di Mario Mori e Giuseppe De Donno con Vito Ciancimino, “rappresentano in pieno il contributo morale e fattuale di Calogero Mannino“. I Ros avrebbero “agganciato” l’ex sindaco mafioso di Palermo su input di Mannino, terrorizzato per la condanna a morte emessa da Riina. È per questo che inizia la Trattativa: non per fermare le stragi ma per salvare la vita ad alcuni politici” aveva esordito Tartaglia.
“Oggi – continuava i pm nelle udienze precedenti il generale Mori e il colonnello De Donno parlano di raffinata operazione di polizia giudiziaria a proposito dei colloqui con l’ex sindaco Vito Ciancimino, nel 1992. Fino a ieri pomeriggio, l’ha ribadito in un’intervista il capitano Ultimo. Ma nel 1998 dicevano ben altro i carabinieri davanti ai giudici di Firenze, parlando esplicitamente di Trattativa”. Il riferimento è per l’udienza del 27 gennaio del 1998, davanti la corte d’assise di Firenze, quando Mori raccontò per la prima volta quei contatti con l’ex sindaco mafioso di Palermo. “Andammo da Ciancimino – disse Mori – e prendemmo il discorso: ormai c’è muro contro muro, ma non si può parlare con questa gente? Lui dice di si, si potrebbe, ci dice che è  in condizioni di poterlo fare. Certo io non potevo dire signor Ciancimino mi faccia arrestare Riina e Provenzano. Gli dissi lei non si preoccupi, e lui capì volevamo sviluppare questa trattativa”.
Ad aggravare i rapporti tra il Ros è Ciancimino, è il fascicolo sull’ex sindaco trovato nell’archivio dell’Arma. “Lì non c’è un solo appunto, neanche criptato, sui colloqui fra i carabinieri e Ciancimino. Dall’aprile del 1992 a dicembre non c’è nulla. Poi, all’improvviso, il 18 dicembre, il giorno dell’arresto dell’ex sindaco compaiono degli articoli dei giornali” ha detto Tartaglia.
Importantissime, per il pm “le testimonianze che ad un certo punto importanti esponenti istituzionali hanno ritenuto di consegnare all’autorità giudiziaria, vent’anni dopo i fatti: una sorta di operazione di recupero della memoria“. Primo anello della catena, l’onorevole Luciano Violante, che “poco dopo le dichiarazioni di Massimo Ciancimino, e dopo tanti anni dai fatti accaduti, parla con la procura, raccontando di essere stato avvicinato da Mario Mori nell’autunno del 1992″. In tutti questi incontri, Mori chiede a Violante, se per caso l’allora presidente della commissione antimafia fosse interessato a “incontrare Vito Ciancimino“. Un racconto, ha sottolineato il pm, che arriva solo 20 anni dopo. “Il dato importante – ha spiegato il pm – è che Mori non comunica quella volontà all’autorità giudiziaria, segno che la sua è un’attività politica non giudiziaria”. Mandante dei carabinieri sarebbe stato proprio Mannino, che nel maggio del 1992 veniva monitorato da Giovanni Brusca. “Feci dei sopralluoghi sia a Palermo che a Sciacca (città d’origine del politico)” ha raccontato il collaboratore di giustizia. Poi Mori e De Donno iniziano a incontrare Ciancimino, a discutere di papello: e la condanna a morte per Mannino viene annullata.
A chiedere la condanna di Mannino, anche l’avvocatura dello Stato, il Partito Rifondazione Comunista e il comune di Palermo, che si sono costituiti parte civile. L’avvocato Giovanni Airò Farulla, che rappresenta il comune palermitano, ha chiesto un milione di euro come risarcimento danni all’ex ministro.