martedì 17 dicembre 2019

"Fallisce un’azienda? Ci rimette lo Stato" - Milena Gabanelli e Fabrizio Massaro



È un numero talmente enorme che si fa fatica a raffigurarlo: 105,7 miliardi di euro. Sono i crediti che il Fisco non è ancora riuscito ad incassare dalle società fallite o in amministrazioni straordinarie ancora in corso. Parliamo di imposte sui redditi, Iva, ritenute d’ acconto, contributi previdenziali, tasse locali ecc. I dati dell’ Agenzia delle Entrate sono impietosi. Su 161,7 miliardi di euro di domande di ammissione al passivo, finora il Fisco ha recuperato appena 2,6 miliardi, ovvero l’ 1,6%. Praticamente niente.
Sono cifre che riguardano un numero molto grande di imprese: ogni anno ne saltano circa 13-15 mila. Fra queste ci sono quelle che nascondono la crisi spostando in avanti l’insolvenza sperando di farcela. In nove casi su dieci il dissesto si aggrava. Secondo l’esperienza dei magistrati fallimentari sono le situazioni meno gravi, perché l’ intento non è di frodare i creditori, e inoltre non rappresentano la maggior parte dei crediti fiscali.
C’è poi una seconda tipologia di imprese che vanno male: sono quelle nelle quali gli imprenditori o gli amministratori allungano i tempi per svuotare l’ azienda di quello che è rimasto. È un fenomeno più grave perché spesso non versano l’Iva, vendono immobili e macchinari utilizzando prestanome per nascondere le responsabilità. Si arriva così alla bancarotta per distrazione, che si lascia dietro crediti a carico dei fornitori, delle banche e del Fisco.
Negli ultimi anni però si sta ingigantendo il dissesto di impresa di «terzo tipo», quello più destabilizzante per l’ economia. «Sono società costituite apposta per durare uno-due anni, pianificando il non pagamento di imposte e contributi previdenziali», spiega Roberto Fontana, sostituto procuratore nel dipartimento Crisi d’ impresa della Procura di Milano. Si tratta in particolare di cooperative o piccole srl, che si aggiudicano a basso costo contratti di appalto o subappalto e che spariscono in poco tempo. È un fenomeno diffuso in alcuni settori produttivi, nelle attività di servizi, ma soprattutto nella logistica.
Lo schema è sempre lo stesso: il committente, spesso un soggetto internazionale, affida gran parte della gestione delle merci a società esterne, che a loro volta si affidano a piccole società, a cooperative, spesso con l’ interposizione fittizia di un consorzio. Queste società di solito non hanno mezzi propri, perché glieli mette a disposizione il committente. Di fatto, gestiscono solo la manodopera, hanno pochissimo capitale, ma assumono molti dipendenti che operano anche in violazione delle norme sul lavoro. Il loro scopo è quello di portare a casa appalti sottocosto.
Come fanno a stare in piedi? Fin dal primo giorno di attività non versano l’ Iva e non pagano le ritenute d’ acconto e i contributi previdenziali ai dipendenti. Dopo uno-due anni i lavoratori – spesso extracomunitari – vengono licenziati e riassunti da una nuova coop, gestita dagli stessi amministratori (a loro volta, spesso, dei prestanome), che lavora per lo stesso committente. E ricomincia la giostra.
Un caso emblematico è quello di Ceva Logistics. Lo scorso maggio la sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Milano ha disposto un’ inedita «amministrazione giudiziaria» di uno degli stabilimenti di «Ceva Logistics Italia srl», divisione italiana del colosso quotato a Zurigo e con 7 miliardi di fatturato in 170 Paesi per 58.000 impiegati. Nel mirino i rapporti con Premium Net, un consorzio di cooperative che operava a Pavia: gestiva la distribuzione dei libri per le principali case editrici.
Solo che dietro al consorzio, scrivono i giudici, si nascondeva un «sistematico sfruttamento di lavoratori, con straordinari imposti sotto minaccia di licenziamento, retribuzione difforme dalle ore davvero lavorate (anche 11), e omesso versamento di contributi». Il committente Ceva è coinvolto perché secondo i giudici avrebbe dovuto sapere che i prezzi praticati erano troppo bassi per operare nella legalità. Allarmi simili sono stati sollevati di recente sull’ Ortomercato di Milano, e anche altre società della logistica oggi sono indagate.
Il risultato è la distruzione del sistema della concorrenza, perché falsando il mercato vengono espulse le imprese che rispettano le regole. A terra restano lavoratori non pagati e domina il caporalato, mentre sulle spalle dei cittadini gravano i miliardi di euro sottratti all’erario e alla previdenza. È un sistema che trascina verso il basso stipendi e diritti dei lavoratori, e che tutti noi contribuiamo a tenere in piedi quando acquistiamo online senza pagare la spedizione.
Pensando pure di fare un buon affare. Per dare un’ idea dell’ ampiezza: nella logistica il fatturato nazionale è di 32 miliardi di euro, il 40% è concentrato in Lombardia. Mentre nella sola area di Milano, per quel che riguarda i debiti di tutte le società fallite verso enti previdenziali, dipendenti, fornitori, banche, si è passati dai 25 miliardi del 2015 agli oltre 40 miliardi del 2018.
La risposta dello Stato è inadeguata e inefficiente, perché arriva anni dopo con l’ avviso di accertamento dell’ Agenzia delle Entrate e poi con la procedura esecutiva. Ma a quel punto attivi da aggredire non ce ne sono più e diventa anche difficile individuare chi sono i veri responsabili.
«Invece queste società bisogna farle fallire subito, per contenere i danni e perseguire efficacemente i colpevoli. Questo perché dei 105 miliardi che mancano, l’ 80% derivano proprio dai dissesti del secondo e terzo tipo» dichiara il sostituto procuratore Fontana. Mentre qualche settimana fa il procuratore della Repubblica di Milano, Francesco Greco, ad un convegno a porte chiuse ha spiegato la folle evasione dell’ Iva con un paradosso: «È come se ci fosse stato un patto tra imprese e Stato che diceva: anziché in banca, finanziatevi non versando l’ Iva, che poi è una tassa europea. Sono 35 miliardi ogni anno, e una grossa fetta solo a Milano».
Su questi numeri incidono anche le cartiere: società fantasma che nascono solo per fare fatture false e frodare l’ Iva. Per contrastare il fenomeno in Procura si utilizza molto la norma che punisce il fallimento «come conseguenza di operazioni dolose (223 comma 2 della Legge Fallimentare)». Una norma che invece non è molto applicata nelle altre Procure italiane. Anche qui, insomma, un modello Milano si impone.
A livello nazionale invece è stato varato da poco il nuovo codice delle crisi d’ impresa.
Da gennaio tutte le società con almeno 4 milioni di fatturato devono dotarsi di un sindaco unico che deve sollecitare l’ impresa a prendere tutte le iniziative necessarie a salvarsi, a cominciare da un accordo stragiudiziale con i creditori. Ma le norme più efficaci saranno in vigore solo dal 15 agosto 2020: sono quelle relative agli «strumenti di allerta».
Prevedono un intervento degli organismi di controllo non appena l’ azienda dia i primi segni di squilibrio finanziario, patrimoniale o di cassa. La segnalazione potrà avvenire anche dall’Inps e dalla stessa Agenzia delle Entrate, che però è notoriamente sottorganico. Ci vorrà qualche anno per capire se il nuovo sistema servirà a contenere le truffe a danno del Fisco. Nel frattempo l’ Erario continuerà ad accumulare crediti inesigibili, e il debito pubblico aumenterà.

lunedì 16 dicembre 2019

Clima: delusione alla Cop25, rinvio sul nodo centrale del mercato di carbonio.



COP25 UN Climate Change Conference continues in Madrid. (ansa)

Se ne dovrebbe riparlare a Bonn nel giugno 2020.

Fumata nera per la Cop 25 di Madrid che, nonostante i tempi supplementari, si è chiusa senza un'intesa sull'articolo 6 dell'Accordo di Parigi sulla regolazione globale del mercato del carbonio, il nodo più difficile da sciogliere.   
Delusione, dunque, di molti Paesi alla Conferenza su questo punto dell'agenda dei lavori. Se ne dovrebbe riparlare a Bonn nel giugno 2020.
 L'unico punto positivo l'obbligo per i Paesi ricchi di indicare di quanto aumenteranno gli impegni per tagliare i gas serra. Per il via libera al documento finale, si è riunita la plenaria dei 196 Paesi più l'Ue per il via libera al documento finale.
La Cop25 a Madrid è stata la più lunga fra tutte le edizioni con due giorni extra. Hanno vinto i Paesi vulnerabili (quelli che rischiano di sparire come le piccole isole del Pacifico) rispetto a quelli ricchi sul punto dell'Ambizione: cioè, entro l'anno prossimo questi ultimi dovranno indicare (sarà un obbligo e non un'opzione) di quanto aumenteranno gli impegni per tagliare i gas serra. Il 2020, quindi, si propstetta cruciale per salvare l'accordo di Parigi.
A parlare di fallimento sia Greta sia lo stesso segretario generale dell'Onu Antonio Guterres.  
"Sembra che la Cop25 di Madrid stia fallendo. La scienza è chiara, ma la si sta ignorando. Qualunque cosa accada non ci arrenderemo mai. Abbiamo solo appena iniziato", scrive su Twitter l'attivista Greta Thunberg. 
Guterres si è setto "deluso" dai risultati della conferenza, affermando che "la comunità internazionale ha perso una opportunità importante per mostrare maggiore ambizione" nell'affrontare la crisi dei cambiamenti climatici. "Non dobbiamo arrenderci, e io non mi arrenderò", ha concluso.
Va all'attacco Greenpeace. Secondo l'associazione,  i progressi che ci si auspicava emergessero dalla COP25 sono stati "ancora una volta compromessi dagli interessi delle compagnie dei combustibili fossili e di quelle imprese che vedono in un accordo multilaterale contro l'emergenza climatica una minaccia per i loro margini di profitto". "Durante questo meeting - sottolinea - la porta è stata letteralmente chiusa a valori e fatti, mentre la società civile e gli scienziati che chiedevano la lotta all'emergenza climatica venivano addirittura temporaneamente esclusi dalla COP25. Invece, i politici si sono scontrati sull'Articolo 6 relativo allo schema del commercio delle quote di carbonio, una minaccia per i diritti dei popoli indigeni nonché un'etichetta di prezzo sulla natura. Ad eccezione dei rappresentanti dei Paesi più vulnerabili, i leader politici non hanno mostrato alcun impegno a ridurre le emissioni, chiaramente non comprendendo la minaccia esistenziale della crisi climatica".
I governi "devono ripensare completamente il modo con cui conducono queste trattative, perché l'esito di questa COP è totalmente inaccettabile", dichiara Jennifer Morgan, direttrice esecutiva di Greenpeace International. C'era necessità, afferma ancora, "di decisioni che rispondessero alle sollecitazioni lanciate dalle nuove generazioni, che avessero la scienza come punto di riferimento, che riconoscessero l'urgenza e dichiarassero l'emergenza climatica. Anche per l'irresponsabile debolezza della presidenza cilena, Paesi come Brasile e Arabia Saudita hanno invece fatto muro, vendendo accordi sul carbonio e travolgendo scienziati e società civile".
L'accordo di Parigi "potrebbe essere stato vittima di una manciata di potenti 'economie del carbonio'. Da questa COP è tuttavia emerso che ci sono alcune forze positive al lavoro: la High Ambition Coalition durante questa settimana ha offerto un'ancora di salvezza, e i piccoli Stati insulari - conclude l'associazione - si stanno rafforzando di giorno in giorno, mantenendo vivo l'accordo di Parigi".

Manovra, Mattarella ha firmato. Niente tagli alle pensioni d’oro. - Marco Rogari e Gianni Trovati

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Il capo dello Stato Sergio Mattarella ha firmato l'autorizzazione alla presentazione alle Camere del disegno di legge di bilancio. Esce in extremis dalla manovra la tassa sulla pesca sportiva. Sul filo di lana sale invece sul treno del provvedimento un rifinanziamento da tre milioni per il fondo destinato alle politiche migratorie. A differenza del taglio alle pensioni d’oro, che non è riuscito a farsi largo nel testo ma che dovrebbe rientrare attraverso un emendamento nel corso dell’iter parlamentare.

Sale dal 30% all’80% il taglio ai fondi extra-sanità e welfare per le Regioni che entro 6 mesi non aboliranno i vitalizi. Salta l’articolo dedicato al fondo per la famiglia ma lo stanziamento da 100 milioni, assicurano fonti ministeriali, è nei rifinanziamenti scritti nella seconda sezione della legge di bilancio. Sono queste le ultime novità del testo bollinato dalla Ragioneria generale dello Stato per l’invio al Quirinale e firmato in serata dal capo dello Stato.

I due fondi per pensioni e reddito di cittadinanza.
I 108 articoli arrivati al Colle confermano insomma l’impianto sostanziale della manovra. E in particolare il fatto che per il momento su riforma delle pensioni e reddito di cittadinanza, le due misure chiave del contratto di governo, ci si limita a due fondi. Le regole sono affidate a disegni di legge collegati che dovranno rispettare i tetti di spesa fissati dalla manovra. Anzi: le eventuali economie rispetto agli stanziamenti «possono essere» redistribuite fra pensioni e reddito, ma portanno essere dedicate anche ad altri scopi. Per esempio un freno al deficit in caso di problemi.

Ora, dopo la firma del presidente Mattarella, il testo approderà alla Camera con le tabelle sui saldi di bilancio. Il primo passo sarà rappresentato dagli eventuali stralci di norme considerate ordinamentali, e quindi fuori linea rispetto alle regole imposte dalla riforma della contabilità. Poi si passerà al merito con il primo tour di audizioni e l’esame in commissione Bilancio, che non sarà breve. Il testo arriverà in Aula a Montecitorio fra il 29 e il 30 novembre.

Niente taglio alle pensioni d’oro.
Sulle “pensioni d’oro”, l’ultima ipotesi di modifica circolata era quella di un contributo di solidarietà articolato in tre fasce: tra 90 e 120mila euro (6% di prelievo), 120-160mila euro (12%), oltre i 160mila euro (18%). Il taglio alle pensioni d’oro avrebbe potuto garantire risparmi compresi tra i 200 e i 300 milioni l’anno. La decisione di non procedere al taglio sarebbe stata determinata dai rischi di incostituzionalità della norma.

Pensioni d’oro potrebbero rientrare con un emendamento.
Secondo fonti di governo del M5S la norma sulle pensioni d'oro sarà introdotta in commissione durante l'esame della legge di bilancio. Su questo ci sarebbe l'accordo con la Lega. Il taglio escluderà le pensioni maturate con il sistema contributivo e le casse complementari. Riguarderà solo gli assegni a partire dai 90 mila euro.

https://www.ilsole24ore.com/art/manovra-mattarella-ha-firmato-niente-tagli-pensioni-d-oro-AEv7MrYG?fbclid=IwAR06gpc5pe99qM4ZnlQBQYbSRPamUhaUP7-00eHkyaivs1T9SQPS9Fbr7Ok&refresh_ce=1

Incassavano la pensione di persone morte, 37 denunciati.

Incassavano la pensione di persone morte, 37 denunciati

Danno 3mln a Inps,in un caso preso per 23 anni indennizzo guerra.


Hanno preso per anni la pensione di parenti morti. In un caso per ben 23 anni un figlio ha incassato quella di guerra di un genitore morto. Per questo 37 persone sono state denunciate all'autorità giudiziaria dai finanzieri del Comando Provinciale di Roma: continuando a percepire mensilmente, dopo il decesso degli aventi diritto, la pensione, l'assegno sociale, l'indennità di accompagnamento o la pensione "di guerra", a seconda dei casi, avrebbero causato un danno di 3 milioni per le casse dell'Inps e del ministero dell'Economia e delle Finanze.
Il Nucleo Speciale Spesa Pubblica e Repressione Frodi Comunitarie della Guardia di Finanza, dopo aver acquisito dall'Inps e dal Ministero dell'Economia i nominativi di titolari di pensione, aveva avviato il loro monitoraggio "a tappeto", incrociando tali informazioni con quelle contenute nelle banche dati disponibili, al fine di verificare l'eventuale decesso dell'avente diritto e possibili casi di percezione dell'emolumento da parte di terze persone.
In seguito agli approfondimenti eseguiti "sul campo", le Fiamme Gialle, avvalendosi della collaborazione delle sedi locali dell'istituto di previdenza e della Ragioneria Territoriale dello Stato di Roma, hanno scoperto i 37 casi di indebita percezione di prestazioni previdenziali e assistenziali, denunciando i responsabili, a vario titolo, per i reati di indebita percezione di erogazioni pubbliche a seguito di dichiarazioni mendaci e di truffa aggravata ai danni dello Stato.
In numerosi casi, l'autorità Giudiziaria ha disposto il sequestro delle somme giacenti sui conti correnti, fino a concorrenza del credito vantato, mentre l'Inps e la Ragioneria Territoriale dello Stato hanno subito sospeso l'erogazione dei trattamenti. Spiccano, tra le altre, le posizioni di una donna deceduta nel 1991, la cui nipote, fino al 2017, si era appropriata illecitamente di oltre 300.000 euro, nonché di un professionista che non aveva comunicato la morte del genitore avvenuta nel 1993 continuando fino al 2016 ad incassare dal ministero dell'Economia e delle Finanze la pensione "di guerra" del padre per oltre 267.000 euro.

http://www.ansa.it/lazio/notizie/2019/12/14/incassavano-pensione-di-persone-morte_0bfb5694-2f07-4f3f-8b09-641c898dfc40.html

domenica 15 dicembre 2019

Popolare Bari, Conte: «Verso una Banca del Sud pubblica». Nuova inchiesta.

Una filiale della Banca Popolare di Bari (ANSA)
Una filiale della Banca Popolare di Bari (ANSA)

La Procura di Bari apre un nuovo fascicolo sulla base delle segnalazioni di Consob. Conte: «Cdm a breve. Avremo una sorta di Banca del Sud degli investimenti»

La Procura di Bari ha aperto un nuovo fascicolo d'indagine (modello 45 senza indagati né ipotesi di reato) sulla Banca Popolare di Bari dopo la lettera inviata nei giorni scorsi dalla Consob che ha segnalato il mancato invio delle informazioni richieste alla banca sulla situazione dei conti. La notizia arriva da fonti vicine agli ambienti giudiziari. L'indagine, coordinata dal procuratore aggiunto Roberto Rossi, dovrà valutare se quanto segnalato dal presidente Consob Paolo Savona configuri ipotesi di reato. Nel frattempo Luigi Di Maio, in un’intervista al Corriere della Sera, chiede che Banca Popolare di Bari «sia nazionalizzata»
Governo diviso.
Nella mattinata di sabato 14 dicembre sul caso, motivo di forti tensioni nella maggioranza, è intervenuto anche il premier Giuseppe Conte: «Siamo un po' vivaci - ha detto - ma siamo responsabili. Capisco che ci sia molta sensibilità, al limite dell'ipersensibilità sul tema banche, che è un nervo scoperto per molte forze politiche, è un tema divisivo». Su PopBari «ci sarà una convocazione» del Cdm «a breve», ha spiegato il presidente del Consiglio. Venerdì sera «abbiamo fissato gli obiettivi che vogliamo conseguire in tempi rapidi, secondo un disegno di politica coerente che avevamo in parte già impostato, non è che improvvisiamo».
Il premier.
Nello specifico sulla Popolare di Bari, ha detto Conte, «interverremo attraverso uno strumento nella pancia di Invitalia, Mediocredito Centrale. Cerchiamo di fare di necessità virtù. Assicureremo a Mediocredito centrale le necessarie risorse per poi, con un fondo interbancario, intervenire per rilanciare la Pop Bari. Avremo una sorta di Banca del Sud degli investimenti a partecipazione pubblica».
Il leader M5S.
Sulla vicenda è intervenuto anche il capo politico del M5S Luigi Di Maio. Che in un’intervista al Corriere della Sera pubblicata domenica 15 ribadisce la necessità di salvare i risparmi di settantamila famiglie della banca e di far partire una commissione di inchiesta sulle banche: «Possiamo fare tutte e due le cose: avviare in Consiglio dei ministri il procedimento che metta agli atti i nomi di chi ha ricevuto soldi allo scoperto, facendo chiarezza sui legami politici locali, e contestualmente mettere al riparo i risparmi. E bisogna far partire la commissione d'inchiesta sulle banche». «Se lo Stato - aggiunge - deve mettere soldi per salvare i conti correnti, dobbiamo fare in modo che quella banca
sia nazionalizzata. Il nostro progetto è la banca pubblica degli investimenti». Concetti già evidenziati in un post sulla sua pagina Facebook: «Per noi ci sono 2 cose da fare prima di arrivare ad un decreto: vogliamo sapere da chi doveva sorvegliare cosa è emerso in questi anni. Quante sono state le ispezioni di Bankitalia negli ultimi tre anni? Cosa è emerso? Vogliamo sapere chi ha prestato soldi e a chi. La commissione di inchiesta sulle banche è ferma da un anno - scrive il Ministro degli Esteri -. Ancora bisogna eleggere il Presidente. È arrivato il momento di farlo. Quella commissione sono sicuro aprirà un vaso di Pandora. E non vediamo l'ora».
Opzione nazionalizzazione.
«Se dobbiamo mettere soldi pubblici in una banca per evitare che saltino i conti correnti dei pugliesi - ha aggiunto Di Maio - quella banca deve diventare di proprietà dello Stato per creare la banca pubblica per gli investimenti, che è un nostro obiettivo del programma del Movimento 5 Stelle e che tra l'altro è dentro il programma di Governo. Non faremo come qualcuno in passato con le banche Venete, che furono ripulite con i soldi degli italiani e poi furono regalate (al prezzo di un euro) ad altre banche».

Brindisi, missione compiuta: disinnescata la bomba, in 54 mila rientrano nelle proprie case. - Lucia Portolano

Brindisi, missione compiuta: disinnescata la bomba, in 54 mila rientrano nelle proprie case
I militari impegnati nelle operazioni a Brindisi.

La bomba, di fabbricazione inglese, pesa 500 libbre, è lungo un metro e contiene 40 chili di tritolo: era stata sganciata presumibilmente nel 1941. La spoletta è stata danneggiata durante il ritrovamento.

BRINDISI -  Alle 11,10 la bomba è stata disinnescata: Brindisi è fuori pericolo. Sono state completate senza problemi le operazioni di disinnesco dell'ordigno bellico trovato all’esterno del maxicinema Andromeda. Quindici gli artificieri dell'undicesimo reggimento Genio guastatori di Foggia che hanno operato sull'ordigno. Due di loro hanno smontato le spolette utilizzando una chiave a razzo, altri due uomini erano a breve distanza e  monitoravano le operazioni con una telecamera in remoto.

Cinquantaquattromila brindisini avevano dovuto lasciare le loro case entro le 8. La città si era fermata, strade e case deserte per oltre due ore. Bloccato fino alle 12 anche il traffico aereo e quello ferroviario. Si è trattata della più grande evacuazione urbana in Italia. Per far defluire il traffico, i navigatori con sistema Waze e Google maps erano stati aggiornati in tempo reale, dalla polizia locale di Brindisi, con la segnalazione dei 41 varchi che hanno blindato la zona rossa all'interno della città.


La bomba, che contiene 40 chili di tritolo, è stata neutralizzata. Per attuare questo vasto piano di evacuazione hanno lavorato mille persone tra forze dell’ordine, vigili del fuoco, protezione civile e polizia locale. La città è stata monitorata dall’alto da un sofisticato congegno dell’Aeronautica militare insieme a con droni, mentre 54 pattuglie hanno presidiato le strade per impedire atti di sciacallaggio e furti nelle abitazioni.

L’ordigno era stato trovato il 2 novembre scorso durante i lavori di ampliamento del cinema. Si tratta di una bomba della Seconda guerra mondiale, di fabbricazione inglese, sganciata molto probabilmente nel 1941. Una volta disinnescata è stata portata presso un cava di sabbia tra Brindisi e San Vito De Normanni e sarà fatta brillare nella giornata di lunedì. Per l’emergenza sono stati allestiti 14 punti di accoglienza nelle scuole cittadine. Molti residenti avevano lasciato le case già dalla serata precedente, soprattutto coloro che hanno le abitazioni a ridosso del ritrovamento.


È stato fatto evacuare anche il carcere: 200 detenuti sono stati portati in un’ala del carcere di Lecce. Svuotate questura e caserma dei carabinieri, dove erano rimaste attive solo le sala operativa e il presidio per l’armeria. La soprintendenza dei Beni archeologici ha fatto trasferire le più importanti opere del museo provinciale Ribezzo a Lecce.


https://bari.repubblica.it/cronaca/2019/12/15/news/brindisi_si_ferma_per_il_disinnesco_dell_ordigno_evacuati_in_54_mila_aggiornate_mappe_dei_navigatori-243520824/

A Salvini chi ci pensa? - Marco Travaglio

L'immagine può contenere: 7 persone, persone che sorridono

Siccome la politica è anche e soprattutto comunicazione, l’unica buona notizia dell’ultimo paio di mesi sono le piazze piene di sardine. Che saranno pure debolucce sui contenuti, ma una cosa chiara e semplice la dicono: no alla Lega di Salvini. Grazie a loro, il Cazzaro Verde non si atteggia più a padrone delle piazze e del popolo, perché l’altro popolo e le altre piazze si vedono ogni giorno a occhio nudo, anzi a perdita d’occhio. E ha dovuto rinfoderare anche l’altro suo mantra, quello dell’invasione dei migranti fatti venire appositamente dalla “sinistra”, perchè la ministra Lamorgese sta facendo in silenzio molto meglio di lui (del resto, ci voleva poco). Senza migranti, popolo e piazze, Salvini è un sacco vuoto. Infatti scende nei sondaggi e non è più affatto certo di conquistare l’Emilia Romagna, mentre a destra cresce la Meloni, che diversamente da lui lavora molto, studia il giusto e ha molti più argomenti di “narrazione”. Gli resta un solo ritornello: elezioni subito, ma a furia di ripeterlo ha già rotto i maroni, tant’è che ieri se n’è uscito con una scombiccherata proposta di inciucione: un non meglio precisato “comitato di salvezza nazionale da LeU a Forza Italia” che “in un mese” dovrebbe risolvere con fantomatiche “nuove regole” tutti i problemi che la classe politica (Lega in primis) ha creato o aggravato o non risolto negli ultimi 20 anni per votare subito dopo.

Un modo come un altro per tentare di rimettere lo zampino nell’area di governo, dopo la demenziale auto-crisi di agosto. Ma anche un sintomo di disperazione dinanzi alla prospettiva terrificante (per lui) che il governo Conte duri tre anni e lo costringa a 36 mesi di urla e strepiti fino a perdere il fiato e ad arrivare spompato alle elezioni del 2023. Intanto le inchieste che lo terrorizzano, dalle mazzette russe ai voli di Stato, dai 49 milioni scomparsi alla nuova Tangentopoli lombarda, saranno giunte in porto. Tutto questo Salvini l’ha capito benissimo e cerca di modulare le sue mosse di conseguenza. Per sua fortuna e nostra sfortuna, chi continua a non capirlo sono quelli che dovrebbero approfittarne: 5Stelle e centrosinistra, troppo impegnati a farsi la guerra ogni santo giorno per ricordarsi dell’unico vero avversario.
E dire che le occasioni per inchiodarlo mediaticamente alla sua nullità con una “contronarrazione” convincente non mancano. La legge di Bilancio-miracolo che neutralizza l’aumento dell’Iva, riduce le tasse sui lavoratori e vara finalmente le manette agli evasori. Lo sconcio dei 35 voli di Stato usati per fare comizi a spese degli italiani con la scusa di improbabili impegni istituzionali.

Le balle sul Mes, discutibile finché si vuole, ma inaugurato nel 2011 dal terzo governo B. con dentro la Lega, poi modificato sotto il Conte1 tra gli applausi della Lega che non capiva, o non studiava, o dormiva. Gli scandali, i malgoverni e le incapacità in quasi tutte le regioni appena conquistate dalla Lega (dal miliardo e rotti di buco della giunta siciliana di Musumeci certificato dalla Corte dei conti per il 2019, ai disastri in Trentino Alto Adige, Sardegna, Basilicata e Molise, per non parlare delle sconcezze forzaleghiste nella roccaforte lombarda). Di questo dovrebbero parlare ogni giorno i leader dei 5Stelle e del centrosinistra nei talk, nei tg, sulle agenzie e sui social. Immaginate se, anzichè Salvini, ci fosse Di Maio sotto inchiesta per abuso d’ufficio per quei 35 voli di Stato: il Cazzaro parlerebbe solo di quello, la Meloni e quel che resta di B. pure, e tutti i media dietro. Così com’è avvenuto per il Mes, di cui gli italiani sanno poco o nulla, eppure da un mese non si parla d’altro perchè Salvini – che in un Paese informato se ne terrebbe a debita distanza – ha deciso così. Pensate che accadrebbe se negli ultimi tre mesi i rimpatri fossero aumentati e le distribuzioni in altri paesi Ue si fossero rallentate con crisi internazionali come quelle di un anno fa: il Cazzaro parlerebbe solo di quello, tutti gli risponderebbero e gl’italiani penserebbero solo a quel tema. Invece, sotto il Conte2, il trend s’è invertito rispetto alla presunta età dell’oro salviniana. E, comprensibilmente, Salvini diserta l’argomento. Ciò che è incomprensibile è che lo disertino i suoi presunti avversari, anziché bombardare i media di dati (che fra l’altro, diversamente da quelli spacciati dalla Lega, hanno il pregio di essere veri).
I 5Stelle sono troppi intenti a guardarsi l’ombelico e il Pd a farfugliare scemenze sullo Ius culturae e l’abolizione dei decreti Sicurezza. Idem per la legge di Bilancio: quando si cominciò a discuterne, Salvini e i suoi trombettieri annunciarono che era “tutta tasse”; e Di Maio e Renzi facevano a gara a dar loro ragione, spacciando le multe ai commercianti senza Pos e le sacrosante microtasse di scopo sulle bevande gassate, i cibi pieni di zuccheri e la plastica per una stangata insopportabile per i cittadini. Idem Repubblica, che titolava “Plastica, quella tassa no” a pagina 1 e nelle altre inneggiava a Greta. Ora che, purtroppo, quei balzellini utili e impercettibili per le nostre tasche sono quasi scomparsi, Conte si ritrova solo a difendere una manovra che di nuove tasse non ne ha più neppure l’ombra. E di cui tutta la maggioranza dovrebbe vantarsi, non vergognarsi: se l’avesse fatta Salvini, si sarebbe già eretto un monumento equestre da solo. Invece i nostri eroi sono troppo occupati a litigare sul salvataggio della Popolare di Bari, senza neppure aver capito che stavolta non salverà i banchieri-bancarottieri, ma i risparmiatori fregati. Ecco perchè Salvini sembra vincere anche quando perde e i giallo-rosa sembrano perdere anche quando vincono: l’uno riuscirebbe a vendere il ghiaccio pure agli eschimesi, gli altri sono gli eschimesi.


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