giovedì 13 febbraio 2020

Si spera che non sia la Lega a liberarci dal bullo pokerista. - Antonio Padellaro


In un eccesso di avventurismo e irresponsabilità, questo diario arriva a desiderare che il premier Conte, e Nicola Zingaretti con il Pd compatto (lo so, esagero), e le cinque correnti dei 5Stelle, e il ministro Roberto Speranza insieme alla sinistra sanitaria debellino una volta per tutte il coronavirus del ricatto politico e vadano a vedere il bluff di Matteo Renzi: ciccio, presenti la mozione di sfiducia al ministro Alfonso Bonafede per fare cadere il governo sul blocco della prescrizione?, accomodati.
C’è del metodo in questa follia e cerco di spiegarlo.
1. Come abbiamo già scritto domenica scorsa, il bullo fiorentino è un maldestro pokerista sull’orlo di una crisi di nervi. Si gioca le ultime fiches pregando il dio dell’azzardo che nessuno venga a vedergli il punto che non ha. Se il bluff gli riesce avrà in suo potere il resto della maggioranza che da quel momento in poi taglieggerà a ogni occasione pavoneggiandosi come un redivivo (via Hammamet) Ghino di Tacco. Viceversa, se gli sarà chiesto di mostrare le carte avrà di fronte due possibilità. Si arrende, perde la faccia soprattutto davanti ai suoi ma almeno evita il buco nero delle elezioni anticipate e del disastro annunciato di Italia Viva. Oppure, rovescia il tavolo, insiste per l’immediata cacciata del ministro della Giustizia e mette in moto, al buio, la crisi di governo e una serie di conseguenze imprevedibili per la sua stessa sopravvivenza politica.
2. Mettiamo che il Ghino di Rignano vada fino in fondo, sfidando le ire di quanti (tanti) nel partitino virtuale sanno che difficilmente torneranno in Parlamento stante soprattutto l’esito scontato a favore del sì del referendum sul taglio dei deputati e senatori del prossimo 29 marzo. Mettiamo che Giuseppe Conte non riesca a raccattare un numero sufficiente di “responsabili” disponibili a puntellare la scricchiolante maggioranza al Senato. Mettiamo che non ci provi neppure e che dopo la bravata renziana si rechi al Quirinale con le dimissioni in tasca. Mettiamo che il presidente Mattarella non abbia, come dicono, nessuna intenzione di tentare la formazione di una nuova maggioranza (a questo punto ancora più precaria e raccogliticcia di quella uscente). Mettiamo che si vada, presto in primavera, al voto anticipato. Dove sarebbe la tragedia?
3. Da un anno ormai il martellante frastuono della Bestia salviniana ha generato, soprattutto a sinistra, la psicosi collettiva del si salvi chi può sulla base della vittoria annunciata e inevitabile dei sovranisti. Ma chi l’ha detto? Se osserviamo gli ultimi sondaggi (da Pagnoncelli al tg di La7) si noterà che il blocco del centrosinistra (Pd + M5S + LeU + Verdi + Bonino e Calenda) non è lontano dal centrodestra (Lega + Meloni + Berlusconi). Più o meno 49 a 51%. Vero è che nel centrosinistra regnano i protagonismi di troppe primedonne, e che cercare di mettere insieme, per esempio Luigi Di Maio e Carlo Calenda è come essere convinti che Morgan e Bugo abbiano solo fatto finta di litigare per meschine ragioni di visibilità (per quanto in fondo…). Però siamo davvero sicuri che sul versante opposto Silvio Berlusconi abbia questa gran voglia di reggere la coda a Matteo e Giorgia, a cui un tempo faceva fare anticamera? Sia come sia, dove sta scritto che con una campagna elettorale stile Emilia-Romagna, e dunque con un programma serio, leader credibili e annesse Sardine, il fronte del bene debba per forza soccombere?
4. Ipotesi peggiore. La destra-destra trionfa e Matteo Salvini sale a Palazzo Chigi dove ottiene i pieni poteri. Squadristi in azione, olio di ricino à gogo, ma almeno ci siamo liberati del bullo. Oppure se lo sorbetta lui.

Adesso anche il Consiglio d’Europa stronca il Jobs act: “Violati i diritti.” - Roberto Rotunno – Il Fatto Quotidiano



Le tutele previste dal Jobs act per chi è licenziato ingiustamente sono deboli. Insufficienti a riparare il danno subito dal lavoratore e a scoraggiare gli imprenditori dal cacciare persone senza valida ragione. Un nuovo colpo alla riforma del lavoro varata dal governo Renzi nel 2015: questa volta viene dal Comitato europeo dei Diritti sociali, organo del Consiglio d’Europa, per il quale la legge italiana vìola la Carta sociale europea. 
Quando cinque anni fa l’esecutivo a guida Pd ha cancellato l’articolo 18, sperando così di aumentare l’occupazione, ha sostituito il diritto alla reintegrazione con i risarcimenti in denaro. Se l’allontanamento del lavoratore è illegittimo, in pratica, l’obbligo di riassumere è rimasto solo quando c’è discriminazione o il motivo riportato dall’azienda è inesistente. Per gli altri casi, il datore è tenuto a pagare un indennizzo di massimo 36 mensilità di stipendio. Proprio questo dettaglio è alla base della decisione del Ceds: l’esistenza di un tetto – le 36 mensilità, appunto – lega le mani ai giudici anche quando i danni creati al lavoratore richiederebbero somme più alte. Ecco perché il Comitato ha dato ragione al ricorso della Cgil, curato dall’avvocato Carlo De Marchis. A difendere invece il Jobs act in questa causa c’era anche il governo francese.
Il problema, per il Ceds, non è aver cancellato l’articolo 18, ma non averlo rimpiazzato con norme altrettanto efficaci a disincentivare i licenziamenti ingiusti. Non è la prima pronuncia che sancisce la violazione di diritti da parte del Jobs act. La prima versione della legge prevedeva un risarcimento che andava da un minimo di quattro e un massimo di 24 mensilità, ed era agganciato solo all’anzianità del lavoratore. Poi è arrivato il decreto Dignità che ha aumentato a sei il minimo e a 36 il massimo, mantenendo il meccanismo ancorato all’anzianità. Nel 2018, la Corte costituzionale ha travolto entrambe le leggi: il sistema degli indennizzi fissi non è adeguato perché non considera il danno effettivo che ha subito il lavoratore. Ora i giudici hanno discrezionalità nel quantificare i risarcimenti, con il limite minimo e massimo.
Per il Comitato europeo dei Diritti sociali è ancora troppo scarso; la decisione di questo organo, però, non è vincolante. “È un’opinione tecnica autorevole”, ha detto la Corte costituzionale. Quindi da un lato potrebbe orientare future sentenze, dall’altro rafforzerà i partiti che, d’accordo con la Cgil, chiedono di rivedere il Jobs act e far tornare l’articolo 18. A breve, arriverà la sentenza della Corte di Giustizia europea su due ricorsi che chiedono di ripristinare l’obbligo di reintegrazione almeno per i licenziamenti collettivi illegittimi.

Alitalia, 21 indagati eccellenti: tra loro Montezemolo e Colaninno. Per i pm 600mila euro per eventi e cene di gala.

Luca Cordero di Montezemolo e Roberto
Luca Cordero di Montezemolo e Roberto Colaninno


Le ipotesi di reato, a vario titolo, sono bancarotta fraudolenta aggravata, false comunicazioni sociali e ostacolo alle funzioni di vigilanza.


Rischiano il giudizio in 21 tra vertici, ex componenti del cda, commissari e consulenti che si sono susseguiti negli anni nell’amministrazione di Alitalia. La Procura di Civitavecchia ha chiuso le indagini sulla gestione della compagnia di bandiera notificando il 415 bis agli indagati. 
Le ipotesi di reato, a vario titolo, sono bancarotta fraudolenta aggravata, false comunicazioni sociali e ostacolo alle funzioni di vigilanza.
Tra gli indagati ci sono anche Luca Cordero di Montezemolo e Roberto Colaninno. Poi l’attuale ad di Unicredit Jean Pierre Mustier, la vicepresidente di Confindustria Antonella Mansi e l’ex commissario di Alitalia e liquidatore di Air Italy, Enrico Laghi. Nel procedimento - oltre ai nomi già conosciuti di Montezemolo, Ball Cramer e Hogan - risulta indagata anche la società Alitalia Sai per responsabilità amministrativa degli enti. A condurre le indagini, il Nucleo di polizia economico finanziaria del comando provinciale della Guardia di Finanza di Roma.
L’inchiesta ‘copre’ quasi 3 anni di gestione Alitalia, dal 2014 al febbraio 2017: in particolare, Mustier e Mansi sono indagati in qualità di membri dell’allora Cda mentre Laghi in qualità di consulente nonché di amministratore di ‘Midco’, la società che deteneva il 51% del capitale di Alitalia Sai.
I tre, assieme ad altri 16 indagati, sono responsabili secondo la procura della bancarotta di Alitalia poiché “con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso” avrebbero commesso tutta una serie di falsi per l’approvazione del bilancio del 2015. “In tal modo - si legge nell’avviso di chiusura indagine - fornendo indicazione di dati di segno positivo difformi dal vero e consentendo il progressivo aumento dell’esposizione debitoria, cagionavano o comunque concorrevano a cagionare il dissesto della società, anche aggravandolo”.
Laghi risulta inoltre indagato anche per falso in atto pubblico: “nell’autodichiarazione resa in accettazione dell’incarico di Commissario straordinario di Alitalia Sai al Mise - scrivono i pm - dichiarava falsamente...di non aver prestato attività di collaborazione professionale nei confronti della società Alitalia Sai nei due anni antecedenti alla dichiarazione dello stato d’insolvenza, nonostante avesse, nel settembre 2015, emesso parere su incarico della citata società”.
Mustier, Laghi e Mansi, inoltre, sono accusati in concorso con altri di “Ostacolo all’esercizio delle funzioni di vigilanza” di Enac, esponendo “fatti materiali non rispondenti al vero sulla situazione economica patrimoniale o finanziaria della società” e “occultando con mezzi fraudolenti fatti che avrebbero dovuto comunicare”.
Tra le contestazioni che la procura di Civitavecchia rivolge a tre ex amministratori delegati (Silvano Cassano, Luca Cordero di Montezemolo e Marc Cramer Ball) e al Cfo Duncan Naysmith, ci sono quasi 600mila euro di Alitalia che sarebbero stati utilizzati per catering e cene di gala. I quattro avrebbero “distratto e dissipato” risorse della società per complessivi 597.609 euro: 133.571 “per spese di catering verso la società ‘Relais Le Jardin’” in occasione delle riunioni del Cda, 5.961 per “cene di gala in favore dalla società ‘Casina Valadier’” e 485.077 per organizzare 4 eventi aziendali che, seppur pagati inizialmente da Ethiad, sono poi stati indebitamente addebitati a Alitalia ‘Sai’”.

mercoledì 12 febbraio 2020

Parco nazionale del Bryce Canyon, Utah, USA.

L'immagine può contenere: spazio all'aperto e natura

Risultato immagini per canyon

Risultato immagini per canyon

Chernobyl: nel reattore nucleare cresce un fungo che resiste alle radiazioni e sembra "nutrirsi" di esse. - Marco Renzi


1) immagine: Timm Suess/Wikipedia - 2)immagine: NASA/JPL/Caltech.

Nel lontano 1991, quando erano trascorsi solo pochi anni dal disastro nucleare di Chernobyl (1986), il più famoso della storia, i ricercatori rimasero piuttosto colpiti nel trovare un organismo vivente che sembrava proliferare sulle pareti del reattore. Si trattava di un fungo scuro – il Cryptococcus neoformans – che appariva totalmente a suo agio un ambiente estremo, caratterizzato da livelli altissimi di radiazioni.
Da quel momento sono trascorsi alcuni decenni durante i quali i ricercatori hanno svolto numerose rilevazioni e ricerche, grazie alle quali si è arrivati ad una conclusione interessante: non solo il fungo sopravvive in ambienti radioattivi, ma sembra essere addirittura attratto da essi.
Le ricerche su questo organismo vivente hanno rilevato una massiccia presenza di melanina, il pigmento che si trova anche nella pelle umana. Come molti di noi sanno, questo pigmento riesce ad assorbire la luce dissipando le radiazioni ultraviolette che colpiscono la pelle, proteggendola dai raggi del Sole. Nel caso del fungo, oltre alla funzione di protezione, sembra esserci anche una funzione nutritiva: esso sembra prendere dalle radiazioni anche una qualche forma di energia chimica utile alla sua crescita.
La conclusione ha fin da subito destato molto scalpore, perché si presterebbe a molti campi di ricerca diversi. Studiando i meccanismi di difesa e di crescita del fungo si potrebbero creare tecnologie in grado di proteggere uomini e animali in maniera efficace negli ambienti altamente radioattivi; oppure, se si "coltivasse" nello spazio, il fungo potrebbe diventare una fonte extra di energia durante le missioni; e sempre in tema di energia, potrebbe aiutarci ad aprire nuove frontiere per il nucleare, aumentando la sicurezza delle centrali e permettendoci di ridurre ulteriormente la dipendenza dal fossile.
Inoltre, il fungo dimostrerebbe anche che possono esistere organismi che sopravvivono in ambienti ad altissima concentrazione di radiazioni, aprendo nuovi scenari nella ricerca di forme di vita extraterresti.

Il posto che non ti aspetti: a due passi da Palermo sembra di essere in un altro mondo. - Dario La Rosa



Il bello della Sicilia è che puoi sempre scoprire luoghi magici dove meno te l'aspetti e proprio a due passi da casa.

Lo dice l'autore del video che vi proponiamo, Roberto Ragusa, che è riuscito a catturare l'infinita bellezza di un'escursione naturalistica in provincia di Palermo.


Le riprese ci fanno tuffare nell'atmosfera delle Gole del Drago, la conformazione rocciosa a poca distanza dal centro di Corleone, che ospita anche la famosa castaca di cui abbiamo parlato in questo articolo.


Quest'ultima è davvero facile da raggiungere e può essere visitata anche dai bambini. Uno spunto per una bella passeggiata fuori porta.


https://www.balarm.it/news/il-posto-magico-che-non-ti-aspetti-a-due-passi-da-palermo-sembra-di-essere-in-un-altro-mondo-116219

Prescrizione, bocciato in commissione il lodo Annibali per rinviare la riforma. I renziani votano di nuovo con Lega, Forza Italia e Fdi.

Prescrizione, bocciato in commissione il lodo Annibali per rinviare la riforma. I renziani votano di nuovo con Lega, Forza Italia e Fdi

Non passa con 49 voti contro e 40 a favore l’emendamento di Italia viva al Milleproroghe per rinviare al 2021 la riforma Bonafede. Nelle commissioni Affari costituzionali e Bilancio della Camera, si ripropone l’asse tra il partito di Renzi e quelli del centrodestra.
renziani votano con la destra per la seconda volta in due giorni. Ma pure il secondo tentativo di affossare la riforma della prescrizione fallisce. Le commissioni congiunte Affari costituzinali e Bilancio della Camera hanno bocciato il lodo Annibali, l’emendamento di Italia Viva al Milleproroghe per rinviare di un anno la riforma di Alfonso Bonafede: 49 hanno votato contro, soltanto 40 invece a favore. Hanno votato sì i renziani, insieme ai deputati dell’opposizione e quindi Lega, di Forza Italia e Fratelli d’Italia. Contrari i parlamentari della maggioranza. “La bocciatura è una scelta irragionevole ma me lo aspettavo, è stata una lenta e lunga agonia. Continuiamo a ritenere che il nostro emendamento fosse di buonsenso, che prima si debba lavorare sulla riforma del processo e poi su quella della prescrizione”, ha detto Annibali.
Il primo tentativo – Sul lodo della capogruppo giustizia di Italia viva c’era il parere contrario del governo e dei relatori. Ieri la Lega ha annunciato l’intenzione di sottoscrivere l’emendamento renziano, ipotesi ventilata anche da Fratelli d’Italia. Insomma il lodo bandiera di Renzi ha formalmente raccolto il sostegno del centrodestra, ma non è passato. Poco dopo è stato bocciato anche l’emendamento a firma di Annibali e Catello Vitiello, ex M5s passato con Renzi: il testo, in pratica, riportava la prescrizione alla legge varata ai tempi in cui il guardasigilli era Andrea Orlando. Già ieri era stato respinto il primo tentativo di cancellare la riforma: i renziani hanno votato insieme a Lega, Forza Italia, e Fratelli d’Italia ma l’emendamento al Milleproroghe di Riccardo Magi di +Europa per sospendere fino al 2023 il provvedimento già entrato in vigore il primo gennaio scorso non è passato ottenendo 44 no e 42 sì.
Lodo Conte bis in Cdm giovedì. Il lodo Annibali era stato evocato più volte dai renziani come una forma di minaccia al governo. Venerdì scorso, infatti, sulla prescrizione la maggioranza ha trovato un punto di mediazione con il cosiddetto lodo Conte Bis, che congela la prescrizione dopo il primo grado ma fa una differenza tra assolti e condannati e stoppa definitivamente i termini dopo il secondo grado. In pratica modifica la riforma Bonafede già in vigore. “Domani il ddl sulla riforma del processo penale e il lodo Conte bis dovrebbe andare in Cdm. Sul lodo Conte bis si sta valutando il veicolo normativo migliore”, ha spiegato in Transatlantico il guardasigilli. Quel punto di mediazione, però, non ha convinto i renziani che hanno tirato dritto per la loro strada. Prima hanno parlato di “rischi per il governo“, poi hanno ventilato una mozione di sfiducia contro il guardasigilli, quindi hanno votato due volte su due con l’opposizione. Fino a questo momento, però, la maggioranza ha retto.
Verini: “Giusto bocciare emendamenti strumentali” – “È stato giusto respingere emendamenti strumentali. Non a caso votati da un pezzo della maggioranza come Italia Viva con la Lega di Salvini. Adesso ci auguriamo davvero che prevalga la serietà. Il governo potrà al più presto approvare una riforma del processo penale che porterà finalmente tempi certi e ragionevoli dei processi. E si potrà individuare il percorso parlamentare più veloce possibile per modificare in pochi mesi, entro l’estate, la legge Bonafede sulla prescrizione, sulla base dell’accordo raggiunto nella maggioranza”, dice Walter Verini, responsabile giustizia del Pd. “Basta con le sparate quotidiane, basta con le rigidità propagandistiche, basta con il garantismo usato come una clava dai garantisti a corrente alternata. – aggiunge il dirigente dem – Si lavori sul serio per dare ai cittadini una giustizia efficace e un giusto processo”. La pensa allo stesso modo il vicecapogruppo Pd alla Camera Michele Bordo: “Siamo determinati ad andare avanti e nei prossimi giorni avremo finalmente la riforma del processo penale, così come previsto dal programma di governo, e la modifica alla prescrizione. Sia chiaro, per onore di cronaca, che se sarà in vigore la legge Bonafede ancora per un pò è solo per merito di Italia Viva”. I renziani, però, da quella parte non ci sentono: “Non è ancora chiaro il veicolo, noi continuiamo a dire che se dentro la bozza della riforma del processo penale c’è il lodo Conte bis per noi è impossibile sostenerlo, è invotabile“, dice Annibali parlando del consiglio dei ministri di domani sulla riforma del processo penale.
Gli emendamenti “a grappolo” di Forza Italia vuole – In Parlamento nel frattempo continua il tiro a bersaglio sulla riforma della prescrizione: Forza Italia ha presentato in Senato un emendamento per cancellare la legge Bonafede. La proposta a prima firma di Fiammetta Modena è stata depositata stamane, a quanto si apprende, al decreto sulle intercettazioni che è in esame in commissione. L’emendamento interviene in prima battuta sul tema intercettazioni: introduce l’udienza di stralcio degli ascolti non rilevanti e prevede che sospenda per 60 giorni la prescrizione. In seconda battuta cancella la legge Bonafede facendo rivivere la legge Orlando sulla prescrizione.
Leggi anche: