Come ho sempre detto e come è palesemente evidente, tutte le leggi fatte dai 5 stelle, per l'opposizione e per la carovana dei suoi servili giornali, sono sbagliate, non vanno bene. A prescindere.
Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
venerdì 9 ottobre 2020
LE LEGGI DEGLI ALTRI. - Rino Ingarozza
La bretella di Nicolazzi, la A1 di Fanfani e la pista di Scajola. - Antonello Caporale
Non solo Renzi sr. Politici e trasporti ad personam.
“Ci sono le montagne, ma si possono bucare”. Definitivo il timbro di Fiorentino Sullo, l’irpino più potente nell’Italia degli anni Sessanta, così spiegando la deviazione del tracciato dell’autostrada Napoli-Bari. Con un colpo di penna indicò ai progettisti il nuovo itinerario: abbandonare al suo destino Benevento e piegare verso Avellino, buco dopo buco, viadotto dopo viadotto. All’altezza dello svincolo di Baiano la strada infatti fa un balzo in avanti, si inerpica e inizia ad aggrovigliarsi per una quarantina di chilometri fino a baciare la sua città.
Borgo natìo selvaggio. Sono pene d’amore queste opere ingegneristiche, cambiali pagate variante dopo variante perché il potere ha bisogno di essere riconosciuto fino al caminetto di casa.
Per terra, per aria e per mare. Svincoli, raccordi, intersecazioni residenziali. Lavori pubblici tracciati nel salotto, tecnicamente in house, itinerari deviati, voli pindarici.
Ricordate lo Scajola-Roma-Scajola? Si era nel 2008 e l’asfittico aeroporto di Albenga ebbe il piacere di trovar seduto al Viminale Claudio Scajola, santo patrono della vicina Imperia. Il ministro consigliò Alitalia di considerare anche la piccola Albenga come slot utile per atterraggi e decolli. Cosicché da Fiumicino iniziò a volare un Atr che, di media, conduceva 18 persone nell’ovest ligure. E tra questi appunto Scajola, soprattutto Scajola, cioè il ministro. Quando si dimise dal governo però Alitalia dismise il volo. E quella coincidenza suonò strana. L’aerovia riprese vigore solo dopo che l’ex ritornò a galla, nuovamente nella compagine di Palazzo Chigi a presidiare il programma del governo Berlusconi. I passeggeri della seconda ondata, molto distanziati, furono purtroppo di media otto a volo. Il declino politico del ministro coincise con la sconfitta aerea di Albenga dove nessuno più è mai atterrato.
Voler bene al proprio territorio. E volergliene a prescindere dai costi. Non sappiamo se il Tav a Rignano, il paese di babbo Renzi, fosse una pretesa o una necessità. Sappiamo che anche a Barcellona Pozzo di Gotto, per merito del parlamentare Carmelo Santalco, ivi residente, i binari furono oggetto di enorme corteggiamento.
Fare, e a prescindere dal costo. Nel tempo la misura del potere veniva considerata dalla capacità di succhiare una mai men che notevole quantità di miliardi di lire per vederla consacrata. Cosicché due coppie di potentissimi devono essere ricordati per via del bitume. Anzitutto il socialista Giacomo Mancini, cosentino e ministro dei Lavori pubblici. Appassionato e visionario, decise che l’autostrada Salerno-Reggio Calabria, la mitica autostrada dell’ingorgo trentennale, dovesse sloggiare dal mar Tirreno, verso il quale andava dirigendosi e salire attraverso le prime pendici silane pur di raggiungere Cosenza, la città ministeriale. Sono gli anni dell’ottimismo, del Pil crescente e della forza onnipotente della classe politica. Tra il 1967 e il 1974 una connessione Dc-Psi tutta calabrese sfonda ogni perplessità dell’ingegneria sismica, allora agli albori, e ogni lievitazione di costo avanzata dagli strutturisti. Mancini, insieme a Riccardo Misasi, colto notabile dc, impone il tritolo per bucare le montagne e tanto cemento armato. Il viadotto Italia (261 metri di altezza) sarà l’opera che traghetterà l’autostrada verso casa, medaglia d’oro al valor politico.
E che dire del duo Natali-Gaspari. Un’accoppiata democristiana ancora più vincente, ancora più esuberante e tremendamente competitiva. L’Abruzzo che era senza autostrada ebbe in dono la A24 finalmente. Collegamento veloce Roma-Pescara. La questione si fece seria quando si prese la cartina e si notò che Lorenzo Natali la voleva più a nord, verso L’Aquila, e Remo Gaspari più a sud, verso la sua Gissi. Erano fior di democristiani, potenti e vincenti. Si decise dunque di biforcarla, di doppiarla: dallo svincolo di Torano partì una striscia d’asfalto verso nord, per far contento Natali, e una verso sud, accontentando Gaspari. Da zero a due autostrade in un sol colpo.
E vogliamo ricordare qui Franco Nicolazzi, autentico fuoriclasse del piccolo Psdi, nativo di Gattico, Novara, che riuscì nell’impresa di far passare la Genova-Gravellona, il cui destino finale doveva essere il Sempione, per il suo piccolo comune. Nicolazzi, ministro tra l’85-92, amante dei trasporti, abbellì il natìo villaggio di bretelle autostradali (da qui il nome bretella Nicolazzi) che l’hanno trasformato in una sorta di autogrill permanente, essendo il paese traforato anche dall’autostrada dei Laghi.
Non finì come avrebbe dovuto e potuto la costruzione della A31, conosciuta come la Pi-Ru-Bi, dalle iniziali dei tre maggiorenti democristiani (Piccoli, Rumor e Bisaglia) che avevano interesse a portare la strada veloce rispettivamente a Trento, a Vicenza e a Rovigo. L’unico tratto costruito (Vicenza-Val d’Astico, 40 chilometri circa) consacrò Rumor sul podio dei Vip.
Resta per ultimo, ma primo per rilevanza geografica, l’enorme gobba che Amintore Fanfani fece fare all’autostrada del Sole, diretta a Milano e già sulla via dritta di Firenze, per far sì che la sua Arezzo avesse come partire e lui come arrivare.
Bignami per somari. - Marco Travaglio
Piccolo bignami per conduttori di talk show, da usare quando un ospite disinformato e/o esagitato (cioè quasi tutti) attacca il pippone sulla dittatura sanitaria, i pieni poteri del premier tiranno, il Parlamento esautorato, la democrazia sospesa, il bavaglio della mascherina e mena scandalo per lo stato di emergenza e i Dpcm mai visti neppure negli anni di piombo.
Stato di emergenza. Regolarmente previsto da una legge dello Stato, la n. 225 del 1992 (Istituzione del Servizio nazionale della Protezione civile), può scattare in occasione di calamità naturali e durare fino a 90 giorni, prorogabili o rinnovabili. Per l’emergenza Covid è stato dichiarato il 31 gennaio 2020, quando i positivi in tutta Italia erano 2 e i morti zero. Il 31 luglio è stato prorogato fino al 15 ottobre e ora sino al 31 gennaio 2021. Non assegna al governo né pieni poteri né maggiori poteri, ma consente ordinanze di Protezione civile (emanate d’intesa con le Regioni coinvolte) per immediati interventi di soccorso e assistenza ai cittadini colpiti, la messa in sicurezza degli edifici, gli approvvigionamenti necessari per far fronte all’emergenza con procedure semplificate e abbreviate. Grazie allo Stato di emergenza: si è creato il Comitato tecnico scientifico in affiancamento al governo; si è potuto adottare lo smart working senza gli accordi individuali previsti dalla legge; la struttura del commissario Arcuri ha potuto acquistare in breve tempo banchi e attrezzature per le scuole e tutto il materiale sanitario e protettivo necessario contro il virus (mascherine, gel, camici, guanti, tamponi, test sierologici), saltando alcuni passaggi delle gare d’appalto; si è potuto bloccare voli e limitare ingressi da Paesi a rischio, noleggiare navi-quarantena per migranti, allestire le strutture temporanee per assistere i positivi, impiegare volontari della Protezione civile per i controlli negli aeroporti e nei drive-in per i tamponi, reclutare personale sanitario a supporto delle strutture regionali e delle carceri, anticipare il pagamento delle pensioni per scaglionarlo ed evitare assembramenti alle Poste. Eccetera. Tutto ciò non ha aumentato di un grammo il potere del premier e del governo (che ha agito con poteri conferitigli non dallo stato di emergenza, ma dal Parlamento che ha convertito il decreto legge del 6 marzo autorizzandolo ad “adottare ogni misura di contenimento e di gestione adeguata e proporzionata all’evolversi della situazione epidemiologica” e i decreti successivi). Ha semplicemente consentito interventi più rapidi ed efficaci in un’emergenza che si evolve di giorno in giorno e richiede risposte immediate e flessibili.
Chi si scandalizza per lo stato d’emergenza, come se non si fosse mai visto, dovrebbe sapere che nella storia repubblicana è stato dichiarato centinaia di volte, anche per eventi molto meno drammatici di questa pandemia (oltre 35mila morti in sei mesi e crollo dell’economia). E tuttora risultano prorogati decine di stati di emergenza, anche per calamità piuttosto risalenti nel tempo: terremoti in Emilia-Romagna (2012) e nel Centro Italia (2016), crollo del ponte Morandi, alluvione in Emilia e crisi idrica in Veneto (2018). Ma nessuno si scandalizza, forse perché nessuno lo sa. O perché non li ha dichiarati questo governo (nel 2012 c’era Monti, nel 2016 l’Innominabile e nel 2018 i gialloverdi).
Dpcm. È l’acronimo di Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, anch’esso frequentissimo ed esistente da sempre nell’ordinamento repubblicano. Non dipende dallo stato di emergenza (può benissimo essere adottato anche senza), ma da leggi o decreti legge regolarmente approvati a monte dal presidente della Repubblica e a valle dal Parlamento (che, se non vuole i Dpcm, può bocciare i decreti che li autorizzano o sfiduciare il governo). Non sono dunque leggi primarie, ma norme amministrative di rango secondario: in pratica regolamenti attuativi di leggi e decreti veri e propri. La legge o il decreto enuncia i principi generali, il decreto attuativo ne fissa i dettagli tecnici. Quando lo adotta il premier, si chiama “Dpcm”; quando lo emana un solo ministro, “decreto ministeriale”; quando lo firmano più ministri, “decreto interministeriale”. Ma non può mai essere orfano o spuntare come un fungo: deve sempre essere figlio di una legge o di un decreto che lo autorizzi, regolarmente approvati dal Parlamento e promulgati dal capo dello Stato. E non è certo un’invenzione di Conte per il Covid: è regolato dall’art. 17 della legge 400 del 1988 (governo De Mita). Soltanto nell’ultima legislatura intera, la XVII (2013-2018), Openpolis calcola che il Parlamento approvò 352 fra leggi e decreti legge, di cui 88 (il 25%) hanno richiesto almeno un decreto attuativo. E molti di più i 126 decreti legislativi (leggi-delega). In tutto 214 norme primarie che richiesero ben 1.735 decreti attuativi: del premier (Dpcm), di un ministro (decreto ministeriali), di più ministri (decreti interministeriali). Dei 1.069 effettivamente adottati (61,61%), 722 (67,54) furono decreti ministeriali e 171 Dpcm (16,09). Eppure nessuno gridò alla dittatura del premier, ai pieni poteri, al Parlamento scavalcato e alla democrazia sospesa come si fa oggi per i 19 Dpcm anti-Covid varati da Conte in 8 mesi. Forse perché nessuno ci faceva caso. O perché c’erano altri premier?
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giovedì 8 ottobre 2020
L’opposizione. È un carnevale qualunquista. - Antonio Padellaro
È una maggioranza sicuramente sciatta quella che non riesce ad assicurare il numero legale sulla risoluzione anti-Covid del governo, ma si può sempre rimediare e infatti si è rimediato. Difficilmente riparabile appare invece la deriva goliardica dell’opposizione ridotta a esultare perché non si vota, come a scuola quando si festeggiava un’imprevista ricreazione causa assenza del prof. Un misto di frustrazione e dispetto che reagisce al fallimento in serie di spallate e sgambetti affidandosi al fato. Per esempio, sognando che le assenze dei deputati giallorosa siano state “un segnale al governo”, come ai lontani tempi della Prima Repubblica (il leghista Bitonci). Speranza più che altro vana visto che il governo non fa una piega e assorbe i ceffoni nella convinzione (soprattutto a Palazzo Chigi) che sull’altro fronte versino in uno stato di crescente disperazione politica. Del resto, quando Giancarlo Giorgetti sente il bisogno di precisare che “dire che abbiamo vinto in Lombardia non è vero perché se abbiamo perso, abbiamo perso”, significa che la testa pensante della Lega continua a smarcarsi dal capo in piena trance da sconfitta.
Tuttavia, la pochezza politica della destra-destra non sembra una buona notizia per il Paese. Primo, perché a furia di sfibrarsi con ridicole guerriglie à la carte l’opposizione rafforza di fatto il governo Conte (e forse oltre i propri meriti) che così, privo di un confronto credibile, può ergersi a esclusivo punto di riferimento in una fase drammatica per tutti. Secondo, perché la metà elettorale degli italiani (e forse qualcosa di più) meriterebbe di essere rappresentata non da una compagnia dadaista in gita premio, ma da una classe dirigente con dei progetti seriamente alternativi a quelli contestati sull’emergenza Covid. A Salvini&Meloni, mascherine e Dpcm con annessi e connessi non garbano? È nel loro pieno diritto, ma allora invece di strillare che c’è la dittatura sanitaria (risate) si sforzino di esprimere delle proposte diverse, e se possibile migliori di quelle governative. Cosa, come, fino a quando e perché: questo sarebbe lecito attendersi da dei leader sovranisti (seppure la parola ha ancora un qualche significato) consapevoli del proprio ruolo. Non l’attacco qualunque (e qualunquista) o il carnevale di sberleffi, urla e invettive, come martedì nell’aula di Montecitorio. Fino a quando questa opposizione continuerà a stare a rimorchio della destra televisiva, beandosi di presidiare gli studi (Salvini: 676 minuti dal 6 agosto al 19 settembre, secondo Agcom) non farà altro che scimmiottare (male) le intemerate dei vari Del Debbio, Giordano, Porro, Maglie, Capezzone. Ma quelli si sono candidati a governare gli ascolti, non il Paese.
(foto Dagospia)
Basta frignare. - Massimo Erbetti
Si basta frignare, basta piagnucolare, basta piangere…Basta!
Se solo ascoltaste le vostre parole, se solo vi rendeste conto di quello che dite…
"Abbiamo tutti contro, giornali, TV, media…tutti contro di noi…" ma no dai? Davvero? E ditemi: in undici anni, è cambiato qualcosa? In undici anni, qualcuno è venuto a dirvi: "ma che bravi questi grillini…veramente bravi"...ditemi una sola volta che vi è capitato, una sola. Ma ve li ricordate i primi VDay? Mentre radunavamo in piazza centinaia di migliaia di persone, le TV facevano finta che non esistevamo, non una parola, non un commento, niente di niente…solo silenzio e indifferenza…non esistevamo, non eravamo degni di nota…noi eravamo il nulla assoluto. Per cui smettete di piagnucolare perché è stato sempre così, è sempre così e sarà sempre così…anzi vi dico una cosa: il giorno in cui ci daranno una pacca sulla spalla, il giorno in cui ci diranno "bravi, complimenti" dovremmo preoccuparci e anche molto, perché quel giorno saremo diventati "sistema"... Il giorno in cui qualcuno ci appoggerà, sarà il giorno della fine di un sogno.
"Eh…ma le cose vanno male…alle regionali abbiamo preso pochi voti…" Ah si? E quando sono andate bene? Quante regioni abbiamo perso? Ve lo dico io: Zero…nessuna, perché noi alle amministrative, non prendiamo voti, noi non promettiamo, noi non lottizziamo, noi non diamo posti di lavoro, noi non distribuiamo incarichi, noi non regaliamo buoni benzina, non paghiamo cene, non facciamo pacchi alimentari, noi non facciamo saltare file, noi non le facciamo queste cose….volete voti sul territorio? Adeguatevi agli altri, promettete, distribuite, spargete…e allora si che ci voteranno…volete questo? Perché se volete questo, tutto diventa facile...tutto è possibile…ma sarà la fine del movimento, sostituiremo, un potere politico, con un altro potere politico.
Voglio raccontarvi una storia…a inizio anno 2018…un grillino pieno di speranze, si candida a sindaco…fa la sua bella lista..raccoglie le firme…stampa con il suo gruppo i volantini, i manifesti, i santini e un giorno di primavera, insieme agli altri candidati sindaci di tutta Italia, viene chiamato a Roma da Di Maio, per un corso di preparazione…immaginate la felicità del grillino…il movimento ha appena vinto le elezioni nazionali con quasi il 33%,va tutto a gonfie vele…siamo i padroni del mondo, nessuno può sconfiggerci, siamo imbattibili, la gente è con noi.
Il felice grillino, è sicuro che diventerà sindaco…ha il vento in poppa…indossa l'abito migliore e va a Roma…sicuramente (pensa il grillino) Di Maio, farà a lui e agli altri, un discorso motivazionale, dirà loro che sono i migliori, i più bravi, i più amati…quelli da battere…
Arriva all'incontro, il cuore gli batte forte nel petto, non ricorda neanche più quando aveva sentito il suo cuore battere così forte…forse all'esame di maturità? Forse al primo appuntamento?...No, niente, forse non gli aveva mai battuto così in tutta la sua vita…
Si siede emozionato e aspetta, passano i minuti che a lui sembrano ore…le mani sudate…e arriva…eccolo Di Maio…ci siamo…inizia a parlare…i saluti di rito, i ringraziamenti per essere andati…e poi le sue prime parole:
"le elezioni comunali, non sono le nazionali, non pensate di ottenere gli stessi voti che il movimento ha preso alle politiche perché questo non avverrà"..."voi dovete prendere i voti che nella vostra città il movimento ha preso alle nazionali, li dovete dividere per quattro e il risultato, saranno i voti che prenderete nel vostro comune"... Doccia gelata…il grillino speranzoso, comincia a farsi un film in testa, ma dai vabbe, ma cosa ci sta raccontando, cosa va dicendo..ce lo dice solo per non farci montare la testa, per non far calare la tensione, per tenerci sulle spine…è tutto un discorso psicologico.. Sapete come è andata a finire? Che aveva ragione lui, aveva ragione da vendere…i voti sono stati proprio quelli che aveva pronosticato Di Maio ed è stato così per il 99% degli speranzosi candidati sindaci grillini...i voti del nazionale diviso quattro… capito? Capito come funzionano le cose? Funziona così…e non da oggi, da sempre, anche quando il movimento prendeva il 33% a livello nazionale. Per cui smettete di frignare, smettete di piagnucolare, smettete di lamentarvi, perché la realtà è questa.
Ahh…dimenticavo…quel grillino speranzoso ero io…e sono ancora qui…vado avanti, tra mille difficoltà, senza soldi, senza aiuto, con decine di attivisti persi per strada, con la stampa che mi attacca, con quelli che ogni giorno mi dicono che siamo finiti, con gli amici che mi dicono "chi cazzo te lo fa fare…tanto le cose non cambieranno mai…" tralasciando affetti e lavoro…lo volete capire che per noi funziona così? Per i grillini funziona così… e cosa facciamo? Molliamo, lasciamo perdere? Gliela diamo vinta? Eh no…io vado avanti…noi tutti dobbiamo andare avanti…per noi, ma soprattutto per i nostri figli…cambieremo le cose? Non lo so, forse non le cambieremo, forse tutto rimarrà come è ora, o anche peggio di ora…ma forse anche no…comunque vada, noi ci avremo provato ed è questo quello che conta…per cui…basta frignare…alziamo il culo e diamoci da fare.
Un'ultima cosa, i problemi ci sono, ci sono sempre stati e sempre ci saranno, attiviamoci per risolverli…ma non perdiamo mai di vista il motivo per cui ci siamo messi in gioco: cambiare questo cazzo di paese.
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Premi Covid, nelle Marche neanche un euro per medici e infermieri. Mentre i dirigenti tentano il blitz per ottenerlo: 82 beneficiari. - Pierfrancesco Curzi
Un decreto firmato dalla dirigente del Servizio salute della Regione aveva autorizzato il pagamento delle quote di straordinari per 82 colleghi, alcuni dei quali in servizio in settori come la cultura, la tutela dell'ambiente e lo sport. Tutto congelato in base all'indicazione del neopresidente Acquaroli. Il sindacato dei medici: "Certe cose fanno arrabbiare. Per la nostra categoria si ragiona sull’ordine di poche centinaia di euro e i dirigenti della Regione vanno ad incassare fino al 30% della retribuzione".
Medici, infermieri e personale sanitario delle Marche, in prima linea nella lotta contro il Covid-19, non hanno ancora visto un euro della premialità annunciata a maggio dalla Regione, ma intanto i vertici apicali di Palazzo Raffaello erano pronti ad elargire ricchi bonus per straordinari in parte fantasma a dirigenti e funzionari. Un decreto, il numero 16 del 7 agosto, firmato dalla dirigente del Servizio salute della Regione, Lucia Di Furia, autorizzava il pagamento delle quote di straordinari per 82 tra dirigenti, interni ed esterni. Posizioni organizzative e altri funzionari di rango più basso. Somme che potevano andare da 4mila ad oltre 10mila euro, in quanto in rapporto del 30 per cento rispetto allo stipendio tabellare dei vari ruoli. Ora quel provvedimento pare congelato: almeno questa è l’indicazione del nuovo presidente di Regione Francesco Acquaroli (Fratelli d’Italia) che dovrebbe annunciare la formazione della nuova giunta nei prossimi giorni.
Sono bastati un inghippo, qualcuno che ha messo i bastoni tra le ruote e il clamore mediatico per “congelare” la cosa. Sarebbe infatti stato più difficile richiedere indietro le cifre a chi l’emergenza Covid-19 non l’ha neppure sfiorata, magari lavorando per mesi in smart working nel periodo delineato dal decreto, ossia dal 31 gennaio (nelle Marche l’epidemia è esplosa un mese dopo) al 31 luglio. Uno dei dirigenti più di lungo corso presenti in quella lista, inoltre, proprio nel periodo di massimo impatto del virus era in malattia e non ha prestato servizio sotto alcuna forma. Poi c’è il nodo dei servizi e degli ambiti della Regione a cui il bonus doveva essere destinato. Mentre l’area sanità e la Protezione civile sono effettivamente stati in prima linea, qualche dubbio viene analizzando altri settori: turismo ad esempio, oppure la cultura e lo sport, le risorse umane, la tutela del territorio e il servizio “affari istituzionali e integrità” che comprende alcune figure dell’area comunicazione. Decine di questi dirigenti e funzionari, alcuni con stipendi annui vicini ai cinque zeri, erano in quella lista.
A commentare il caso è Oriano Mercante, segretario regionale del sindacato Anaao Assomed: “Certe cose fanno arrabbiare. Per la nostra categoria, così come per quella del comparto, si ragiona sull’ordine di poche centinaia di euro e i dirigenti della Regione vanno ad incassare fino al 30% della retribuzione, alcuni magari senza aver mai fatto nulla contro il Covid. Ne valeva la pena attivare una contrattazione infinita per 600 euro una tantum? Le dico, era meglio non prendere un euro e guadagnarci in salute. Credo che ci sia un senso di opportunità dietro a ogni decisione. I soldi elargiti per questi straordinari sono importanti e soprattutto sono arrivati attingendo dal fondo dell’emergenza Covid, senza alcuna contrattazione”.
La misura, pronta per essere licenziata, è saltata in extremis: fondamentale il fuoco amico di altri dirigenti e personale della Regione, lasciati a bocca asciutta e fuori dal decreto. Stesso discorso per i sindacati, anch’essi silenziati dal provvedimento che annullava, in deroga, qualsiasi contrattazione. Tutto è avvenuto a luglio e agosto, cioè agli sgoccioli di una legislatura travagliata e conclusa con la mancata riconferma del presidente uscente Luca Ceriscioli: “Quello che dovevo fare l’ho fatto, senza dubbi e senza indugi, inserendo un pacchetto da 20 milioni di euro. Gli accordi sui premi sono stati firmati, se non sbaglio. Gli straordinari Covid per dirigenti e posizioni organizzative? Mi risulta che si tratti di regole fissate dal dipartimento centrale di Protezione civile e saranno pochi a goderne”.
Proprio lui aveva annunciato i premi per i cosiddetti “eroi” della sanità, ma gli accordi per l’erogazione dei fondi sono stati presi soltanto in minima parte: “Delle quattro tra aziende ospedaliere e quella sanitaria regionale (l’Asur, ndr), abbiamo chiuso le vertenze solo nelle due più piccole, Marche Nord e Inrca per il comparto (infermieri, oss, ausiliari e tecnici, ndr) – sostiene Luca Talevi, segretario generale Fp-Cisl Marche – Erano stati promessi mille euro, alla fine ne sono arrivati 615, lordi tra l’altro. Per le due aziende principali, Asur e Ospedali Riuniti di Ancona, parliamo di 8mila addetti, la chiusura dell’accordo rischia di essere addirittura inferiore. Siamo in stato di agitazione e pronti allo sciopero per questo motivo”.
La diretta interessata, Lucia Di Furia, per ora preferisce non replicare. A farlo è invece la massima dirigente della Regione, la segretaria generale Deborah Giraldi: “Il provvedimento non è ufficialmente partito, non abbiamo dato neppure un euro ai dirigenti, ma soltanto fatto una ricognizione col servizio centrale della Protezione civile che elargisce i fondi. In effetti vorremmo capire bene, a norma di legge, cosa si intende esattamente per ‘attività connesse all’emergenza Covid-19’ prima di andare oltre. Ci muoviamo con la massima cautela”. Resta il fatto che il decreto per l’indennità onnicomprensiva era stato mandato in pagamento e i diretti interessati se la sarebbero vista accreditata nella prossima busta paga, se non fosse stata bloccata in tempo.
La pandemenza. - Marco Travaglio
Breve riassunto delle grandi questioni epocali che hanno occupato l’informazione negli ultimi tempi.
1. “Caos governo, senz’anima, né visione né identità. Infatti Conte è rimasto il fascioleghista che stava con Salvini: i dl Sicurezza non li cambierà mai e, se ci proverà, i 5Stelle faranno muro” (li ha cambiati lunedì sera, d’intesa col M5S, nel silenzio generale).
2. “Caos Mes: tutta la Ue lo prenderà tranne l’Italia, isolata sul no da un capriccio dei 5Stelle” (il Mes non l’ha preso nessuno: solo Cipro pareva interessato, poi ha rinunciato).
3. “Caos Azzolina: le scuole non riapriranno mai” (le scuole hanno riaperto il 14 settembre, come stabilito).
4. “Caos regole a scuola, la seconda ondata Covid verrà di lì” (in 20 giorni contagiati 1.492 studenti pari allo 0,021%, 349 docenti pari allo 0,047, 116 non docenti pari allo 0,059).
5. “Caos governo, rimpasto pronto: Azzolina verso l’uscita” (nessun rimpasto e Azzolina al suo posto, elogiata pure da Mattia Feltri su La Stampa per aver “fatto un buon lavoro”).
6. “Caos giallorosa: centrodestra pronto alla spallata alle regionali e alle comunali” (Regionali: 4-3 per il centrosinistra; Comunali nelle 98 città sopra i 15mila abitanti: centrodestra 34, centrosinistra+M5S (separati o insieme) 52, liste civiche 12.
7. “Caos 5Stelle: 40/ 50/ 60/ 100 parlamentari pronti alla scissione” (finora nessuna scissione nei 5Stelle).
8. “Caos 5Stelle: gli stati generali slittano al 2021” (gli stati generali M5S si concluderanno a Roma l’8 novembre 2020).
9. “Caos Pd: Zingaretti lascia la Regione Lazio per candidarsi a Roma/entrare nel governo” (Zingaretti resta alla Regione Lazio).
10. “Caos Recovery Fund: l’Italia in ritardo sul Piano, mentre gli altri governi l’hanno già presentato all’Ue” (nessun governo ha presentato il Piano: lo faranno tutti a gennaio).
11. “Il Recovery Fund è una truffa: i soldi non arriveranno nemmeno nel 2021” (l’accordo dell’altroieri all’Ecofin prevede che i fondi del Recovery inizieranno ad arrivare nei tempi previsti da metà 2021 per sei anni: nella Nadef Gualtieri ha già inserito la scansione degli importi anno per anno, a partire da un “anticipo” di 25 miliardi già disponibili per la nuova legge di Bilancio).
12. “Governo nel caos, il nuovo Dpcm slitta di una settimana” (il nuovo Dpcm è uscito ieri).
E vabbè, dài, è andata così. A chi non sapesse più cosa inventarsi per riempire le pagine, essendo sfumate anche le famose sommosse di settembre, rammentiamo che da qualche giorno non si parla più del governo Draghi. Forza, ragazzi, rifateci sognare un po’.
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