Ultimi giorni - Il leader leghista apre alle dimissioni: “Vediamo cosa è più utile per il governo”. Ma lui resiste: “Non lascio”.
Dopo venti giorni di silenzi e difese d’ufficio, Matteo Salvini si arrende. Dal meeting di Comunione e Liberazione in corso a Rimini, il leader della Lega apre per la prima volta alle dimissioni del suo sottosegretario all’Economia Claudio Durigon. Un passo indietro che potrebbe arrivare anche in tempi brevi: secondo una fonte autorevole della Lega, Durigon potrebbe fare un passo indietro già entro questa settimana. Eppure il sottosegretario resiste: “Non mi dimetto” ha detto a chi gli ha parlato nella giornata di ieri. Anche nella Lega, dunque, ci sono tensioni sul caso scoppiato il 4 agosto scorso quando il sottosegretario al Tesoro ha proposto di reintitolare il parco di Latina ad Arnaldo Mussolini (fratello del duce) invece che a Giovanni Falcone e Paolo Borsellino provocando la reazione indignata delle associazioni antimafia e antifasciste e di Pd e M5S che a settembre, quando riaprirà il Parlamento, presenteranno una mozione di sfiducia. “Ho la massima fiducia e stima di Claudio ma valuteremo cosa è meglio fare per lui, per la Lega e per il governo” ha detto Salvini a margine del dibattito a cui hanno partecipato tutti i leader di partito. Una prima crepa dopo giorni in cui Salvini aveva derubricato la questione a polemica “strumentale” sperando che tutto si sgonfiasse nel giro di pochi giorni, una volta passato Ferragosto. E invece non è stato così.
Salvini ieri ha definito Durigon come il “papà di Quota 100” e spiegato che con lui sta parlando “di pensioni e del saldo e stralcio delle cartelle esattoriali” ma poi ha fatto capire che nei prossimi giorni i due prenderanno una decisione per togliere il governo Draghi dall’imbarazzo: “Noi siamo qui per risolvere i problemi e non crearli, per spegnere le polemiche e non per alimentarle”. Poi al Fatto conferma: “Non possiamo passare l’autunno a parlare di fascismo e comunismo: troveremo una soluzione io e lui”. Una dichiarazione che arriva il giorno dopo il faccia a faccia a Palazzo Chigi tra Salvini e il premier Mario Draghi (e tra quest’ultimo e Giorgetti) che fino ad oggi non ha detto nulla sul caso. Secondo fonti vicine a entrambi, nel colloquio di lunedì i due non hanno parlato di Durigon ma la giravolta di Salvini è quantomeno sospetta. E soprattutto, è l’interpretazione dei suoi fedelissimi, apre alle dimissioni del sottosegretario al Tesoro già entro questa settimana. Nei prossimi giorni i due si vedranno e decideranno il da farsi. Salvini sembra pronto a scaricarlo ma dovrà vincere le resistenze del suo fedelissimo. Negli ultimi giorni la pressione politica sul sottosegretario leghista ha messo in imbarazzo il governo e l’obiettivo del leader della Lega è quello di non creare problemi a Draghi quando si aprirà l’autunno caldo delle riforme – fisco, pensioni e concorrenza – e alla vigilia dell’elezione del presidente della Repubblica. Una mozione di sfiducia metterebbe in grosso imbarazzo il governo e provocherebbe una spaccatura profonda tra centrosinistra e centrodestra. E così Salvini vuole togliere le castagne dal fuoco a Draghi prima del voto. L’ipotesi più probabile è che Durigon si dimetta e accetti un posto più pesante nella Lega, oltre alla promessa della candidatura a presidente della Regione Lazio nel 2023.
Il passo indietro di Salvini è stato provocato anche dalla pressione che Pd e M5S hanno messo su Durigon con la minaccia della mozione di sfiducia. Da Rimini il segretario dem Enrico Letta ieri ha confermato che il leghista “si deve dimettere” perché “l’apologia di fascismo è incompatibile con Costituzione e governo”, mentre il leader del M5S Giuseppe Conte ha concordato raccontando che nel 2019, da premier, chiamò Salvini per “revocare le deleghe” al leghista Armando Siri (indagato per corruzione): “Sono fiducioso che Draghi risolverà il caso” ha concluso Conte. Se arriveranno le dimissioni di Durigon, però, non sarà gratis. E Salvini lo ha fatto capire alzando i toni contro il ministro dell’Interno Luciana Lamorgese su cui pende una mozione di sfiducia di FdI. “Serve un cambio, deve iniziare a fare il ministro” ha detto Salvini.
ILFQ