venerdì 10 maggio 2013

“L’abbraccio storico”. - Sandra Bonsanti



C’è qualcosa di profondamente “immorale” nell’atteggiamento di molti di coloro che praticano e predicano attorno alle “larghe intese”. Qualcosa che offende il senso comune e rischia di fare un indecente minestrone di tutto quello che è accaduto  in Italia negli ultimi venti anni.
Si tratta di un grande equivoco che nasce dal momento in cui è stato deciso che questo governo era l’unico possibile e dunque volere o non volere era assolutamente indispensabile la collaborazione fra politici del Pd e politici del Pdl: per varare misure indispensabili a favore dei cittadini più colpiti dalla crisi e per varare certe riforme seriamente indispensabili (come quella elettorale) e altre sulle quali sarebbe opportuno una volta per tutte uscire dai luoghi comuni dell’improvvisazione costituzionale ed entrare nel luogo serio della competenza e della serietà.
Dunque, collaborazione e lavoro in comune.
Ma a questo punto si è visto che invece quello che ci si aspetta e che molti stanno già concedendo è una sorta di “abbraccio storico”, che si fonda su un presupposto “immorale”: ci siamo combattuti nel passato, siamo stati su fronti opposti, ma ora tutto questo deve finire, non ha più senso, i cittadini ci chiedono una condivisione che ci rende tutti uguali per vincere la difficile sfida.
Ecco dunque materializzarsi l”abbraccio storico”. C’è chi sospetta che fosse atteso da tempo e che in realtà ogni differenza fosse da anni più superficiale di quanto si possa pensare. Chi non si stupisce, chi si indigna.
Fanno parte dell’abbraccio questo impulso ai gesti di fraterna amicizia come abbracci e sorrisi nelle aule del Parlamento e non soltanto. Fanno parte dell’abbraccio inziative che tendono a creare amicizia e familiarità inutili.
Andare insieme in pullman in una splendida abbazia, dove si possa “familiarizzare” o “fare spogliatoio” lontani dagli sguardi dei giornalisti (che comunque molto raramente a dire la verità colgono questo lato della situazione) è proprio necessario? Serve a trovare soluzioni per rinviare l’Imu o trovare soldi per la Cassa integrazione o per inventarsi qualcosa di utile a chi sta in queste ore perdendo il lavoro, oppure serve soltanto a quel tentativo berlusconiano di avvolgere il suo passato personale e la sua politica in un velo di oblio, di legittimazione e di “condivisione”? Al tentativo di promuovere la politica di assalto alla Magistratura e di rispolverare la politica dei condoni e dei bavagli?
L’“abbraccio storico” non porterà nulla di buono a questo Paese. Non aiuterà a combattere la corruzione ai piani alti della politica, non servirà a riconquistare un po’ di fiducia dei cittadini. Il grande “errore” di Craxi quando per difendersi accusò tutti nell’aula di Montecitorio fu di dire: fanno tutti così. Se avesse detto: nessuno lo deve fare, sarebbe stato uno statista invece di un grande imputato.
Il rischio è che nello “spogliatoio” di Spineto si perda un altro po’ dell’onore che abbiamo già perso. E il sospetto che alla fine i membri del governo dell”abbraccio storico” finiscano anche per intonare insieme le canzoni goliardiche nostalgiche e un po’ oscene non ce lo toglierà nessuno.
Meno sorrisi, meno pacche sulla spalle, meno volemose bene. Non ci vogliamo affatto bene tutti quanti in questa Italia. E non c’è bisogno di questo per lavorare insieme, per pochissimo tempo e cercando di fare meno danni possibili.


http://www.libertaegiustizia.it/2013/05/10/labbraccio-storico/

“E’ una mente”. La stima di Totò Riina per Renato Schifani. - Marco Lillo


Renato Schifani e Totò Riina


Ascoltato in carcere nel 2008, il capo dei capi di Cosa nostra si lancia in una lode al più potente dei berluscones siciliani, attuale capogruppo Pdl a Palazzo Madama. Un modo per far sapere all'esterno cosa pensasse dell'appena eletto presidente del Senato. C'è anche una chiamata dallo studio al figlio del boss.

Renato Schifani è una mente”. Parola di Totò Riina. Il capo dei capi è stato intercettato il 10 giugno del 2008 nella sala colloqui del carcere di Opera. Il boss è recluso nel regime di massimo isolamento previsto dall’articolo 41 bis. Dietro il vetro parla con i suoi familiari e probabilmente lancia messaggi in un momento di svolta della vita politica italiana. Il 14 aprile del 2008 Silvio Berlusconi ha vinto con le elezioni politiche. Il 29 aprile Schifani è stato eletto presidente del Senato. Passano poche settimane e il capo indiscusso di Cosa Nostra, durante il colloquio, quando è perfettamente consapevole di essere intercettato e videoregistrato si fa scappare sorridendo apprezzamenti sull’uomo politico siciliano più potente del momento.
Il Fatto Quotidiano è in grado di pubblicare la trascrizione del colloquio. Nella sala colloqui del carcere di Opera ci sono la moglie del boss, Ninetta Bagarella, oggi 68enne, la sorella, Arcangela Riina, oggi 74enne, e la figlia Lucia Riina, oggi 32enne.
Gli investigatori videoregistrano e ascoltano con attenzione. In passato per esempio il boss ha lasciato intravedere la sua scarsa stima per il leader del Pdl: “Berlusconi, che io ci credo poco o niente”. Il Capo dei Capi in quel caso infila la riflessione mentre consiglia al figlio di mangiare molta frutta. Sarà un caso ma anche stavolta il riferimento alla politica arriva mentre si parla di frutta. Il 10 giugno del 2008 Riina dice “l’altro ieri ci hanno portato queste ciliegie a otto euro e virgola sei, sedicimila lire un chilo di ciliegie, e che erano… ciliegie d’oro?”. Ci manca solo che il boss aggiunga ‘signora mia’. Poi Totò Riina riprende: “ciliegie d’oro! ciliegie d’oro!. Né amore né sapore c’è in quelle ciliegie non è che ci sono le ciliegie di questi tempi come da noi”.
A quel punto è la figlia Lucia che interviene: “Infatti le ciliegie , quelle di Chiusa sono buone da noi!”. Totò Riina coglie lo spunto e prosegue: “Vengono da Chiusa… le ciliegie vengono da Chiusa Sclafani, è la zona di ciliegie più bella che c’è in Sicilia… Chiusa Sclafani! Io sono un conoscitore della Sicilia. Io so dove fanno le ciliegie buone… dove si fanno il vino buono… dove si fa l’uva buona. Le ciliegie da noi, è stata sempre la zona di Chiusa Sclafani che ha avuto questo… questa… perché veramente lì hanno la storia da centinaia di anni che si coltiva, non è che lo so da ora che è zona di ciliegie e fanno ciliegie bene… io lo so da quando ero piccolino.., quando erogiovanottino”.
La figlia Lucia interviene ancora e fa riferimento a qualcuno che aveva un suolo in zona: “Avevano loro il terreno… non lo so io com’è che … ”.
Il capo dei capi interrompe la figlia e introduce il senatore Schifani: “Il paese di un senatore siciliano”, dice Totò Riina, “il paese… di… uno di Chiusa Sclafani …..un senatore….. Forza Italia!. Il paese Chiusa Sclafani e del senatore Schifani”. La figlia Lucia e la moglie Ninetta non sanno nulla e gli chiedono incredule: “Chiusa Sclafani?”. Totò conferma: “Sì il paese del senatore”. Poi c’è una pausa e Totò Riina aggiunge “eh…..è… una mente è! Che è una mente… incompr… uno non è che”. La moglie a questo punto, senza senso, interrompe il marito e introduce il tema delle rare visite che può fare al boss in carcere. Apparentemente non c’è alcuna connessione tra i due discorsi: “Perché ti vengo a vedere ogni due mesi, ogni tre mesi”, dice Ninetta e Totò Riina ribatte: “Tant’è vero che dicono ….ma loro avrebbero pensato che avessero bucato il cervello, a me l’avessero bucato, invece il cervello… non si è bucato, pazienza… pazienza… pazienza”.
Insomma Riina, dopo aver detto che Schifani è di Chiusa Sclafani (ed effettivamente il padre del senatore, recentemente scomparso, era nato in questo paese del corleonese nel quale a giugno si tiene la sagra delle ciliegie) e dopo avere aggiunto che Schifani è una mente, si lamenta del fatto che pensavano di distruggerlo, lasciandolo in isolamento. Ma il suo cervello però ha resistito e ci vuole pazienza, tanta pazienza.
La conversazione è stata subito trasmessa ai pm che indagavano Schifani per concorso esterno in associazione mafiosa. Pende la richiesta di archiviazione per questo procedimento davanti al gip Morosini che presto potrebbe firmare il decreto di archiviazione. I pm hanno considerato che “questo apprezzamento positivo proveniente da un pericoloso capomafia non è certo lusinghiero per il destinatario” ma non hanno ovviamente riscontrato alcun indizio di reato in un semplice apprezzamento. Anche se Riina sorrideva quando pronunciava i complimenti a Schifani, sapendo di essere intercettato. Il capogruppo del Pdl è entrato in Parlamento nel 1996 quando è stato eletto nel collegio di Corleone-Altofonte. Era un avvocato esperto di urbanistica ed era socio dello studio di piazza Virgilio a Palermo insieme al professor Giuseppe Pinelli.
Il Fatto ha scoperto che in un’indagine palermitana c’è una traccia che lega la famiglia Riina allo studio Pinelli-Schifani, chiamato ancora così perché il figlio del senatore, Roberto Schifani, ha ereditato il ruolo del padre. Il 16 gennaio 2002 alle ore 18 e 37 dal numero 091-323054 del telefono fisso dello studio legale Pinelli-Schifani parte una telefonata diretta al cellulare di Giuseppe Salvatore Riina, allora 25enne, figlio di Totò Riina. La telefonata dura 114 secondi. Il figlio del boss si trova a Corleone ed è indagato per i suoi affari con altri mafiosi. Sarà arrestato a giugno del 2002 e poi condannato molti anni dopo in via definitiva a 8 anni per mafia. In quel momento però il suo cellulare non è intercettato. Quindi non possiamo sapere chi chiamava e chi parlava quel giorno con Riina Jr dallo studio Pinelli-Schifani. Alle 18.06, pochi minuti prima, Riina jr chiama qualcuno che è a Roma, al Jolly Hotel Vittorio Veneto. L’ignoto interlocutore romano parla con lui per quasi tre minuti.
Chi era la persona che parlava con Riina dallo studio palermitano? Fonti vicine a Renato Schifani sostengono che il senatore quel giorno era a Roma e che non si occupava da tempo dello studio. Anche il suo socio Giuseppe Pinelli sostiene di non avere fatto quella telefonata. Solo il figlio di Riina, oggi uscito dal carcere dopo avere scontato la pena, potrebbe chiarire il dubbio.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/05/10/e-mente-stima-di-toto-riina-per-renato-schifani/589834/

Non gli crede più neanche chi gli ha dato il battesimo...ora si affidano alle menti...

I 7 cibi che allungano la vita.



Mangiando i cibi giusti, si può vivere meglio e più a lungo. Ecco un elenco di 7 alimenti che allungano la vita e ci aiutano a mantenerci belle e sane.

1I BROCCOLI
I Broccoli, oltre a essere versatili in cucina, freschi e gustosi, sono ricchissimi di Antiossidanti. Lo stesso vale per le altre verdure crucifere, come i Cavolfiori, i Cavoli e i Cavoletti di Bruxelles. Il risultato è un sorprendente effetto anti-age e una protezione naturale contro l’invecchiamento cellulare e i temibili radicali liberi.

2. I FRUTTI ROSSI.
Fragole, Mirtilli, Ribes, Lamponi e Ciliegie sono un elisir di lunga vita perché neutralizzano l’azione dei radicali liberi. Contengono, inoltre, Antocianine, che proteggono il cervello ed i muscoli.

3. IL CIOCCOLATO FONDENTE. 
Magiare Cioccolato fondente aiuta a prevenire l’insorgenza di gravi malattie cardiovascolari. E’, inoltre, un ottimo antiinfiammatorio naturale grazie all’alto contenuto di Flavonoidi.

4. I POMODORI. 
Molti studi scientifici hanno dimostrato che un consumo regolare di Pomodori freschi, meglio se biologici, garantisce una valida prevenzione contro l’insorgenza di tumori, come quelli della prostata, dei polmoni e dello stomaco. Il merito è del Licopene in essi contenuto.

5. LE BARBABIETOLE. 
Questi ortaggi sono ricchissimi di Betaine, indicate come possibili modulatrici della risposta infiammatoria. Le Barbabietole garantiscono, inoltre, un elevato apporto di Vitamina C: un vero toccasana per la linea e per la salute.

6. LE NOCI. 
Grazie alla presenza di Acido Alfa-Linoleinico, un acido grasso della serie Omega 3, le Noci favoriscono il mantenimento di bassi livelli di Colesterolo cattivo (LDL).

7. I CEREALI INTEGRALI.
I cereal integrali sono una eccellente fonte di Vitamine e Antiossidanti. Sono, in aggiunta, ricchissimi di Fibre, fondamentali per combattere il Colesterolo cattivo e per regolare il livello di Zuccheri nel sangue.

Un buon metodo per chiudere i sacchetti contieni-tutto.



https://www.facebook.com/photo.php?fbid=432157630205551&set=a.115868981834419.29197.115699361851381&type=1&theater

Lachnaia italica femmina (Chrysomelidae)

DSCF4542 Coccinella  a 6 punti allungata 1


Questa mattina mi ha attirato la vista di questo insetto strano, vagamente somigliante alla coccinella, ma dal colore e forma insoliti, per cui, per sete di conoscenza e per la curiosità innata che mi contraddistingue, mi sono andata a documentare ed ho scoperto che, contrariamente a quanto potessi pensare, non si tratta di un insetto innocuo, ma è altamente dannoso per alcuni tipi di colture.


La  Lachnaia italica femmina è un coleottero della famiglia delle Chrysomelidae, sottofamiglia Clytrinae.
Questa specie si trova in Italia, Francia e Slovenia.
Gli adulti si cibano principalmente di rosacee, querce e sempreverdi.
Le larve vivono nei nidi delle formiche rosse e si cibano di rifiuti vegetali.
La specie non è conosciuta e potrebbe ingannare il suo aspetto paragonabile alla coccinella, in effetti è dannosissima per susini, ciliegi e rovi: mangia di tutto, dalle foglie ai germogli, ai fiori; rovina le giovani piante in crescita, spezza i mazzetti floreali dei rovi, i germogli dei rami di ciliegio".  

Fate attenzione, quindi, quando le vedete, non fatevi scrupolo e, senza alcuna pietà, eliminatele! 

Cetta.

giovedì 9 maggio 2013

Nitto Palma, 10 anni al servizio di Silvio. - Wil NonLeggerlo

Francesco Nitto Palma

Immunità per l'ex premier, stop ai processi e punizioni per i giudici 'che sbagliano'. Da quando è entrato in politica, il presidente della Commissione giustizia ne ha dette di ogni. Ecco una breve antologia.

Alla fine Nitto Palma ce l'ha fatta. Finalmente la fumata bianca: abbiamo un nuovo presidente della commissione Giustizia, al Senato della Repubblica. Berlusconi ha insistito tanto, si è dimostrato disposto a tutto, pur di avere l'ex Guardasigilli al comando di quella commissione. Chissà perché. "L'amico di Previti" - così molti onorevoli chiamano Nitto Palma - la battaglia per la reintroduzione dell'immunità parlamentare l'ha combattuta sempre dalla prima fila. Indimenticabile, la "salva-ladri" del 1994, che aboliva la custodia cautelare, limitandola ai casi più gravi. Indimenticabile, la "salva-Previti" del secondo governo Berlusconi: l'emendamento che avrebbe dovuto sospendere i processi per tutti i parlamentari, fino a fine mandato e con effetto retroattivo. Indimenticabile, il suo primo giorno da ministro della Giustizia, con il Pdl che poneva la fiducia sulla famigerata "allunga-processi". 

Dopo tre bocciature, intervistato dal Corriere della Sera, ieri Nitto Palma si diceva infuriato: "Ce l'hanno con me. Ecco, guardate l'sms di mia figlia, che chiede, ma perché ce l'hanno con te?". Detto con il massimo rispetto, qualche sospetto ce l'abbiamo. A partire dalla battaglia contro il taglio dello stipendio dei parlamentari, anno di grazia 2007. Ma non solo. Un lungo sospiro di sollievo, in via dell'Umiltà. 

Agosto 2002
Nitto Palma: "A settembre presenterò un disegno di legge sull'immunità parlamentare. Dalla sinistra non ho ricevuto nessuna proposta, solo insulti".

Gennaio 2003"La mia proposta approvata dalle commissioni congiunte Giustizia e Affari Costituzionali prevede l'istituzione di una commissione di inchiesta che indaghi non solo sul fenomeno del finanziamento illecito dei partiti, ma anche sulla magistratura politicizzata".

Gennaio 2003 
"L'unica soluzione è sospendere i processi per Berlusconi. Sono per l'immunità sul modello spagnolo, e la sospensione è già stata approvata dalla commissione giustizia del Parlamento europeo. Non vedo perché l'Italia non dovrebbe adeguarsi". 


Marzo 2003Nitto Palma si trova con Previti nel salotto di Bruno Vespa, e propone più immunità per tutti, altroché Lodo Alfano: Ci vuole un Lodo Maccanico rinforzato: "Vogliamo processi sospesi per il capo dello Stato, per il premier, per i parlamentari e possibilmente per i ministri. Prevedendo che tutto si fermi anche per i coimputati. Serve una copertura anche per i governatori e gli assessori regionali. Poi si metterà mano alla Costituzione con la riforma dell' immunità". 

Dicembre 2004, contro il provvedimento che dimezza i termini della prescrizione: L'opposizione è contro l'ex-Cirielli solo perché è ossessionata dal fantasma di Cesare Previti. Voi volete soltanto ottenere il suo cadavere e non vi preoccupate di quanto bene questa legge potrà fare ai cittadini e all'ordinamento". 

Novembre 2007, contro il dimezzamento dello stipendio dei parlamentari: "E' un grave errore andare incontro alla demagogia, alla anti-politica strisciante".

Ottobre 2010, da ministro della Giustizia: "Farò pagare i magistrati che sbagliano. Lo Stato paga 100mila euro? Il magistrato pagherà a sua volta la stessa somma".

Novembre 2011
In battaglia per un nuovo condono edilizio: "Siamo da tempo impegnati a portare avanti, con forza e convinzione, le ragioni di una iniziativa che restituisca ai cittadini della nostra Regione la possibilità di chiedere la regolarizzazione dei manufatti abusivi ultimati entro il 31 marzo 2003".

E a chi critica questa scelta: "Chi mi ha paragonato a 'Cetto La Qualunque" per aver presentato questo ddl, è un delinquente... non vi importa nulla della sofferenza della gente?". 

Gennaio 2013
Nitto Palma telefona furioso all'amico Nicola Cosentino, per farsi riconsegnare le liste che quest'ultimo avrebbe "sottratto", causa esclusione elettorale: "Porca miseria Nicola, sono Nitto Palma, sei impazzito? No, tu adesso fai il bravo, e ti calmi: tra un'ora siamo lì e ci consegni le liste della Campania, d'accordo?". 

Marzo 2013
Dalla manifestazione Pdl davanti al tribunale di Milano: "Falcone e Borsellino non avrebbero mai fatto quello che questi pm stanno facendo a Berlusconi".


http://espresso.repubblica.it/dettaglio/nitto-palma-10-anni-al-servizio-di-silvio/2206618

Cocaina, inchiesta sfiora Micciché. - Lirio Abbate



Una busta piena di droga. Con sopra la scritta "on. Gianfranco Micciché". Trovata nella macchina del suo autista. Che prima ammette: "Era per lui". Poi cambia idea. Ora la Procura di Palermo deve decidere cosa fare.

Con i giornalisti non lesina diffidenza e cautele, tanto che dopo la nomina come sottosegretario a Palazzo Chigi ha dichiarato: «Non rilascerò più alcuna intervista che non sia accompagnata da una ripresa video dell'intera conversazione». Quando si tratta di scegliere i collaboratori più stretti invece Gianfranco Micciché non sembra prendere precauzioni così rigorose. Perché da un decennio il parlamentare siciliano, figlioccio politico di Marcello Dell'Utri e artefice dell'indimenticato 61 a zero di Forza Italia nelle elezioni del 2001, si trova sempre a fare i conti con i vizietti stupefacenti di assistenti e autisti. Storie che non hanno mai provocato contestazioni penali nei confronti del neosottosegretario con delega alla pubblica amministrazione e alla semplificazione, ma che dovrebbero almeno metterlo in guardia. 

Ma veniamo ai fatti. In queste settimane la procura di Palermo deve decidere se e come chiudere l'indagine su un giro di festini e cocaina nel capoluogo siciliano. Una questione non spinosa come quella che ha riguardato il Quirinale e la trattativa Stato-mafia, ma che richiede massima attenzione. Nel fascicolo al vaglio dei magistrati - nel quale spunta il nome di un noto pusher, Stefano Greco - ci sono intercettazioni che potrebbero riguardare parlamentari e personaggi della Palermo bene. 

L'istruttoria è cominciata tre anni fa. Con registrazioni e pedinamenti, gli investigatori hanno ricostruito la rete di spacciatori e consumatori che di fatto finanziano il traffico, e scoperto che uno dei destinatari della droga è Ernesto D'Avola, autista di Micciché, all'epoca sottosegretario alla presidenza del Consiglio e tra i più fidati consiglieri di Silvio Berlusconi. 

I poliziotti si convincono che D'Avola tenga i rapporti con il pusher tramite un intermediario. E quando sono certi che all'autista è stata passata una consegna, lo bloccano. Nella vettura infatti c'è una busta piena di cocaina, con sopra la scritta "On. Gianfranco Micciché". 


Viene tutto sequestrato e gli agenti, in due relazioni al questore e alla procura, raccontano: «Il D'Avola consegnava spontaneamente il plico, dicendo che il tutto era di pertinenza dell'on. Micciché. All'interno risultavano custoditi grammi 5 di sostanza stupefacente, che a seguito di accertamento risultava essere cocaina». 

Ma il colpo di scena arriva pochi giorni dopo. D'Avola fa retromarcia e dichiara che la droga era per suo uso personale. L'inchiesta a questo punto prende una direzione diversa, quella dei coca-party, ai quali avrebbero partecipato professionisti e imprenditori molto noti in città: in qualche caso sarebbero state presenti anche figure femminili dello show business e parlamentari. Ma nulla che riguardi Micciché, che dopo le dichiarazioni auto-accusatorie del suo chaffeur non è mai stato sentito dagli investigatori. 

La vicenda palermitana ricorda alcuni aspetti di un'altra inchiesta, avvenuta a Roma molti anni prima, nel 2002, quando un amico e collaboratore dello stesso Micciché venne arrestato per spaccio di droga a Roma. L'uomo era stato pedinato e filmato dai carabinieri dopo aver acquistato cocaina e poi visto entrare di sera nel ministero dell'Economia con addosso la sostanza stupefacente. In quel periodo, secondo governo Berlusconi, Micciché era vice ministro con delega per il Mezzogiorno. I carabinieri non hanno mai accertato in quale ufficio del dicastero si fosse recato il collaboratore. Che venne arrestato, ma non disse nulla. Anche in quel caso non ci fu alcun coinvolgimento diretto del neosottosegretario e il suo nome non comparve nell'inchiesta.

La carriera di Micciché è proseguita tra alti e bassi, quanto l'intesa con Berlusconi - «Una persona generosa, affabile e buona», come ha detto la scorsa settimana - che alla fine gli dedica sempre un occhio di riguardo. Nonostante quelle avventate scelte nel designare le persone più vicine. «Mannaggia a questi collaboratori e autisti...», ripeteva un vecchio amico palermitano del sottosegretario. Che ora proclama di volere rivoluzionare «la macchina amministrativa attraverso il passaggio dal sistema delle autorizzazioni a quello del controllo ex post».


http://espresso.repubblica.it/dettaglio/cocaina-inchiesta-sfiora-micciche/2206623