domenica 11 aprile 2010

La guerra ai bambini - Luca Telese


11 aprile 2010
I bambini stranieri messi a pane ed acqua – e con orgoglio - daMilena Cecchetto, sindaco leghista di Montecchio Maggiore perché i loro genitori non pagavano la retta. “Non si può mangiare a sbafo”, ha spiegato con disarmante serenità, il condirettore de Il Giornale Alessandro Sallusti. I bambini stranieri esclusi dai fondi per le cure dentarie ed oculistiche elargiti (solo a gli italiani) dal comune bergamasco di Brignano Gera d'Adda. I bambini stranieri privati dell’accompagnamento scolastico ad Angolo Terme (lo ha raccontato bene sulle pagine de Il Fatto Elisabetta Reguitti), costretti da tortuosi pasticci regolamentari a pagare più degli italiani. Bambini colpiti in tutta Italia dal tetto etnico del 30% massimo nelle classi: ventilato, rimangiato, ma alla fine attuato dal ministro Gelmini. Non si capisce dove dovrebbero andare, una volta espulsi, ma non importa. E infine il divieto di iscrizione a scuola – più volte ventilato - per i figli dei clandestini.

C’è qualcosa di grave,ed incredibile, nella sottovalutazione della guerra della Lega,e dei suoi emuli contro i bambini. E’in atto una crociata che non si vuole vedere, perché nessuno collega con un unico filo storie ed episodi che rimbalzano da un capo all’altro d’Italia. In alcuni casi, il centrosinistra si oppone, più o meno blandamente. In altri sostiene addirittura che i provvedimenti dovrebbero essere più severi. Raramente ci si rende conto che questo moderno razzismo dissimulato sotto i feticci del sorriso cortese e della buona amministrazione, non è un effetto collaterale più o meno indesiderato della guerra contro gli extracomunitari adulti. Ma quello pianificato di una guerra che ha come obiettivo principale proprio i bambini. I leghisti non lo nascondono. Ho chiesto a
Mauro Borghezio perché:“I padri devono capire – mi ha risposto con sincerità – che se vengono a procreare qui da noi gli effetti ricadono sui loro figli”. La guerra ai bambini ha come obiettivo la segregazione, perché i minori sono quelli che fanno camminare sulle loro gambe l’integrazione.

Quelli che imparano l’italiano nelle scuole, e poi lo insegnano ai loro genitori. Quelli che, rompendo con fatica le barriere del pregiudizio, costruiscono la nuova Italia multi culturale. Ecco perché non va sottovalutato il manuale nuovo cattivismo. E perché va combattuto.

da Il Fatto Quotidiano dell'11 aprile 2010


Per candidarsi 200mila euro - Enrico Fierro


11 aprile 2010
Politiche 2008: il socio di Dell'Utri, Aldo Micciché, parla al telefono di richieste di soli per diventare deputato. Uno dei suoi interlocutori: "In listà c'è chi è entrato grazie ai casalesi"

"In democrazia lo stronzo vale quanto un genio”. Così parlò Aldo Micciché, il faccendiere calabrese trapiantato in Venezuela. Alle ultime elezioni politiche si occupò con successo della raccolta di voti a favore del Pdl in Venezuela. Generoso, rifiutò addirittura una proposta di candidatura offertagli direttamente da un emissario di Forza Italia, Filippo Fani, braccio destro di Barbara Contini. Amico e socio di Marcello Dell'Utri e di uno dei suoi figli, settori petrolio e medicinali, è l'uomo che in una notte di tensione brucia le schede elettorali degli italiani residenti nel paese sudamericano. Di questo suo gesto informa anche Filippo Fani. Micciché, che fa da tramite tra Marcello Dell'Utri e alcuni emissari della coscaPiromalli, una delle più potenti della Piana di Gioia Tauro, è una “piovra”. “Micciché in Italia ha contatti con i capezzuni”. Gente che conta. Nomi altisonanti che colpiscono gli agenti della squadra mobile di Reggio Calabria che intercettano le sue conversazioni. “Ciò che ha colpito questi investigatori – si legge nel fascicolo inviato dalla Procura antimafia reggina alla Procura generale di Palermo – è la quantità, ma soprattutto la qualità delle conoscenze che Micciché ha sia in Italia che all'estero”. Il faccendiere conosce tutti e parla con tutti. Dell'Utri, la sede di An, quella di Forza Italia, la segretaria di Mastella, Mastella stesso, l'onorevoleTassone, oggi vicepresidente dell'Antimafia, e poi esponenti della massoneria, uomini d'affari e servizi segreti venezuelani.

Ma a tempestarlo di telefonate alla vigilia delle elezioni è
Filippo Dinacci, avvocato napoletano e cugino omonimo dell'avvocato romano legale di Previti,Berlusconi e Bertolaso. L'avvocato Dinacci in quel periodo è consulente della società che Micciché, Dell'Utri e Massimo De Caro hanno messo in piedi per il business del petrolio e del gas in Venezuela. Ma il pallino della politica non lo abbandona mai, ha fondato con Armando Pizza la nuova Dc, ha partecipato allaquerelle sul simbolo. E ora, elezioni politiche del 2008, pretende un posto in Parlamento. “Mercoledì – dice Dinacci in una telefonata alle 3 del pomeriggio del 18 febbraio 2008 – vado a Roma per la candidatura in Forza Italia”. Micciché gli dice di stare tranquillo: “Per quanto riguarda Forza Italia se riusciamo a fare l'operazione del petrolio speriamo che vada, quindi non dico ricattare, ma insomma quasi”. Petrolio e politica, in ballo ci sono gli interessi di una grande società russa. “I rapporti con il russo – dice a Filippo Dinacci – sono di Marcello (Dell'Utri, ndr) perché Berlusconi ha dato a lui questo rapporto. Chiaro?”. Chiarissimo, ma l'avvocato napoletano vuole una candidatura, grazie alla mediazione di Micciché è riuscito ad avere un incontro con Dell'Utri.

Micciché: “Tu devi apprezzare la chiarezza con la quale ti ha parlato Marcello, poi ti spiegherò tutto e che tra l'altro praticamente da parte di chi eventualmente eccetera, si pensava che ti dava una candidatura e che dovevi pure pagare. Parliamoci chiaro”. “La verità – è la replica di Dinacci – è che ci sono candidature vergognose. E poi i soldi, ma è vero che volevano 200mila euro?”. “Forse c'è bisogno di una somma superiore”, risponde il faccendiere calabrese . Danaro per candidarsi nel partito di Berlusconi? I due ne parlano. Ma la candidatura di Dinacci non arriva, si perde tempo e l'avvocato napoletano perde la pazienza. Un giorno, il 18 marzo 2008, sbotta. “Ho detto a Dell'Utri tante cose riservate, Marcello è rimasto interdetto, perché gli ho parlato pure delle situazioni con dei flash di rapporti che il Cavaliere aveva e che tiene anche dall'altra parte del Continente”. Parla troppo, l'avvocato, e Micciché risponde a monosillabi. Ma Dinacci non si tiene: “Anch'io ho le mie carte che posso giocare, gli ho detto a Marcello che ho anche gli estremi da portare in Procura per quelle schifezze che hanno fatto per le candidature in lista, i signori
Nicola Cosentino e Luigi Cesaro, gli ho detto pure questo, va bene?”.

Micciché non ne può più e invita Dinacci a calmarsi, cerca di interrompere la telefonata (il faccendiere è informato del fatto che il suo telefono è intercettato, è lo stesso Dinacci a chiedergli di verificare se i telefoni sono sotto controllo). L'avvocato Dinacci, però, non resiste: “Nelle liste elettorali sono entrate persone perché ci sono i casalesi. Ma che vuoi che ti dica? Che ci sono delle carte che stanno... ci stanno le carte in mano a certe persone che sono pronte ad andare in Procura... che cazzo vuoi che ti dica?”. Sono giorni durissimi, l'avvocato Dinacci è impegnato nella trattativa sul petrolio, con i russi che pongono difficoltà, e l'ansia per una candidatura che non arriva. Micciché tenta di convincerlo ad accettare un posto in lista a Genova, dove lui può manovrare un po' di voti dei portuali, ma l'avvocato vuole la Campania. Ipotesi che sfuma sempre più. E allora Dinacci ritelefona a Micciché, manca poco alle tre del pomeriggio del 6 aprile 2008, e gli prospetta una soluzione: “Ora devi essere tu a intercedere con lei (parlano di Barbara Contini, oggi deputata, ndr), io le ho prospettato anche la possibilità di inserirmi nell'impiantistica dei rifiuti perché dall'America hanno degli impianti altamente sicuri”. Poi i due passano a discutere di altro. L'avvocato chiede a Micciché: “Quello strumento è uno dei tanti perché sono a tagli da uno, oppure sono a più tagli? Comunque il totale complessivo riusciamo a coprirlo per quello che è l'esigenza, no?”. E Micciché: “Eh, almeno tre milioni, un casino quanto ne vuoi!” L'avvocato partenopeo: “Questo volevo sapere, va bene, perché verrebbero assegnati alla fondazione, giusto? Comunque io mi attivo subito, vediamo in pochi giorni di avere una risposta positiva”.

da Il Fatto Quotidiano dell'11 aprile 2010



Noi italiani siamo cosi': 400 voti e ci montiamo la testa



SCOOP! Il candidato dello Psiconano si apre alla grillista
Mamma! batte tutti sul tempo e scova nei castelli romani il primo inciucio a cinque stelle
9 aprile 2010 - Ulisse Acquaviva

In Italia basta raccattare 400 voti e si e' gia' pronti a trattare con il potere: chiedetelo ai grillini di Grottaferrata, pronti ad applaudire perfino gli emissari dello "Psiconano" a livello locale dopo aver sfanculato il loro capo a livello nazionale.

Quella che sembra una piccola vicenda di borgata e' indicativa di una cultura politica che pervade a tutto tondo anche i gruppi animati dalle migliori intenzioni: dall'alto della mia manciata di voti, mi vendo a chi offre di piu'.

Quando erano i socialisti a fare l'ago della bilancia, riuscivano almeno a mettersi in tasca qualche soldino o qualche assessorato: ma la candidata sindaco "a cinque stelle" Carla Pisani regala il suo appoggio al candidato PDL Sergio Conti portando in dote i suoi 432 voti in cambio di una vaga, indefinita e gratuita "condivisione programmatica e apertura al dialogo futuro".

Il tutto ha il sapore di un dispetto per punire l'altro candidato, Gabriele Mori, colpevole di non aver proposto ai grillini grottaferrosi "alcuna apertura di apparentamento". Un testo che sembra scritto di fretta e "di pancia" anche perche' in cima al manifesto la candidata dice che per l'imminente ballottaggio "verrebbe naturale dare per scontato il nostro astensionismo", piu' avanti smentisce Mori e chi pensa "che il nostro posizionamento sarebbe scontato verso il centro-sinistra", poi parla di "piena armonia" col candidato PDL, e infine tranquillizza i suoi seguaci dicendo che nelle urne "la liberta' di coscienza e' il primo dei nostri valori". Ci avete capito niente?

Ai nostri lettori decidere se questo manifesto (che abbiamo fotografato per voi in esclusiva mondiale) sia il frutto di un temporaneo stato confusionale, una indicazione di voto a destra nemmeno troppo velata, o piu' banalmente una colossale figura di merda.

Le voci incontrollate diffuse in queste ore raccontano di un contromanifesto diffuso da altri grillini per dissociarsi dalla loro candidata, che il manifesto sarebbe stato affisso dalla Pisani senza consultarsi con nessuno, che il marito della Pisani, tale Gianluca Mochi, avrebbe un passato da coordinatore di Forza Italia e nel 2009 si è candidato a Frascati nelle fila del PDL, che il consigliere comunale grillista Marco Giustini del Municipio Roma 16 sarebbe incazzato come una iena dopo aver appoggiato pubblicamente la Pisani "senza conoscerla, semplicemente in quanto candidata di una lista a cinque stelle", che il manifesto dice bufale perche' l'appoggio di Mori c'era eccome, che il candidato berluschino Conti sarebbe una vecchia volpe della prima repubblica con un pedigree di tutto rispetto: passato attraverso DC, UDC e PDL, da sempre schierato con il "partito dei costruttori", due mandati da sindaco a Grottaferrata di cui uno sarebbe durato appena due mesi.

Ma noi non ci lasciamo tentare dal gossip, e allora per restare nel merito delle questioni abbiamo rispolverato la "
Carta di Firenze" del movimento di Grillo, che ha quella chiarezza che manca al manifesto della Pisani.

Votate, votate, votate, e diteci quali sono secondo voi i punti di "piena armonia" e la "condivisione programmatica" tra l'emissario locale di Papi e la custode dell'hotel a cinque stelle di Grottaferrata.

http://www.mamma.am/mamma/articoli/art_5758.html


sabato 10 aprile 2010

Come alterare autocontrollo e moralità? Con un campo magnetico


Due "inquietanti" studi indipendenti dimostrano come l'applicazione di un campo elettromagnetico ad alcune zone del cervello possa modificare l'autocontrollo e il senso della moralità degli individui. E se qualcuno iniziasse a "telecomandarci" con una grossa calamita?
(7 aprile 2010)


A pranzo scegli una dietetica insalata o ti lasci tentare da un triplo cheeseburger? Durante il weekend ti alzi presto per una corsa nel parco o preferisci poltrire sul divano davanti alla TV? Dipende tutto dal livello di sviluppo della corteccia laterale prefrontale sinistra, una zona del cervello che si trova appena al di sopra dell’orecchio. Lo ha scoperto
Bernd Figner della Columbia University di New York nel corso di uno studio sui disordini psichiatrici come il gioco d’azzardo compulsivo, il consumo di droghe e l’alcolismo. «La corteccia prefrontale sinistra è una delle zone del cervello che maturano più tardi: è quella che controlla i meccanismi della ricompensa e ci permette di resistere alle tentazioni» spiega Figner. Ecco perché bambini e adolescenti sono molto più impulsivi degli adulti e difficilmente riescono a resistere al richiamo di una tavoletta di cioccolato o di una "ronfata".

Meglio pochi e subito
Il ricercatore ha testato la validità della sua teoria su 52 volontari: ha inibito temporaneamente, mediante un impulso elettromagnetico, il funzionamento di alcune zone del loro cervello e ha poi chiesto loro se preferivano ricevere 20 dollari subito o 30 tra due settimane. La quasi totalità di coloro ai quali era stata inibita la corteccia prefrontale sinistra ha dichiarato di preferire la ricompensa immediata.

Morale o amorale? Basta una calamita
Figner non è però il solo ad essersi dilettato con l’elettromagnetismo e i cervelli delle cavie umane: Liane Young, una ricercatrice del MIT, ha dimostrato come un campo magnetico può alterare la percezione del concetto di moralità in un individuo. La Young e i suoi colleghi hanno identificato, mediante risonanza magnetica funzionale, la congiunzione temporo-parietale destra come zona del cervello dove viene elaborato il concetto di moralità. Ha poi alterato la capacità di trasmissione dell’impulso elettrico in quest’area applicando alla testa dei volontari un tenue campo magnetico. Ha quindi chiesto loro di esprimere un giudizio su alcune situazioni: per esempio un teppista che spinge una vecchietta intenzionalmente a terra provocandole la rottura del femore, contrapponendola a quella di chi causa lo stesso incidente, ma per distrazione. Il campo magnetico ha reso molto più difficile ai soggetti coinvolti nel test esprimere un chiaro giudizio di moralità nei due diversi casi.

Colpevole o innocente?
Lo studio della Young ha sollevato le preoccupazioni di molti avvocati e giudici. Ogni giorno migliaia di giurie sono chiamate a decidere sulla moralità di azioni e comportamenti:
possono quindi essere manipolate così facilmente? «No», afferma la Young, «perché questo tipo di stimolazione influenza la capacità di giudizio sul risultato di un’azione (il femore rotto) e non sull’intenzione».



Telecom, Tronchetti accusa Colao - Peter Gomez



10 aprile 2010
Alla fine Marco Tronchetti Provera ha chiuso la questione con un'accusa feroce al numero uno di Vodafone, Vittorio Colao, fino al 2006 amministratore delegato di Rcs Mediagrup, la società editrice del Corriere della Sera. Secondo il vice presidente di Mediobanca ed ex proprietario di Telecom quando Colao nel 2004 scoprì che il suo computer e quello di un giornalista, impegnato a preparare un articolo proprio sui conti Pirelli-Telecom, era stato violato dagli hacker, gli avrebbe immediatamente dovuto dire che sospettava degli uomini della compagnia telefonica. Non averlo fatto per lui "è una cosa grave" ed è ancora più grave che quella voce fosse stata "fatta circolare " in Rcs, visto che era "lesiva per l'interesse di Telecom Italia".

Eccolo qui il baco nella linea difensiva di Tronchetti, il proprietario di Pirelli, già condottiero di Telecom negli anni bui delle schedature di massa da parte degli uomini della security, capitanata da
Giuliano Tavaroli. Ed un baco rappresentato dai casi di spionaggio contro Colao e il vicedirettore ad personam del CorriereMassimo Mucchetti. Colao e Mucchetti nell'autunno del 2004 sono stati tra i destinatari di un virus informatico inviato (un trojan) dagli uomini di Telecom per carpire tutte le informazioni contenute nei loro computer. Il giornalista a partire da metà ottobre si stava occupando degli affari della Pirelli con Telecom e per questo aveva incontrato l'ufficio stampa dell'azienda. All'improvviso, come ha raccontato il capo degli hacker della compagnia dei telefoni, Fabio Ghioni, giunse l'ordine di bucare il suo computer. E poco dopo, risulta dagli atti, prese il via l'operazione "Mucca pazza" con investigatori privati che lo pedinavano di continuo e signorine a pagamento che lo attendevano nei bar vicini al Corriere nella speranza (delusa) di poterlo abbordare. Davvero si può sostenere che anche quello spionaggio - senza precedenti nella storia del giornalismo italiano - avvenne per iniziativa di Tavaroli e che Tronchetti non ne seppe mai nulla? Il proprietario di Pirelli dice di sì, ma la domanda è ormai sospesa da un mese nell'aula del tribunale di Milano dove il gipMariolina Pasaniti sta presiedendo l'udienza preliminare contro gli imputati del più grave caso di schedature di massa da parte di un'azienda privata a partire dagli anni Settanta (schedature Fiat). Ed è una domanda pesante perchè si va aggiungere a molte altre accuse mosse da altri imputati. Non che Tronchetti, dal punto di vista penale, rischi nulla, sia chiaro. La procura di Milano lo ha sempre considerato - e lo considera - un semplice testimone. Dal punto di vista civile, e da quello di un'eventuale azione di responsabilità da parte della nuova Telecom di Franco Bernabè, le cose sono però molto più complicate. L'udienza preliminare infatti non sta andando bene per Tronchetti. Il proprietario della Pirelli, che in marzo era già stato sottoposto per tre giorni al fuoco di fila degli avvocati di parte civile e del giudice Panasiti, quasi ogni giorno si trova a dover fronteggiare nuovi sospetti. Anche ieri l'investigatore privato fiorentino Emanuele Cipriani, storico collaboratore della security, con una lunga dichiarazione spontanea ha definito "lacunose" le dichiarazioni del vicepresidente dell'istituto di piazzetta Cuccia e ha messo in fila una serie di casi di spionaggio industriale ai danni di concorrenti di Pirelli che, a suo avviso, dimostrano come Tronchetti avesse un interesse diretto nelle attività di Tavaroli.

Tronchetti smentisce anche se in altri interrogatori è emerso come i vertici di Telecom - ma non direttamente lui - fossero perfettamente al corrente di quanto faceva la sicurezza anche con modalità illegali . Poi c'è la spinosa questione Colao- Mucchetti. Tronchetti l'affronta la prima volta il 16 marzo e ne riparla il 29. Così, deposizione dopo deposizione, incrociando le domande degli avvocati, con le risposte, salta fuori questa storia. A fine estate, come racconta Ghioni, c'è una riunione di tutti i vertici della sicurezza a cui partecipa, non si capisce bene a che titolo, anche Patrizio Mapelli, un manager di Value Partner, società consulente di Telecom. Quel giorno Tavaroli dice i computer di Colao e di tutta un'altra serie di manager
Rcs, devono essere bucati. Il perchè non è chiaro. Forse, ma è solo un'ipotesi, il problema sta nel nuovo contratto di forniture telefoniche che Rcs deve stipulare. Vale molti milioni di euro e Colao ha stabilito di fare una gara. Telecom insomma rischia di perdere un bel business. Fatto sta però che all'elenco delle persone da spiare a metà ottobre si aggiunge anche il nome di Mucchetti. Il giornalista, inviso a Tronchetti, sta preparando un servizio che riguarda i conti di Pirelli e come sempre si avvale della consulenza dell'analista Rosalba Casiraghi(anche lei spiata). Subito dopo il suo primo incontro con i responsabili delle comunicazioni esterne di Telecom e Pirelli scatta l'operazione. Mucchetti nella notte tra il 4 e il 5 novembre riceve una mail che contiene il virus. Non la apre e visto che non sa che cosa sia avverte i tecnici del Corriere. Il tentativo dihackeraggio viene così scoperto e subito scattano i sospetti su Telecom. Intorno al 20 novembre infatti è proprio la security Telecom a presentarsi al Corriere dicendo di aver scoperto autonomanente che nella rete del quotidiano c'erano delle falle. "La prima gallina che canta ha fatto l'uovo" pensano giustamente in Rcs. Poi dopo qualche giorno il presidente del Corriere Piergaetano Marchetti, parla informalmente a Tronchetti dei sospetti che circolano. Tronchetti discute così la cosa con Tavaroli, mentre la security di Telecom distrugge le macchine utilizzate per l'intrusione. E l'inchiesta sull'hackeraggio nata da una denuncia presentata in procura si arena per mesi. Oggi davanti a tutto questo, Trochetti che assicura di essere sempre stato all'oscuro, attacca Colao. Secondo lui l'avrebbe dovuto avvertirlo subito. Uno degli avvocati in aula commenta: "Beh, se le verifiche le fate così, chiedendo al lupo dove è finito l'agnello, forse hanno fatto bene a tacere" .

da Il Fatto Quotidiano del 10 aprile 2010



'Guai a Santoro e a Travaglio se toccano ancora Dell'Utri' - Enrico Fierro


10 aprile 2010

Le elezioni del 2008 e le minacce di Aldo Micciché, socio del senatore e "consigliori" della 'ndrangheta: "Se mi rompono..."

Aldo Miccichè, il faccendiere calabrese riparato in Venezuela, amico e socio di Marcello Dell’Utri in business petroliferi e in commercio di medicinali, era ossessionato dai giornali e dai giornalisti. Soprattutto da chi scriveva contro il "suo senatore", Dell’Utri, ovviamente. "Travaglio, quello di Annozero. Guarda che se mi rompe i coglioni sul senatore, veramente gli faccio s... un petardo nel culo". Miccichè è al telefono – un'ossessione pure quella, assieme al computer e Internet, il suo contatto fisso con l’Italia – e parla con Massimo De Caro, amico pure lui di Dell’Utri e interessato al business del petrolio e del gas in Venezuela. Parlano di Marco Travaglio e dei suoi libri su Berlusconi & soci. Pagine evidentemente sgradite al mondo che circonda Miccichè. De Caro lo tranquillizza. "È tanto che non ne parla più (di Dell’Utri, evidentemente, ndr)". Miccichè: "Ah, e già, lo hai capito, no? Io gliel’ho detto al senatore oggi, non mi deve rompere i coglioni, gli ho mandato un messaggio, non a lui, al suo capo. Che non rompa le palle...cercherà soldi, dai, te lo dico io". Massimo De Caro: "Quel libro che ha fatto è veramente assurdo". Ma non era solo Travaglio a disturbare i sonni dell’uomo che aveva contatti quotidiani con la famiglia Arcidiaco, Lorenzo, il padre, e Gioacchino, suoi soci in affari, e imparentati con i Piromalli, una delle cosche più ricche e potenti della Piana di Gioia Tauro.

C’è posto anche per Michele Santoro e Annozero. Primo giorno dell’anno del 2008, Marcello Dell’Utri chiama Miccichè. Si fanno gli auguri. Ma Miccichè ha la testa rivolta agli affari e alla politica: "Questo, caro Marcello, deve essere il tuo anno. L’ho fatto sapere anche a un mio nobile amico di Annozero (Santoro, annotano i poliziotti che trascrivono l’intercettazione telefonica, ndr)". I due amiconi ridono. Miccichè, però, diventa serio e continua il discorso sul giornalista tv: "Gli ho detto che non deve rompere le palle, gli ho mandato un messaggio al quale non può dire di no". Il senatore, notano i poliziotti trascrittori, "acconsente a tutto quello che dice Aldo". "Guarda che ce li ho veramente sulle palle quei due diAnnozero, guarda che io ho mandato una nota che non mi rompano i coglioni con Marcello Dell’Utri, gliel’ho mandata direttamente a chi di dovere, proprio ai suoi personalmente...hai capito, no?". Dell'Utri: "Sì, sì, il giornalista”. Miccichè: "Quello mi ha rotto i coglioni, gli faccio succedere qualcosa di brutto, io sono buono e caro, però non mi toccano le cose mie e io non tocco loro, a me non interessa come si guadagnano da vivere, basta che non rompano i coglioni a me. Quindi gliel’ho detto chiaro, vedi che è difficile che Annozero ripeta il tuo nome...se no vedrai che gli succede...".

Il senatore, notano i poliziotti che trascrivono le registrazioni telefoniche, annuisce. E come può fare diversamente? Il rapporto tra Dell’Utri e il faccendiere calabrese è strettissimo. Di affari per sé e per uno dei suoi figli, e politico, per i voti in Venezuela, nel collegio di Milano e tra Calabria e Sicilia, Miccichè e le sue relazioni mafiose potevano muovere. E’ prodigo di attenzioni il caro Miccichè quando parla del futuro del suo senatore. Parlando con Dell'Utri il 2 dicembre 2007, esprime tutto il suo dissapore per l’atteggiamento di
Berlusconi. Marcello ha i suoi guai giudiziari e al faccendiere calabrese l'atteggiamento di Forza Italia sembra tiepido. “Non hanno capito le dimensioni tue e vanno dietro a quello che vanno dicendo questi uomini di merda, la magistratura, le cose ecc. È chiaro? Ricordati che l’amicizia è la vera sincerità. A te non si può negare una certa crescita e questo lo deve capire soprattutto Silvio, parliamoci chiaro... a me non è piaciuto l’atteggiamento di Berlusconi nei tuoi confronti". Dell’Utri è quasi commosso: “Sì, ma non lo so, io non lo vedo, è più facile che la vedano dall’esterno. Però la politica è così".

Da
il Fatto Quotidiano del 10 aprile

http://antefatto.ilcannocchiale.it/glamware/blogs/blog.aspx?id_blog=96578&id_blogdoc=2470317&title=2470317