«Il suo vice è Marcello dell'Utri». Le pressioni sui magistrati e le manovre in Cassazione per la causa Mondadori.
ROMA (11 settembre) - Le manovre in Cassazione per favorire la Mondadori, quella alla Consulta per il lodo Alfano, gli incontri a casa di Verdini e il suo interesse per il business dell’eolico, i magistrati amici e i senatori comprati per far cadere il governo Prodi.
E poi ”Cesare”, cioè Silvio Berlusconi. E il ”vice Cesare”, cioè Marcello Dell’Utri. Così, alle dieci e 45 di una calda mattina di metà agosto, Arcangelo Martino ha raccontato per otto ore la sua versione sulla loggia P3 al procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo. Chi è Cesare? Quando i pm gli chiedono chiarimenti sulla conversazione del 2 ottobre scorso tra l’ex sottosegretario Nicola Cosentino, anche lui indagato, e Pasquale Lombardi che al telefono dicono «”Cesare” è rimasto contento per quello che gli stiamo facendo per il 6» (il giorno dell’udienza della Corte Costituzionale sul Lodo Alfano), Martino spiega che ”Cesare” era Berlusconi” e ”vice Cesare” e dell’Utri. Per poi chiarire che erano gli altri ad utilizzare questi nomi in codice. Ma che lui ne conosceva il significato.
La causa Mondadori. Se ne comincia a parlare al ristorante, da Tullio, dove una volta a settimana Lombardi riuniva i suoi ”amici”. Accade il 23 settembre 2009, qualche ora prima di andare a casa di Denis Verdini. Ci sono Lombardi, e Flavio Carboni, il sottosegretario alla Giustizia Giacomo Caliendo, l’ex avvocato generale della Cassazione Antonio Martone, e forse anche (Martino dice di non ricordare bene) il parlamentare Renzo Lusetti, il magistrato Angelo Gargani, capo di servizio al controllo interno del ministero, la deputata Nunzia di Girolamo e il magistrato Arcibaldo Miller, capo degli ispettori ministeriali. Viene fuori - secondo il verbale - che Mondadori deve pagare 450 milioni di euro di tasse che la società del presidente del consiglio avrebbe evaso.
Martino racconta che Lombardi annuncia un possibile intervento presso la Cassazione per ottenere un esito favorevole. Lo dice e prende un taxi per il Palazzaccio, lasciando i commensali a discutere nella saletta riservata del ristorante. Poi torna, lasciando intendere di aver parlato con il primo presidente Vincenzo Carbone e con il procuratore generale Vitaliano Esposito e spiega il piano. Il problema di Mondadori si potrà risolvere con il trasferimento della causa dalla sezione Tributaria alle Sezioni Unite. Cosa che poi avverrà puntualmente, e sulla quale il procuratore aggiunto Capaldo ha già interrogato due alti magistrati della Corte. Poche ore dopo, racconta Martino, Lombardi si preoccupa di avvisare Denis Verdini e Marcello Dell’Utri che si è trovata la soluzione per il lodo Mondadori.
Il Lodo Alfano. Racconta Martino che sempre da Tullio, Lombardi avrebbe fatto una relazione sulla situazione del Lodo Alfano. Avrebbe anche riferito dei suoi controlli alla Corte Costituzionale, che in quei giorni doveva decidere se bocciare o no la legge. Sostenendo che ci fossero buone speranze per la promozione del lodo. Poi, di fatto ”cassato” dalla Consulta. Qualche settimana dopo, in casa Verdini, dove c’era anche il senatore Marcello Dell’Utri, invece Lombardi indicava i nomi dei giudici che aveva contattato e si diceva ottimista su una decisione a favore della legge. Anche un giudice donna avrebbe votato per la costituzionalità. L’unico a esprimere preoccupazioni sarebbe stato il senatore Dell’Utri.
Verdini e l’eolico. Il 23 settembre, quando Martino, Lombardi e gli altri si presentano a casa Verdini, il coordinatore del Pdl è impegnato con il presidente della Regione Sardegna Ugo Cappellacci. E’ Flavio Carboni a dire a Martino e Lombardi che Cappellacci è un uomo di Verdini, perché il coordinatore del Pdl ha contribuito alla sua elezione. Carboni, nel corso di quell’incontro, avrebbe spiegato l’importanza della riuscita degli investimenti economici sull’eolico e a quel punto Martino dice di aver compreso quanto Verdini fosse direttamente interessato alla vicenda. Così come Dell’Utri.
I senatori comprati. A Martino gliene parla Ernesto Sica, il sindaco di Pontecagnano indagato nell’inchiesta P3 per il dossier confezionato per bruciare la candidatura alla Regione Campania di Stefano Caldoro. Martino racconta che Sica gli era stato presentato da Umberto Marconi, presidente della Corte d’Appello di Milano. Il sindaco di Pontecagnano gli avrebbe riferito dei suoi rapporti di amicizia con Silvio Berlusconi, che aveva un debito di riconoscenza nei suoi confronti perché grazie a lui, alla mediazione di un imprenditore amico e al pagamento di cospicue somme di denaro, i senatori Scalera (ex Pd oggi Pdl) e Andreotti avrebbero votato contro Prodi contribuendo a far cadere io suo governo. In quell’occasione, Sica avrebbe mostrato anche gli appunti con gli estremi di presunti versamenti a Scalera. Notizie che Martino si preoccupa di ”girare” a Dell’Utri. E poco tempo dopo l’aspirante presidente della Regione Campania viene convocato da Denis Verdini, che lo tranquillizza assicurandogli un posto nella giunta regionale campana. Martino racconta che Sica aveva più volte minacciato di denunciare la corruzione dei senatori, ma che non avrebbe poi presentato alcun esposto. Ed è il coordinatore del Pdl a riferirgli che Berlusconi lo riteneva un ricattatore.
I magistrati amici. Martino snocciola i nomi in apertura di verbale, dicendo che Lombardi si vantava di averne favorito alcune carriere. Oltre a Marra e a Marconi, cita anche Paolo Albano procuratore in Molise e Bonaiuto, presidente di Corte di appello a Napoli. E diceva di essere in ottimi rapporti con l’allora vicepresidente del Csm, Nicola Mancino, con Vincenzo Carbone e Vitaliano Esposito e con il sottosegretario Caliendo.
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