mercoledì 10 novembre 2010

Il furto generale. - di Giorgio Bocca




Furto generale, indifferenziato, continuo e crescente fra chi sta al potere e chi dal potere è escluso ma al potere aspira. Giustificato dai dotti e astuti al servizio del potere. Nel silenzio rassegnato delle minoranze che anche in un recente passato davano stile e dignità al Paese, i moralisti disprezzati dagli uomini del fare. La loro assenza, il loro silenzio sono da società afasica, inerte. È questo distacco totale fra le minoranze e le masse che toglie il respiro.

Le cronache della corruzione dilagante sono ripetitive e di basso livello. Si tratti dello scandalo della Protezione Civilecome delle violenze della democrazia autoritaria, l'indignazione è assente, la voce degli onesti soffocata sotto un mare di volgarità.

Se si pensa al rapporto tra minoranze e masse negli anni del fascismo, della guerra partigiana, del ritorno alla democrazia, e il presente pubblicitario e consumistico, la svolta appare grande e forse irreversibile. I maestri dell'Italia povera, progressisti o conservatori che fossero, comunisti o liberal-socialisti, pensavano la politica, il governo della città, come qualcosa d'inseparabile da un comportamento morale, persino casto. Da Norberto Bobbio il filosofo a Giancarlo Caselli il giudice, da Piero Gobetti a don Ciotti ritornava l'aspirazione a una politica pulita, casta, non da bacchettoni, ipocriti, ma nel senso della serietà, della disciplina.

Il giudice Giancarlo Caselli a chi gli domandava se era preoccupato per i rischi che correva negli anni di piombo rispondeva: "Credo che i rischi facciano parte della mia funzione di giudice". Ma oggi della castità di Gobetti e di Bobbio, del desiderio di rigenerare il mondo dei primi comunisti sembra non sia rimasta traccia.

Lo scandalo della Protezione Civile SPA, inteso come tentativo si sottrarre ai controlli la salute pubblica, l'ordine pubblico, si riduce alla curiosità da voyeur sugli amori dei politici con segretarie e massaggiatrici, e sui rapporti di do ut des di una società di libero e spesso sfrenato scambio senza capire che è proprio il nostro modo mercantile di concepire la società a incoraggiare e spesso a imporre la corruzione.


C'è in questa modernità un grande, logorante conflitto fra i due modi di concepire il modo di vivere associati. La filosofia degli uomini del fare, di cui è capintesta il presidente del consiglio, del fare tutto e subito per ottenere con il consenso dei cittadini nuovo potere e nuova ricchezza, e la filosofia della legge eguale per tutti e dei suoi continui controlli, di quanti hanno capito che l'attuale modernità è una macchina surriscaldata che corre troppo veloce, che necessita di freni ai suoi meccanismi impazziti, ai suoi desideri smodati.

Il sociologo Latouche ha detto che si sente la necessità di 'buttar sabbia' in questo processo vorticoso. Ma invece che discutere di questi problemi decisivi, invece che tradurre in politica queste scelte per la sopravvivenza, ecco che ci perdiamo negli scontri da voyeur, rumorosi e vani, sui pettegolezzi, sulle massaggiatrici cubane, sulle escort, sui gay, sui trans. Chi se ne duole passa per un moralista ipocrita, ma è solo uno che ha conservato un minimo di serietà, e se volete di decenza, se il mondo in cui viviamo è ancora un mondo pazzo e crudele in cui si continua a morire di fame o di guerre.

Non è un caso se il signore che ci governa è l'editore del più diffuso foglio della stampa rosa. E non per dabbenaggine e cattivo gusto, come si dice, ma perché da politico spregiudicato e abile ha capito che il consenso lo si ottiene anche alla maniera di Circe, trasformando gli uomini in porci.



domenica 7 novembre 2010

“Summit notturni e telefonate: ecco i rapporti tra Lombardo e la mafia”


I pm: legami provati, uomini dei clan nelle liste Mpa. Il governatore incontrò con un esponente di primo piano dei Santapaola per avere appoggio elettorale

Il governatore siciliano Raffaele Lombardo

“Non scordatevelo che gli ho dato i soldi nostri, quelli del Pigno, glieli ho dati a lui per la campagna elettorale”. Parole di Vincenzo Aiello, capo di Cosa Nostra a Catania, intercettato dai Ros mentre discute con gli affiliati della destinazione dei proventi del pizzo di un centro commerciale “alla campagna elettorale – sottolineano i pm – diRaffaele Lombardo”. Dietro le sbarre sono finiti in 50 tra imprenditori, politici e boss del clan mafioso Ercolano Santapaola, il più potente nella Sicilia orientale che ha sulle spalle una lunga storia di stragi, omicidi e affari. Il governatore della Sicilia è indagato per concorso esterno in associazione mafiosa, ha sempre negato ogni coinvolgimento, la sua posizione è in corso di valutazione, ma agli atti del procedimento Iblis ci sono le intercettazioni dei principali padrini e picciotti siciliani. Coinvolti diversi esponenti politici, anche nazionali. Documentata ad esempio la visita in carcere con cui Nino Strano – fino a poche settimane fa assessore regionale al Turismo e noto per la sua abbuffata di mortadella in Parlamento il giorno della caduta di Prodi – ha omaggiato il boss Marsiglione. “Era Natale, solo una visita di carità” si è difeso.
Lo scorso 31 luglio nella richiesta d’arresto nei confronti dei 50 indagati vistata dal procuratore capo Vincenzo D’Agata, i pm Giuseppe Gennaro, Antonino Fanara, Agata Santonocito eIole Boscarino hanno scritto che sarebbe “provata in punto di fatto, l’esistenza di risalenti rapporti – diretti e indiretti – degli esponenti di Cosa Nostra della provincia di Catania con Raffaele Lombardo e con Angelo Lombardo“. Il rapporto sarebbe “non occasionale né marginale – aggiungono i magistrati – ma cospicuo, diretto e continuativo grazie al quale l’uomo politico poteva avvalersi del costante e consistente appoggio elettorale della criminalità organizzata di stampo mafioso a lui vicina”.

La festa con i boss
“Onorevole, questo rosé?” Vino di qualità e auto di lusso posteggiate davanti la villa in campagna del geologo Giovanni Barbagallo, militante Mpa, arrestato perché considerato anello di congiunzione tra i Lombardo e i boss Rosario di Di Dio e Vincenzo Aiello. L’atmosfera è quella delle grandi occasioni, bisogna festeggiare l’elezione al Parlamento nazionale del fratello di Raffaele, secondo i pm la festa sarebbe “significativa della compenetrazione tra esponenti del crimine organizzato, amministratori della cosa pubblica, politici e imprenditori”. Angelo Lombardo arriva con un’Audi Q7 intestata all’Mpa. Ad attenderlo c’è Alfio Stiro, referente del bossSalvatore Tuccio detto “Turi di l’ova”, condannato definitivamente per associazione mafiosa, precedenti per detenzione e porto d’arma da fuoco, già sottoposto a sorveglianza speciale. I caraninieri del Ros filmano tutto, le cimici registrano.

Uomini graditi ai clan nelle liste Mpa
Il capo di Cosa Nostra catanese Vincenzo Aiello sarebbe intervenuto anche sulla scelta dei candidati nelle liste Mpa. I Ros, mentre è in corso la campagna elettorale delle comunali di Gravina, grosso centro in provincia di Catania, intercettano le conversazioni tra il geologo Giovanni Barbagallo dell’Mpa e Alfio Stiro il cui genero viene candidato con l’approvazione del capo di Cosa Nostra Vincenzo Aiello. Quest’ultimo sembra conoscere bene il territorio: parlando di Gravina comunica a Barbagallo che presto gli avrebbe presentato Fabio Bacciulli, “un amico”, già assessore col sindaco Mpa. Sullo sfondo gli “affari” del “piano regolatore” e la costruzione di un nuovo “cimitero” dice Aiello.

La notte in bianco con il capomafia
Rosario Di Dio, “esponente di primissimo piano della famiglia Santapaola”, secondo i pm avrebbe intrattenuto “rapporti diretti” con Raffaele Lombardo. “…Da me – dice il boss intercettato riferendosi a Lombardo – all’una e mezza di notte è venuto ed è stato due ore e mezza, qua da me, dall’una e mezza alle quattro di mattina… si è mangiato sette sigarette”. “Recandosi nottetempo – scrivono i pm – a casa dell’amico mafioso per chiedere il suo appoggio elettorale sapeva che una richiesta di voto proveniente da un soggetto dotato di indiscusso prestigio criminale non poteva essere tanto facilmente disattesa… la circostanza che l’incontro si sia svolto dall’una e mezza alle quattro di notte può spiegarsi soltanto con la consapevolezza che i fratelli Lombardo avevano di recarsi a casa di un mafioso”. In una delle conversazioni il boss racconta della richiesta di voti dell’assessore provinciale Orazio Pellegrino dell’Mpa “uomo di Raffaele Lombardo”.

I rapporti con il boss di Enna
Agli atti ci sono anche i rapporti definiti “desolanti” dai pm, tra Raffaele Lombardo e il boss di EnnaRaffaele Bevilacqua. Nell’agenda personale il boss Bevilacqua scrive: “Ore 8 da Raf”. Poi un nuovo appuntamento pochi giorni dopo: “Ore 8.30 da Raf… a chi fare domanda per aeroporto?”. Lombardo sarebbe “consapevole” di incontrare un “impresentabile”, secondo i pm. Relazioni pericolose vengono documentate anche attraverso Salvatore Bonfirrario, “personaggio di sicura caratura criminale affiliato all’associazione criminale del Bevilacqua” che viene anche redarguito da Lombardo: “Ma che cazzo ti hanno fatto e fatto – dice Lombardo – ti hanno chiesto di votare Palermo e stai votando Palermo…”. E Bonfirrario riferendosi al boss Raffaele Bevilacqua rispondeva: “Diciamo che Raffaelluccio, Raffaelluccio si è schierato con Palermo su input di Silviuccio Cuffaro e quindi tu stai eseguendo questa cosa”. Emblematico un ulteriore episodio considerato dagli investigatori: “La telefonata tra il Bonfirrario e il Bevilacqua intercettata il 17 maggio 2003, nel corso della quale Lombardo si rifiuta di parlare al telefono con il Bevilacqua se non per il tramite del Bonfirrario!”.

Al momento non sussisterebbero elementi per l’arresto di Raffaele Lombardo secondo quanto hanno comunicato i legali del governatore siciliano e il procuratore capo Vincenzo D’Agata. Nel corso degli interrogatori dei 50 arrestati nell’operazione Iblis però, potrebbero emergere dei riscontri determinanti nell’accertamento della verità processuale. Raffaele Lombardo si ritiene vittima “dell’odio criminale”, secondo il Governatore siciliano sarebbe in atto una manovra politica per bloccare le riforme della sua amministrazione.

Di Antonio Condorelli

Da
il Fatto quotidiano del 7 novembre 2010