giovedì 18 novembre 2010

Governo schizofrenico, combatte la ludopatia aumentando i giochi






Con la mano destra il governo firma un decreto per combattere le patologie legate al “gioco compulsivo”. Con la sinistra si impegna ad introdurre “nuove tipologie di giochi, impegnandosi ad avviare le procedure occorrenti al loro affidamento in concessione”. Per scoprire una netta contrapposizione tra idea e azione, tra intenzioni dichiarate e fatti, non occorre incrociare dati e fare lunghe verifiche. Basta leggere per intero il comma 78 dell’articolo uno del maxi emendamento alla legge di Stabilità, attualmente in discussione alla Camera. La schizofrenia del governo è messa a nudo dalla commissione Antimafia, che oggi ha votato all’unanimità un testo durissimo – relatore Luigi Li Gotti dell’Idv – sui profili del riciclaggio connessi al gioco lecito e illecito, in cui si manifesta “profondo allarme per le ipotesi di incremento degli strumenti del gioco”.

L’articolo del maxi emendamento, al punto f promette: “Con decreto interdirigenziale del ministero dell’Economia e del Ministero della Salute sono adottate, entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, linee di azione per la prevenzione, il contrasto ed il recupero di fenomeni di ludopatia conseguente al gioco compulsivo”. Poi, al punto m precisa: “Anche per aggiornare l’attuale palinsesto dei giochi, con decreto direttoriale dell’Aams sono introdotte e disciplinate nuove tipologie di giochi e, ove necessario, conseguentemente avviate le procedure amministrative al loro affidamento in concessione”. Una tendenza che è oggetto di critiche da parte del Comitato sul riciclaggio (che ha curato la relazione oggi approvata in commissione): “E’ necessario fermare questa deriva – si legge nel documento – e segnalare con forza quanto possano risultare effimere tali siffatte “entrate” da “tassazione indiretta” e quanto, invece, siano progressivamente devastanti i danni e i costi per i singoli e per la collettività”. Nel 2006, secondo i Monopoli di Stato, gli introiti del gioco erano di 15,4 miliardi. Nel 2009 hanno invece sfiorato i 54 miliardi, con un aumento quasi del 400 per cento. Ma guardando le stime della Guardia di Finanza, che comprendono anche l’abusivismo, le cifre raddoppiano. “Analizzando questi dati – spiega il senatore Luigi Li Gotti – si può dire che ogni italiano, neonati compresi, gioca ogni anno 2mila euro. Considerando la stima per difetto di un milione di giocatori abituali, la cifra pro capite è enorme e spiega fenomeni come l’usura e la distruzione di migliaia di famiglie”.

Il documento approvato dalla commissione Antimafia, che ora sarà trasmesso ai presidenti delle Camere, spiega chiaramente come il settore del gioco, anche lecito, sia infiltrato dalle organizzazioni criminali (nel 2010 sono state più di trenta le inchieste giudiziarie sul gioco, direttamente riferibili alle mafie). Chiede maggiori controlli su licenze e concessioni. E illustra il danno sociale provocato da questo settore: “Il settore gioco costituisce il punto di incontro di gravi distorsioni dell’assetto socio-economico quali, in particolare, l’esposizione dei redditi degli italiani a rischio di erosione; l’interesse del crimine organizzato, la vocazione “truffaldina” di concessionari che operano in regime di quasi monopolio; il germe di altri fenomeni criminali come usura, estorsione, riciclaggio. E sottrazione di ingenti risorse destinate all’erario”. Da qui la conclusione, che chiama in causa esplicitamente forme di gioco come gratta e vinci, lotto e gioco via internet oltre, naturalmente, a slot machine e videopoker: “La diffusione estesa sul territorio delle più fantasiose forme di “tassazione indiretta”, in verità alimentano la “malattia del gioco”, invece di curarla.

Va detto che il maxi emendamento prevede anche una stretta sulla trasparenza dei concessionari del gioco. Ad approvazione avvenuta, infatti, le società avranno sei mesi per comunicare tutte le quote di proprietà superiori al 2%. In questo modo, teoricamente, situazioni di scarsa trasparenza societaria come quella di BetPlus, principale concessionario delle slot machine con sede nei paradisi fiscali caraibici (e mai chiarito assetto proprietario), dovrebbero essere spiegate. Ma la soluzione appunto è teorica. Perché non è difficile per chi ha già elaborato una serie di scatole societarie estere, elaborare una nuova struttura con quote al 2%.

In attesa di vedere se quella del governo sarà realmente una stretta, la commissione, che ha individuato un programma di audizioni che comprendono i vertici di Guardia di Finanza e Monopoli di Stato, ha anche proposto una rielaborazione della disciplina delle concessioni e delle licenze in materia di giochi e scommesse, proponendo la modifica dell’articolo 88 del Tulps (Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza) per fare in modo che anche le società estere che lavorano su piattaforma (digitale) con e senza intermediari nel nostro Paese siano censibili. E abbiano l’obbligo di possedere una regolare licenza.

di Fabio Amato e Simone Ceriotti



mercoledì 17 novembre 2010

Cambia il tuo sguardo!!!


Fini e Bersani, la lista dei bolliti


Pubblichiamo la versione integrale delle liste dei valori di sinistra e di destra, peraltro intercambiabili, lette l’altra sera da Bersani e Fini a "Vieni via con me" e tagliate all’ultimo momento per motivi di tempo.

di Marco Travaglio, il Fatto Quotidiano, 17 novembre 2010

PIER LUIGI BERSANI
La sinistra è l’idea che, se guardi il mondo con gli occhi dei più deboli, puoi fare davvero un mondo migliore per tutti (non vediamo l’ora di imbarcare Luca Cordero di Montezemolo e il banchiere Alessandro Profumo). Abbiamo la più bella Costituzione del mondo (infatti, con la Bicamerale del compagno Massimo, facemmo di tutto per riscriverne più di metà con Berlusconi). Ci sono beni che non si possono affidare al mercato: salute, istruzione e sicurezza (l’acqua invece no: quella sipuò tranquillamente privatizzare, e magari anche l’aria). Chiamare flessibilità una vita precaria è un insulto (non per nulla la legge Treu l’abbiamo fatta noi). Chi non paga le tasse mette le mani nella tasche di chi è più povero di lui (non a caso abbiamo approvato la riforma del diritto penale tributario, detta anche “carezze agli evasori”, che depenalizza l’evasione tramite la dichiarazione infedele fino a 100 mila euro e tramite la frode fiscale fino a 75 mila euro l’anno). Se 100 euro di un operaio, di un pensionato, di un artigiano pagano di più dei 100 euro di uno speculatore vuol dire che il mondo è capovolto (mica per niente abbiamo sponsorizzato speculatori come Chicco Gnutti e Giovanni Consorte). Indebolire la scuola pubblica vuol dire rubare il futuro ai più deboli (il primo ministro dell’Istruzione che ha regalato soldi pubblici alle scuole private è il nostro Luigi Berlinguer). Dobbiamo lasciare il pianeta meglio di come l’abbiamo trovato (tant’è che vogliamo riempire l’Italia di inceneritori e centrali a carbone). Se devo morire attaccato per mesi a mille tubi, non può deciderlo il Parlamento (del resto la legge sul testamento biologico mica l’abbiamo approvata). Per governare, che è un fatto pubblico, bisogna essere persone perbene, che è un fatto privato (ricordate il nostro ministro della Giustizia? Mastella). Chi si ritiene di sinistra e progressista deve tenere vivo il sogno di un mondo in pace e deve combattere contro la tortura (infatti abbiamo fatto guerra alla Serbia chiamandola missione di pace, poi abbiamo lasciato dov’erano le truppe di occupazione dell’Iraq e abbiamo pure messo il segreto di Stato per coprire le spie del Sismi imputate per aver sequestrato lo sceicco Abu Omar e averlo deportato in Egitto per farlo torturare per sette mesi).

GIANFRANCO FINI
Essere di destra vuol dire innanzitutto amare l’Italia (è per amore che le abbiamo regalato per 16 anni uno come Berlusconi). Apprezziamo imprese e famiglie che danno lavoro agl’immigrati onesti, i cui figli domani saranno italiani (vedi legge Bossi-Fini). Destra vuol dire senso dello Stato, etica pubblica, cultura dei doveri (non faccio per vantarmi, ma le leggi sul falso in bilancio, Cirami, Cirielli, Schifani, Alfano ecc. le abbiamo votate tutte). Lo Stato deve spendere bene il denaro pubblico, senza alimentare clientele (salvo quando c’è da salvare il
Secolo d’Italia). Lo Stato deve garantire che la legge è davvero uguale per tutti (esclusi, si capisce, i ministri e i parlamentari, che abbiamo sempre salvato dalla galera e dalle intercettazioni). Chi sbaglia paga e chi fa il proprio dovere viene premiato (non a caso abbiamo approvato tre scudi fiscali e una quindicina di condoni tributari, edilizi e ambientali). Senza una democrazia trasparente ed equilibrata nei suoi poteri non c’è libertà, ma anarchia (pure la Gasparri che consacra il monopolio Mediaset e la Frattini che santifica il conflitto d’interessi sono farina del nostro sacco). L’uguaglianza dei cittadini va garantita nel punto di partenza (soprattutto alle suocere per gli appalti Rai e ai cognati per le case a Montecarlo). Dalla vera uguaglianza delle opportunità, la destra vuole costruire una società in cui merito e capacità siano i soli criteri per selezionare una classe dirigente (avete presenti i ministri Ronchi e Urso? No? Ecco, appunto).



Guardian su B: “Come può essere ancora al potere”


Il quotidiano britannico attacca frontalmente il premier e riassume le ultime vicende in cui è rimasto coinvolto. Da Noemi a Ruby

“Come può quest’uomo essere ancora al potere?”. A tutta pagina c’è una foto di Silvio Berlusconi, composto e serissimo. La cover story dell’inserto quotidiano del Guardian, G2, picchia duro sul presidente del consiglio italiano, i suoi scandali, le sue gaffe, la sua incapacità di mettere il bene del Paese al primo posto. Nello stesso giorno anche il settimanale americanoNewsweek dedica la copertina al nostro premier e titola: “Berlusconi e il problema ragazze”. All’interno un reportage che viene riassunto così: “La sua cultura dell’harem sta minando l’economia italiana e il suo governo”.

Due stoccate in pieno petto. Che vanno ad aggiungersi al coro unanime della stampa internazionale. Ma il
Guardian stavolta ci va pesante. Seguendo le orme dell’ormai celebre copertina dell’Economist del 2001 dove B. era definito “unfit to lead”, inadatto a governare. Quasi dieci anni dopo il concetto è lo stesso. L’autore del reportage, Tobias Jones, è una vecchia conoscenza del premier. Quando si era permesso di criticare il berlusconismo nel libro Il cuore oscuro dell’Italia, uno dei magazine di casa Mondadori lo aveva screditato con un ampio pezzo definendolo il “Pinocchio inglese”. Ma il Pinocchio non ha mollato la presa.

Per i lettori del
Guardian riassume tutti i recenti scandali che hanno visto B. protagonista: dal casoMills al presunto coinvolgimento con la mafia, da Noemi Letizia al bunga bunga fino ai festini a base di droga. “Che altro potrà fare Berlusconi per essere cacciato? – si domanda Jones – Nella maggior parte dei Paesi solo uno di questi numerosi scandali sarebbe stato sufficiente a ucciderlo politicamente”. “Adesso il problema non è più politico o giudiziario, ma psichiatrico”, avrebbe commentato un membro dell’opposizione che vuole rimanere anonimo. Secondo il giornalista inglese il problema è che molti italiani invidiano e ammirano il premier per il suo successo con le donne, “sempre che si possa parlare di successo quando paghi 10.000 euro per un amplesso”, commenta.

Ma per lo scrittore l’atteggiamento sta finalmente cambiando: “Gli italiani sono molto meno puritani di noi quando si parla di sesso, ma sanno riconoscere l’ipocrisia – osserva – Per esempio recentemente il governo ha annunciato che la prostituzione sulle strade diventerà illegale. E’ come se un preside alcolizzato dicesse ai suoi alunni che non possono bere Coca Cola”. La descrizione poco lusinghiera del premier continua: “Gli italiani ammirano lo stile, ma il primo ministro viene ormai percepito come un pomicione, un malfermo e vecchio bigotto “, critica Jones. “Durante una visita all’Aquila, dopo il terremoto, ha chiesto a un assessore: ‘Posso palpare un po’ la signora?’ Questo spiega come lui davvero creda al droit de seigneur, un rito medievale secondo il quale il signore doveva avere il primo assaggio delle vergini del suo regno”. E mentre l’Italia è in rovine (vedi Pompei), continua il
Guardian, l’unica cosa cui pensa B. sono le donne. “Ha trasformato il suo Paese in una barzelletta”, è il commento lapidario. Purtroppo condiviso un po’ da tutta la stampa britannica, sia di destra che di sinistra.

Ma Jones riserva qualche strale anche per l’opposizione “notoriamente divisa e debole”. Prodi, D’Alema, Amato, Rutelli Fassino, Veltroni, Bersani: non sono riusciti a liberarsi di B. “Mi dispiace dirlo, ma la sinistra è abbastanza patetica”, è il verdetto finale. Povera Italia, dunque. Per il
Guardian ci sono solo due vie per strappare a B. la poltrona: “La sua morte o una programmatica deberlusconizzazione che faccia tornare il Paese alla realtà dopo 20 anni di lavaggio del cervello. La prima, credo, è più probabile della seconda”.

di Deborah Ameri



Agcom, Romani boccia gli emendamenti di Fli: Autorithy troppo imparziale


Il ministro dello sviluppo economico contro le modifiche richieste di Futuro e libertà che recepiscono le direttive europee

“Pure a me è stato detto che al ministro Paolo Romani non piacciono i nostri emendamenti”. La conferma arriva da Maurizio Saia, senatore di Futuro e libertà che insieme alla collega Maria Ida Germontani, ha presentato una serie di modifiche al disegno di legge che recepisce le direttive europee sulle autorithy nazionali delle telecomunicazioni. Anche per l’Unione europea, al contrario di quello che è avvenuto fino ad oggi in Italia, le autorità che regolamentano i settori della telefonia, di Internet e delle radiotelevisioni debbono essere assolutamente indipendenti dal governo e dalla politica. Ma, spiega Saia, avere un garante per le telecomunicazioni libero dai condizionamenti dell’esecutivo (che nel nostro paese coincide con Mediaset), a Berlusconi non va giù. Per questo oggi in Commissione Politiche europee di Palazzo Madama, dove si comincia ad esaminare la norma, è prevista battaglia.

Nella legge infatti i due parlamentari vogliono inserire quattro righe che sembrano fatte apposta per evitare il ripetersi di un Trani-gate: le pressioni del presidente del consiglio su uno dei componenti dell’Autorithy (Giancarlo Innocenzi) per censurare un programma sgradito (Annozero). Tanto che in uno degli emendamenti è scritto che dev’essere “garantito il rafforzamento dell’indipendenza dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, anche garantendo che i componenti dell’organo collegiale, nominati tra persone di notoria indipendenza, non sollecitino né accettino istruzioni da alcun altro organismo nell’esercizio dei propri compiti, nonché prevedendo che questi possano essere sollevati dall’incarico solo se non rispettino le condizioni prescritte per l’esercizio delle loro funzioni”.

Gli emendamenti, qualche settimana fa, erano stati inviati per conoscenza al ministero delloSviluppo economico per avere un parere prima della votazione in commissione. E il ministroPaolo Romani ha detto no. “Il fatto si commenta da solo – dice Saia – e secondo me ha molto a che vedere con i trascorsi professionali di Romani”.

Così l’iter in commissione Politiche europee è in salita. “Vogliono mantenere lo status quo tutto a vantaggio di Mediaset”, sostiene Saia.

Insomma un’Autorithy veramente indipendente che fissi delle regole uguali per tutti, aziende del premier comprese, è un’opzione che il governo non vuole prendere neanche in considerazione. “Dovrebbe essere scandaloso – prosegue Saia – ma si è persa pure la decenza di trovare delle giustificazioni a situazioni di questo tipo”.

Come sostiene Germontani, “l’indipendenza dell’agenzia passa per l’autonomia dei suoi membri. E’ per questo – continua la senatrice – che abbiamo deciso di presentare gli emendamenti che sanciscono come i candidati commissari debbano essere persone notoriamente indipendenti e refrattarie all’interferenza di terzi”. Secondo l’esponente futurista sia nei criteri attuali sia nella legge di recepimento delle indicazioni europee, c’era più di una lacuna da colmare.

Eppure solo qualche giorno fa dalle telecamere di Report, il presidente dell’Agcom CorradoCalabrò diceva che “un’autorità se non è indipendente non ha senso di esistere”. Peccato però che l’Autorità sia un cimitero degli elefanti, diretta emanazione del Palazzo. I suoi componenti provengono dalla politica e sono nominati in proporzione al peso che i vari partiti hanno in Parlamento. In tutto i commissari sono otto e vengono eletti per metà dalla Camera e per metà dal Senato (quattro dalla maggioranza e quattro dall’opposizione), mentre il presidente è proposto direttamente dal presidente del Consiglio.

L’esempio più clamoroso è anche il più recente. A settembre il Senato doveva nominare il sostituto di Innocenzi che si era dimesso a fine luglio dopo lo scandalo delle intercettazioni dell’inchiesta Rai-Agcom e la scelta è caduta su Antonio Martusciello. Ex dirigente di Publitalia 80, la concessionaria del gruppo Fininvest, nel 1994 ha fondato la sezione napoletana di Forza Italia ed è entrato in Parlamento per non uscirne più. Nel 2001 è diventato sottosegretario all’Ambiente e nel 2004 è stato promosso viceministro per i Beni culturali. Nel silenzio imbarazzante delle opposizioni, l’unica voce che si è alzata contro la nomina di Martusciello è quella di Sky Italia. In una lettera aperta, il top manager Tom Mockridge ha sottolineato come, dopo il caso Innocenzi (ex dirigente Fininvest), “caduto perché all’interno dell’Autorità si muoveva contro Michele Santoro su mandato del premier, la scelta del suo sostituto sarebbe dovuta maturare in totale discontinuità con il passato”.

Oltre a Martusciello anche gli altri esponenti dell’Autorità di garanzia sono diretta emanazione della politica. Enzo Savarese, ex deputato di An, già dirigente di Alitalia è in quota Pdl; Stefano Mannoni, costituzionalista e collaboratore del Foglio di Giuliano Ferrara è espressione della Lega Nord; Gianluigi Magri, specialista di medicina interna è l’uomo dell’Udc; Roberto Napoli è un ex senatore dell’Udeur; Nicola D’Angelo, magistrato amministrativo, già capo di gabinetto del ministro Maccanico e poi capo dell’ufficio legislativo di Fassino alla Giustizia, rappresenta il Pd (area ex Ds); Michele Lauria, è un ex senatore della Margherita; Sebastiano Sortino, direttore generale della Federazione editori di giornali è considerato un prodiano.

Se è vero che l’indipendenza è condizione necessaria per arginare gli appetiti delle imprese e le ingerenze della politica, la composizione dell’Autorità, così com’è oggi, appare tutto fuorché imparziale.



martedì 16 novembre 2010

Max Stirner dal blog di Beppe Grillo


APPELLO AI MILITARI, ALLE FORZE DI POLIZIA E ALL’ARMA DEI CARBINIERI IN PARTICOLARE

"NEI SECOLI FEDELE"

Fedele a chi? Foste fedeli alla Monarchia poi al Fascismo alla Repubblica, Servizi Segreti deviati a parte. Ai cittadini italiani mai? A coloro che vi pagano, mai?

Il vostro mestiere è sfigato in sé, perché per la natura stessa del lavoro che fate, siete contro la civiltà, il progresso, i diritti civili, perché da sempre l’umanità per conquistare ciò che ora tutti chiamano diritti civili, ha dovuto affrontare le vostre fucilate, sciabolate, randellate, il carcere e le torture da voi inflitte. Il popolo produce la ricchezza che pochi accumulano e con stipendi poco più che miserabili, si servono del vostro lavoro per compiere soprusi: a voi le briciole e l’ignominia, gli onori e la ricchezza ai ”SOGGETTI” che vi comandano e ai quali fate il saluto nelle parate ufficiali. Voi stessi ammettete di rinunciare all’uso del vostro cervello in cui domina un solo vocabolo “COMANDI”.

In questa ultima finanziaria siete stati beffati in modo ignobile: UN ATTO D'ORGOGLIO, SENZA GUARDARE DESTRA E SINISTRA!

PER UNA VOLTA, SOLO PER UNA VOLTA, SCHIERATEVI CON IL POPOLO ITALIANO!

Chiudete i confini di cielo, di mare e di terra e fermate quelle poche migliaia d’individui che voi conoscete così bene!

Indagate quelle 3/4000 famiglie, parenti e affini fino al 3° e vi troverete l’argenteria di famiglia degli italiani, che in questo quarto di secolo fu sottratta al popolo!

Agite voi, per favore, fatelo in modo professionale. Se non agirete voi, prima o poi lo farà il popolo e allora anche voi verrete considerati come sgherri al servizio di coloro che portarono al fallimento l’Italia.

ONORATE, PER UNA VOLTA, LA DIVISA CHE PORTATE, METTENDOLA AL SERVIZIO DEL POPOLO E NON DI CHI, NEGLI ULTIMI 25 ANNI, LO HA ROVINATO.

PROTEGGETE LA MAGISTRATURA!

Max Stirner

NON VOTATEMI, MA SE CONDIVIDETE, PORTATELO A GALLA NON PIU' DI UNA VOLTA PER OGNI PAGINA



Il pm Fiorillo da Lucia Annunziata su Raitre Masi cerca di fermarle: “Parlate d’altro”


Il dg Rai cerca di bloccare anche il programma "In mezz'ora" per paura delle querele di Maroni. La pm dei minori afferma che la polizia ha fatto "come volevano loro"

Annamaria Fiorillo ospite nel programma "In mezz'ora"

E’ cominciato il venticello della calunnia:Annamaria Fiorillo? Una un po’ isterica. Ma chi ha visto oggi pomeriggio la trasmissione di Lucia AnnunziataIn mezz’ora” ha capito perché quel venticello ha cominciato soffiare (vedi i video su youtube: prima parteseconda parte). Quella che ha visto sullo schermo è un pubblico ministero della procura per i minori di Milano, seria, chiara e puntuale nella ricostruzione di quella notte del 27 maggio scorso, quando Silvio Berlusconi ha chiamato la questura per far rilasciare Ruby. La diciassettenne marocchina fermata per furto, ma spacciata dal premier come nipote del presidente egiziano Mubarak.

In molti volevano fermare il magistrato. Impedirle di raccontare in televisione i fatti che smentiscono la versione del procuratore di Milano, Edmondo Bruti Liberati e del ministro dell’Interno,Roberto Maroni. Secondo quanto risulta al
fattoquotidiano.it il direttore generale della Rai,Mauro Masi ha provato a dissuadere Lucia Annunziata: non puoi invitarla, il ministro Maroni ha già annunciato querela nei suoi confronti. Se viene in trasmissione, querela anche noi. Il direttore è arrivato persino a dire alla giornalista (che difendeva la sua scelta) se proprio la devi invitare, parlate d’altro (sic!). Fiorillo, invece, alla vigilia della trasmissione, ha ricevuto una lettera del procuratore Monica Frediani che le annunciava un provvedimento disciplinare se fosse andata in televisione. Ma non si è fatta fermare. Né dallo spauracchio di una sanzione né dalle facili critiche, come accade spesso in questi casi, di essere scambiata per una toga in cerca di notorietà.

A Lucia Annunziata ha confermato quanto scritto al Csm: non ho mai autorizzato la polizia ad affidare la minorenne alla consigliera regionale del Pdl, Nicole Minetti. Con toni pacati, guardando sempre negli occhi la conduttrice, sottolinea un elemento importante: in casi come quello di Ruby, cioè di intervento “penale, il pm non prende accordi con la polizia, ma dispone”. Quindi, sostiene Fiorillo, io ho disposto in un modo (comunità o notte in questura) e la polizia ha fatto in un altro. E quando Annunziata ricorda quanto riferito da Maroni in Parlamento e cioè che la polizia ha affidato Ruby a Minetti “sentito il pm”, Fiorillo ribatte: “Ma poi hanno fatto quello che volevano loro”.

Ed è a questo punto che la trasmissione affronta quella che è stata definita dalla giornalista “la corda a cui vogliono impiccarla”. Quel “non ricordo di aver autorizzato l’affidamento”, che si legge nella relazione del magistrato. Fiorillo non tentenna, anzi vuole chiarire la sua affermazione, che è stata per la procura di Milano un appiglio per liquidare questo pezzo di inchiesta. E lo ha fatto senza mai averla ascoltata, al contrario dei funzionari di polizia e dell’allora questore, Vincenzo Indolfi. In quella relazione, dice Fiorillo, avrei dovuto scrivere: “ricordo di non aver autorizzato”, perché il senso è questo.

Alle domande di Annunziata: Maroni è un bugiardo? Perché il procuratore, una “toga rossa”, ha detto che il caso era chiuso?, il pm cerca di sottrarsi: “Non compete a me rispondere”. Ma sul ministro, alla giornalista che insiste, alla fine dichiara: “Parlava a nome del governo, avrà anche delle ragioni politiche per aver detto quello che ha detto. Potrebbe essere, chiamiamola in modo molto generico, ragione di Stato. Ma qualunque ragione di Stato non può essere così assorbente da superare la violazione della legalità”. Fiorillo risponde poi a un’altra domanda che in molti si sono fatti: perché dopo quella notte così tesa, per sua stessa ammissione, l’indomani non si è informata su che fine avesse fatto la ragazza? “Avevo finito il mio turno e come per ogni altro caso, il seguito documentale passa ad altri colleghi”. Delle telefonate di Berlusconi, invece, non era stata informata dalla polizia: “ L’ho appreso dai giornali”.

Un’autocritica però Fiorillo la fa anche in tv, come nei giorni scorsi sulla carta stampata: “Non ho capito che la funzionaria di polizia (Giorgia Iafrate, ndr) potesse essere in difficoltà. Avrei dovuto dirle di non preoccuparsi, di eseguire esattamente quanto da me disposto ed eventualmente di farmi parlare con i suoi superiori”. Invece, ricorda, sembrava “come se fosse tenuta allo svolgimento di quell’atto. Era rigida e io mi sono indispettita e ho avuto con lei una sorta di diverbio. Ho spiegato di nuovo quali erano le mie disposizioni: la fotosegnalazione, l’inserimento della giovane in una comunità protetta e, qualora non ci fosse stato posto, “trattenerla finché non fosse stata reperita una struttura che la potesse ospitare. Poi non mi dicono più niente”. Eppure nelle varie telefonate, al pm avevano anche detto della “parentela” di Ruby con Mubarak. “Dissi ‘allora io sono Nefertiti, la regina del Nilo’. Mi sembrava una situazione paradossale. Come fa una ragazza con parenti così importanti a stare in mezzo a una strada?”.

L’intervista al pm si è chiusa con Lucia Annunziata che le ha chiesto: non teme che possa accaderle quello che è già successo “a torto o a ragione a un’altra donna magistrato, Clementina Forleo, di passare per una instabile? Perché delle donne si dice spesso così”. Il viso di Annamaria Fiorillo si contrae: “L’ho messo nel conto”, risponde. Poi si lascia andare a un sorriso e conclude: “Io sono una persona comune con un ruolo importante, devo ai cittadini la verità dei fatti”.

Sandra Amurri
Antonella Mascali