domenica 21 novembre 2010

Così lo Stato scippa i fondi no profit.


In Finanziaria tagli per gli enti benefici. Il 5 per mille ormai non esiste più, il cittadino italiano può liberamente disporre, al massimo, dell’1,25. Il resto se lo prende il governo

E tu a chi lo dai il tuo 1,25 per mille? Con la nuova legge di stabilità bisogna aggiornare il lessico sociale: il 5 per mille ormai non esiste più, il cittadino italiano può liberamente disporre – al massimo – dell’1,25. Il resto se lo prende il governo. Nella prima bozza della Finanziaria era stata abolita in tronco la possibilità per ogni contribuente di devolvere una piccola parte del gettito fiscale a enti no profit. Ora l’esecutivo ha deciso di reinserire l’opzione ma con un tetto fisso: 100 milioni di euro contro i 400 degli anni passati. “Il problema sta innanzitutto nella norma” spiega Marco Granelli, presidente delCoordinamento nazionale dei centri di servizio per il volontariato.

Il tetto massimo di 100 milioni

Il 5 per mille nacque nel 2006 come singolo articolo da inserire in Finanziaria. Non è quindi una legge dello Stato, ma un dispositivo che ogni anno viene rimaneggiato. Fino al 2010, lottando e vigilando, le onlus hanno ottenuto il rinnovo e una fedele rispondenza tra somme raccolte e denaro materialmente devoluto. A luglio il governo aveva cancellato in blocco il dispositivo, salvo reintegrarlo ora ma con un tetto massimo di 100 milioni. Il resto delle cifre devolute a maggio dai contribuenti lo gestirà il ministro dell’Economia Giulio Tremonti, come meglio crede. E non possiamo fare nulla, non c’è una norma da impugnare, una legge cui far riferimento. Semplicemente dobbiamo subire la decisione: noi associazioni così come i contribuenti”.

In pratica saranno le associazioni di volontariato, i centri di ricerca e gli enti no profit (oltre 55 mila quelli accreditati) a procurare denaro allo Stato. Perché finora gli italiani hanno assegnato circa 400 milioni di euro ogni anno tramite il 5 per mille: stavolta invece i 15 milioni di contribuenti (dato 2008) saranno traditi diventando finanziatori involontari di altre politiche governative. Per chi dovrà spartirsi il poco rimasto, sarà guerra tra poveri. Per fare un esempio, la scelta che si pone è questa: o tutti i soldi del 2010 andranno ad Airc, Emergency e Medici senza frontiere (che di solito incassano rispettivamente 70, 10 e 9 milioni ciascuno) oppure tutti gli enti dovranno ricevere una cifra decurtata del 75 per cento.

“Provocazione inaccettabile” dice Michele Mangano, presidente nazionale
Auser, associazione che si occupa di anziani. In questa manovra non ci sono scelte anticicliche e risorse da destinare alla ripresa del lavoro o per i settori produttivi, mentre persiste l’attacco ai diritti universali: istruzione pubblica, cultura, assistenza”.

Spariscono i fondi per il sociale

Il guaio è che con queste cifre sarà impossibile mantenere il livello di servizio garantito fin qui dal mondo no profit. Specie nei settori più delicati. Quest’anno, 5 per mille a parte, il taglio drammatico è stato fatto all’insieme dei fondi per il sociale: un miliardo e mezzo di euro la cifra stanziata per il 2010, 350 milioni per il 2011. “Praticamente sono rimaste le briciole” ha detto Rosi Bindi, mentre c’è chi fa notare come la situazione rischi di diventare pesantissima non solo per gli assistiti ma per gli stessi operatori del settore. Giuseppe Guerini, presidente di
Federsolidarietà, lancia l’allarme: “Gli effetti sull’occupazione saranno inevitabili, soprattutto sul lungo periodo. Non vorrei che a fronte di qualche risparmio immediato sulle politiche sociali ci fossero maggiori spese per la cassa integrazione. Oltre la beffa il danno”.

Il Pdl Maurizio Lupi, storico sostenitore del 5 per mille, ha solennemente promesso di attivarsi presso il ministro Tremonti per far rivivere il 5 per mille il prossimo aprile. “Speriamo – conclude Granelli – intanto chiediamo a tutti di firmare l’appello (su www.csvnet.it) per una modifica immediata del provvedimento. Anche perché al Senato esiste già da giugno 2009 una legge per stabilizzare il 5 per mille. E’ già passata in commissione legislativa, basterebbe un ok. Sa da che è bloccata? Mancanza di copertura finanziaria. Ma se si paga da sola! La verità è che nessun governo vuole preventivamente blindare una quota fissa dei tributi. Tenersi la mani libere è molto più comodo”.


sabato 20 novembre 2010

Un cittadino può cambiare il mondo




Tu sei il cambiamento che vuoi vedere nel mondo. Gandhi.

"Con poche pratiche e sperimentate in poco tempo ho ridotto drasticamente i miei rifiuti, l'elenco è solo parziale e non pretende di risolvere tutti i problemi. Un singolo cittadino non può cambiare il mondo... ma può provarci e l'unione fa la forza!
A - Gasatore dell'acqua del rubinetto casalingo. Mai piu' bottiglie da incollarsi al supermercato. www.sodastream.it
B - Detersivi alla spina. Sia totalmente biodegradabili che meno, sono prodotti efficaci ed economici (una media di 1 euro al litro). www.autoricambispaziani.it/
C - Autoproduzione detersivi. Se si ha tempo e voglia ancor più economico e salutare farsi i detersivi da soli con sostanze naturali. I miei piatti sono puliti senza residui chimici sui piatti e negli scarichi. biodetersivi.altervista.org
D - Sapone solido di Aleppo. 100% biodegradabile fatto solo di olio d'oliva e di alloro.www.saponedialeppo.it
E - Sporte e buste riutilizzabili. Curiosa l'espressione di alcuni commessi al mio rifiuto della loro busta. Qualche volta mi è stato detto: ''
Guarda che non te la faccio pagare''. La nostra cultura è ancora arretrata? www.magazzinirossi.it
F - Compostatore. Preferisco tenermi gli scarti alimentari in casa utilizzando una compostiera domestica autocostruita e vi assicuro che produco un terriccio ricco e naturale per le mie piante. www.meetup.com/beppegrillo-263
G -Bibite naturali. Oltre l'acqua amo il tè e i succhi frutta. Perche' comprarne costosi , artificiali e imbottigliati in plastica?
H -Alimenti alla spina. Il mercato offre ancora poche opportunità , si può scegliere di limitare i danni con un minimo di scelta e attenzione.
I - Spazzolino intercambiabile. Mi son sempre sentito uno stupido a pagare un manico di plastica )in teoria eterno) per poi buttarlo e ricomprarlo dopo un paio di mesi.
L - Bicchiere tascabile e riutilizzabile. Questo semplice oggetto evita tanti rifiuti.www.dmail.it
M - Autoproduzione alimentare. Con poco più di 1 euro mi faccio yogurt per una settimana semplicemente versando il latte nel macchinario.
N - Tovaglioli di stoffa. In casa era diventato un oggetto da museo. L'ho riscoperto evitando di consumare rotoli e rotoli di tovaglioli di carta usa e getta.
O - Lametta intercambiabile. Evito tante lamette usa e getta essendo la rastura un ''
rito'' pressochè quotidiano."

Stefano Vignaroli - Roma


venerdì 19 novembre 2010

SALUTE


Presentato a Roma il Rapporto PIT Salute 2010 di Cittadinanzattiva-Tribunale per i diritti del malato: "Diritti: non solo sulla carta" In crescita la malpractice e le liste di attesa. L'area materno-infantile in cerca di maggiori tutele.

Nell'ultimo anno crescono le segnalazioni di presunti errori medici, soprattutto in oncologia ed ortopedia; liste di attesa lunghe, soprattutto per le ecografie e TAC. Non accennano a diminuire le dimissioni improprie dagli ospedali. E poi mancano residenze sanitarie e lungodegenze.

A dare la fotografia dei servizi sanitari del nostro Paese dal punto di vista dei cittadini è ilRapporto PIT Salute 2010, dal titolo "Diritti: non solo sulla carta", presentato oggi al Senato da Cittadinanzattiva-Tribunale per i diritti del malato, alla presenza di numerosi interlocutori fra cui il ministro della Salute Ferruccio Fazio.

Il Rapporto è stato presentato in occasione dell'evento conclusivo del trentennale del Tribunale per i diritti del malato e, per la prima volta, si è scelto di fare il punto sulle segnalazioni ricevute dal servizio di consulenza, informazione e tutela PIT Salute dal 1996, suo primo anno di attività, ad oggi.

Dal 1996 al 2009 Cittadinanzattiva-Tribunale per i diritti del malato ha raccolto complessivamente circa 228.000 segnalazioni in tema di sanità, in media 16.000 l'anno. Il Rapporto 2010 ne analizza 66.712 che sono state lette alla luce di cinque diritti (cfr. Tabella 1): diritto allasicurezza (al primo posto nei 14 anni con il 28% delle segnalazioni, in diminuzione nel 2009 con il 24%), diritto all'informazione (25% nel periodo 1996-2009, 22% nel 2009), diritto all'accesso(20% nel periodo 1996-2009, 21% nell'ultimo anno) diritto al tempo (10% nel trend 1996-2009, in crescita nel 2009 che fa registrare il 15%) e diritto all'umanizzazione (8% nel periodo 1996-2009, 9% nell'ultimo anno).

"Nonostante leggi, linee guida, raccomandazioni e tanti altri strumenti per migliorare la nostra sanità, ci spiace constatare che spesso la gran parte di essi resta sulla carta", afferma Francesca Moccia, coordinatrice nazionale del Tribunale per i diritti del malato-Cittadinanzattiva. "Succede per gli errori medici, le infezioni ospedaliere, le liste di attesa, ma anche per diritti basilari come quello di avere accesso alla propria documentazione clinica o di essere rispettati nella propria dignità. Non diciamo che la nostra sanità sia peggiorata, ma ci piacerebbe poter presto affermare che al primo posto ci sono davvero i cittadini e i loro diritti. È quello per cui ci battiamo da 30 anni e sul quale non intendiamo abbassare la guardia. Per questo proponitaamo di adottare la Carta europea dei diritti del malato in leggi nazionali e regionali dando seguito all'impegno assunto dal Governo italiano il 14 maggio 2009 con la Mozione n.75 firmata da tutti i gruppi parlamentari e votata in Assemblea dal Senato della Repubblica".


La sicurezza dei servizi sanitari: di nuovo in crescita le segnalazioni di malpractice soprattutto in oncologia ed ortopedia. Le infezioni ospedaliere non accennano a diminuire

Al triste vertice della classifica della insicurezza (cfr. Tabella 2) vi sono le segnalazioni suipresunti errori che nel 2009 hanno raccolto il 74% delle segnalazioni, suddivisi in terapeutici(49,5% nel 2009, +1,4% sul 2008 e +2,5% sulla media 1996-2009) e diagnostici (24,5% nel 2009, +5% rispetto al 2008 e +1,5% rispetto alla media storica).

Nel 2009 le prime tre aree interessate dalle segnalazioni di presunti errori terapeutici (cfr. Tabella 3) sono state l'ortopedia (24,3%, +3,8% rispetto al 2008 e +2,5% sulla media dei 14 anni), l'oncologia (10,7% nel 2009, +2,9% rispetto all'anno precedente e 2,6% sul trend storico) e l'odontoiatria (9% nell'ultimo anno, sostanzialmente stabile rispetto al passato).

Nel corso del 2009, le sospette errate diagnosi (cfr. Tabella 4) hanno riguardato soprattutto l'oncologia che da sola ha raccolto il 38,6% delle segnalazioni (+5,8% rispetto al 2008, + 13,8% sulla media dei 14 anni).

Dunque, oncologia ed ortopedia risultano le aree in cui si sbaglia con più frequenza. Il boom negativo dell'oncologia merita attenta analisi: sicuramente per i malati oncologici una diagnosi non tempestiva o errata può cambiare o addirittura pregiudicare la vita. Il trend in crescita potrebbe dipendere dalla accresciuta sensibilità dei cittadini che ci chiamano. Ma temiamo sia determinata anche dalle difficoltà di accedere in tempi utili ad accertamenti diagnostici, dai macchinari vecchi, da tempi di lavoro e di organizzazione inadeguati e dalla mancanza di una adeguata formazione degli operatori, specie per quanto attiene alla lettura delle immagini.

L'ortopedia, dal canto suo, è un'area specialistica sempre molto richiesta, a causa dei frequenti incidenti domestici e stradali. Spesso il personale si trova a lavorare in situazioni di emergenza, con eccessi di carico di lavoro: per questo crediamo si debba far fronte al problema con una riorganizzazione e programmazione dell'assistenza, prevedendo per esempio presidi dedicati alle sole emergenze.

Dopo i presunti errori, seguono le segnalazioni sulle infezioni ospedaliere che negli anni hanno avuto un andamento in crescita pressoché costante: nel 2009 si attestano al 10,2%, + 4,1% sul 2008 e +4,9% sul periodo 1996/2009. Contrarre una infezione nosocomiale comporta un peggioramento per la salute del paziente, oltre che il prolungamento della degenza, con la conseguenza di ingenti aggravi di spesa sanitaria, che si può stimare tra i 500-2000 euro al giorno.


L'informazione: quando manca son dolori. Soprattutto per anziani, disabili ed invalidi

I cittadini che si sono rivolti al Tribunale per i diritti del malato vanno a caccia di informazioni (cfr. Tabella 5) sulle prestazioni socio-sanitarie (42,1% nel 2009) e sulle prestazioni assistenziali (30,9%). In particolare, sul versante delle prestazioni socio-sanitarie (cfr. Tabella 6), l'informazione manca proprio laddove sarebbe necessaria, ossia presso gli studi dei medici di famiglia e dei pediatri di libera scelta: per circa un terzo dei cittadini diventa un cruccio sapere come prenotare una visita o quali sono i compiti e doveri di chi l'assiste (c.d. assistenza sanitaria di base, con il 29,1% nel 2009, + 6,5% rispetto al 2008 e + 4,8% rispetto alla media 1996-2009). In seconda posizione, la carenza di informazioni si fa sentire nell'area della salute mentale (16,5% delle segnalazioni nel 2009, in diminuzione dell'1,8% rispetto al 2008, ma in crescita del 3,4% sulla media dei 14 anni), e ancora, a pari merito al terzo posto, la disinformazione interessa l'area delle prestazioni odontoiatriche (10,7% nel 2009, + 2,9% rispetto al 2008, - 0,4% rispetto alla media storica) e dei servizi di riabilitazione (10,7% nel 2009, +1,1% rispetto all'anno precedente, 0,3% sulla media dei 14 anni).

Al secondo posto nelle problematicità legate alla mancanza di informazioni, troviamo le prestazioni assistenziali (cfr. Tabella 7), che per la quasi totalità dei casi fanno riferimento allainvalidità civile (nel 2009 rappresenta l'89,5% delle segnalazioni, valore in aumento rispetto al 2008 di +9% e addirittura più che duplicato rispetto alla media 1996/2009) e all'esenzione dal pagamento del ticket che, pur registrando una percentuale del 3,5% nell'ultimo anno, rappresenta la prima voce nella media dei 14 anni.

Due aree dunque, quella dell'invalidità civile e dell'esenzione dal ticket, in cui la disinformazione comporta disagi enormi, soprattutto di natura economica, su fasce deboli, soprattutto disabili, anziani ed invalidi.


Accesso alle cure: ancora dimissioni improprie dagli ospedali. E sul territorio mancano residenze sanitarie e lungodegenze

Nel 2009 le difficoltà di accesso riguardano soprattutto l'assistenza territoriale, l'assistenza ospedaliera, l'assistenza farmaceutica e, strettamente collegata a quest'ultima, l'esenzione dal pagamento del ticket (cfr. Tabella 8). Le segnalazioni sull'accesso all'assistenza territoriale(28,6% nel 2009) diminuiscono rispetto al 2008 (-1,3 punti percentuali), ma si assestano su valori più alti (di 1,1 punti percentuali) rispetto alla media degli anni passati. In particolare, crescono le segnalazioni di difficoltà ad accedere a Riabilitazione, Residenze Sanitarie Assistite e Lungodegenze (11,1% nel 2009, + 3,6% sul 2008 e +5,7% rispetto alla media dei 14 anni). Le rette aumentano, i tempi medi di degenza vengono ridotti, mancano strutture che sappiano gestire persone che presentano quadri clinici complessi (patologie neurologiche e degenerative allo stadio avanzato, persone in coma stabilizzato, ecc..).

In questo settore i problemi sono i più disparati. In Regioni come la Campania, il Lazio e la Calabria nuove delibere e decreti nel 2009 hanno modificato sia le condizioni di accesso a questo tipo di strutture, sia le rette di pagamento, con costi esorbitanti. In Regioni come la Toscana, l'Emilia Romagna o la Lombardia, le pressioni dei cittadini hanno indotto gli assessorati di mettere in bilancio ulteriori finanziamenti o di precisare oneri e competenze relative al pagamento delle rette che, comunque, continuano a rimanere alte. Nel Lazio, sono stati effettuati altri interventi nel corso del 2009 che hanno comportato la chiusura di lungodegenze e la loro conversione in RSA, modificandone, inoltre, i parametri di integrazione della retta mensile.

Seconda voce nelle difficoltà di accesso è quella dell'assistenza ospedaliera, che nel 2009 raccoglie il 20,6% delle lamentele (+2,1% rispetto al 2008, in diminuzione dell'1,3% sulla media 1996-2009). In particolare ci riferiamo a dimissioni premature e rifiuto del ricovero. Entrambe le voci aumentano nel 2009: le dimissioni passano dal 14% del 2008 al 15,7% nel 2009; il rifiuto di ricoveri dal 4,5% del 2008 al 4,9% nell'ultimo anno. Ad essere colpiti dalle dimissioni sono soprattutto i pazienti ricoverati in neurologia e negli istituti riabilitativi.


Il diritto al tempo: liste di attesa off limits per le ecografie. Attese record nell'oncologia. E per gli interventi chirurgici le liste si allungano anche nel privato

La violazione del diritto al tempo rappresenta in media il 10% delle segnalazioni ricevute dal Tribunale per i diritti del malato dal 1996 al 2009, con un incremento notevole negli ultimi anni: nel 2009 si attesta al 15%.

In particolare, l'aumento delle segnalazioni in questo ambito (cfr. Tabella 9) è legato alle lamentale sulle liste di attesa per accedere a visite, esami ed interventi chirurgici (47,4% delle segnalazioni nel 2009, + 9,3% rispetto al 2008 e + 4,8% rispetto alla media 1996/2009) e allelungaggini per l'accertamento della invalidità civile e dell'handicap (42,6% nel 2009, in diminuzione del 6,1% rispetto all'anno precedente, ma in crescita del 5% rispetto alla media dei 14 anni).

In riferimento alle liste di attesa, queste interessano in egual misura l'area diagnostica (36,9%), la specialistica (31,8%), che quella degli interventi chirurgici (31,3%).

L'ecografia, in particolare quella all'addome, risulta essere l'esame diagnostico per il quale si attende di più, anche 340 giorni; nel 2009 essa rappresenta (cfr. Tabella 10) il 27,3% delle segnalazioni sui lunghi tempi di attesa in diagnostica (con un incremento del 3,9% sia rispetto al 2008 che alla media dei 14 anni).

Nel 2009 segnaliamo un evidente incremento delle segnalazioni sulle TAC (segnaliamo tempi di attesa anche di 220 giorni) che da un 10% dell'anno 2008 raggiungono quota 17% e di contro deitrend di pacata diminuzione nelle segnalazioni sulle risonanze magnetiche (-4,2%), mammografie (-2,7%) ed ecodoppler (-3,6%).

Esami questi che si caratterizzano per il loro largo impiego in ambiti clinici di grosso impatto per la salute dei cittadini, come le patologie oncologiche, neurologiche e cardiovascolari.

Nell'area specialistica, notiamo invece allarmanti tendenze nelle liste di attesa per l'oncologia (cfr. Tabella 11): essa balza, insieme all'odontoiatria, al primo posto nelle attese più lunghe (10,2% nel 2009, +2,7% rispetto all'anno precedente). Ma se per l'odontoiatria sappiamo quanto poco, pressoché nulla, garantisca il Servizio sanitario nazionale, ci allarma avere la sensazione che il tumore possa attendere: anche più di un anno per una visita di controllo dopo un melanoma.

Altro dato che mostra un aumento preoccupante è la ginecologia e l'ostetricia che dal 2,5% del 2008 passa ad un 8,2% nel 2009. Dato più che triplicato nell'ultimo anno, specchio delle segnalazioni soprattutto delle future mamme impossibilitate ad accedere in tempi utili a visite di controllo presso il servizio pubblico e che si trovano costrette a rivolgersi, come ormai risaputo, a professionisti privati.

Nell'area della chirurgia (cfr. Tabella 12), il 2009 vede in testa per i lunghi tempi di attesa gli interventi di chirurgia generale (20,7%, +3,7% rispetto al 2008, +2,8% sul periodo 1996-2009), a seguire l'ortopedia (20% nell'ultimo anno, in netta diminuzione dell'8,1% rispetto al 2008 e del 6,7% rispetto alla media dei 14 anni). Si aspetta anche più di un anno per un intervento di chirurgia generale e quasi un anno e mezzo per un intervento ortopedico. Al terzo posto della classifica gli interventi oncologici che si attestano al 18,5% nell'ultimo anno (+4% rispetto al 2008 e +3,2% rispetto alla media); l'oculistica, al quarto posto con il 10,6% delle segnalazioni nel 2009 (oltre il 2% in confronto all'anno precedente e al trend 1996-2009).

Un'importante considerazione va fatta sulla questione liste di attesa per gli interventi chirurgici: riscontriamo che i tempi si sono allungati soprattutto nelle strutture private e convenzionate, segno di un sistema che così com'è non ce la fa a rispondere alle esigenze dei cittadini.


Invalidità civile ed attese incivili. Più di un anno per il riconoscimento. Attese disumane per malati cronici ed oncologici

Anche per il riconoscimento della invalidità civile e dell'handicap si attende troppo: più di un anno contro i nove mesi previsti dalla normativa.

Il meccanismo si inceppa innanzitutto nella consegna del verbale di invalidità (cfr. Tabella 13), segnalato come momento lacunoso della procedura nel 39,5% dei casi, seguito dall'attesa per la prima visita (29,3%) e dalla rivedibilità (14,5%). Riferendoci agli incrementi nelle segnalazioni ricevute nel corso del 2009 rispetto al 2008, scopriamo che ad aumentare sono state soprattutto gli intoppi per ricevere l'assegno di invalidità/accompagno (8,4% nel 2009, +4,1% sul 2008) e quelli per i casi di aggravamento della patologia.

Malati oncologici (il 33,8% delle segnalazioni fa riferimento a loro) e malati cronici (26,1%) sono i soggetti che, paradossalmente, attendono di più; i primi facendo i conti con tempi di attesa che vanno ben oltre i 15 giorni previsti dalla normativa (legge 80/06) per essere visitati al fine del conseguimento della invalidità; i secondi si scontrano soprattutto con l'assurdità di esser richiamati a visita ogni anno, nonostante siano affetti da patologie stabilizzate o ingravescenti e dunque, in perfetto contrasto rispetto a quanto previsto dal decreto ministeriale del 2 agosto 2007.


L'umanizzazione delle cure: vince l'incuria e i comportamenti inadeguati verso i pazienti

In 14 anni di Pit Salute, il tema della umanizzazione delle cure registra un trend sostanzialmente stabile, attestandosi all'8% delle segnalazioni dei cittadini: dal 1996 ad oggi la crescita è stata molto modesta, pari al +1% (9% nel 2009).

La mancata umanizzazione è scambiare il nome di un paziente con un numero di un letto, è passare velocemente vicino al dolore di una persona e non accorgersi che sta soffrendo, è dire la parola sbagliata nel momento sbagliato, è soprattutto non fare quel gesto di attenzione che andrebbe fatto.

Incuria, comportamenti del personale, maltrattamenti, dolore inutile e violazione della privacy, sono i cinque aspetti considerati in questo ambito dell'analisi (cfr. Tabella 14).

Il più segnalato è stato l'incuria (49% nel 2009, +5% circa rispetto al 2008 e alla media dei 14 anni), intesa come mancanza di attenzione e "cura" verso le persone assistite, non lavate o cambiate in modo inadeguato, non aiutate ad alzarsi dal letto o a muoversi per evitare lesioni da pressione. Pensiamo a persone non autosufficienti e ricoverate in lungodegenza o residenze sanitarie assistite. Altrettanto numerosi sono stati i casi di comportamenti inadeguati del personale (40,6% nel 2009, +1,1% rispetto al 2008 e +2,4% rispetto alla media 1996-2009): poca pazienza, frasi poco garbate, più da parte dei medici che degli infermieri, anche se i casi che riguardano questi ultimi stanno aumentando.


Area materno-infantile: il Paese più sicuro per partorire?

Siamo certamente uno dei paesi più sicuri al mondo in cui partorire ma alcuni dati dell'osservatorio di Cittadinanzattiva parlano chiaro e mostrano alcuni elementi da prendere sul serio: nell'ultimo anno le segnalazioni di lunghe liste di attesa per le visite ostetriche e ginecologiche sono arrivate all'8,2%, con un incremento del 5,7% rispetto al 2008 e del 3,3% sulla media dei 14 anni 1996-2009. i presunti errori diagnostici e terapeutici si attestano rispettivamente all'8,2% e al 7,3%, sostanzialmente stabile rispetto agli ultimi anni. Altri dati che emergono dall'Audit civico, ossia dalla valutazione civica effettuata da Cittadinanzattiva su 138 ospedali ci dicono che: meno della metà (44%) dichiara di effettuare il parto indolore; su 64 aziende sanitarie, la metà informa poco o per nulla le mamme su procedure, rischi, complicanze del parto cesareo (nel modulo del consenso informato), e il 25% non adotta misure volte a prevenire il decesso materno durante il parto come previsto dalla Raccomandazione ministeriale. E' giusto applicare sanzioni quando qualcuno commette errori, ma il problema è anche di un sistema organizzativo ormai in crisi: quello dei punti nascita. E' prioritario, pertanto, lavorare a più livelli per garantire in Italia punti nascita accessibili e sicuri, attrezzati per l'emergenza, capaci di prendersi cura di madri e neonati, ma anche pensati per essere più accoglienti e capaci di garantire qualità dell'assistenza e umanizzazione dei percorsi.


Milano calibro 'ndrangheta - Terra sporca



Terra e cemento. Questo il grande business della ‘ndrangheta in Lombardia. Un’esclusiva videoinchiesta de ilfattoquotidiano.it scatta una fotografia impietosa dall’interno dei meccanismi mafiosi che oggi nella Milano del sindaco Moratti possono permettersi di lavorare nei grandi appalti pubblici e intrattenere rapporti privilegiati con i più importanti imprenditori del nord. Il tutto grazie alla ormai cronica disattenzione della classe politica. Che dimentica i padrini, ma anche le vittime. Uomini e donne che fanno i conti con la paura di minacce e violenze, documentate attraverso una telefonata tra un imprenditore e un boss della zona di Rho, quella, per intederci, della nuova Fiera. La stessa zona dove sorgerà il cuore di Expo 2015 di Lorenzo Galeazzi e Davide Milosa.


giovedì 18 novembre 2010

Il 'fuoriuscito' Carlo Taormina e i veleni sul Pdl



Carlo Taormina, 70 anni, ex sottosegretario agli Interni del governo Berlusconi è stato uno degli avvocati di punta e grande consigliere delCavaliere fino al 2008, quando ha mollato il premier e il partito, uscendo anche dal Parlamento. Anche se a ilfattoquotidiano.itprecisa: “Veramente sono stato cacciato dal Pdl“. Nel giorno della presentazione nel tempio del cabaret e della satira di destra, Il bagaglino, del suo nuovo partito di centrodestra, Lega Italia, racconta della ‘crisi morale’ nel Pdl, di favori sessuali nella politica per arrivare a ottenere un seggio, delle sue serate ad Arcore e del suo rapporto di lavoro con Nadia Macrì, la escort emiliana che ha raccontato ai magistrati dellaProcura di Palermo di incontri a sfondo sessuale con il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, presentatagli dal ministro Renato Brunetta.
Di David Perluigi, riprese e montaggio Paolo Dimalio.


Slot in nero, sconto di governo




Ottantotto miliardi di euro o appena 30 milioni? Il grande scandalo slot machine è arrivato al capitolo finale: tra sessanta giorni sapremo quanto le società concessionarie dovranno versare allo Stato. L’accusa ieri ha ribadito la sua richiesta:quasi novanta miliardi, la somma più alta mai pretesa dalla procura contabile nella storia d’Italia. Ma la Commissione incaricata dal ministero dell’Economia ha indicato una somma cento volte più bassa. Insomma, i tecnici designati dal governo hanno previsto un mega-sconto per le concessionarie. E non basta: il Consiglio di Stato ha suggerito criteri di calcolo per poche decine di milioni, un tremillesimo della somma chiesta dall’accusa.

Ieri si è svolta l’udienza conclusiva alla Corte dei Conti. Con un primo colpo di scena: respinte le istanze di rinvio e di annullamento presentate dalle concessionarie. Quindi la parola è passata alla Procura. Che non ha abbassato di una virgola la cifra stabilita nel 2007: 88 miliardi. Una richiesta basata sull’applicazione delle penali previste tra Stato e concessionari nel 2004. Insomma, semplicemente chiedendo che sia applicata la convenzione, come si pretenderebbe da un cittadino qualsiasi. I colossi dei giochi si troverebbero a pagare somme che quasi risanerebbero i conti pubblici italiani: 31 miliardi e 390 milioni soltanto per il concessionario Atlantis World. Un tesoro, ma bisogna tenere presente che soltanto nei primi sei mesi del 2010 gli operatori del settore hanno incassato 15 miliardi.

Le richieste minime
La Procura però ha avanzato due ipotesi subordinate: la prima prevede che la somma sia equivalente all’80% dell’aggio percepito dai concessionari nel periodo da settembre 2004 a gennaio 2007. Certo, sarebbe già un bel taglio: si passerebbe a 2,7 miliardi. Il Pm specifica nell’atto la somma pretesa da ogni concessionario: 845 milioni per Atlantis, il colosso delle slot. Ma se anche questa richiesta non fosse accolta, il pm Marco Smiroldo propone che i concessionari “siano condannati al risarcimento del danno che il collegio stimerà equo”.

E qui ecco spuntare un’altra stima e una storia passata praticamente sotto silenzio: il ministero dell’Economia negli anni scorsi ha dato incarico a una commissione di indicare i criteri per il calcolo delle somme da pagare. I tre esperti, guidati dall’ex ragioniere dello Stato Andrea Monorchio, hanno proposto una “rimodulazione” delle penali che porterebbe – secondo i Monopoli – a circa 800 milioni di euro. E siamo già scesi a meno di un centesimo dei famosi 88 miliardi (98 secondo le primissime stime).

Basta? Nemmeno per sogno. Nella corsa al ribasso il Consiglio di Stato ha indicato un criterio ancora più favorevole: “Il limite massimo delle penali irrevocabili… non dovrebbe essere comunque superiore all’11% del valore medio del compenso per la gestione telematica degli apparecchi da gioco spettante al concessionario nello stesso anno, secondo i dati dei cespiti della gestione riferita a quell’anno in possesso dei Monopoli”. Sembra cinese per i non addetti ai lavori: significa che nelle casse dello Stato andrebbero una trentina di milioni. Un tremillesimo di quello che ha calcolato la Procura della Corte dei Conti.

Un “giovane” tenace
Ma il vero protagonista dell’udienza e di questo procedimento interminabile è senza dubbio Marco Smiroldo, il pubblico ministero. Chissà, forse quando l’inchiesta è partita le società si erano rallegrate che il fascicolo fosse finito sulla scrivania di questo magistrato, uno dei più giovani della Procura della Corte dei Conti. Un pm ragazzino – eravamo nel 2006 – di appena trentacinque anni per affrontare società che maneggiano miliardi di euro, che hanno agganci ai livelli più elevati della politica. E non solo.

Quanto quell’impressione fosse sbagliata lo hanno dimostrato gli eventi successivi. Smiroldo non è certo un magistrato che ami i riflettori, ma è un uomo di legge fino al midollo, che chiede soltanto l’applicazione delle regole. Ha condotto l’inchiesta fino alla fine, senza modificare la sua linea contro cui si sono scatenati tanti poteri forti.

E ascoltare la sua requisitoria ieri ha riservato ulteriori clamorose sorprese sullo scandalo: si scopre così che lo Stato ha pagato per la pubblicità dei giochi d’azzardo “legali” oltre 13,7 milioni tra il 2004 e il 2007. Una fortuna, a tutto vantaggio degli affari delle concessionarie.

Smiroldo ha chiesto la restituzione della somma: “Il mancato collegamento degli apparecchi ha impedito il controllo telematico sul gioco, che soltanto se controllato è lecito, quindi non poteva pubblicizzarsi come lecito un gioco che in realtà non lo era: si è pagata, pertanto, una sorta di pubblicità ingannevole”. Quindi, sostiene la Procura, agli altri danni deve aggiungersi quello per la campagna pubblicitaria sul cosiddetto ‘gioco lecito’, pari a 13.773.360 euro”.


L’ultima beffa
Non basta. C’è un ulteriore danno pubblico: si scopre che la Sogei (Società Generale di Informatica, soggetto controllato dallo Stato) ha speso inutilmente 26,9 milioni: “Ad aumentare la dimensione del danno erariale – ha detto Smiroldo – contribuiscono anche le spese sostenute per il servizio di gestione operativa del sistema di controllo degli apparecchi messo a disposizione da Sogei, ma rimasto sostanzialmente inutilizzato almeno fino al gennaio 2007, per un danno pari a circa euro 26.982.000”. Adesso la parola spetta al giudice.

di Marco Lillo e Ferruccio Sansa

da
il Fatto quotidiano del 12 ottobre 2010


Governo schizofrenico, combatte la ludopatia aumentando i giochi






Con la mano destra il governo firma un decreto per combattere le patologie legate al “gioco compulsivo”. Con la sinistra si impegna ad introdurre “nuove tipologie di giochi, impegnandosi ad avviare le procedure occorrenti al loro affidamento in concessione”. Per scoprire una netta contrapposizione tra idea e azione, tra intenzioni dichiarate e fatti, non occorre incrociare dati e fare lunghe verifiche. Basta leggere per intero il comma 78 dell’articolo uno del maxi emendamento alla legge di Stabilità, attualmente in discussione alla Camera. La schizofrenia del governo è messa a nudo dalla commissione Antimafia, che oggi ha votato all’unanimità un testo durissimo – relatore Luigi Li Gotti dell’Idv – sui profili del riciclaggio connessi al gioco lecito e illecito, in cui si manifesta “profondo allarme per le ipotesi di incremento degli strumenti del gioco”.

L’articolo del maxi emendamento, al punto f promette: “Con decreto interdirigenziale del ministero dell’Economia e del Ministero della Salute sono adottate, entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, linee di azione per la prevenzione, il contrasto ed il recupero di fenomeni di ludopatia conseguente al gioco compulsivo”. Poi, al punto m precisa: “Anche per aggiornare l’attuale palinsesto dei giochi, con decreto direttoriale dell’Aams sono introdotte e disciplinate nuove tipologie di giochi e, ove necessario, conseguentemente avviate le procedure amministrative al loro affidamento in concessione”. Una tendenza che è oggetto di critiche da parte del Comitato sul riciclaggio (che ha curato la relazione oggi approvata in commissione): “E’ necessario fermare questa deriva – si legge nel documento – e segnalare con forza quanto possano risultare effimere tali siffatte “entrate” da “tassazione indiretta” e quanto, invece, siano progressivamente devastanti i danni e i costi per i singoli e per la collettività”. Nel 2006, secondo i Monopoli di Stato, gli introiti del gioco erano di 15,4 miliardi. Nel 2009 hanno invece sfiorato i 54 miliardi, con un aumento quasi del 400 per cento. Ma guardando le stime della Guardia di Finanza, che comprendono anche l’abusivismo, le cifre raddoppiano. “Analizzando questi dati – spiega il senatore Luigi Li Gotti – si può dire che ogni italiano, neonati compresi, gioca ogni anno 2mila euro. Considerando la stima per difetto di un milione di giocatori abituali, la cifra pro capite è enorme e spiega fenomeni come l’usura e la distruzione di migliaia di famiglie”.

Il documento approvato dalla commissione Antimafia, che ora sarà trasmesso ai presidenti delle Camere, spiega chiaramente come il settore del gioco, anche lecito, sia infiltrato dalle organizzazioni criminali (nel 2010 sono state più di trenta le inchieste giudiziarie sul gioco, direttamente riferibili alle mafie). Chiede maggiori controlli su licenze e concessioni. E illustra il danno sociale provocato da questo settore: “Il settore gioco costituisce il punto di incontro di gravi distorsioni dell’assetto socio-economico quali, in particolare, l’esposizione dei redditi degli italiani a rischio di erosione; l’interesse del crimine organizzato, la vocazione “truffaldina” di concessionari che operano in regime di quasi monopolio; il germe di altri fenomeni criminali come usura, estorsione, riciclaggio. E sottrazione di ingenti risorse destinate all’erario”. Da qui la conclusione, che chiama in causa esplicitamente forme di gioco come gratta e vinci, lotto e gioco via internet oltre, naturalmente, a slot machine e videopoker: “La diffusione estesa sul territorio delle più fantasiose forme di “tassazione indiretta”, in verità alimentano la “malattia del gioco”, invece di curarla.

Va detto che il maxi emendamento prevede anche una stretta sulla trasparenza dei concessionari del gioco. Ad approvazione avvenuta, infatti, le società avranno sei mesi per comunicare tutte le quote di proprietà superiori al 2%. In questo modo, teoricamente, situazioni di scarsa trasparenza societaria come quella di BetPlus, principale concessionario delle slot machine con sede nei paradisi fiscali caraibici (e mai chiarito assetto proprietario), dovrebbero essere spiegate. Ma la soluzione appunto è teorica. Perché non è difficile per chi ha già elaborato una serie di scatole societarie estere, elaborare una nuova struttura con quote al 2%.

In attesa di vedere se quella del governo sarà realmente una stretta, la commissione, che ha individuato un programma di audizioni che comprendono i vertici di Guardia di Finanza e Monopoli di Stato, ha anche proposto una rielaborazione della disciplina delle concessioni e delle licenze in materia di giochi e scommesse, proponendo la modifica dell’articolo 88 del Tulps (Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza) per fare in modo che anche le società estere che lavorano su piattaforma (digitale) con e senza intermediari nel nostro Paese siano censibili. E abbiano l’obbligo di possedere una regolare licenza.

di Fabio Amato e Simone Ceriotti